venerdì 29 gennaio 2010

Cos'è l'INA?


Non è una compagnia di assicurazioni, ma è l'Institut national de l'audiovisuel, quindi una istituzione statale francese che, come dice il nome, si occupa di preservare la produzione audiovisiva in lingua francese.
Ne parlo perché in questi ultimi giorni sembra impegnato in una offensiva su YouTube per cancellare e rimuovere i videoclip, appunto, francesi, che si trovano in gran numero sul grande portale video mondiale.
Me ne sono accorto perché sulla pagina dedicata in Musica & Memoria alla segnalazione dei videoclip preferiti, molti sono di una fantastica e irripetibile interprete e musicista francese, ovviamente mi riferisco a Françoise Hardy, e sono stati purtroppo falcidiati da questa bizzarra iniziativa. Come il videoclip di Ce petit couer, uno dei migliori interpretazioni (di una canzone sua), al quale si riferiscono queste immagini.

Non è che siano spariti da YouTube, naturalmente, per uno che ne trovano altri due ne nascono, e così più o meno tutti i video clip anni '60 (tranne l'introvabile La bilancia dell'amore in italiano) si trovano lo stesso.

Andiamo quindi a vedere sul sito dell'INA cosa ci fanno con i video dei quali hanno acquistato evidentemente i diritti o la possibilità di distribuirli.  Il sito sembra ben fatto, moderno, e contiene una grande quantità di materiale. Dei video di Françoise Hardy però, ce n'è soltanto una parte, e anche piccola, rispetto a quelli disponibili su YouTube. Mancano peraltro i migliori, la magnetica interpretazione di Voila, il brio inimitabile del già citato iCe petit coeur. L'hanno eliminato da YouTube ma lo stesso non lo rendono disponibile.

L'offerta
Ma quelli che ci sono, ad esempio L'amitie in una esecuzione dal vivo, come sono offerti in visione?
Essendo un istituto statale si suppone che non operi a fine di lucro (cioè non punti al profitto), il che non vuol dire necessariamente che metta a disposizione il materiale gratis. E infatti dal sito si può vedere solo un misero pezzetto iniziale di ogni video, e per vedere tutto (sempre nella risoluzione di YouTube) occorre andare nella sezione e-Commerce. Dove si vede sempre lo stesso pezzetto, più piccolo, ma si può comprare la visione integrale per la modica cifra di 1 Euro e mezzo (un prezzo un po' alto per Internet). A quanto si capisce l'acquisto può avvenire con download in formato DiVX (protetto con DRM) oppure mediante spedizione su un DVD (soluzione pensata evidentemente per più clips).
A quanto si capisce, perché il sito è rigorosamente in francese, tranne una piccola parte sulla home page (i francesi sono imbattibili nella loro ostinazione). Per acquistare un brano occorre acquistare una ricarica minima di 10 €, ho provato a farlo (vedi dopo il risultato) per vedere se la qualità è superiore a quella che di solito si trova nei video che girano su Internet.
Mi viene anche il dubbio che gli stessi video siano disponibili in vendita regolare da qualche altra parte. Provo quindi a cercare anche su iTunes, ma evidentemente i detentori dei diritti (quelli appunto dell'INA, a quanto si capisce) preferiscono la vendita sul loro sito "regionale" (contenti loro...).

Magari qualcuno ha pubblicato questi videoclip (ripeto, spesso veramente belli) su qualche DVD in commercio? Cercando su Amazon se ne trova solo uno: Temps de souvenir, del 2005, leggendo la completa recensione di un simpatico acquirente dal nome di Shlomo Sinatra si scopre però che i clip degli anni '60 costituiscono in tutto solo 22' del DVD, e alcuni sono anche tagliati, per il resto c'è una lunga intervista alla musicista giovane in francese senza sottotitoli (i francesi sono imbattibili, come dicevo prima) e la maggior parte del disco è dedicata a clip degli anni successivi sino ai giorni nostri, non tutti, a quanto scrive (ma ci credo, avendone visti alcuni) imprescindibili.


Acquistare i video
Non conoscendo il francese (che almeno però non è il tedesco) si procede un po' alla cieca, scoprendo ad esempio che i francesi non usano il termine universale "download" ma "télécharger", e affidando fiduciosamente a queste spiegazioni nella lingua d'oltralpe i dati della propria carta di credito (i passi da fare sono comunque sempre quelli) si riesce a completare l'acquisto.
Che, avendo la formula del prepagato, richiede di partire da un minimo di 10€ anche per comprare un solo video. Ma non è finita qui, perché al momento del "download" si scopre che viene scaricato in realtà un file di 1KB che avvia la modalità VOD (Video On Demand) del lettore  DiVX installato in genere di default sul vostro Notebook (se è un Vista o un Mac, almeno). E' una "fiche", un ticket, un biglietto per l'acquisto. La salita al Parnasso però non è ancora finita, perché probabilmente sarà richiesto un upgrade del lettore DiVX standard (che ha richiesto sul mio PC anche un riavvio completo) e, infine, la creazione di un altro account (anche INA ovviamente richiedeva di aprirne uno) e la sua validazione, nonché la lettura di pagine intere di istruzioni in inglese (per fortuna ridondanti, almeno su Vista) sul sito ufficiale DiVX.


