mercoledì 6 aprile 2016

L'ottimizzazione dell'ambiente d'ascolto

Il problema numero uno, per un ascolto corretto della musica che sfrutti appieno le potenzialità della stereofonia è rappresentato, come sappiamo, dall'ambiente d'ascolto. Che deve essere praticamente sempre condiviso con altri scopi (soggiorno, sala da pranzo, studio, anche tutti assieme, magari). La possibilità di ottimizzarlo per le sole esigenze dell'ascolto della musica è quindi molto remota, se non nulla.

La soluzione Linn
La casa scozzese, che da molti anni si è orientata decisamente verso l'audio digitale, ha ormai una gamma completa di music server (loro li chiamano ormai genericamente "streamer") dotati di una centrale digitale con CPU programmabile, sulla quale possono essere implementate soluzioni anche innovative, senza complessi upgrade o sostituzione con nuovi modelli, ma solo con aggiornamenti del firmware. Come la soluzione "Space Optimisation" che punta a indirizzare, almeno in parte ma puntando alla semplicità realizzativa, il problema dell'ambiente d'ascolto e dei compromessi tra diverse funzioni cui deve sottostare.
Insieme ad un altro piccolo gruppo di appassionati ho potuto partecipare ad una prova abbastanza esaustiva (quasi due ore) di questo nuovo sistema durante una presentazione, organizzata dalla Linn stessa presso un noto negozio di strumenti musicali e alta fedeltà di Roma (Musical Cherubini) e ne riassumo le impressioni in questo post.


Come funziona la soluzione Linn
Sistemi di correzione dell'ambiente esistono da anni, ed esistevano anche ai tempi dell'analogico, il digitale consente però di abbassarne i costi ed incrementare le funzionalità. Sono sistemi di correzione comuni e in normale produzione per i subwoofer e per le soundbar per l'audio home theater virtuali, mentre sono applicati solo ad impianti di alto livello, e con soluzioni custom o sperimentali, se indirizzati ad impianti stereo o multicanale completi e dedicati alla musica.
Linn ha preferito una strada molto semplificata e di limitato impatto per chi utilizza l'impianto, decidendo di limitare l'intervento solo al dominio della frequenza (i sistemi più completi coprono anche la correzione di fase), solo alle frequenze inferiori, quindi ai "bassi" (fino a 200Hz), solo in sottrazione e soprattutto rinunciando all'uso del microfono per le misure.

La modellazione dell'ambiente d'ascolto
Normalmente i sistemi citati sopra utilizzano uno o più microfoni per rilevare le riflessioni in ambiente ed apportare le correzioni, per esempio con un equalizzatore a più bande, se nel dominio della frequenza. Linn ha deciso invece di seguire una diversa strada: calcolare un modello matematico della risposta teorica in ambiente per i diffusori di propria produzione, più quelli di molte altre case (tra cui anche le Nautilus e le Klipschorn, sarebbe interessante provarle), e di costruire un modello della stanza di ascolto attraverso un set di misure che possono essere rilevate anche dall'appassionato stesso (pur se è previsto un servizio di assistenza a domicilio), perché richiede solo l'utilizzo di un normale metro, più ovviamente l'inserimento delle misure rilevate sul programma di simulazione, che si chiama Konfig.
Una volta completato il modello della stanza e del posizionamento dei diffusori partendo dai modelli pre-impostati (stanze "standard") l'algoritmo messo a punto da Linn (ed ovviamente proprietario) indicherà i punti di intervento, cioè le riflessioni generate dall'ambiente nella gamma di frequenze 20-200Hz e la loro ampiezza, e consentirà di effettuare una correzione, solo in negativo, come accennato, ovvero riducendo queste variazioni e rendendo la riposta lineare, consentendo anche aggiustamenti manuali "ad orecchio". Altri correttori più completi possono intervenire invece anche sui "buchi", ma i risultati e gli effetti collaterali sono più difficili da controllare. Ovviamente il software consente anche di confrontare ad orecchio l'effetto dell'intervento e di ridurne l'intervento, se necessario.
Per approfondire gli scopi e il funzionamento del sistema è possibile consultare l'area della documentazione tecnica messa a disposizione dalla Linn, in particolare in questa sezione.

