giovedì 17 luglio 2014

Prima dell'analogico, meglio dell'analogico: i music rolls Ampico

L'analogico in musica evoca tecnologie vintage (il vinile, i nastri magnetici) ma di ottima reputazione, in grado di restituire l'evento musicale originale con maggiore fedeltà e naturalezza, secondo alcuni. Sono tecnologie dell'era dell'elettronica, che precedono l'attuale era digitale. Eppure anche nell'era tecnologica precedente, quando i componenti elettronici attivi, valvole e transistor, erano ancora oggetti del futuro e l'unica automazione possibile era elettro-meccanica e magnetica, sono stati messi a punto sistemi di riproduzione della musica persino migliori dei migliori sistemi successivi, direi quasi perfetti.
E sono persino utilizzati ancora oggi dagli appassionati, seppur non più in produzione sin dagli anni '20 del XX Secolo.

La registrazione e riproduzione elettro-meccanica
Tutto parte dagli strumenti a tastiera, e in particolare dal più diffuso e importante tra essi, il pianoforte. Uno strumento a tastiera implementa già all'origine una codifica dell'evento musicale, riconducendolo ad un insieme di note ad intonazione fissa, a differenza degli strumenti ad intonazione continua (archi, fiati ecc.). Si presta quindi bene per una possibile automazione, nel senso che i parametri con cui si compone il suono sono sostanzialmente tre: le note (l'altezza del suono), eventualmente sommate tra loro (accordi), il valore delle note (la loro durata), la intensità con cui vengono suonate (piano-forte).
Basterebbe registrare questi tre parametri (più il pedale e il pedale tonale) per cogliere in modo totale il contenuto musicale. E il modo per farlo può essere suggerito da un antico giocattolo meccanico inventato a fine Settecento e che tutti conoscono: il carillon. Dove un rullo continuo suona una melodia molto semplice mediante una sequenza di note di durata costante. Lo stesso principio usato poi nella sua evoluzione: l'organetto a  manovella usato dai suonatori ambulanti fino a qualche decennio fa

La meccanica Ampico applicata su un pianoforte di produzione Bosendorfer

Partendo da questo spunto a fine ottocento numerosi inventori da varie parte del mondo (Italia inclusa) si sono ingegnati a mettere a punto un sistema di registrazione in grado di catturare (registrare) questi parametri da un pianoforte, ovviamente mentre viene suonato. Allo scopo di riprodurre poi quanto registrato su un secondo pianoforte riproduttore dotato di appositi congegni. Un pianoforte che quindi suonerà da solo, senza esecutore.

I rulli musicali o music rolls
Il supporto di registrazione che la maggior parte delle aziende hanno adottato è il rullo di carta perforato. Un sistema molto semplice, economico ed efficace che peraltro è arrivato sino all'era dell'informatica (era la cosiddetta "zona", utilizzata per la inizializzazione o bootstrap dei computer sino all'inizio degli anni '70). Rulli di carta speciale particolarmente resistente al tempo e all'usura dato che questi music rolls sono ancora disponibili sul mercato dell'usato, anche su eBay, e a prezzi non elevati, a testimonianza della loro diffusione all'epoca, e sono ancora in grado di suonare.
In pratica ogni music roll era l'equivalente di un disco, di un nastro o di un CD dei tempi successivi, e per suonarlo, invece che un impianto hi-fi, si usava un piano-riproduttore (Player Piano) compatibile con il formato dei rulli. Che era per il resto un piano normale (a mezza coda al minimo per poter ospitare gli ingranaggi) utilizzabile anche da un esecutore umano.