Alla fine però il video viene scaricato in qualche cartella misteriosa del PC e finalmente visualizzato. Quante altre persone si sono sobbarcate o si sobbarcheranno mai a queste ansiogene (e lunghe) operazioni per acquisire un video clip degli anni '60 o altri estratti dalla TV francese? Mistero.

I famosi video ufficiali
Ma quale è poi la qualità di questi video ufficiali, garantiti e certificati? Più o meno quella dei video di YouTube, non reggono il "tutto schermo" e l'audio è appena discreto. Anche il formato, come si può vedere dagli screenshot (che provengono dai video scaricati, dove è indicato "ina.fr" e che, lo preciso, sono migliorati con l'editor come qualità delle immagine) non è sempre perfetto, erano in origine probabilmente non esattemente 4:3 e sembrano almeno leggermente "anamorfizzati" (stretti).


Ho scaricato "L'amitie", "Ma jeunesse fout le camp", " "Pourtant tu m'aimes", a parte il primo non li avevo visti in precedenza, ma non mi sento di escludere che fossero già disponibili in Internet gratuitamente da qualche parte. Un video di Françoise Hardy è sempre un piacere da vedere, e per quanto mi riguarda i 4 Euro e mezzo pagati sono ben al di sotto del loro valore, ma non so quanto questo accreditamento di valore sia condiviso.
Ovviamente i video sono protetti, e quindi sicuramente non sono scaricabili su una memoria USB per vederli su un altro PC o su un lettore DVD multiformato. Ma è possibile masterizzarli (rimangono protetti, immagino, ma non so con quali limitazioni) e soprattutto si potranno, presumo, catturare con uno dei 100 programmi a pagamento o gratuiti creati allo scopo.


In sintesi
In sintesi, l'Institut national de l'audiovisuel tenta di impedire con la sua azione (non ci riesce perché gli utenti YouTube sono una marea, ma questo è un altro discorso) la visione e la diffusione nel mondo dell'arte francese, contrariamente alla sua ipotetica missione. Per tentare invece di guadagnarci (coprirsi le spese) vendendoli. A ipotetici acquirenti interessati che veramente non saprei quanti siano (a parte me che li ho acquistati per questo test).

Almeno fossero disponibili in ottima qualità, comodamente su DVD. Neanche questo avviene, come si è visto.

Il tutto si iscrive nel tentativo ormai ventennale (perseguito con particolare tenacia in Francia) di far pagare i contenuti di valore (premium, in linguaggio televisivo) presenti su Internet.
Non sono un sostenitore del "tutto gratis" e sono consapevole che il nostro mondo è basato sulle leggi economiche. Ma mi limito a registrare quanto appaiono velleitari e marginali tentativi come quelli dell'INA.
Nel mondo Internet dove, come è noto, il maggior successo economico l'ha ottenuto qualcuno (Google) che apparentemente fornisce tutto gratis. Proprio come la TV generalista italiana che ha fatto la fortuna di Mediaset e del suo fondatore.



venerdì 22 gennaio 2010

Oppo Story

NOTA: Questo post, pubblicato nel 2010, ha solo valore storico in quanto la Oppo Digital ha cessato la produzione dei suoi eccellenti componenti Hi-Fi e video nel 2018.

Mi è stata segnalata da Corrado una storia interessante e istruttiva, con persino qualche risvolto di pratica utilità, che riguarda un componente audio-video del quale avevo parlato qualche tempo fa: l'Oppo BDP-83.

Oppo è un produttore di lettori DVD e di altra componentistica per video domestico di classe "budget" (economica) con sede in California e produzione presumibilmente in Estremo Oriente, ma con progettazione propria e particolarmente intelligente e ben sfruttante quello che la tecnologia propone. In questo modo ha guadagnato una buona reputazione nella rete Internet, grazie a vari forum e recensioni di appassionati, con il fondamentale accompagnamento di prezzi di acquisto bassi e di una efficace distribuzione via rete e negozi specializzati. Era (è) difficile trovare lettori DVD multiformato con le prestazioni e le funzionalità dei DV-980H, 981HD o DV-983, a prezzi comparabili.



Poco più di un anno fa, coerentemente con la evoluzione del mercato, Oppo ha deciso di proporre anche un lettore nel nuovo standard "ad alta definizione" Blu-Ray, il modello BDP-83, appunto, che includeva anche interessanti funzionalità per l'audio in alta definizione (per questo ne avevo parlato). Già disponibile dal 2009 in USA, se ne attendeva con impazienza la versione europea, che doveva uscire a breve (si sarebbe chiamato BDP-831).

A una mia successiva e-mail nella quale chiedevo le precise caratteristiche del supporto Flac ricevevo però come risposta dal supporto Oppo in USA, lo scorso 29 ottobre 2009, un puntatore a questa sorprendente notizia sul sito europeo:

"After careful evaluation of the resources available, it has been determined that the release of the OPPO BDP-831 Blu-ray Disc player in Europe will be postponed indefinitely. It is with sincere regret that we have to make this difficult decision. However, we feel that this is in the best interest of our customers and quality standards. Customer support and satisfaction are the cornerstones of OPPO, and with the currently available resources, unfortunately we will not be able to equally serve all our European customers with the release of the BDP-831. Language barriers, shipping constraints, and our ability to quickly, efficiently, and accurately support our valuable European customers undermine the quality standards expected of OPPO. We apologize to the customers who love and support OPPO all along and have been waiting for the release of BDP-831 patiently, and hope we can come back with better planning and resources in the future to serve our customers the best."

