lunedì 23 settembre 2019

Lo streaming in alta definizione di Amazon

Apple e Google non hanno un grande interesse per l'alta definizione in musica (o HD, high definition) Anche nei prodotti più recenti, smartphone e tablet per Apple, servizi o dispositivi home per Google, si arriva quando va bene alla qualità CD (o SD, standard definition). La terza grande corporation americana dell'informatica e del web invece per fortuna ci crede e, a sorpresa, ha lanciato in questi giorni la evoluzione del già noto servizio Amazon Music (che era sinora solo lossy MP3, una delle molte alternative a Spotify) sia verso la SD che verso la HD. Il nuovo servizio si chiama ovviamente Amazon Music HD.


Secondo loro per il pubblico di massa lo standard definition è l'MP3, e quindi hanno scelto di indicare i contenuti rispettivamente come HD (qualità CD) e Ultra HD (HD fino a 24/192, codifica FLAC). Il catalogo grazie alla potenza di una delle corporation più grandi del mondo attuale è molto ampio, dichiarano 50 milioni di brani per qualità CD e 1 milione per l'alta definizione.

I prezzi del nuovo servizio
Alla potenza della compagnia si accompagna una politica di prezzi molto aggressiva, che impensierirà non poco gli attuali player del settor (Tidal e Qobuz, ma anche Spotify) e che sfrutta anche il fatto che gli utenti Prime (32 milioni nel mondo) hanno già ora incluso gratuitamenteil servizio Amazon Music in MP3 su un catalogo ridotto di titoli. Per il nuovo servizio è richiesto un abbonamento mensile che ha un costo di 14,99 $ per tutti e di 12,99 $ per gli utenti Prime (che pagano già 36 € per le consegne gratuite e Amazon Prime audio e video gratis, ma all'anno, quindi 3 € al mese).
In più, come si vede dall'annuncio, il lancio è accompagnato da un periodo di prova gratuito di ben 3 mesi.

Confronto dei costi rispetto agli altri servizi streaming
Nella tabella che segue sono confrontati i prezzi dei servizi offerti, in base alla qualità audio messa a disposizione.


Servizio

Qualità

Costo/Mese

Amazon Music Unlimited

Lossy MP3 320Kbps

9,99 €

Spotify Premium

Lossy OGG 320Kbps

9,99 €

Qobuz HI-FI

SD

19,99 €

Qobuz STUDIO

HD 24/192 (FLAC)

24,99 €

Tidal

SD e HD (MQA)

19,99 €

Amazon Music HD Prime

SD e HD 24/192 (FLAC)

12,99 $

Amazon Music HD

SD e HD 24/192 (FLAC)

14,99 $

Come si vede i prezzi di Amazon Music HD sono molto inferiori a quelli (già bassi) richiesti dai concorrenti. Rispetto a Qobuz per l'HD andiamo dal 48% al 40% in meno. Rispetto a Tidal andiamo dal 35% al 25% in meno. I servizi attuali possono però contare su alcuni plus rispetto ad Amazon Music:
  • Tidal: codifica MQA per l'alta definizione, più efficiente e, secondo molti, con più elevata qualità audio (ma meno titoli)
  • Qobuz: la possibilità di avere anche il servizio di download digitale
Sarà da vedere quanto questi plus possano trattenere clienti o consentire che altri se ne aggiungano. Certamente per Tidal e soprattutto per Qobuz si apriranno problemi non indifferenti, e la probabile esigenza di ridurre i prezzi.

Per completezza è inserito in tabella anche il servizio Amazon Music Unlimited, alternativo a Spotify, già presente da tempo, che dichiara un catalogo di oltre 50 milioni di brani. Per gli utenti Prime il  servizio è gratuito e senza pubblicità ma limitato però a soli 2 milioni di brani, a cui si aggiungono i CD acquistati se presenti sul catalogo Music Unlimited. Inoltre, sempre per gli iscritti a Prime, Music Unlimited si può avere a prezzo scontato (2 mesi gratis all'anno) ma pagando in unica soluzione. ovvero con abbonamento annuale. Rispetto a Spotify Premium l'analogo servizio di Amazon si pone quindi in una situazione di sostanziale parità rispetto ai costi e ai servizi forniti. La possibilità di arrivare però a qualità CD con un piccolo incremento dell'abbonamento (da 3 a 5 € al mese) potrà impensierire anche Spotify. 

