mercoledì 24 novembre 2021

Come è proseguita questa passione per l'Hi-Fi (2)

Non mi è ancora chiaro a quanti è interessata la mini-storia dell'alta fedeltà degli inizi negli anni '70, ma ormai ho iniziato e quindi devo finire. Ero arrivato, partendo da un compattone Lesaphon Vertical, che suonava anche 8 LP in sequenza, a un impianto con pretese Hi-Fi, formato da un giradischi Thorens TD 166, una testina Empire 2000 E, un amplificatore Rota Two Twenty e due casse acustiche Dynaco A25.

Ascoltavamo con discreta soddisfazione i pochi LP comprati (costavano un occhio della testa, con il prezzo di uno ci mangiavi a un discreto ristorante) e i non molti di mio padre, pur se la collocazione delle casse (sullo scaffale alto della mia stanza) e alcuni oggettivi limiti dell'impianto non facessero percepire un grande realismo, la magia dell'Hi-Fi, diciamo. 

Il "piatto forte" del primo impianto, quello che ha poi sfidato gli anni.

L'anello debole della catena
Quando una sera prima di cena, volendo ascoltare qualcosa assieme a mio fratello, accendendo l'amplificatore, senza mettere un disco nel piatto, sentiamo uscire dalle casse con voce potente "
Aqui November Papa, responde si puedes! aqui November Papa!". Eravamo piuttosto sorpresi che l'ampli suonasse anzi parlasse senza nessuna sorgente accesa. Poi ci siamo ricordati dell'alta antenna presente da tempo sul tetto del palazzo. Non avevamo captato il Comandante Raimundo Navarro di Alto Gradimento: un condomino era un radioamatore, aveva montato l'antenna, il suo nickname (diremmo oggi) era November Papa, e stava tentando di mettersi in contatto in onde corte con l'Argentina. Solo che il primitivo ingresso phono del Rota, probabilmente mal schermato, aveva captato non so in che modo un po' di onde corte.

Avevamo quindi un motivo oggettivo per mettere mano all'anello debole della catena (l'impianto era chiamato proprio così, peraltro; la catena hi-fi), abbiamo strappato un nuovo budget ai miei, appoggiato anche da qualche successo negli studi (non ricordo di chi di noi due)  e ci siamo messi all'opera, stavolta con l'intento anche di sentire a confronto i candidati, Ovviamente l'obiettivo era un Marantz, ma ormai, essendo un "nome" erano fuori budget, se non il modello base, il 1030 (15+15W) che temevamo potesse essere un altro componente di passaggio. Si parlava molto bene dell'amplificatore Dynaco SCA-80, un buon integrato da 40W, un modello recente di questa casa USA allora molto apprezzata. 

Nei selettori in basso alcune funzionalità speciali del Dynaco: la miscelazione mono-stereo utile per l'ascolto in cuffia, la possibilità di pilotare assieme due coppie di casse acustiche, la possibilità di attenuare gli alti o in alternativa i bassi.

Era un po' fuori budget ma siamo andati lo stesso a sentirlo in un negozio di Hi-Fi (uno dei 2-3 rimasti) e ce lo hanno fatto ascoltare in azione in confronto (se non ricordo male) con un Marantz. Il venditore ci faceva notare la evidente superiorità del Dynaco ma io, ingenuamente, gli ho detto che in realtà non riuscivo a sentire alcuna differenza (era un pezzo di classica che aveva scelto lui). La sua risposta è stata molto netta e ci ha fatto uscire dal negozio con la coda tra le gambe, ci ha detto, con tono di sufficienza: "se non riuscite a sentire la differenza non puntate a componenti hi-fi di questo livello". Non sono mai più tornato in quel negozio fino ad anni recenti ma forse non aveva tutti i torti, anche se voleva chiaramente puntare a venderci quel modello e non altri.