Le motivazioni erano un poco confuse e non del tutto credibili, ma il risultato era chiaro: il lettore Blu-Ray con qualità allo stato dell'arte a soli 500 € e in più le funzionalità multiformato (DVD e memorie esterne USB) in Europa non sarebbe arrivato mai.

Sui forum si speculava sulle motivazioni, non mancava chi sospettava che Oppo avesse fatto il passo più lungo della gamba e che non fosse in grado di sostenere le aspettative. In altre parole, che si trattasse di un prodotto medio, pompato dal tam-tam della rete. Io ritenevo invece che c'entrassero le case cinematografiche (i lettori Oppo sono "free", leggono tutto o quasi).

Ma almeno il primo dubbio è fugato. Si tratta effettivamente di un eccellente lettore. Come confermato da una delle più note riviste on-line del settore, la americana Audioholics, che sintetizza così i pro e i contro del BDP-83:
- legge tutti i formati disco
- non costoso
- qualità video superba
- mette in serio imbarazzo i lettori high-end
e i contro erano solo:
- prestazioni lente con la funzione BD-Live!
- necessita di alcuni upgrade firmware

"Mette in imbarazzo i lettori high-end",  ma uno in particolare lo mette in forte imbarazzo. Si chiama Lexicon BD-30 ed è il nuovo modello Blu-Ray di quest'altra importante casa americana specializzata nell'audio e soprattutto nel video digitale, con anche un apprezzato settore professionale.



Una rivista on-line italiana, AvMagazine (e altri appassionati in rete) hanno infatti notato una somiglianza sospetta tra il BD-30 di Lexicon e il "nostro" Oppo BDP-83. Sospetta non tanto per il fatto che fosse venduto sotto un altro marchio, son cose che si fanno, quanto per il fatto che il modello Lexicon, appunto, viene venduto come "high-end" alla modica cifra di 3000 $ o qualcosa del genere. Tutta la storia con dozzine di commenti si può leggere qui.

Poteva anche darsi che Lexicon fosse partita dal modello Oppo inserendo all'interno miglioramenti che giustificassero almeno in parte il folle incremento di prezzo. Ma anche questo sospetto è stato fugato da una prova comparata approfondita (con tanto di misure di laboratorio) condotta dalla rivista americana Audioholics della quale abbiamo parlato prima, e che si può leggere qui e che ha come titolo, semplicemente "Oppo dentro, Lexicon fuori".

Non è la prima volta che produttori che hanno acquisito un nome che induce suggestioni e propensioni all'acquisto nel loro settore propongono (specie nel mondo digitale) prodotti di altri, spesso orientali, mettendoci sopra un sostanzioso mark-up, a beneficio di quegli appassionati, non pochi, che ascoltano più con gli occhi che con le orecchie. Ricordo un lettore CD della rinomata casa francese Jolida (specializzata in componenti a valvole) che era in realtà un componente economico coreano in una scatola diversa (e neanche tanto).

Questa volta almeno alla Lexicon hanno scelto bene, e gli acquirenti rimpiangeranno forse (anzi certamente) i 2500 $ in più che hanno speso inutilmente, ma potranno godere di una buona visione e di un buon ascolto.

Ora, dopo questa scoperta, qualcuno pensa di poter spiegare anche l'improvviso blocco alla distribuzione in Europa. Ma non credo sia questo il motivo. Non è che Lexicon vende TIR di lettori Blu-Ray tramite Media World e simili. Tanto da poter compensare Oppo per i mancanti guadagni dal mercato europeo (che non è piccolo).

Più facile, almeno spero, che abbiano concordato solo un delay, e che magari il lettore Oppo arrivi un giorno finalmente anche da noi (prima di diventare obsoleto).

E qui veniamo al risvolto pratico. Che non è soltanto l'acquisizione di una sana diffidenza nei prodotti high-end super costosi (è meglio valutare con attenzione se il prezzo è valore o margine), ma anche nella scoperta che qualcuno in realtà ha iniziato a distribuire in Europa il suddetto Oppo. Un negozio on-line inglese, CRT Projectors, ha infatti a catalogo (solo per il resto d'Europa, UK esclusa, soliti contorcimenti che però non ci interessano in questo caso) proprio questo lettore Blu-Ray. A un prezzo leggermente superiore a quello USA, ma già a posto per quanto riguarda l'alimentazione.
Resta in codice regionale 1 (ma non dovrebbe essere un grande problema) e resta il problema dell'assistenza, ma chi vuole lo può acquistare con un clic.

sabato 16 gennaio 2010

Le majors e l'alta definizione

La musica digitale in alta definizione "liquida", quindi scaricabile via Internet, è una opportunità che affascina molti, e anche una realtà, grazie alle iniziative pionieristiche di Chesky Records e di altre etichette che hanno aderito al sito HDTracks (tra cui, timidamente, anche la ECM), e di Linn Records, Classic Records, 2L e altre. Sono tutte "indies", etichette indipendenti dalle 4 grandi majors, che invece dovrebbero continuare a controllare (non ci sono ancora i dati 2009) oltre il 70% del mercato mondiale della musica.