La disponibilità
Per gli interessati all'alta definizione in streaming che risiedono in Italia (noi) però c'è ancora da aspettare. Anche per Amazon siamo ancora nella black list, evidentemente, perché il servizio per ora è disponibile solo in USA, in UK, in Germania e in Giappone. Non ci sono informazioni su quando potrà estendersi al resto dell'Europa. Per ora dovremo continuare a pagare un po' di più. E non posso neanche provarlo ma, non avendo alcuna differenza rispetto a Qobuz, il test sarebbe ridotto solo ad una verifica (non semplice) della effettiva maggior consistenza del catalogo. 

venerdì 13 settembre 2019

Il CD: l'affare del secolo per le case discografiche

Sul sito della RIAA si possono consultare eccellenti infografiche personalizzabili che consentono di valutare a colpo d'occhio l'andamento del consumo di musica in USA in un esteso arco di tempo, che va dagli anni '70 ai giorni nostri. Selezionando le opzioni di visualizzazione si può vedere per prima cosa che con l'avvento e il successo del CD le case discografiche hanno raggiunto il fatturato più elevato di sempre, ben 21,5 miliardi di dollari nel 1999.


La curva è meno spettacolare se viene applicato l'allineamento all'inflazione, equiparando il valore del dollaro al 2018. Come si vede anche nel 1978 le cose non andavano male, il fatturato attualizzato era 15,5 miliardi di $ e gli LP incidevano per 9,3 M$, ma contribuivano non poco anche le cassette di vario tipo (anche 8-track tipiche USA per le auto), per altri 6,2 M$. Poi però è iniziata una veloce curva discendente. Ma dal 1985 è arrivato in soccorso il CD. Che nel 1999 ha consentito da solo un fatturato di 18,9 M$, il doppio del LP nel suo anno migliore.
Il che apre qualche raggio di luce sulla premura con cui Sony e Philips hanno messo a punto e lanciato il nuovo standard.


Poi è arrivata Internet con l'ADSL, Leonardo Chiariglione e Shawn Fenning alias Napster senza volerlo hanno colpito duro e il mercato è crollato fino ai 7,1 M$ del 2014, con il CD in caduta libera. Unica luce in fondo al tunnel, insperata ciambella di salvataggio (senza alcun contributo delle case discografiche) iTunes e iPod di Steve Jobs e il download digitale legale, dal 2005.

Vediamo però anche i volumi, che sono abbastanza impressionanti, a  confronto tra CD e LP. Nel 1978 in USA sono stati acquistati 341 milioni di LP, ma nel 1999 gli album su CD acquistati sono stati 942 milioni. Gli abitanti degli Stati Uniti sono circa 300 milioni , inclusi bambini e anziani con problemi di udito, e in media hanno acquistato 3 CD all'anno. Mentre gli LP erano scesi a 5 milioni. Bei tempi per le case discografiche: l'anno scorso erano 52 milioni, ogni 6 persone c'era uno che ha comprato un CD in un anno.
In compenso il vinile che doveva essere abbandnato è risalito a oltre 16 milioni, dopo essersi inabissato per 4 anni (tra il 2005 e il 2008) sotto al milione di copie. Nel grafico che segue si vede ben evidenziato il doppio passaggio di consegne tra LP e CD e viceversa.


Interessante anche quest'altro grafico derivato dalle statistiche, sulla importanza delle cassette (preregistrate) negli anni '70. Che si sono continuate a vendere, anche a ritimi sostenuti, mentre il vinile stava crollando, dal 1984 fino al 1997-98. Parliamo di oltre 400 milioni di unità dal 1987 in poi e oltre i 100 milioni fino al 1999. Era questo l'unico supporto analogico superstite degli anni '80 e '90, e certo non faceva concorrenza al CD come qualità del suono.


Infine un'ultimo grafico che illustra il successo della presunta speculazione delle case discografiche sull'alta definizione. Indipendentemente dalle reali intenzioni, un flop totale.


Il DVD-Audio, commercializzato in USA (da noi neanche arrivato) non è andato mai oltre le 500 mila copie acquistate e nel 2013 è pure andato in rosso per 100 mila unità (i resi hanno superato il venduto). Il Super Audio CD tanto promozionato ha raggiunto al massimo i livelli del LP prima della momentanea caduta (1,3 milioni nel 2003) e almeno in USA le vendite sono così ridotte che è sparito dalle statistiche dal 2013. Invece il DVD-Audio in USA è ancora acquistato e quindi ancora prodotto, per il multicanale, essenzialmente.

Tutti i dati statistici, personalizzabili, sono sul sito RIAA in questa sezione . I dati globali almeno per i grandi numeri sono sempre stati simili in proporzione all'incirca USA = resto del mondo.