Una scelta sulla carta
Dopo quell'episodio abbiamo iniziato a selezionare gli LP più adatti a evidenziare le differenze e a portarceli dietro quando andavamo, a volte io da solo, a volte con mio fratello, ad ascoltare componenti. Ma l'amplificatore l'abbiamo scelto sule riviste e sulle recensioni. Perché in quel periodo la Yamaha aveva deciso di fare sul serio per entrare nel mondo dell'Hi-Fi e aveva lanciato la mitica serie CA  (Control Amplifier) con quattro modelli CA-400 (20W), CA-600 (30W), CA-800 (40W) e CA-1000 (50W). A parte la miriade di comandi (anche utili in realtà) erano i primi ampli di grande serie realizzati come ora: alimentazione surdimensionata, capacità di pilotare anche carichi difficili, potenza crescente con la resistenza delle casse (a 4ohm era il 50% in più) e così via. Infatti pesavano il doppio o il triplo dei pari wattaggio nominale, e i watt effettivi erano parecchi di più. Poi erano esteticamente molto belli, anche ora.

Il prezzo però era ancora abbordabile e con un discreto sforzo si arrivava al CA-600, che abbiamo comprato non ricordo bene in quale negozio, ma resistendo alle resistenze dei super-scontisti che stavano nascendo e non li facevano neanche ascoltare, quando è arrivato a casa e l'ho montato per farlo ascoltare  a mio padre, ha tolto le cuffie dopo qualche minuto e ci ha detto "si sente un canale solo". Era vero, difetto d'infanzia si dice, ma era in garanzia e dopo un paio di settimane è tornato e funziona ancora, anche se una approfondita revisione la richiede.

Le casse acustiche di seconda mano
Con l'arrivo dello Yamaha l'impianto stava diventando serio e ho fatto un altro intervento necessario: spostare le casse all'altezza delle orecchie. Nella mia stanza, che era anche la stanza della musica, c'era una libreria svedese e le casse Dynaco, che erano di tipo "bookshelf" ovvero "da scaffale" le ho messe appunto in due degli scaffali, togliendo i libri, sdraiate, con i tweeter ai lati, e finalmente nella riproduzione arrivava un primo accenni di spazialità, I bassi però già un po' debordanti in quei diffusori erano così un po' troppo enfatizzati, scurendo il tutto. 

Bisognava ovviamente aspettare un po' e, soprattutto, le casse erano l'acquisto più oneroso e si voleva puntare in alto, magari alle mitiche AR 10Pi le migliori della migliore casa (così la consideravamo, non del tutto a torto). Totalmente fuori da ogni ragionevole budget però. Così siamo andati in cerca di alternative, con i nostri LP di riferimento sotto il braccio: il jazz con Dexter Gordon e One Flight Up, la classica con il triplo concerto di Beethoven nell'edizione con David Oistrach al violino, Emil Gilels al piano, Mtislav Rostropvich al violoncello e Von Karajan direttore (!) e acustica e voce con Cruel Sister dei Pentangle. In un negozio, uno di quelli che resiste, ascoltando diverse casse ho sentito per la prima volta una chiara differenza a memoria: un passaggio complicato del violino perfettamente risolto nota per nota invece che l'inviluppo che ne faceva la Dynaco. Me le ricorderò sempre, erano le Goodmans Achromat, casse e produttore inglese poi perso nel tempo.

Le Goodmans Achromat degli anni '70: due vie con reflex passivo, una configurazione molto simile alla più nota Kef 104, best-seller del tempo.

Ma nel frattempo l'alta fedeltà si era diffusa abbastanza da rendere possibile la nascita di un mercato dell'usato. Così ci è venuta l'idea di puntare ad un modello abbastanza diffuso, che era in pratica la versione precedente della desiderata AR 10Pi: la AR 3a, che si trovava abbastanza in offerta nella seconda versione "Improved" (la precedente risaliva a qualche anno prima, quando l'hi-fi in Italia era cosa di pochi eletti, questa era la versione Europea e differiva solo per il cabinet e pochi altri particolari). Differiva in pratica solo per il raffinato crossover, mentre era sempre un tre vie, con woofer da 30 cm, midrange da 3,8 cm  e tweeter da 2 cm a cupola morbida (a proposito, che fine hanno fatto i midrange a cupola?). Usate diventavano un target raggiungibile.