L'offerta è quindi forzatamente limitata alle poche indies che hanno intrapreso questa strada, e un ipotetico appassionato di musica interessato alla produzione di Diana Krall (che pubblica con la Verve, una etichetta che fa parte della UMG, o Universal Music Group, la prima tra le quattro majors) o a quella di Brad Mehldau, che pubblica con la Warner Musisc Group, non ha alcuna possibilità di ascoltare le ultime uscite dei due musicisti in alta definizione, se le majors che li hanno sotto contratto non decidono di cambiare strategia.

Qual è questa strategia?
Due delle majors, la Sony BMG (n.2) e la Warner (n.4, la n.3 è la EMI) sono presenti anche nel mercato cinematografico, dove stanno spingendo attivamente (assieme alle altre case cinematografiche) l'alta definizione. La strategia in questo caso prevede il lancio di un nuovo supporto fisico, il Blu Ray Disc (che è prevalso dopo una lunga lotta contro il suo concorrente HD-DVD) da utilizzare per distribuire la musica con il sistema della vendita, del noleggio, o anche dello scambio, utilizzato in USA dal principale operatore del mercato, Netflix.
L'alta definizione nel cinema porta vantaggi ai costruttori di hardware, perché spingono i consumatori a cambiare sia i televisori sia i lettori DVD (ora Blu-Ray) e può anche essere un disincentivo alla pirateria, cioè alla diffusione (assai ampia) di film in formato compresso (Divx o Xvid). La distanza nella qualità tra un film in DVD e in Divx c'è e si vede, ma è ancora sopportabile, la distanza con lo stesso film in HD diventa incolmabile, spingendo, si spera (sperano) a considerarla una "visione per poveri" poco attraente e in prospettiva residuale. Certo, se poi il film lo si vede su un iPhone la differenza ben difficilmente si potrà apprezzare.

Se anche qualcuno inventasse un Divx per alta definizione (non mi pare ci sia, per ora, ma non è certo un problema tecnico) interverrebbe un altro ostacolo, legato alle dimensioni dei file da trasferire. Già ora un film in formato compresso ha dimensioni tra i 700MB e 1,5GB, e tipicamente per essere trasmesso deve essere diviso in più file, con le relative complessità di gestione delle copie. Aumentando la complessità forse qualcuno in più sarà spinto ad andare a noleggiarlo regolarmente.
Inoltre il Blu-Ray (o BD) ha dei sistemi anti-copia più efficaci di quelli dei DVD e anche la copia è, al momento almeno, poco conveniente, considerando il costo dei supporti vergini.

E nella musica?
Nella musica invece l'offerta di alta definizione da parte delle majors non solo non c'è, ma è stata proprio azzerata. Nel senso che non solo nessuna delle 4 ha mai messo in rete materiale in alta definizione,  ma è anche stata sospesa nei fatti la produzione di supporti fisici ad alta definizione.
Per una decina d'anni infatti le majors, coinvolte evidentemente controvoglia nel tentativo di Sony e Philips (con il SACD) e di Matsushita e altri (con il DVD-Audio) di superare il CD lanciando l'alta definizione in musica, hanno pubblicato una ridotta (molto ridotta) quantità di titoli in questi formati, con una certa prevalenza nella classica.
Con il 2009 questo lungo e sfortunato tentativo si è concluso (anche se non c'è ancora una parola fine ufficiale) e la produzione di nuovi titoli si è fermata. Ne sono un esempio l'ultima uscita di Diana Krall,  Quiet Nights, disponibile solo in CD, mentre tutto il resto della produzione della cantante e pianista canadese era stato pubblicato dalla Verve su SACD e addirittura anche in buona parte su DVD-Audio, o la sospensione, da tempo ormai, di nuovi titoli SACD da parte di Deutsche Grammophon (sono entrambe etichette UMG).


Hanno deciso quindi di pubblicare gli album più interessanti e ben incisi su vinile, accettando l'opinione di molti audiofili (la maggioranza, forse) che la qualità sia superiore a quella del CD? Pare di sì, almeno in parte. L'album di Diana Krall che abbiamo preso come esempio è disponibile su LP da 180 gr. Come molte nuove uscite. Ma non pare una strategia a tappeto. Ad esempio non è seguita da DG, che invece ha fatto un accordo con Classic Records per distribuire alcuni titoli su vinile. In ogni caso per l'LP non si può parlare di alta definizione o di "qualità master".

Proprio dalla DG vengono però le uniche aperture del settore majors che si conosco verso Internet come veicolo per la diffusione della musica in alta qualità. Abbiamo già parlato dell'interessante sito della prima casa di musica classica e della interessante possibilità di scaricare musica a prezzi più che buoni con la stessa qualità dei CD, in formato FLAC, e senza protezioni e vincoli.
E anche della cortese risposta ricevuta ad una mia domanda diretta dal responsabile dei contenuti editoriali di rete della Deutsche Grammophon, Moritz Josch, che ha comunicato la intenzione di rendere disponibile, orientativamente già da questo 2010, musica anche in alta definizione sul sito della DG. (ho inserito lo scambio di e-mail in un commento al post sulla DG).
Sembra che nel settore della classica, visto il mercato che si riduce sempre di più e l'abbandono progressivo da parte dei giovani, si siano convinti che qualche copia non sarebbe un male. Anzi, magari i giovani copiassero i concerti brandeburghesi di Bach invece che Fabri Fibra, qualcuno potrebbe rimanere contagiato e decidere di inoltrarsi nei territori inesplorati della musica classica (o musica colta, secondo un'altra orrenda definizione).