La Ampico
Acronimo di American Piano Company, la Ampico è probabilmente l'azienda più nota del settore e quella di cui si trovano ancora più facilmente rulli e riproduttori compatibili. Attiva dal 1908 al 1929 ha brevettato i sistemi per la registrazione che poi ha adottato e in più ha curato la scelta del repertorio e degli esecutori, inclusi celebri musicisti dell'epoca, coprendo anche il ruolo di una moderna casa discografica.
Il sistema di registrazione adottato dalla Ampico prevedeva l'utilizzo di due rulli separati per la registrazione delle singole note sulle due zone della tastiera (bassi - alti, chiave di basso e chiave di violino o mano sinistra - mano destra) e sul secondo rullo di registrazione, per ciascuna di esse, della dinamica (la intensità) e della durata. Queste informazioni venivano poi passate ad un settore di post-produzione dove veniva controllato il risultato ed effettuato l'editing in caso di anomalie nel sistema di cattura di questi valori. Che era di tipo elettro meccanico con magneti disposti vicino ai martelletti, quindi con possibili inesattezze. Le informazioni erano poi riportate su unico rullo di carta dove una linea continua indica la durata della nota e una parte iniziale più spessa la intensità, e la posizione della linea l'altezza della nota stessa.
Una descrizione dettagliata dell'ingegnoso sistema elaborato da Charles Stoddard della Ampico, assieme alla storia dell'azienda, si può leggere sul sito del Pianola Institute, in questa pagina. Sullo stesso sito la storia delle altre soluzioni contemporanee (Welte-Mignon e Duo-Art le principali) e della pianola in senso stretto, che richiedeva però anche l'intervento di un esecutore umano.
Da aggiungere che in altri sistemi (quello della Duo Art) la dinamica veniva registrata manualmente da un esperto musicista che si affincava all'esecutore. Non era quindi una "fotografia" dell'evento musicale come per il sistema Ampico automatico.

Un piano Ampico in funzione
Ma meglio della lettura di queste fonti informative le possibilità di questo sistema di registrazione e riproduzione si possono verificare su YouTube, vedendo e ascoltando questi Player Piano in funzione, restaurati da appassionati e alimentati con i music roll della Ampico o di altre case. Basta fare una ricerca con Ampico per trovarne diversi. Consiglio di iniziare da questo video inserito da un musicologo, Mike Kukral, che presenta brevemente la tecnologia e la storia di questo sistema, e che vede un player piano Ampico in riproduzione dei celebri rulli incisi da Sergei Rachmaninov in persona (sugli esecutori torno dopo). All'inizio del rullo la Ampico ha inserito una lunga descrizione in puro stile marketing sulle caratteristiche uniche del loro prodotto che dice molto anche sulla diffusione e la importanza commerciale del settore nei primi decenni del secolo scorso.




Per chi è interessato al funzionamento e ai meccanismi del player piano è interessante questo altro video nel quale la camera mostra in sequenza i vari e complessi meccanismi, tipicamente primo novecento, in azione per muovere i martelletti, le corde e gli altri meccanismi interni del piano a coda. Infine per chi volesse ascoltare in HD il music roll Ampico con numero di catalogo 69253-H contenente la Elegia, Op 3 No 1 di Rachmaninov suonata da lui stesso, consiglio questo altro link.

Riportare gli esecutori originali tra noi
E' questo l'aspetto più affascinante della tecnologia basata sui music rolls. Il piano suona da solo, come si può vedere nei video su YouTube, come se seduto sullo sgabello ci fosse l'uomo invisible o un fantasma, e questo già suscita curiosità. Ma in realtà il piano sta riproducendo proprio i tasti e i pedali che l'esecutore originale ha premuto, e con la stessa intensità e gestione degli intervalli di tempo. Quindi è come se lui fosse veramente qui tra noi. E l'esecutore può essere Paderewski o il già citato Rachmaninov più altri esecutori celebri dell'epoca. Un riproduzione senza intermediazione di una catena di riproduzione, una specie di cinematografia musicale che attraversa il tempo. L'unico dubbio sulla fedeltà completa all'evento originale rimane circoscritto alla attività di post-produzione che anche i sistemi più automatizzati, come quello della Ampico, richiedevano. Non sappiamo come i tecnici-musicisti siano intervenuti in caso di deviazioni percepibili a orecchio o di occasionali carenze di informazioni, nè quanto siano state frequenti. Ma le testimonianze e anche e soprattutto l'ascolto, su piano riproduttore o su disco dopo registrazione audio, fanno ritenere che le esecuzioni siano riportate con una buona precisione.