Come si presenta il programma di configurazione in uso dopo aver inserito le misure.
NB: E' una immagine presa dalla rete (da un sito giapponese)
non si riferisce alla prova commentata in questo post

La prova
La dimostrazione prevedeva l'uso di diffusori non Linn, di uno streamer quasi entry-level (il Majik, ma il prezzo non è bassissimo, è sempre a standard Linn) e come ambiente una delle sale di ascolto di Cherubini, abbastanza vicina ad una forma standard (rettangolare) ma con una rientranza in parte corretta con due grandi elettrostatiche che facevano da (costosi) paraventi. I diffusori erano i notevoli e piuttosto noti Totem Forest Signature, casse molto semplici, reflex a due vie a torre, ma niente affatto entry level, e anche di notevole livello qualitativo, come abbiamo potuto ascoltare (le avevo sentite, modello precedente, anni addietro, e hanno confermato l'ottima impressione di allora). Erano posizionate non in modo ottimale ma neanche troppo bizzarro: potevano simulare un classico posizionamento sacrificato, ad esempio ai lati di una libreria, un po' troppo vicine alle pareti di fondo.
Il modello della stanza era stato ovviamente rilevato in precedenza, ma ci hanno fatto vedere come si procede: inserendo molte misure da rilevare e riportare con grande pazienza. Su un monitor veniva mostrato il modello calcolato e le correzioni che sarebbero state apportate,

I test di ascolto
Erano organizzati in modo semplice: due ascolti consecutivi di 30" del brano senza correzione, per familiarizzare con il brano stesso e individuare i momenti di confronto più efficaci, e aggiustare il volume, ed un ascolto a confronto con applicata la correzione.
I brani scelti erano un pezzo di musica soul-funky moderno con voce femminile (che non mi sono appuntato e non so individuare), un pezzo di musica italiana con voce maschile (De Andrè), un pezzo di prog (David Gilmour) e poi due pezzi a scelta dei presenti, io ho proposto come sempre jazz acustico con voce femminile e la scelta è caduta su Claire Martin, e un altro dei presenti un pezzo di classica con violini in evidenza, ma anche strumenti ad ancia in un passaggio della frase musicale.

I risultati
Nella descrizione dei test di ascolto vengono sempre evidenziate le differenze, come forse è giusto, ma penso che al lettore questo dia l'impressione che siano molto marcate ed immediatamente rilevabili. Come sa qualsiasi ascoltatore questo non avviene quasi mai (per fortuna, direi) e la differenza si percepisce in alcuni passaggi più complessi e anche in base alla sensibilità e alla attenzione, sempre selettiva, di chi ascolta.

Nel nostro caso le impressioni di ascolto, condivise con gli altri 4 partecipanti al test, erano anzitutto che la correzione non ha mai introdotto peggioramenti. I miglioramenti più marcati si percepivano nel brano soul-funky, sulla linea del basso elettrico, più precisa e "ritmica" e nel brano di progressive, dove il coro di voci che entrava a un certo punto era più dettagliato, con le voci meglio distinguibili, meno evidenti i miglioramenti con De Andrè, dove probabilmente ci concentravamo sulla voce particolare e ben nota del cantautore, e qualcosa di intermedio sulla classica, dove le differenze in meglio si percepivano meglio sugli strumenti ad ancia (non in evidenza nella registrazione) che risultavano più facilmente distinguibili. Non ho percepito grandi variazioni invece nella scena sonora, ma forse avrei avuto bisogno di più tempo e di brani di cui conoscevo meglio la spazialità.
Naturalmente si è aperto un dibattito su come un intervento sui soli rinforzi della stanza in fascia bassa potessero avere effetto anche sulla gamma media, ma un brano musicale come sappiamo è molto complesso e il nostro sistema uditivo lo è ancor di più, quindi non mi avventuro in teorie varie, ma sappiamo da sempre che la resa corretta sui bassi non ha benefici effetti solo sulla parte bassa del messaggio musicale.