Una strategia wait-and-see
La strategia delle majors nel settore della musica è quindi attendista, sia delle evoluzioni della tecnologia, sia dei possibili risultati del tentativo Blu-Ray. Che per ora non sono molto brillanti (si possono leggere qui miei dubbi in merito di un anno fa). Secondo il piano di diffusione questo 2010 doveva essere l'anno dell'abbandono del DVD e del passaggio a BD, almeno nei paesi guida, per la maggioranza degli utenti, ma la previsione è ormai del tutto irrealizzabile ed è stata spostata al 2012. Quando magari (fine del mondo permettendo) le memorie a stato solido costeranno così poco da rendere del tutto inutile il ricorso a supporti basati su sistemi di lettura laser.

La motivazione per la frenata non può che essere sempre la solita: il timore della pirateria. Memorie esterne per computer sempre più capienti, interfacce sempre più veloci, Internet sempre più veloce, sistemi di compressione lossless sempre più efficienti; risultato: sempre più facile copiare. Interi archivi con centinaia di dischi in poche decine di minuti. Altro che le cassette degli anni '70.
Almeno, pensano le majors, copiano non alla massima qualità. La massima qualità, la qualità master, i 24 bit / 192KHz non si possono copiare perché noi proprio non la mettiamo in circolo.

Un momento. Non mi pare una grande idea, spiegata così. C'è qualcosa che per qualcuno ha un valore. Qualcun altro che ce l'ha. Ma non la vende. Sarebbe un controsenso economico (ma non sarebbe il primo per le case discografiche).
Può darsi che invece la strategia sia invece creare una aspettativa nel mercato, far filtrare progressivamente la consapevolezza che esiste qualcosa di superiore, la qualità master, l'alta definizione. Quando si decideranno a metterla in commercio, su qualche supporto fisico super-protetto (magari proprio il Blu-Ray) sarà ripristinato il "valore" intrinseco dell'oggetto, quello che è svanito per il CD. E sarà possibile metterlo in vendita al prezzo che le majors ritengono remunerativo e che hanno dovuto abbandonare per il CD (20 o 30 €).

Può darsi sia questa la strategia. Ma per ora la situazione appare molto, molto distante da questo scenario: la grande maggioranza degli ascoltatori di musica utilizza quasi solo il formato compresso. Anche solo far arrivare la consapevolezza che la qualità CD è udibilmente superiore sarebbe un passo significativo. Arrivati a questo sarebbe necessario poi il successivo "innalzamento" al mondo HD. Ma, per la qualità CD la "copia per tutti" è già arrivata.

In conclusione
Mentre le majors definiscono le loro strategie (e perdono ogni anno quote di mercato verso altri settori dell'entertainment) agli appassionati di musica interessati all'alta definizione non rimane che fare la stessa cosa: aspettare, ingannando il tempo spulciando i siti dei pochi cataloghi HD presenti, o tornando indietro al buon vecchio analogico, agli LP o ancor meglio a nastri pre-registrati per registratori reel-to-reel.
Rimane la curiosa situazione di qualcuno che ha un nuovo prodotto in casa, ricavi che diminuiscono, e che decide, ciononostante, di non metterlo in vendita.

mercoledì 6 gennaio 2010

Alla riscoperta dei nastri pre-registrati



Continuando ad andare avanti e indietro tra il futuro digitale, con al centro il PC, e l'affascinante passato vintage, rappresentato dalle alternative al vinile, torno ancora sui registratori a bobine, o reel-to-reel.
Come si è visto nei post precedenti funzionano bene, molto bene, e garantiscono una qualità del suono con tutto il meglio dell'analogico, ma senza alcuni difetti del vinile.  Resta però da capire cosa si potrebbe fare, oggi, con un registratore a bobine.

La copia di backup dei CD? E' proprio impossibile che il suono migliori, quindi, se proprio è necessario fare queste copie, si ottengono gli stessi risultati, con molta maggiore comodità, meno spesa e meno tempo facendo le copie da PC su un altro CD o su hard-disk (ovviamente, rigorosamente lossless).

La copia di backup degli LP? Anche in questo basterebbe un decoder analogico-digitale e si potrebbe fare la copia in digitale con meno spesa e molta maggiore praticità. E' vero che un decoder analogico-digitale buono non costa poco, ma occorre chiedersi prima perché si fa la copia. Pochi, pochissimi LP sono veramente rari, introvabili. La maggior parte sono stati ripubblicati su CD o sono comunque disponibili nel grande circo Internet.

La registrazione di eventi dal vivo? Affascinante ipotesi, e probabilmente l'uso nel quale si avrebbero i migliori e più sorprendenti risultati. Anche qui però ormai il digitale è vincente (e più affidabile) con l'ultima generazione di registratori dotati di decoder superiori ai 16 bit.



Ma c'è un altro uso interessante: l'ascolto dei nastri pre-registrati. Sconosciuti da noi in Italia, non ricordo di averne mai visti nei negozi né mai sentito parlare sulle riviste specializzate di musica o di alta fedeltà.
Erano invece piuttosto diffusi in USA e anche in UK. Una buona parte del catalogo (sicuramente superiore in percentuale a quella che le case discografiche hanno concesso ai poveri formati ad alta definizione degli anni 2000, ormai abbandonati, il SACD e il DVD-Audio) era messa in commercio sin dalla fine degli anni '50 in questo formato.