Il catalogo Ampico sezione Player Piano, del 1926

La fedeltà del suono
Qui polemiche e distinguo non sono possibili, la fedeltà come hi-fi è un obiettivo raggiungibile asintoticamente all'infinito, ma qui è già raggiunta per definizione. Un pianoforte ascoltavano coloro che partecipavano alla registrazione negli anni '20, e un pianoforte sentiamo noi. Sarà diverso l'ambiente, sarà diverso il pianoforte, ma entrambi potranno essere ricondotti agli originali o approssimarli notevolmente. L'unica tecnologia di riproduzione musicale di fedeltà assoluta. Con un solo limite, è applicabile solo agli strumenti a tastiera e nella pratica al piano e in parte all'organo.

mercoledì 9 luglio 2014

Arriva lo streaming lossless con Qobuz

Pare quasi incredibile, pensando alla situazione di pochi anni fa, ma dopo l'offerta sempre più ampia di servizi in streaming in "media definizione" (compresso, ma non troppo) è ora disponibile (da qualche mese) anche un servizio con un buon catalogo e tutto in qualità CD, 16bit e 44.1KHz, quindi lossless, accessibile anche a noi italiani. È una iniziativa dei francesi di Qobuz, che già si distinguevano per la vendita a buon prezzo in Europa di musica in download in qualità CD e soprattutto in HD.

Ho scritto "accessibile" dall'Italia e non disponibile perché ufficialmente, a quanto è dato di capire, Qobuz non estende il suo catalogo anche al nostro Paese ma, come ho sperimentato anche io dopo la segnalazione di un visitatore del blog, è sufficiente registrarsi al servizio Qobuz e poi chiedere di autorizzare l'acquisto dall'Italia e a quanto pare la risposta è sempre positiva (vedere i commenti del post sui servizi di download in HD) e sicuramente lo è stata nel mio caso. I lettori del blog potranno comunque sperimentare, e confermare o smentire.

Una volta registrati si può selezionare la opzione streaming che è offerta in tre modalità: lossy (MP3 320kbps) per solo desktop o anche dispositivi mobili, lossless solo classica e lossless per tutto il catalogo. Rispettivamente a 5, 10, 15 e 20 € al mese (meno un centesimo come al solito). L'abbonamento al servizio consente inoltre sconti (il 7% per ora) per il download del materiale in HD. In più per il lancio del servizio, il primo mese è gratis. Il pagamento è con PayPal ma bisogna accettare l'attivazione del pagamento periodico, che può dare qualche apprensione (e bisogna ricordarsi di disattivare se poi si rinuncia).


Il servizio per il resto è simile agli altri già noti, per la scelta della musica e l'ascolto sono disponibili delle app per desktop, smartphone e tablet. Io ho provato quelle per iPhone e iPad, sono molto ben fatte, funzionati e veloci, con tutte le funzionalità presenti in Spotify o quasi ma con una interfaccia tutto sommato più gradevole e meno complessa nell'uso, e quindi anche molto superiore a quella di Google Play Music Unlimited (dovrebbero decidersi anche a trovare un nome più semplice se vogliono che il servizio abbia successo).

L'unico limite è che tutto, sia in ambiente desktop sia mobile, è in francese. Conseguenza inevitabile del supporto non ufficiale per l'Italia. Per Qobuz dopo l'accettazione sono in Francia, almeno come nazione virtuale. Guardando però il sito nelle altre lingue per i paesi dove il servizio è disponibile ufficialmente (UK, Germania e altri), sembra che parte delle informazioni e dei menu siano in francese e che alcune parti siano gestite col traduttore automatico. Il tutto vale ovviamente anche per le app. Comunque siccome i servizi in streaming sono più o meno tutti simili anche chi non conosce bene la lingua se la può cavare. Però se qualcuno sta imparando il francese può anche fare con l'occasione un po' di esercizio.