Offerta numero 1. La ricerca è iniziata andando a casa di chi le proponeva per ascoltarle, ci accompagnava un amico di mio fratello, musicista dilettante. In una delle prime visite le AR 3a erano state verniciate di color nero, bene, mantenendo la venatura del finto legno, per uniformarsi all'arredamento. Ero piuttosto perplesso, ma le abbiamo ascoltate lo stesso, poi ho chiesto di rimuovere le tele di protezione degli altoparlanti, come logico, ed è arrivata la seconda sorpresa, la cupola di uno dei tweeter era deformata come se qualcuno ci avesse affondato un dito. Chiesto al proprietario mi ha detto che era proprio così, era stato il figlio piccolo una volta che le aveva lasciate senza tela. Ed in effetti visto che le aveva appoggiate per terra, erano alte come un bambino e la cupola era appunto, morbida. "Ma suonano lo stesso bene come avete ascoltato" ci disse. Intuivo che, anche se spostavano lo stesso l'aria, se i tweeter avevano una forma a cupola un motivo doveva esserci e così gli abbiamo detto che ci avremmo pensato, e la cosa è finita lì.

Offerta 2. Questa era molto lontana da casa e il proprietario le vendeva perché nella sua sala non aveva spazio, infatti aveva comprato delle Bose 901 omnidirezionali che aveva appeso in alto (idee e ingegnosità). Anche queste si scopriva che avevano qualche pecca (per questo entravano nel nostro budget) una volta erano cascate e si era ammaccato leggermente l'angolo di una, ma gli altoparlanti non avevano avuto danni, e inoltre su un tweeter erano dovuti intervenire per problemi nelle connessioni. le abbiamo ascoltate lo stesso a lungo, con accurata ricerca dei difetti. Non ce ne andavamo più, e così a u  certo punto è arrivato il bimbo del padrone (avrà avuto 5 anni) e ha chiesto "ma le comprano quelle casse, papà?".

Queste erano le omnidirezionali Bose 901 con 9 altoparlanti a larga banda per diffusore. Progetto di grande successo del professor Amar Bose che ha dato il via a un marchio ben presente ancora oggi. Suonavano bene.

La domanda del bimbo ci ha fatto sorridere ma non ci ha intenerito, abbiamo continuato i test, ma alla fine le abbiamo comprate. Montate non so come sulla 500 (pesano 25Kg l'una) e portate a casa, e anche queste usate per molti anni, riconate e attualmente ancora da riconare, Suono indimenticabile, superato per diversi aspetti ma coinvolgente come pochi.

Ma come? Un amplificatore da 30W con le AR 3a?
Lo so e lo sapevamo anche noi, sono casse dure, a bassa efficienza, richiedono finaloni di potenza per esprimersi al massimo ecc. ecc. Noi però ci siamo fidati della buona fama dello Yamaha, del fatto che la mia stanza non era molto grande, e che con le Dynaco girando anche molto poco la manopola del volume la musica si sentiva fino in cucina (e ai piani sopra e sotto). Forse quei watt erano veri.

E così è stato. Le AR 3a Improved sono state sdraiate anche loro su due scaffali (dove entravano appena) hanno riprodotto benissimo rock, West Coast, jazz, folk e classica, e ricordo ancora l'ascolto di un LP di musica corale (era la Passione di Matteo di Bach) quando ho sentito distintamente davanti a me le voci del coro alla giusta altezza, spandersi nella sala come le avevo sentite qualche anno prima in Ungheria durante una visita guidata alle chiese storiche. Non sono un appassionato di musica sacra, l'ascolto solo occasionalmente, ma è uno dei test più probanti che ci siano per la spazialità. Era peraltro un disco della Germania Est, rinomato per la qualità della registrazione.

Rimaneva il dubbio su come se la sarebbe cavata il CA-600 in una stanza più grande. Approfittando di una settimana nella quale i miei erano in viaggio all'estero abbiamo spostato l'intero impianto nella sala, molto grande, un salone doppio, abbiamo montato le casse su supporti che abbiamo trovato, e con alcuni amici abbiamo ascoltato l'effetto che fa. Musica classica, sinfonica, rock, nessun accenno di compressione o di distorsione  percepibile almeno alle nostre orecchie e al nostro senso critico di allora (ma c'erano anche un paio di musicisti anche se giovani), La sistemazione ideale aumentava anzi la qualità della riproduzione, rendendola ancora più realistica. Un altro mito dell'alta fedeltà infranto, almeno per me.