L'ambiente della pubblicità Linn

La correzione degli errori
E' stato fatto anche un test della correzione di un posizionamento dei diffusori volutamente sbagliato (troppo larghi e asimmetrici). Qui senza correzione c'era un buco al centro, come è ovvio, che veniva ridotto (anche se un po' spostato da un lato, mia impressione, ero in posizione centrale, anzi nella posizione ottimale) con la correzione. Un effetto apprezzabile, non del tutto naturale però, che mi ricordava la correzione per il posizionamento virtuale che fa il sistema Audison nella mia auto. A mio parere questi sistemi non devono servire per posizionare con la massima libertà l'impianto e correggere il cattivo posizionamento a posteriori, ma per migliorare un posizionamento su cui già all'origine abbiamo lavorato per renderlo il migliore possibile, pur con i vincoli che abbiamo nella stanza.

La soluzione a banda intera di Linn (Space Optimisation+)
Da aggiungere per completezza che i modelli superiori di streamer, quelli che supportano la tecnologia Linn Exact che ho trattato diversi mesi fa, consentono una correzione a banda intera e che include anche interventi sulla fase, ma non se ne è parlato nel corso della presentazione. Su questi modelli inoltre l'intervento è possibile anche sugli ingressi analogici, mentre quella che abbiamo visto era dedicata ed utilizzabili solo alle sorgenti digitali.

In sintesi
Per chi possiede già uno streamer Linn o è già orientato a farne la base del suo impianto ovviamente l'adozione e l'utilizzo dello space optimisation è praticamente un obbligo. Per gli altri è sicuramente un plus importante, per la importanza unanimemente riconosciuta , ma tanto più evidente quanto più elevata la sensibilità a questo aspetto, sia per massimizzare la resa del proprio impianto, sia per correggere posizionamenti non ottimali (ma si spera non "disperati").

Le Totem Forest Signature, co-protagoniste della prova

venerdì 1 aprile 2016

Dieci euro al mese per un servizio musical streaming? Troppo!

Questa è l'osservazione che ho sentito fare diverse volte da persone giovani o quasi giovani, e comunque dell'era post CD. Una risposta che mi ha sorpreso molto, perché il confronto, dal punto di vista economico, non si pone proprio. Con il costo di un solo CD (scontato) o di un solo album in download da iTunes si può ascoltare per un intero mese tutta la musica che ci può venire in mente, con pochissime eccezioni, in ottima qualità, e comunque quasi indistinguibile da quella del CD, e da qualsiasi device. E per di più 10 € (meno il solito centesimo) in un mese anche in assoluto non sono quasi niente, non ci si pagano due birre medie in pizzeria, e neanche due pacchetti di sigarette.

Ci deve essere un'altra spiegazione
Probabilmente è il mio confronto che è errato, non bisogna confrontare questi 10 € al mese (interrompibili in qualsiasi mese) con un'alternativa che costa qualcosa. Non tanto perché i miei interlocutori e i molti che pensano la stessa cosa siano ancora seguaci della pirateria, in calo da anni per la musica, ma perché ascoltare la musica, tutta la musica, e su qualsiasi device, è alla portata di tutti, grazie ad un servizio che tutti conoscono: YouTube.

Il video di Hello di Adele: nuovo record di YouTube, oltre 1 miliardo
di visualizzazioni in pco più di due mesi.

YouTube l'ammazza streaming
Era nato per condividere video auto prodotti ed effettivamente ne vengono caricati tutti i giorni in gran numero (alla ricerca del video virale) ma è diventato anche il contenitore di tutta la musica del mondo (più di quella presente in Spotify o Apple Music, ci sono anche le musiche nazionali e ogni sorta di rarità) grazie a legioni di volonterosi "caricatori", peraltro privi di alcun fine di lucro.
Col tempo poi Google, che con lungimiranza ha acquistato YouTube tanti anni fa, ha inserito su YouTube molte funzioni tipiche dello streaming musicale, come la generazione di sequenze di brani selezionati automaticamente (funzione "radio") e ora anche la possibilità di creare e condividere playlist, Oltre che tutte le musiche del mondo ci sono quindi anche le funzioni social e l'ascolto passivo, punti di forza di Spotify e soci.
Quindi, perché pagare, anche se molto poco, per qualcosa che già posso ottenere gratis?  La pubblicità, come è stato per anni con la TV in chiaro, è un prezzo da pagare che si accetta per la mitica parola "gratis" (associata peraltro da sempre al web) facendo finta di ignorare che evidentemente qualcuno (probabilmente anche noi) comunque il servizio lo paga.