All'inizio venivano usati nastri in mono (solitamente a due tracce) con velocità 9,5 cm/sec (3 3/4 di pollice o ips, inch per second). Un album normale di 40-45' poteva essere contenuto in una bobina compatta da 13 cm., con dimensioni quindi simili agli attuali CD, e molto inferiori all'LP, come il musical South Pacific della immagini in alto o l'album di Paul Robeson qui sopra. Erano nastri registrati su due lati, quindi da voltare a fine corsa.

Dagli anni '60 le case discografiche hanno iniziato a puntare alla qualità (allora lo facevano) proponendo copie in stereo (ovviamente) e a velocità maggiore, 19 cm/sec. (o 7 1/2 ips) e su 4 tracce. In questo caso occorrevano bobine da 18 cm., comunque sempre più compatte degli LP (che erano e sono da 30 cm., come noto).
La qualità era opportunamente enfatizzata, "masterworks" era il nome usato ad esempio dalla Columbia, mentre la EMI per i suoi nastri mono dei primi anni '60 usava il marchio "Emitape" ("this is not an ordinary tape. When you hear it you'll realise that this is not ordinary tape. Its fidelity is remarkable - as close, in fact, to the original as modern techniques can make it.").


Molti musical, grandi orchestre easy-listening dell'epoca (Herb Alpert, Mantovani, Percy Faith, Andre Kostelanetz) e buona parte del pop di successo dell'epoca, ma anche, a partire dalla seconda metà del decennio, il rock, con gli album più noti di Bob Dylan, Joan Baez, Judy Collins, Peter, Paul & Mary, dei Beatles, poi degli America, dei Led Zeppelin. E poi, molta musica classica, ad esempio buona parte della produzione Deutsche Grammophon degli anni '70, con i vari Karajan, Gilels ecc. è stata pubblicata anche su bobina preregistrata.

Erano abbastanza diffusi da garantire un mercato abbastanza ampio e quindi una buona scelta su eBay ancora oggi. La scelta più estesa è su eBay USA, anche se si trova parecchio pure su eBay UK. I prezzi sono più che ragionevoli (grazie anche al nostro caro Euro forte) e compresa la spedizione (non economicissima, sono oggetti relativamente ingombranti e pesanti, costa tra i 12 e i 18 $) si riesce a stare quasi sempre sotto i 20 € e spesso sotto i 15. Tranne ovviamente per i nastri che hanno un mercato collezionistico, come quelli dei Beatles (sopra ai 50 $ e anche oltre).


La domanda non sembra particolarmente intensa, e il prezzo sembra essere influenzato soprattutto dallo stato di conservazione della scatola (che erano corredate da immagini come quelle degli LP), a volte non perfetta (erano pur sempre fatte di cartone e hanno più di 30 anni). Il nastro però di solito è in buone condizioni (sembra che in molti casi siano scorte da magazzino, mai usate) e, almeno nelle prove che ho fatto, non sembra avere effetto copia. Naturalmente i venditori non danno alcuna garanzia e di solito affermano (mentendo, per non avere problemi e impegni, penso) che non possono provare i nastri perché non hanno un registratore a bobine. Con questi prezzi però qualche rischio si può prendere.

Interessa sentire questi classici album, spesso molto ben registrati, su un supporto di qualità superiore all'LP? Ovviamente sì, e quindi ho iniziato subito ad acquistarne e a provarli sul mio impianto.

I primi che mi sono arrivati erano mono, diversi Emitape come quello illustrato (South Pacific di Rodgers e Hammerstein). Con i limiti della monofonia e del tempo (questi sono di inizio '60 o fine '50, a giudicare dal repertorio) i risultati all'ascolto sono più che buoni, ascolto piacevole e naturale di questi vecchi musical e di questi arrangiamenti anni '50, ma anche di queste voci indimenticabili, come quella di Paul Robeson. Da notare che tutti gli Emitape, per facilitare la gestione dell'archivio, avevano una etichetta anche sul nastro, sul "leading tape" iniziale.


Il successivo ascolto in stereo, su un nastro pubblicato da Elektra negli anni '70 (il '73 per la precisione) con un album della cantante folk Judy Collins, True Stories, è stato decisamente all'altezza delle aspettative. La voce di soprano della ragazza congli occhi blu (Judy's Blue Eyes, la canzone che le dedicà Stephen Stills) esce particolarmente naturale, con le "esse" al punto giusto, la intonazione perfetta e i vocalizzi ben fermi e scanditi, e gli accompagnamenti, in questo caso non sempre minimal come da folk tradizionale (orchestra, piano, cori) ben posizionati e timbricamente corretti.

Niente polvere in agguato come negli LP in vinile con i suoi effetti collaterali (tic-toc), minor consumo ad ogni ascolto, graffi, ditate, necessità di pulire la superficie sono cose sconosciute. E maggiore qualità intrinseca. Chissà come mai sono rimasti un mercato di nicchia. E in Italia del tutto sconosciuto. Forse da noi ha contato  l'esperienza (drammatica) delle cassette preregistrate (che si vendevano, e anche molto, ma avevano, come ricorderà qualcuno, una qualità infima, ben inferiore a quanto poteva fare uno qualsiasi di noi con un registratore a cassette casalingo).
Sono in arrivo altri nastri di musica classica e di musica per orchestra e ne darò conto in seguito, ma per intanto posso confermare che, pur con un registratore (lettore in questo caso) che non è il massimo assoluto, e con nastri comunque prodotti industrialmente, ci si può garantire un ascolto molto ma molto piacevole.