Almeno questa sezione del sito Qobuz è disponibile
anche in inglese

Prova pratica
Nelle videate seguenti il test di utilizzo della app per iPhone (anche questa in solo francese, naturalmente). Da notare la indicazione della qualità in riproduzione (ovviamente, è il punto di forza del servizio) e le note su autori e interpreti, un plus rispetto a Spotify. Ho iniziato con il jazz vocale più noto, e di Diana Krall ci sono tutti gli album. Poi vediamo qualcosa di indie rock, proviamo i Beirut, e anche qui c'è tutta la produzione. Passo poi come al solito a qualcosa di datato ma meno noto, i Pentangle, e anche qui non manca nulla, e restando nel folk inglese d'epoca, anche Anne Briggs è presente.



Come si vede nel secondo screenshot in alto è possibile, come al solito, selezionare diverse opzioni (paramètres), tra cui la qualità di riproduzione tra MP3 320Kpbps e CD 16/44.1 (compresso lossless in FLAC), la modalità offline (déconnecté) e l'archiviazione in locale (stockage local) per copiare album sul dispostivo mobile quando siamo connessi in wi-fi per un ascolto in condizioni di scarsa copertura in seguito. Anche la possibilità di accedere in 3G o meno è selezionabile. Ovviamente essendo i file audio mediamente più voluminosi questo aspetto, almeno sino all'adozione generalizzata del 4G, è importante. Tutto all'incirca come Spotify, una interessante funzionalità in più rispetto a servizio svedese è però il comando per svuotare questa cache locale (supprimer la musique en cache)  operazione niente affatto semplice con Spotify, almeno nelle release attuali. Negli altri screenshot l'ascolto della musica selezionata e le prime ricerche effettuate.

L'importazione in locale
Una osservazione importante riguardo al download in locale (import): per evitare che si blocchi inspiegabilmente dopo pochi  minuti bisogna disattivare la opzione "blocco automatico" presente su iPad e iPhone e di solito impostata su 2 o 5 minuti. Qobuz si mette in pausa l'importazione se il dispositivo si mette in blocco, e la eventualità è probabile perché la importazione è piuttosto lenta per via della dimensione dei file lossless, seppur compressi in FLAC. Lo stato della importazione sulla app per iPad è mostrato con la piccola icona della nuvola in alto a destra (vedi la immagine seguente) con i soliti simboli universali di pausa o di attività mediante i quali si può controllare cosa succede. Naturalmente se si disabilita il blocco automatico poi bisogna ricordarsi di ripristinarlo.


Su iPhone invece per visualizzare lo stato dell'importazione c'è una voce apposita sul menu principlae (import en cours) che apre una videata con lo stato del download in corso.


La ricerca su iPad
Qui di seguito altri due screenshot della app per iPad, altrettanto ben progettata e con il vantaggio di sfruttare la superficie più estesa dello schermo. Sono mostrate le ricerche sulla produzione disponibile e ascoltabile per Paolo Fresu e Norah Jones.




Il catalogo
È l'elemento determinante di ogni servizio streaming, quelli maggiori, di Google, Sony e Spotify, dichiarano 10 o 20 milioni di brani, per Qobuz non è dichiarato il numero, ma sicuramente è inferiore a questi numeri uno del settore. Bisogna vedere però cosa c'è veramente in questi cataloghi, quanta musica commerciale, quanti duplicati e interpretazioni fake.