Come si ascolta la musica
A questa si aggiunge una motivazione ancor più profonda: il modo come si ascolta la musica. Non tutti, anzi temo molto pochi, la ascoltano come noi appassionati, ponendo attenzione a quello che si ascolta, mai come sottofondo, a volume non esagerato ma adeguato a sentire tutti gli strumenti e i particolari dell'esecuzione, con un impianto in grado di riprodurla con accettabile fedeltà, pur se in mobilità o in auto. Per chi non si pone questi vincoli anche YouTube va bene. E per di più è (apparentemente) gratis.

Il paradosso delle cuffie Beats
Musica gratis ma in bassa risoluzione (massimo 160 Kbps è la qualità garantita da YouTube, 128 Kbps se non conforme ai formati supportati, l'HQ è solo per il video) e con una qualità audio che dipende dai sorgenti caricati dagli uploader, che a loro volta erano compressi anche di più o di provenienza incerta, e per di più spesso passati per editor video con possibile aggiunta di distorsione. Con materiale di bassa qualità audio quale quello disponibile che senso ha spendere molti soldi per cuffie di grandi pretese come le famose Beats o le molte altre di classe elevata ma di concezione moderna e "giovane"  proposte ormai da tutti i produttori (con B&W, Oppo e Focal in testa)? Nessun senso apparentemente, perché nessun diffusore di alta qualità potrà mai correggere un sorgente audio di bassa qualità. Eppure la produzione e la vendita di cuffie di qualità è in crescita esponenziale.

Cosa ascoltano quelli che comprano le Beats e le indossano in giro per le città?
L'ascolto in cuffia è quanto di più lontano ci sia dall'ascolto come sottofondo mentre si svolgono altre attività, al contrario uno degli scopi che ha è di isolare dal mondo esterno e quindi di concentrasi sulla musica che si sta ascoltando. Se la cuffia è di buona qualità non può non amplificare anche i difetti delle sorgenti e quindi mi stupirei se in cuffia venisse ascoltato acriticamente il materiale presente su YouTube. Anche perché per questo tipo di ascolto, di solito in mobilità, i video associati non sono un plus. Possiamo supporre che il materiale audio sia in questo caso proveniente da download o da ripping di CD o da file audio in buona qualità "prestati", il tutto trasferito sullo smartphone o sul tablet (che difatti vengono richiesti con memoria interna sempre più ampia). E in parallelo è possibile che proprio da questa categoria di utenti provengano buona parte degli abbonamenti a pagamento per i servizi in streaming (cresciuti a 11 milioni negli USA nel 2015).

Come si presenta Spotify free su un PC desktop
YouTube è anche il nemico numero uno dei profitti dei musicisti
Aumentano ogni anno le visualizzazioni di video musicali, ma la percentuale di guadagno per chi questa musica la crea e la produce diminuisce. Il numero sempre crescente di offerenti  abbassa il prezzo delle inserzioni nel caso di YouTube e, per i servizi in streaming, la percentuale rilevante di abbonamenti gratuiti rispetto a quelli di pagamento riduce i ricavi per il servizio, e la conseguenza è la continua diminuzione delle tariffe (fares) dovute agli autori e agli interpreti. Si ascolta sempre più musica (4 ore al giorno in media per ogni americano, secondo il rapporto RIAA, quindi qualcuno ascolta assai di più) ma la torta pubblicitaria e degli abbonamenti non si adegua e non cresce in proporzione e si suddivide su un numero di soggetti in continua crescita. così ognuno di essi guadagna sempre di meno, tranne gli eletti da Grammy Awards (e i fornitori del servizio, Google in testa e a seguire i provider).

Il paradosso del vinile
Nel rapporto annuale 2015 della RIAA (l'associazione USA dei discografici) recentemente pubblicato è citato il paradosso dei ricavi del vinile rispetto ai servizi digitali. Il vinile (e ne siamo contenti) continua a guadagnare terreno, pur rimanendo un mercato di nicchia, se non altro perché non tutti hanno un giradischi in casa. Ebbene dai dati rilevati risulta che, sorprendentemente, i ricavi del vinile sono superiori ai ricavi dell'ascolto in streaming digitale gratuito con pubblicità, tramite YouTube (essenzialmente) e in parte streaming gratuito (Spotify e analoghi).
Per la precisione, sempre dati USA 2015, 16,9 milioni di vinili venduti producono 416 M$ di ricavi, la pubblicità sui canali citati qualcosa di meno: 385 M$. Solo che gli utenti dei vinili sono al massimo 16,9 milioni (ma in realtà molti meno: compreranno più di un LP all'anno, si suppone) mentre gli utenti di YouTube sono quasi tutti i cittadini USA. E la differenza diventa incomparabile se consideriamo le ore di ascolto sull'uno e sull'altro media.