Ma la cosa più straordinaria è che si possono trovare anche nastri pre-registrati nuovi. Qualcuno li produce e li commercializza ancora. Ad esempio la nota etichetta audiophile italiana Velut Luna, per mezzo del sito e-commerce AudiophileShop. E si tratta veramente di nastri ad alta qualità, quasi tutti a 38 cm/sec. e 2 tracce stereo e attacco nastro NAB (c'è anche questa variante, è un mondo difficile, i nastri USA hanno comunque tutti il più diffuso attacco cine). Richiedono registratori adeguati e compatibili, più costosi di quelli a 4 tracce come l'Akai che ho usato. Tipicamente, un Revox B-77, quasi lo standard in questo settore.
Ma c'è (purtroppo) un altro particolare: costano. Quelli nuovi, tra i 130 e i 170 €, quelli usati o storici comunque oltre i 50 €. Una prova indiretta della supremazia dei bobina: il migliore suono analogico possibile, per il quale gli appassionati sono disposti a spendere cifre anche superiori a quelle necessarie per assicurarsi i dischi "audiophile" da 2 etti l'uno.

(Nelle immagini sotto le altre informazioni presenti sui nastri pre-registrati e i vari formati dell'Emitape della EMI)
















domenica 3 gennaio 2010

La discoteca nel PC

Quanti dischi avete? Mille, duemila, di più? Avete spazio sufficiente in casa per archiviarli in modo da ritrovarli facilmente? Quante volte avete tempo di ascoltare un album per intero? Rifuggite dalle playlist e dalle contaminazioni e vi affidate solo alla organizzazione della musica pensata dai musicisti e dai produttori? Leggete le note degli album e le parole delle canzoni sul libretto interno dei CD, superando senza problemi l'ostacolo rappresentato dai caratteri minuscoli, oppure usate più comodamente Internet per questo scopo? Per voi l'oggetto CD e soprattutto l'oggetto LP, con la sua copertina e le sue foto e il suo libretto interno ha una attrattiva molto vicina a quella della musica che contiene?

Se le risposte sono tutte o in maggioranza negative la tecnologia ha da tempo una risposta per voi.

Abbandonati i juke-box di CD o altri sistemi meccanici tentati dalla industria qualche anno fa (negli anni '90) la soluzione c'è, ed è nella case di quasi tutti: il PC, corredato da apposite applicazioni che possono archiviare la musica, cercarla , organizzarla in qualsiasi modo, ed ascoltarla, con la cuffia, o anche con l'impianto Hi-Fi, dove prende il posto del lettore CD (vedi i precedenti post sull'argomento).

Sto parlando ovviamente del popolare media player iTunes, che diventa anche un media service (per l'acquisto diretto della musica) con la applicazione connessa iTunes Store, e delle altre alternative disponibili. La prima cosa che si può eliminare è la discoteca "fisica", con i suoi problemi di sistemazione nella casa (e quindi con grande gioia di vostra moglie). L'appassionato di musica che ha 1000 CD o magari anche 1000 LP non lo farà mai (anche se è tentato), ma chi parte ora potrebbe essere fortemente tentato.

Dal punto di vista pratico non si perde nulla: la qualità, la "definizione", può essere la stessa del supporto fisico o anche superiore, il PC come lettore può raggiungere le stesse prestazioni di ottimi sistemi di lettura (non gratis, certo, bisogna dotarlo di opportune periferiche), album, foto dei musicisti, parole delle canzoni, recensioni, si può trovare tutto in Internet. Tutta una discoteca da 1000 album, in formato non compresso ("lossless") trova posto in un disco da 500 GB, una dimensione che si trova ormai anche nei notebook, e comune nei dischi esterni anche non alimentati (da connettere semplicemente ad una porta USB).
Ma sono i valori di quest'anno, magari l'anno prossimo saranno arrivati al TeraByte.

A fronte di nessuna rinuncia c'è anche un grande vantaggio: la semplicità e velocità di ricerca dei brani: iTunes ha introdotto anche una comoda ricerca per immagini delle copertine (copiata anche da altri player) che piace a tutti, ma questa modalità (che evidentemente è tipica di un momento di transizione, e memore del supporto fisico) non è certo la sola. In pochi attimi possiamo "prelevare" proprio quell'album che ci è venuto in mente, o organizzare al volo una playlist, o riprodurne una suggerita, magari comprando on-line (con gran gioia della Apple che per questo fornisce gratis questo potente strumento) i brani che ci mancano.

Chi parte da una discoteca fisica dovrà sobbarcarsi il lavoro di convertire i CD e di acquisirli nella libreria iTunes. Un lavoro abbastanza lungo, ma non troppo (in fondo non lo fate voi, lo fa il PC) che, certo dipende dal numero di dischi (500 o 1000 non sono pochi). Per chi si avventura in questa operazione ricordarsi di abilitare l'acquisizione in formato "lossless" (Apple lossless o ALAC è la sigla usata da Apple), in questo modo non si perderà nulla della qualità del contenuto originale. Poi bisognerà cercare su internet le copertina per utilizzare la comoda modalità "cover flow" e alla fine di questo lavoro, tutta la discoteca sarà sul PC, e quella fisica potrà rimanere come backup (magari in soffitta) oppure (orrore!) essere venduta.