Nei grafici sono ovviamemte presenti anche i dati relativi alla musica digitale in download e in streaming, che ha consentito all'industria della musica di risalire la china a partire dal 2016, e arrivare al fatturato globale pre-boom del CD, ovvero al 1985, poco meno di 10 miliardi di $ (allineati all'inflazione). Il che è una cosa buona, perché è giusto che chi crea e produce la musica abbia una corretta renumerazione, qualunque sia il suo ruolo.

martedì 3 settembre 2019

La qualità CD è realmente "lossless"?

Il livello di risoluzione adottato negli anni '80 per i CD (16 bit / 44.100Hz) è citato sempre come "lossless" ovvero "compressione senza perdita". Ma è veramente così?

La compressione dei dati: "lossless" e "lossy"
La differenza è semplice ed intuibile, senza perdita significa che con una decompressione si può tornare al file di dati originario, con perdita invece no. Due esempi noti a tutti, al di fuori del mondo della musica, sono le applicazioni ZIP o RAR (che sono lossless) e JPEG (che è lossy).
Come funziona: la popolare compressione ZIP sappiamo che è particolarmente efficace su file Word mentre comprime poco o nulla file immagini o audio. Il motivo è che un file Word o di qualsiasi altra applicazione basata su "segni" (come l'alfabeto) può essere facilmente ricodificato in modo semplificato. L'esempio tipico è una lunga sequenza di caratteri di spazio, che può essere ricondotta ad un numero ed un solo carattere di spazio. In analogia con i sistemi grafici si puà parlare di una codifica "vettoriale". In musica l'equivalente è la codifica Midi che fa riferimento alla notazione musicale su pentagramma anziché all'alfabeto.

Dati vettoriali e dati raster
Un file immagine generato da una macchina digitale è invece la semplice memorizzazione dei pixel dello schermo CCD, che esegue il campionamento dell'immagine analogica. Ogni pixel collocato nella griglia (raster) dello schermo contiene una specifica informazione che concorre alla qualità dell'immagine, senza correlazioni con i pixel vicini. In questo caso la compressione, se deve essere lossless, deve ricavare un significato dai singoli pixel (o in generale dai campioni) per poterli archiviare con minore ridondanza. Nel campo delle immagini questa esigenza è poco sentita e i sistemi di compressione lossless (RLE, JPEG 2000) sono poco utilizzati.
Viene invece molto utilizzato un notissimo algoritmo di compressione lossy, JPEG, che elimina dall'immagine le informazioni meno importanti per la qualità, con diversi gradi di intervento, mentre il file originale (RAW) nelle macchine professionali viene generato in parallelo senza compressione e rimane disponibile per gli editori grafici per le post elaborazioni più complesse.

Nella musica invece la esigenza della compressione lossless è maggiormente sentita e si sono ampiamente affermati sistemi come i noti FLAC e ALAC a fianco dei sempre molto usati formati lossless come MP3, AAC e Ogg Vorbis. La compressione lossless in musica è come sappiamo molto meno efficiente anche dei livelli di compressione lossy a più elevata qualità, e raggiunge al massimo il 50% circa di riduzione + del file originario. Da ricordare che i sistemi di compressione lossless sono però stati sviluppati solo per il formato PCM e non per il formato DSD.

La qualità della registrazione
Fatto il punto anche se sinteticamente su cosa significa realmente "lossless" occorre farsi una seconda domanda: qual è la qualità di partenza? Ovvero, a che livello di risoluzione è registrata la musica che vogliamo ascoltare. Questa informazione purtoppo non è inserita nelle note che accompagnano un qualsiasi album prodotto, sia nell'attuale mondo digitale, sia in precedenza, quando il suono era registrato solo per via analogica.
Possiamo quindi solo dedurlo. Partendo da alcune premesse ampiamente conosciute: 1) sono molto rare le produzioni musicali in cui tutto il processo di registrazione sino al master è analogico 2) poiché i convertitori AD/DA (analogico/digitale e viceversa) sono ormai da anni progettati per risoluzione 24 bit / 192KHz e superiori, il master digitale sarà nella quasi totalità dei casi alla massima risoluzione possibile.