La risposta è una sola: la qualità
I report delle case discografiche (IFPI e RIAA) sono ricchi di grafici e di considerazioni, e cercano le cause anche nella legislazione sui diritti d'autore, eppure questo esempio che loro stessi fanno dovrebbe fornire la risposta, chiara e semplice, sempre quella che loro continuano a non vedere. I clienti sono disposti a pagare solo per qualcosa che promette una qualità superiore, ma deve essere una qualità percepibile,  E per qualità si può intendere qualità audio, ma anche qualità e immagine del prodotto, suo valore come status symbol obbligatorio o differenziante sociale. Le tecnologie ci sono già, l'alta definizione, il multicanale, le registrazioni binaurali, la registrazione e produzione di master accurati e non compressi e che sfruttano in pieno la potenzialità dell'alta definizione. Anche i supporti fisici possono essere resi più gradevoli e "sexy", come dicono gli anglosassoni, sulla scorta dell'esperienza col vinile. Più i vantaggi dell'assenza di pubblicità e di contenuti esclusivi, che sono stati la molla per il successo dei servizi in abbonamento, nel settore della televisione.

Nessun segnale in questa direzione ...
Le case discografiche continuano invece a non promuovere a anzi ad ostacolare l'alta definizione, così che la maggioranza dei potenziali clienti non sa neanche che esiste e dove si trova, inclusi i giovani acquirenti delle cuffie di alta qualità citati prima. Il problema se si sente o meno la differenza, che angustia e ossessiona buona parte degli appassionati, è un falso problema: ai nuovi clienti potenziali non interessa il confronto con qualcosa che non hanno neanche mai conosciuto come tale (la qualità CD), ma la possibilità di fare una esperienza sensoriale nuova e appagante. Cosa che una registrazione con un master di qualità trasmesso in alta definizione può fare e che una cuffia di qualità può consentire di apprezzare, anche da un buon smartphone (e senza problemi di costosi impianti). Il risultato è che in tutti i rapporti esaltano la crescita dello streaming (in Italia molto meno in crescita, in realtà) ma poi dipendono sempre in buona parte da YouTube.

... o quasi
Perché qualcosa forse stanno facendo in questa direzione, un piccolo passo, ma forse un indizio che finalmente una promozione sta iniziando. Hanno definito e condiviso, almeno in USA, un logo (qui a fianco) e un claim per indicare la musica in alta definizione: HI-RES Music. Si applica indifferentemente a tutta la musica di risoluzione superiore a 20 bit e 48KHz indipendentemente dal formato digitale, e così non confonde le idee con raffinatezze tecnologici. Almeno i potenziali clienti potranno identificare il nuovo (anche se in realtà non tanto nuovo) prodotto.
Chissà se a questo segno di vita seguirà qualche azione pratica e l'abbattimento di qualche barriera.

Perché ci interessa
In fondo noi apprezziamo la qualità, sappiamo cercarla e anche a buon prezzo, se il resto del mondo vive bene così, con la pubblicità e l'audio in bassa risoluzione, come se a casa avesse ancora i televisori a tubo catodico a 100Hz (la generazione tecnologica è la medesima) dovrebbe importarci ben poco. Invece no, e non solo per solidarietà con i giovani inconsapevoli o con altre priorità (ma che magari sanno suonare). Perché siamo interessati a che la musica nuova, creata nel nostro tempo, sia sempre più valida e multiforme, e per questo ci vogliono anche musicisti che siano premiati e giustamente remunerati per il loro lavoro, e perché la tecnologia per l'ascolto (software e hardware, streaming o download) progredisce e diventa sempre più accessibile pur crescendo di qualità e soluzioni tecnologiche se il mercato è di massa, come avviene per i monitor TV già pronti ad andare oltre il 4K e per i produttori di contenuti che inseguono,