domenica 15 aprile 2012

Dalla parte delle case discografiche

Ce l'hanno tutti con loro, infaticabili propugnatrici di leggi liberticide che trasformano la libera rete nel mondo del grande fratello. Ma proviamo per un momento a metterci nei loro panni.

Prima che in Internet qualcuno riuscisse a trovare il modo di trasferire la musica, seppur compressa, vivevano molto bene. Il CD, la "perfezione della musica digitale" si era affermato in tutti i segmenti di mercato e garantiva margini molto maggiori rispetto al vecchio vinile, grazie ai costi di produzione e di distribuzione ridotti (e all'abolizione del reso, almeno in Italia). E per i mercati marginali e per l'uso in auto c'era ancora la cassetta con una buona fetta di mercato. I profitti salivano di anno in anno e il mondo era perfetto, sia per le major sia per le indie.

Poi è arrivato l'MP3 e soprattutto il guastafeste Shawn Fanning col suo geniale Napster e il perfetto meccanismo si è rotto. E sono seguiti 10 anni e più di battaglie contro un nemico che si trasformava sempre, una fatica di Sisifo che era anche una lotta per la sopravvivenza, una lotta in cui le case discografiche erano da sole, con soltanto l'occasionale appoggio di qualche governo o di qualche parlamento.

Primo: Educare
Loro, assieme alle case cinematografiche (a volte sono le stesse) ci hanno provato a convincere tutti i cittadini del mondo, a cominciare da quelli dei paesi occidentali che hanno Internet, che copiare un file mp3 o, peggio, ripparlo e metterlo in rete, è come rubare i sofficini al supermercato. Hanno fatto campagne martellanti inserendo spot a toni accesi in tutti i DVD ma a quanto pare non hanno convinto proprio nessuno. Tutti o quasi hanno continuato tranquillamente a copiare e a usare materiale copiato dalla rete. Come dimostra indirettamente il fatto che qualche anno dopo le grandi catene di distribuzione dei DVD a noleggio sono fallite, ad iniziare dal gigante Blockbuster, sconfitte dalla copia via rete, e nel 2012 solo io e pochi altri appassionati dei film in formato non compresso continuano ad andare al Videobuco di Roma, uno dei rari negozi che continuano tenacemente ad offrire cinema di qualità a noleggio a Roma (spero ne esistano altri in altre parti d'Italia).

Gli umanisti e i pragmatici
Pochi umanisti della musica e della rete avevano in effetti a suo tempo cercato di convincere le case discografiche che la rete e addirittura Napster potevano essere un veicolo per far conoscere la musica, però a bassa qualità (compressa) e che chi la apprezzava sarebbe poi passato all'acquisto della musica in formato non compresso, con corredo di libretto e di altri contenuti di valore. Come era avvenuto negli anni '70 con le radio libere in Europa e il boom delle cassette registrate. Che hanno fatto crescere il mercato, invece che deprimerlo.
Le case discografiche, più pragmatiche, non si sono fidate. Effettivamente una legge economica dice che se un bene viene fornito gratuitamente sarà ben difficile in seguito farselo pagare, e a ciò si aggiungeva uno scettiscismo di fondo sull'attenzione alla qualità da parte dei consumatori di musica. Scetticismo tutto sommato comprensibile considerando il livello di qualità musicale dei principali successi che le case discografiche stesse ottenevano.
Il volgo non è interessato alla qualità, era la loro conclusione (forse corretta): è disposto a vedere film compressi con i piedi, con immagini sfocate, audio distorto, persino su videocassette di bassa qualità che si bloccano a metà, basta che tutto sia gratis. 
E lo stesso vale per la musica, d'altra parte cosa dovevao pensare, quando vedevano i giovani che si accontenvaano di ascoltare la musica con cuffiette infraurali senza bassi e con distorsioni ovunque, con suoni generati da codec super-economici?
Che la qualità del suono fosse l'ultimo dei problemi e nessuno sentisse l'esigenza di nulla di meglio dell'MP3. E, coerentemente, hanno iniziato a registrare la musica pop e rock su CD sempre più compressa e incurante della qualità del suono anche loro.

Le maniere forti
Quindi, visto che gli avvertimenti non bastavano. Sono passati alle maniere forti. Cause milionarie con avvocati agguerriti (tanto gli avvocati non hanno nulla da perdere in fatto di popolarità) contro incauti scaricatori o genitori di teen-ager scaricatori, a partire dal paese guida, gli USA, seguendo il classico approccio maoista "colpiscine uno per educarne cento".
I risultati ci sono stati, almeno in USA qualcuno ha preferito non rischiare, e si sono aperti spiragli di mercato per il download digitale legale, che però le case discografiche non hanno visto o non sono riuscite a sfruttare (ci ha pensato invece qualcuno più veloce e attento di loro, un certo Steve Jobs, curando però un particolare da loro trascurato: la qualità).