Finale
Ovviamente era scritto, laurea, finito il militare, sposato, lavoro, una nuova casa, l'impianto è rimasto nella casa dei miei e il successivo impianto ha dovuto fare i conti con le spese di avvio di una nuova famiglia di due sposi nella loro prima casa, come per tutti e come sempre, ma "il primo impianto non si scorda mai".

domenica 21 novembre 2021

Come è iniziata questa passione per l'Hi-Fi

Ho visto tempo fa sul blog di Stereophile che uno dei suoi autorevoli redattori ha inserito un post con la sua personale storia di appassionato Hi-Fi. Visto che leggendola mi sono ricordato tante cose provo a fare lo stesso, magari può interessare a qualcuno.

La scoperta
Per prima cosa, come sono venuto a sapere che esiste qualcosa chiamato Hi-Fi. Il che è accaduto per caso, da studente liceale, parlando col falegname che stava realizzando una libreria su misura nel nostro corridoio, dove mio padre doveva mettere qualche migliaio dei suoi libri. L'impianto di casa all'epoca era un Lesaphon Vertical, una "fonovaligia" in teoria portatile, che conteneva giradischi (con discesa automatica di 8-10 dischi, LP inclusi!), amplificatore e casse monovia, neanche piccole. Era anche il primo giradischi di casa, fino alle medie la poca musica che si sentiva a casa proveniva dalla peraltro ottima radio extra large Telefunken.

Non ricordo perché questo falegname (un raffinato signore, i falegnami già all'epoca erano così) ha citato l'alta fedeltà, forse perché aveva visto il suddetto Lesaphon, io ho risposto che sapevo cosa intendeva, per un suono perfetto avremmo dovuto avere come minimo uno di quei mobili all-in-1 della Grundig, che avevo visto in una pubblicità su una rivista di mio zio. Tipo quella qui sotto.

La vera alta fedeltà
Ma lui con un'alzata di spalle mi ha informato che quella non era vera alta fedeltà, bisognava rivolgersi a ditte specializzate, come ad esempio, Marantz, Thorens o AR. Ci sono rimasto un po' male, ma la cosa è rimasta lì. Fino a quando, un paio di anni dopo, sono cominciate a uscire le riviste di Hi-Fi e si è iniziato a parlarne, in casa mia con mio fratello che aveva diversi amici che suonavano e incominciavano a interessarsi anche all'Hi-Fi. La prima rivista che ho comprato era di uno dei primi guru dell'alta fedeltà, non ricordo il nome, magari in qualche cantina ne ho ancora un paio di copie, ma comunque l'ho abbandonata presto perché nel frattempo era uscita Suono Stereo Hi-Fi, tutto un altro livello, prove con strumentazioni di misura serie (era il tempo dei "misuroni") belle foto (credo già del mio ex compagno di classe Dario Tassa), bella rivista.

Il tempio dell'alta fedeltà
La portavo con me ogni tanto alle lezioni nel primo anno d'ingegneria, per leggerla nei cambi d'ora, e tramite la rivista ho conosciuto Mario, anche lui interessato all'Hi-Fi poi amico e infine anche mio testimone di nozze. Lui era già più avanti, aveva già un ottimo impianto (es. casse acustiche Bose 501) e un giorno mi ha consigliato, per farmi un'idea, di fare una puntata a un negozio in Piazza Dante a Roma, che si chiamava Filc Radio.
Ci sono andato con mio fratello e ho scoperto quello che è stato per tutti a Roma il primo tempio dell'alta fedeltà.

Questo era il pre MK16 quadrafonico, aveva bisogno del fantastico finale MK16 con i circuiti in vista dietro a un vetro arancione, ma non trovo una foto decente. Leggermente più terreno. stessa estetica, l'integrato MK120.