E gli LP? L'operazione qui è più complessa perché occorrerebbe un converitore analogico-digitale e anche di qualità (gli oggetti da negozio PC come il Terratec sono un po' limitati e non renderebbero giustizia ai migliori LP). E la conversione analogico-digitale deve essere fatta con attenzione, regolando i livelli proprio come in una registrazione su nastro. Ed è forzatamente a velocità piena, 1x.
Ma ne parlo solo per completezza: nessun analogista degno di questo nome e con ancora una discoteca ricca di LP prenderà mai in considerazione neanche alla lontana l'idea di trasferirla su PC.

Gli altri probabilmente l'hanno fatto da tempo, comprando magari le successive pubblicazioni su CD degli stessi album. Per chi volesse comunque trasferire nella discoteca su PC (iTunes però la chiama "libreria", per questo mi viene da usare anche questo termine) una parte dei suoi LP c'è un sistema più pratico. Non bisognerebbe dirlo (e certo non darò indicazioni qui), ma in Internet ci sono diversi modi per trovare album già in formato digitale. Poiché comunque una copia è ammessa, e c'è un LP originale, si fa molto prima in questo modo. Scontando di solito una perdita di qualità (saranno comunemente in MP3, ma non è detto) ma appunto per l'ascolto serio rimarrà sempre l'adorato vinile. Su iTunes comunque molti album costano 7 € e quindi senza impazzire in ricerche (sempre che non siano 1000) si può anche prenderli comodamente da lì con un clic.

E la musica liquida? Quella che si compra in Internet? Anche qui (quasi) nessun problema, la musica acquistata dagli ormai numerosi siti che forniscono anche musica in qualità CD (Deutsche Grammophon, HDTracks, Linn records, Magnatune, ore anche Rhino) potrà essere importata su iTunes. L'unica operazione richiesta, se è in formato Flac, è la conversione in un formato supportato da iTunes (che non accetta il suddetto formato Flac).

Questo può essere un problema solo per il sito DG, tutti gli altri prevedono anche un formato compatibile iTunes: Rhino prevede anche il formato ALAC, Magnatune e HDTracks anche il formato Aiff (che iTunes supporta), e Linn Records il formato WMA (anche questo accettato da iTunes). Sul sito DG c'è in alternativa l'MP3 in "alta qualità" a 320Kbps, ma non è necessario ricorrere a questa riduzione. La conversione da Flac a Wma o Aiff con un convertitore gratuito come MediaMonkey è questione di pochi clic.

Da aggiungere che, almeno in ambiente Mac, è disponibile una piccola utility chiamata flukeformac, che consente al media player iTunes di leggere anche il formato Flac (ma solo in standard definition 16/44.1).

Per i più pigri e per chi ascolta molta musica senza interruzioni  iTunes può essere comandato con un telecomando, che poi non è altro che un normale telefonino iPhone con apposita applicazione (alla Apple sanno cosa significa "integrazione"). Non è che sia proprio indispensabile, almeno una volta tra un album (o una playlist) e l'altro penso che si possa alzarsi dalla poltrona. E anche molti notebook hanno in dotazione o possono essere corredati da un telecomando.

E la musica in alta definizione? Qui finisce la lista di vantaggi di iTunes. Che, per decisioni evidentemente di ordine commerciale di Apple, o più probabilmente delle case discografiche che concedono alla società di Steve Jobs i loro contenuti, non supporta il formato "DRM-free" Flac (il più usato a questo scopo).

Per estendere l'approccio "discoteca nel PC" anche alla musica liquida in alta definizione scaricata da Internet in Flac occorre al momento, purtroppo, un altro media player. A meno di sobbarcarsi ad una conversione ulteriore per gran parte della musica scaricata. Le alternative più gettonate sono Foobar2000 e MediaMonkey. Il primo gode di ottima stampa, ma a me è parso di utilizzo molto arduo, per via della sua interfaccia veramente minimalista e delle limitate funzioni di gestione libreria fornite come standard. Ci dovrò tornare sopra. MediaMonkey è qualcosa di molto più maneggevole, e riprende in parte le funzioni di iTunes con una interfaccia più Windows oriented, che sembra prendere come punto di partenza quella del primo player diffuso ampiamente su Internet, Winamp.

Quindi l'appassionato che voglia seguire questa strada, ma che voglia anche trarre beneficio dalla offerta sempre crescente in campo, deve scegliere tra due alternative: rinunciare alle comodità e alle features di iTunes e portare tutta la discoteca su MediaMonkey, oppure usare due player, riservando MediaMonkey agli album in High-Def. Al momento la seconda alternativa sembra la più praticabile, ma è tutto un mondo in continua evoluzione.

Resta poi da collegare la nostra dicoteca racchiusa in un PC all'impianto stereo per ascoltare effettivamente la musica (che sarebbe poi lo scopo) ma questo tema è già stato trattato in due precedenti post, anche se richiede diversi approfondimenti sui quali tornerò presto.