Sempre più soli
La faccia cattiva non li rendeva certo popolari. E quel che è peggio sono stati abbandonati anche da quelli che teoricamente loro stessi proteggevano. I musicisti, all'inizio, intervenivano, alcuni, non tutti, sulla musica gratuita che avrebbe distrutto la musica e la possibilità di farne ancora, solidarizzando con la battaglia per la legalità portata avanti dalle case discografiche. Ma si sono accorti presto (Bono Vox degli U2 tra i primi, uno che alla popolarità ci tiene) che il loro pubblico interpretava i loro interventi non come difesa della musica o della legalità ma più banalmente dei loro guadagni, guadagni che non tutti consideravano così meritati, vale sempre il sospetto che con un po' di fortuna e buon supporto a quel successo poteva arrivare anche qualsiasi comune mortale . D'altra parte l'esempio lampante dei Maroon 5 confermava ampiamente questo sospetto.
Così avrete notato che gli interventi dei musicisti contro la pirateria si sono rarefatti nel tempo, estorti a volte a interpreti ad inizio carriera o incauti, ma in maggioranza se se ne sono tenuti ben lontani. I pochi che ci hanno creduto, come i Metallica, hanno perso parecchi punti. E quelli più abili, come i Radiohead, non hanno mancato invece di stringere l'occhio ai fan con una distribuzione semi-libera dei loro album.
Ma l'apoteosi (negativa) l'hanno raggiunta con i partiti politici pro-pirati che hanno spopolato e spopolano nel Nord Europa con percentuali di voti che si avvicinano al 10%. A tanto arriva la impopolarità della loro battaglia.


Una fatica di Sisifo
Ricordando dopo oltre 10 anni tutte le tecniche elaborate da un piccolo esercito di programmatori e di imprenditori vagamente pirateschi non si può non rimanere ammirati dell'inesausta opera di contrasto delle case discografiche. Napster l'hanno comprato loro stessi e spento, ma il testimone del P2P è passato subito a WinMx, ma non da solo, a fianco è arrivato anche Kazaa (poi rientrato nell'alveo legale)  e altre iniziative ora dimenticate. Qualcuno ha cominciato a sviluppare sistemi P2P non tracciabili (nei quali non era possibile individuare i server) come Mute, ma non si sono affermati, non ce n'era bisogno, nel frattempo il mulo, eMule, si era dffuso in tutto il mondo con percentuali di utilizzo tali da renderlo inarginabile e alle case discografiche non rimaneva che immettere direttamente in rete materiale falso per proteggere i contenuti più pregiati. Poi, incredibile, sfruttando le pieghe della legislazione internazionale sono arrivati anche i siti russi. Qualcuno ricorda forse AllOfMp3, che vendeva regolarmente musica in rete, addirittua all'inizio in partnership con un sistema di e-Commerce olandese, solo che i prezzi erano un decimo di quelli dei siti legali e anche di quel poco, nulla andava alle case discografiche e ai musicisti. Pare che a metà decennio in UK avessero raggiunto un fatturato analogo a quello di iTunes. Per fermarli non sono stati sufficienti ricorsi e cause in Russia, vincevano sempre loro,  è stato necessario un intervento diretto di Bush con Putin. Poi c'è stata l'iniziativa di Pirate Bay, YouTube nato per "broadcast yourself" e addirittura entrato nell'impero di Google, ma presto diventato un contenitore di musica che, volendo si poteva scaricare (sempre trascurando ogni attenzione alla qualità).

I cyberlockers
Nel frattempo però in Occidente la velocità di rete aumentava di anno in anno, e qualcuno si è accorto che del P2P non ce n'era più bisogno. Non era più necessario rischiare mantenendo nel PC Mbyte o Gbyte di musica e film per essere selezionati come buoni scaricatori. Bastava andare su siti e blog dei soliti volonterosi diffusori di contenuti rippati (un altro dei grandi misteri della rete, migliaia o milioni di persone che, senza ricavarne alcun vantaggio economico, anzi rischiando, mettono contenuti in rete; spinti forse proprio dalla innata antipatia che le major generano) e copiare direttamente i file messi in rete a proprie spese dai suddetti rippatori.

Qui si sono inseriti alcuni intraprendenti imprenditori che hanno individuato un nuovo promettente segmento di mercato legato all'uso indiretto dei diritti di copia. E' vero che molti provider mettevano a disposizione spazio disco gratuitamente, ma non tutti e non per qualsiasi throughput di rete. Con i costi dell'hardware e delle connessoni in calo costante si poteva pensare di fornire un servizio di archiviazione e distribuzione a pagamento a prezzi molto bassi, con spazio illimitato e throughput illimitato. Dove, qui l'idea vincente, lo scarico dei file poteva avvenire sia a pagamento sia gratuitamente. In questo secondo caso, però, con rallentamenti vari scientificamente messi a punto dai gestori per spazientire gli scaricatori e convincerli che qualche euro o dollaro potevano anche investirlo.

