Un anno di svolta per la industria discografica che, secondo i dati USA raccolti dalla RIAA, che di solito anticipano le tendenze nel resto del mondo sviluppato, ha visto in quest'anno fermarsi il calo dei profitti che continuava da più di dieci anni. Si è registrata addirittura una modesta ripresa (anche se solo dello 0,2%). Soprattutto, il risultato è stato ottenuto grazie alla crescita del mercato digitale della musica, che ha raggiunto in valore quello dei supporti fisici in primo luogo grazie al ritorno dei consumatori di musica al formato album, anche nel digital download. Il comparto dei supporti fisici, quindi del CD, continua a calare, ma in modo meno marcato rispetto agli anni precedenti. Anche qui l'industria può scorgere un segnale positivo: forse si sta arrivando al livello fisiologico proporzionato agli usi e all'età dei consumatori.
A queste evoluzioni del mercato abbiamo dedicato una pagina di analisi su Musica & Memoria. Alcune considerazioni di "scenario" si possono aggiungere ai puri dati di mercato.
Il successore del CD sarà il vinile?
Tra i supporti fisici è l'unico che continua a salire, e anche rapidamente (+34%), con oltre 5,5 milioni di pezzi venduti in USA (nuovi, evidentemente) e un mercato che rimane di nicchia ma che vale ormai il 2% del complessivo.
Per quanto riguarda le case discografiche non c'è dubbio che a questo punto la scelta sul successore del CD sia proprio questa, nel senso che, se un successore proprio ci dovesse essere, sarebbe meglio che fosse il vinile, piuttosto che quei formati digitali ad alta definizione, il SACD e il DVD-Audio, che non hanno mai convinto i discografici perché digitali e quindi fatalmente prima o poi inseribili sui computer e sul giro delle copie illegali, P2P, Torrent o via cyberlocker che siano. Con l'aggravante che i contenuti sono pure alla massima qualità possibile. D'altra parte non avevano tutti i torti, anche per il SACD, sistema chiuso e super protetto, alla fine il modo di estrarre i preziosi contenuti in HD è stato trovato. E anche qui, come per la Philips a suo tempo con i masterizzatori a basso costo, è stata proprio la Sony a fornire incautamente la chiave con le PlayStation.
Molto meglio il vinile, dove la digitalizzazione richiede tempo e fatica (non mancano quelli che lo fanno lo stesso, ma sono fatalmente di meno) e soprattutto non potrà mai ricreare la splendida confezione cartonata. Certo, potevano pensarci prima.
Il futuro per le case discografiche sembra quindi abbastanza chiaro: la maggior parte dei fatturati derivanti dal digital download, anche grazie al contrasto incessante della pirateria costi quel che costi, il CD che rimane per i mercati meno sviluppati fino a che regge (come le cassette MC a suo tempo) e il rinato vinile per gli appassionati affezionati all'oggetto fisico e disposti a pagare di più.
Altre strade, come cercare di recuperare il valore percepito dei supporti digitale sembra che proprio non interessino.
Lo deduco anche dal fatto che i SACD, che pure continuano ad essere prodotti, almeno nel comparto della classica, per i negozi di dischi sembra siano entrati in clandestinità. Mischiati ai CD negli scaffali della classica, bisogna cercarli uno per uno, eppure avendo lo stesso prezzo e qualità molto superiore, per banale regola del commercio, dovrebbero essere messi in evidenza. E' come se i film in Blu-Ray fossero venduti nella stessa confezione e mischiati ai DVD. Assurdo, ma è così.
I contenuti e il mercato
Un altro sistema banale per sostenere le vendita è (o sarebbe) quello di occuparsi dei contenuti e non solo della confezione o del canale. I biscotti del Mulino Bianco avevano una confezione innovativa, ma erano anche più buoni di quelli della concorrenza.
Guardando un altro dato dell'anno, cioè chi ha venduto di più, sorge spontaneo il dubbio che per le case discografiche il problema dei contenuti non si ponga proprio. Il simpatico ragazzo ritratto nelle immagini sopra è, per esempio, il musicista che ha venduto di gran lunga di più nel 2011. Il dato è quello a livello mondiale per il digital download e incorona per quest'anno Bruno Mars (che da noi non è un granché famoso) come il numero uno. Primo e secondo posto con Just The Way You Are e Grenade e al 10° con The Lazy Song, complessivamente quasi 30 milioni di download, ben più della famosa Lady Gaga. Che comunque è in classifica al 6° posto con 8,2 milioni di download di Born This Way. Non manca neanche Jennifer Lopez che ricicla la lambada con On The Floor. E al 9° posto ci sono addirittura i Maroon 5. E i soliti rapper così amati in USA (LMFAO e Pitbull).
Tutte le canzoni della top-10 sono ovviamente interpretate e prodotte in modo perfetto, ma la creatività latita. Le canzoni di Bruno Mars sono gradevoli, altre citano melodie già note con la scusa del rap e riescono così a raggiungere più facilmente i consumatori.
Guardando però il video del vincente Bruno Mars, appunto quello di Just The Way You Are, appare chiaro che l'investimento massiccio sulla creatività non è stato fatto sulla musica, ma sul contorno, sulla immagine del simpatico ragazzo di origine ispanica cresciuto alle Hawaii, e soprattutto sul video, che è geniale. Senza video sarebbe una canzoncina come tante altre, con il video diventa qualcosa da guardare e da ricordare, e da scaricare.
Questo è il modello per il successo che seguono le case discografiche, non spiazzare i consumatori con novità e creatività, non tanto facili da trovare, comunque, ma puntare a qualcosa che si può comprare, certo non a basso prezzo, ma si può, un video clip che colpisca l'attenzione e imponga il brano.
Una scelta pragmatica e vincente? Non ne sarei così sicuro. Osservando il contatore delle visualizzazioni del video di Bruno Mars, video ufficiale sul canale Vevo associato a YouTube, che è arrivato alla notevole cifra di 223 milioni di visualizzazioni. Uno su venti ha scaricato la canzone pagando, diciannove su venti hanno considerato che quello che interessava era il video e della canzone se ne poteva anche fare a meno. Anche i dieci milioni di download hanno garantito diversi milioni di dollari senza fatica, è vero, ma quale sia la differenza con la promozione via P2P non è tanto chiaro.
E il talento conta ancora qualcosa? Sì, almeno uno nella top-10 ci è arrivato grazie al puro talento, è la cantante inglese Adele, al quinto posto con Rolling In The Deep.
domenica 1 aprile 2012
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Ma quale talento di Adele? Ma chi puo' ancora credere che nella top ten ci entri qualcuno che grazie al suo talento e alla sua perseveranza sfonda? Sono decenni che la top ten e' decisa in toto da forze troppo grandi per essere comprese, cioe' le major e i loro soldi e il mondo della pubblicita'. Analisi spicciola la mia, certo, ma in sostanza se qualcuno di importante non decide di investire su di te e di lanciarti col piffero che entri in top ten anche se sei la reincarnazione di Michael Jackson! Peace! Dee Macias
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