Un test più esteso è ovviamente impossibile, come sempre io faccio un test a campione simulando un uso reale, cioè una ricerca di contenuti attuali e meno commerciali, prendendo spunto dalle recensioni di Audio Review sezione musica, nell'ultimo numero in edicola.
Il risultato confrontato a Spotify è accettabile: per le recensioni di rock le ultime uscite di Eels, Ben Watts (quello degli Everything But The Girl), Paolo Nutini, Neil Young, Ben Harper con la madre Ellen ci sono, manca invece l'ultimo di Jack White e l'ultimo di Keb Mo, e dell'atteso esordio di Sam Smith solo estratti in preascolto, ma non c'è neanche su Spotify (solo i singoli). Sul lato jazz le assenze sono più ampie, Paul Bley dal vivo a Oslo c'è, ma l'ultimo di Fresu no è la novità del pianista cubano Alfredo Rodriguez c'è solo in preascolto, mentre su Spotify ci sono. Di questi musicisti comunque c'è su Qobuz buona parte degli album pubblicati. In rete ci sono altri test più estesi (ma comunque ben lontani dall'essere esaustivi) che confermano queste conclusioni di massima. E' peraltro evidente che in caso di affermazione del servizio il catalogo si espanderà, come avvenuto per tutti gli altri.

Da testare la disponibilità di classica, ma se prevedono un abbonamento ad hoc immagino che il catalogo sia ampio, e d'altra parte è il punto debole degli altri servizi lossy.



In queste altre due immagini l'applicazione per desktop, ambiente Windows. La videata iniziale e un esempio di ricerca per i Tindersticks.

L'ascolto in mobilità
Anche se per ora, come premesso, l'ascolto in streaming (anche per Spotify e soci) non sempre è fluido e ininterrotto con le attuali reti 3G, e quindi la fruizione principale dovrebbe essere in wi-fi (si spera in estensione nei luoghi pubblici) ho provato comunque anche l'ascolto in mobilità e in 3G, ovviamente alla massima qualità CD 16/44.1. Come avevo fatto per Spotify l'ascolto era in auto nel tragitto casa-lavoro nella città di Roma, alle 9 di una mattina qualsiasi e in varie zone della città, inclusi passaggi in galleria e con tratti a discreta velocità, gestore Tim. Non ho rilevato alcun problema, l'ascolto era fluido e pronto (oltre che di eccellente qualità), soltanto una micro-interruzione (pochi secondi) in galleria e in seguito alcune interruzioni di più lunga durata che rendevano difficile l'ascolto. In questi casi è impossibile sapere se siano problemi dei server del fornitore del servizio o della rete mobile (più probabile la seconda motivazione). Per maggiore sicurezza soprattutto in casi di copertura variabile come quello del test è consigliabile scaricare in precedenza gli album che si vogliono ascoltare con una connessione wi-fi. Nessuna particolare differenza rispetto a Spotify, quindi, in questo breve test.

In sintesi 
Con l'abbonamento a Qobuz non si rimane certamente a corto di buona e interessante musica, si troverà sempre qualcosa di nuovo da scoprire o qualcosa di dimenticato da riascoltare. Non c'è però quella possibilità consentita da Spotify di trovare praticamente tutto, di avere a disposizione tutta la musica del mondo o quasi. A noi la scelta non facile tra la maggiore qualità all'ascolto e il catalogo, olter alla valutazione del costo aggiuntivo (che raddoppia).
Già, la qualità, cioè il plus principale: si sente veramente la differenza con Spotify? Vale la pena? A questo tipo di test e ai limiti dell'ascolto a confronto ho dedicato un post recente e quindi non mi cimento nuovamente qui in questa difficile operazione. Ho ascoltato l'ultimo lavoro di Diana Krall ad esempio e la voce della pianista e cantante canadese era ottimamente presente, i bassi potenti e definiti, la chitarra acustica accurata e realistica, un ascolto molto piacevole (l'impianto era quello, custom, della mia auto). Posso quindi dire che la impressione è molto buona, come era da attendersi, sempre ricordando che la differenza, se c'è, si sente e si interiorizza sul medio-lungo periodo.

Quindi in conclusione, l'ultima fase, l'abbandono definitivo dei supporti fisici e anche del download e dell'archiviazione in locale sembra essere concretamente iniziata.

(il post è stato aggiornato e arricchito con altre informazioni sulla importazione in data 15.9.2014)