C'era ogni ben di Dio (anche per oggi) ma i componenti che mi hanno colpito di più sono state le casse Acustiche JBL-100 Century qui sotto, appese in negozio alla grande parete (con altre) e il mitico e avveniristico amplificatore Galactron qui sopra (made in Italy), lontanissimo dal minimalismo hi-end degli anni a venire, come si nota facilmente.

Mai comprati in seguito e neanche sentiti all'epoca, perché eravamo entrambi intimiditi da quel grande negozio pieno di questi magnifici componenti, e noi ragazzi eravamo evidentemente privi di risorse economiche adeguate. Ma ormai ero stato catturato, per sempre, pare.

Il primo impianto in 3 passi
E' iniziato allora un piano ben preciso di superamento dell'inadeguato Lesaphon Vertical. Ovviamente erano necessarie risorse economiche, ovvero convincere della necessità mio padre (che aveva deciso l'acquisto anni prima). La molla è stata la scoperta che la puntina piezoelettrica rovinava irrimediabilmente i vinili e serviva assolutamente un giradischi moderno. Mio padre in realtà non era un appassionato di musica, ma gli piacevano alcune cose, tipo il primo jazz, dixieland e swing, e alcune cose di classica, tipo il Bolero di Ravel o Vivaldi, e poi ogni tanto gli regalavano LP.  Ma penso che se ci ha finanziato è stato perché ci voleva bene, assieme a mia madre, non per salvare i suoi dischi, e meno che mai i miei.

Il Thorens TD 166, best sellers nei primi anni '70

Così su consiglio di Mario sono andato a un negozio che si diceva facesse gli sconti più alti per i Thorens, stava vicino a Piazzale della Radio (sparito come quasi tutti i negozi Hi-Fi dell'epoca a Roma, tranne credo due) di cui non ricordo il nome. Un commesso giovane e gentile mi ha illustrato i vari prezzi e ho capito che il mio budget arrivava solo fino al modello più economico, il TD 166, d'altra parte, mi ha spiegato che si distingueva dal TD 165 quasi solo per le manopole di plastica nera invece che di alluminio e dal TD 160 quasi solo per il contro-piatto di plastica invece che di alluminio. Credo ci fosse qualche differenza anche nel braccio ma comunque era (ed è) un ottimo giradischi e ho fatto bene a non risparmiare nella testina. 

Che è stata la più grande sorpresa. Perché quella che mi ha consigliato, una Empire (allora se la batteva per il predominio con Shure) era presentata così, come un gioiello. Assieme a un affascinante booklet interno in miniatura con tutti i modelli e le assurde e anomale casse Empire (prima o poi devo scannerizzarlo e metterlo sul blog).

La testina Empire Made in USA modello base veniva venduta e presentata così

Montato il giradischi e la testina e portato a casa, bisognava passare alla fase due, farlo suonare. A questo avevamo pensato prima, grazie all'aiuto di un compagno di classe e amico di mio fratello, precoce genio dell'elettronica, che era intervenuto sull'amplificatore interno del Lesaphone Vertical creando un ingresso aux, la correzione della curva RIAA era già presente per la testina piezolettrica e per il problema dell'uscita a basso livello della testina magnetica si provvedeva ad alzare il volume e non chiedere di più (o aveva inserito anche un pre rudimentale? non ricordo). In ogni caso i preziosi vinili erano salvi. 

Anche se forse i timori sulle testine piezo, che all'epoca erano chiamate 'o zappatore, erano esagerati, visto che alcuni vinili che l'hanno a suo tempo sperimentata e che ho ancora, suonano ancora bene senza difetti eccessivi. D'altra parte era già programmato lo step successivo, ovvero l'amplificatore, scelto con un criterio semplicissimo: era il più economico disponibile in Italia. Della marca giapponese poi sparita ROTA, e modello base. Costava poco e dopo un mese o due è arrivato. Non ho nessuna foto e non so che fine abbia fatto (regalato a qualcuno, mi pare, non era commerciabile) ma incredibilmente una foto, un po' sbilenca, l'ho trovata.