Erano nati e si diffondevano a macchia d'olio i cosiddetti cyberlockers, Rapidshare, Megaupload, Fileserve, ecc. Teoricamente servivano per archiviare in rete propri contenuti da chi non utilizzava allo stesso scopo, come farebbe qualsiasi comune mortale, un disco USB. Nella pratica servivano per distribuire album e film interi. Con la novità che ora la musica non doveva neanche più essere in formato compresso lossy, poteva essere anche essere compressa lossless, banda e spazio disco lo consentivano. E, assieme a loro, nascevano i portali che fornivano l'indice del materiale disponibile, opportunamete dislocati in Russia o altri paesi impermeabili o quasi alle majors.

Per parecchio tempo questo canale alternativo è stato ignorato, apparentemente, dalle majors. Molto opportunamente hanno pensato che combattendolo avrebbero fatto pubblicità ad un sistema che la buona parte dei cultori del P2P non conosceva. Personalmente, pur usando ovviamente Internet in modo intenso, ne ho scoperto l'esistenza per caso. Cercando una canzone che avevo sentito su Lifegate Radio (presto un post su questa radio) e che non era presente su YouTube (stranamente) e neanche su iTunes, l'avevo trovata su Amazon scaricabile in MP3 ma, per le solite politiche autolesionistiche delle major, non era vendibile in Italia. Continuando a cercare ecco, grazie a Google che vede tutto e fa vedere tutto, la scoperta del vasto mondo della musica totally free. Più accessibile, ironia della sorte, di quella a pagamento.

Quale sarà il prossimo?
Il segreto però è rimasto per pochi non molto a lungo, e gli impazienti che non si accontentavano di scaricare gratuitamente ma lentamente sono diventati abbastanza numerosi da garantire lauti guadagni ai padroni dei siti specializzati in cyberlocking, e corrispondenti mancati guadagni alle case cinematografiche e discografiche,  e quindi queste hanno agito.
Molto efficacemente, in questo caso, non sugli utenti, ma direttamente sui suddetti padroni, cominciando dal più grosso, in tutti i sensi, il padrone di Megaupload, Kim Schmiz, un tedesco, al quale non è bastato delocalizzare le attività in Nuova Zelanda per evitare arresto e chiusura delle attività
Ora anche gli altri, quelli che sono fortunosamente sopravvissuti, si sono arresi e, dagli ultimi check, la copia gratuita sembra ormai sparita, sostituita da due alternative: registrazione a pagamento o copia a proprio rischio da siti che sembrano proprio essere propalatori di biscottini avvelenati o peggio.
Ignoro se dal pagamento vada qualcosa anche alle case discografiche, penso di no. Penso che siano paghe del fatto che in questo modo i numeri degli scaricatori siano ridotti di diversi ordini di grandezza.

Chiunque sarebbe scoraggiato
Numeri che, se sono veri quelli riportati su Wikipedia, scoraggerebbero qualsiasi combattente, e quindi costringono a guardare nella giusta luce il sito dell'IFPI. Pare che gli utenti nel mondo che si connettevano ogni giorno a Megaupload fossero 50 milioni, 150 milioni gli utenti registrati (i rippatori, quelli che distribuivano il materiale per le legioni degli scaricatori), addirittura, il 4% del traffico mondiale era su Megaupload. E c'erano anche tutti gli altri concorrenti. Un esercito, centinaia di milioni di persone del tutto indifferenti a campagne contro la pirateria, equivalenza con il ladrocinio, rischi che si corrono, PC che si infettano e tutto il resto. Abbacinati come falene solo da un elemento: copiare gratuitamente, non importa a quale livello di qualità e con quali rischi. Un esercito per ora ripiegato ma che, temo, troverà presto un altro sistema.

La qualità
Internet non serve e non serviva per questo, quindi forse dobbiamo essere solidali con le case discografiche e con la loro battaglia. Purtroppo la indiscutibile difficoltà della sfida li porta a puntare su controlli che avrebbero l'effetto indesiderato di bloccare lo sviluppo di Internet, cosa parecchio in contro tendenza con gli interessi economici e gli obiettivi dei paesi occidentali, che difficilmente li sacrificheranno per il futuro della musica, considerando che probabilmente non questo è in gioco, ma soltanto il futuro delle attuali case discografiche.
E trascurando soprattutto, e questa è la cosa che più dispiace, che forse sarebbe proprio la qualità la chiave che potrebbe scompaginare i giochi e far cambiare pagina.

1 commento:

  1. Anonimo19/4/12

    Per me l'utilizzo di file non legali deriva dall'eccessivo costo che aveva/ha la musica: erano 15-25.000 lire per un CD, ora stessa cifra, ma in Euro!
    E' giusto che le case discografiche e i musicisti debbano guadagnare, ma mi sembra un pò troppo.
    Io da quando, ad esempio su Amazon o eEbay, trovo cd a prezzo onesto (5, max 10 Euro) non ho problemi a comprarli.
    Ciao
    Maurizio

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