Un convertitore AD/DA professionale recente, presente in molti studi di registrazione, il DAD AX32
Qualche dettaglio in più sulla registrazione del master
Questa fase è il regno dell'ingegnere del suono e dei suoi collaboratori. Non esiste uno standard perché in base ai suoi gusti personali, al tipo di musica e di contenuti che vuole o deve creare, delle sue preferenze riguardo agli strumenti e alle tecnologie, le scelte possono essere anche molto diverse.
Le sorgenti da registrare possono essere di 4 tipi:
  • acustica (che include la voce umana): deve essere acquisita con un microfono analogico e passata a un mixer microfonico, anche questo normalmente ancora analogico, ma che può essere anche digitale;
  • strumenti elettrificati (chitarra elettrica, basso elettrico, organo Hammond, piano elettrico ecc.): l'acquisizione è diretta senza bisogno di microfoni, ma il suono prodotto è sempre nel dominio analogico;
  • strumenti digitali (piano digitale): strumenti che simulano i suoni analogici ma con tecniche computerizzate; possono essere collegati direttamente al mixer / console digitale;
  • suoni generati da computer o sintetizzatori digitali: come sopra.
L'ingegnere del suono in base agli strumenti e al genere di musica potrà decidere di spostare più o meno in avanti la conversione in digitale, al limite potrebbe decidere di usare ancora una console analogica, ma comunque alla fine, tranne che per registrazioni dedicate ai puristi del vinile, tutto il materiale registrato selezionato per comporre l'album sarà convertito in digitale.

Lo studio di registrazione digitale
Come anticipato, quasi mai nella documentazione degli album sono fornite informazioni sulla tecnica e sugli strumenti di registrazione. Le informazioni sullo studio di registrazione digitale dobbiamo quindi ricercarle nella documentazione dei produttori. Come per esempio Digital Audio Denmark (DAD) che fornisce convertitori e mixer digitali per varie fasce di prezzo agli studi di case discografiche specializzate come 2L The Nordic Sound, Classic Sound, Acoustic Records ma anche a studi e orchestre molto note come gli Abbey Road Studios, la Sidney Opera House, la Royal Opera House di Londra, la Filarmonica di S. Pietroburgo e molte altre. Il suo prodotto di punta è l'AX 32 della foto precedente, che segue il precedente AX 24 (ovviamente passando da 24bit a 32bit) e che consente di configurare fino a 48 canali di ingresso AD (anche microfonici, 8 per l'AX 24) con risoluzione fino a 32/384 oppure DSD fino a DSD128.
I suoni convertiti o ricondizionati in digitale alla risoluzione scelta dall'ingegnere del suono sono poi messi a disposizione su più canali a matrice alla console / mixer digitale, che attualmente non è altro che un computer molto potente con una interfaccia specializzata, che riprende in buona parte i comandi delle tradizionali console analogiche.

Uno studio di registrazione che utilizza la tecnologia digitale ed in particolare quella della DAD. E' il Tritone Studios (Lussemburgo)
Cosa avviene dopo tutto questo lavoro
Dopo aver scelto i "take" migliori, aver elaborato i suoni acquisiti nei vari canali, averli mixati tra loro e avere aggiunto effetti vari, sarà disponibile il master dell'album, e sarà ovviamente "congelato" come si usa nel software, anche se naturalmente potrà essere sempre realizzata in seguito una diversa masterizzazione partendo dai "take" originali. Come si faceva anche ai tempi dell'analogico, solo che le registrazioni dei singoli canali erano su nastro da 2 pollici e non su file audio.

La risoluzione del master digitale
Ancora una volta non sappiamo a quale risoluzione viene prodotto il master digitale. Certamente fino a che negli studi di registrazione c'erano solo convertitori a 16/44.1 o al massimo a 16/48 (per gestire i DAT) la risoluzione era questa. Con l'arrivo dell'alta definizione a partire dagli anni zero i convertitori AD sono passati progressivamente a 24/96 e poi a 24/192 (oppure a DSD64) e quindi è altamente probabile che, per garantire il minimo degrado nei passaggi successivi è normalmente utilizzata la risoluzione superiore possibile e gestibile ancora con praticità.
Possiamo dedurre quindi che anche il master sarà in alta definizione, se non altro per poter sfruttare in un secondo momento l'album originariamente uscito a qualità CD per una ristampa n HD, pratica ormai diffusa anche in generi musicali come il pop o il rap. Quindi al minimo in risoluzione 24/96 oppure superiori.

Quindi abbiamo la risposta
No, un album in qualità CD non è "lossless", è in formato compresso, "lossy" rispetto al master, da 24 a 16 bit  bit ogni campione, e la frequenza di campionamento ridotta a più della metà. Ed è con perdita, perché dal CD, anche se "rippato", non potremo mai recuperare tutte le informazioni del master. Potremo fare un "upsampling" ma l'incremento è solo apparente, perchè nei bit aggiunti o nei campioni aggiunti non è presente nessuna informazione in più rispetto al CD di partenza.