Le casse erano ancora quelle del Lesaphon, semplici altoparlanti monovia montati su una cassa aperta dietro per la massima efficienza, piuttosto lontane dall'alta fedeltà anche se per suonare suonavano. Anche per le casse, dopo qualche mese e altre trattative (nella mia famiglia non mancava niente, ma non si potevano fare sprechi) è arrivato il secondo componente di buon livello. Non provato, comprato sulla fiducia delle recensioni delle riviste e in base al fatto che erano le best-seller per rapporto qualità / prezzo: le Dynaco A-25, che scopro ora essere una delle poche casse con tecnologia "aperiodica", pensavo che fossero bass-reflex invece erano una variante della sospensione pneumatica, a 2 vie con woofer da 25 cm (!) e tweeter a cupola.

Non sono le mie, a suo tempo le ho vendute, avevano ancora un buon mercato

Con qualche mese di trattativa e parecchi compromessi l'hi-fi era entrata in casa, nonostante gli evidenti limiti del Rota. Una volta fatte scendere dalla sommità della libreria svedese le nuova casse acustiche, era arrivata la musica riprodotta con discreto realismo.

(1 - Continua con l'impianto buono)

domenica 7 novembre 2021

A cosa serve un music streamer?

E anzitutto, cos'è un "music streamer"? Pare sia il nome su cui alla fine stanno convergendo produttori e stampa specializzata, per quel componente che costituisce la "centralina" in un impianto che suona anche, soprattutto o solo musica digitale. Nel tempo è stato chiamato "network player", "network audio player", "music server", "music player", ma pare che alla fine il nome sarà questo.

In realtà non ha una configurazione fissa (come peraltro il suo principale predecessore: l'amplificatore) può essere in altre parole più o meno versatile e quindi gestire impianti più o memo complessi.

La "centralina"
Così chiamavano l'amplificatore gli audiofili (che ancora non si chiamavano così) negli anni '70, perché concentrava le varie sorgenti, consentiva elaborazioni del segnale incluso il controllo del volume, la selezione della sorgente da ascoltare, e passava il tutto alle casse acustiche per eseguire il solo indispensabile compito finale. Le sorgenti erano di due tipi, a basso livello (giradischi) o alto livello e potevano essere più di una, per impianti che potevano comprendere  due giradischi (es. uno per i 78 giri), due registratori (es. uno a bobine ed uno a musicassette), un sintonizzatore, e poi alcuni ingressi aux per altre sorgenti (es. un DAT, un lettore CD, pochi anni dopo).

La nuova "centralina"
La vediamo con un esempio, il recente streamer EVO 150 di Cambridge Audio, premiato dalla EISA quest'anno e che è un componente molto versatile. Come si vede gli ingressi sono di tre tipi: digitali, analogici alto livello, analogici basso livello (giradischi)

Gli ingressi
Guardandoli da sinistra a destra e dal basso in alto vediamo (cliccare sull'immagine per ingrandire, se serve):

  • 3 ingressi digitali: 1 coassiale e due ottici Toslink
  • 1 ingresso analogico ad alto livello bilanciato a standard XLR
  • 1 ingresso analogico ad alto livello sbilanciato a standard RCA
  • 1 ingresso analogico a basso livello con equalizzazione RIAA phono a standard RCA
  • 1 ingresso digitale HDMI ARC
  • 1 ingresso USB type-B per la connessione di sorgenti USB (sopra)
  • 1 ingresso USB type-A per la connessione di hard disk o memorie USB
  • 1 ingresso Ethernet per la connessione alla rete e al web
  • 1 ingressi wireless (Bluetooth) (questo ovviamente non si vede, ma c'è)

In totale 11 ingressi per 11 diverse sorgenti, una versatilità anche superiore agli amplificatori più versatili come gli Yamaha della serie CA degli anni '70, che avevano 7 ingressi di cui due a basso livello "phono". A cosa possono servire? Facciamo un esempio:

  • ingressi digitali: 
    • 1 lettore CD con DAC di qualità inferiore a quello interno del EVO 150
    • l'output dello smart TV
    • l'output del decoder Sky o di un decoder satellitare
  • Ingresso analogico bilanciato XLR: 1 lettore SACD
  • Ingresso analogico sbilanciato RCA: 1 registratore a bobine o 1 registratore a musicassette o un pre-phono di un giradischi con testina a bobina mobile
  • Ingresso analogico sbilanciato RCA "phono" MM: 1 giradischi
  • Ingresso HDMI ARC: uno smart TV che usa l'impianto "comandato" dallo streamer come speaker
  • Ingresso USB type-B: un notebook o un Mac Mini dove gira un Media Center come J River o un server Roon 
  • Ingresso USB type-A: un hard disk esterno o una memoria USB con musica digitale
  • Ingresso Ethernet: 
    • connessione al web per servizi streaming come Qobuz o Tidal
    • connessione in rete locale a un NAS che contiene una libreria musicale digitale
  • Ingresso wireless: connessione a device mobili (smartphone o tablet) usate come sorgenti

Una versatilità che consente di ascoltare musica anche da più di 10 sorgenti diverse. Unica limitazione è l'unico ingresso sbilanciato RCA che potrebbe essere una limitazione per un impianto dove ci fossero sia un bobina che un cassette, oppure un giradischi con testina a bobina mobile o con un pre-phono di pregio.

Le uscite
Sempre da sinistra a destra e dal basso in alto, vediamo:

  • Le uscite per due coppie di casse passive (A e B, ai due lati). Questo streamer infatti include anche un amplificatore (in classe D da 150W)
  • una uscita a basso livello per un sub-woofer attivo
  • una uscita pre per collegamento a un finale separato o casse acustiche attive
Manca però su questo streamer un'uscita digitale per utilizzare un DAC esterno invece di quello interno. L'unica uscita digitale è la HDMI ARC che è bidirezionale e potrebbe trasferire l'audio digitale a un DAC tramite un convertitore HDMI-Toslink.
Si tratta però di una scelta della Cambridge Audio. Molti altri Music Streamer, come ad esempio il Rose 150, altro premiato EISA per la fascia alta, ha uscite digitali ottica e coassiale per collegarsi a un DAC esterno oppure a un registratore digitale (vedi immagine).


Cosa succede dentro lo streamer
Ovvero come passa e con quali trasformazioni il contenuto musicale digitale o analogico (è utile saperlo per le successive considerazioni):
  • ingressi digitali: sono veicolati verso il DAC interno
  • ingressi analogici: sono presi in carico da un ADAC (Analog to Digital Audio Converter) e passati al DAC interno
  • uscita analogica del DAC: inviata all'amplificatore interno (se presente) ed in parallelo all'uscita preamplificatore
L'interfaccia dello streamer
Quasi tutti i modelli in commercio hanno uno schermo frontale di dimensioni variabili che fornisce informazioni su cosa sta suonando e come, ma ne esistono anche alcuni totalmente "muti", eleganti scatole metalliche senza pulsanti nè display.
Perché tutto si fa con la app del produttore, disponibile per smartphone e tablet, per iOS e per Android. Dalla quale si possono selezionare gli ingressi, regolare il volume e anche gestire la libreria musicale su NAS o i servizio streaming.

A chi non serve un music streamer?
La domanda doveva essere "a chi serve?" ma ci si arriva meglio partendo dall'elenco di quelli a cui non serve, che sono:
  • Un appassionato audiofilo che sull'impianto hi-fi ascolta solo da sorgenti analogiche (e questo è evidente)
  • Un appassionato audiofilo che sull'impianto hi-fi ascolta anche da sorgenti analogiche; e questo è meno evidente, ma dipende da quello che c'è scritto nella sezione precedente: con un music streamer gli ingressi analogici subiscono normalmente una doppia conversione annullando quindi la purezza, vera o presunta, del suono analogico, che giustifica la loro presenza in un impianto che ne potrebbe fare a meno. 
  • Un appassionato audiofilo che ascolta solo in streaming: le funzionalità dl music streamer sarebbero quasi tutte inutilizzate
  • Un appassionato audiofilo che ha una libreria musicale gestita da un media server player come J River, Audirvana o Roon: il music streamer sarebbe usato solo come DAC e quindi sarebbe sotto-utilizzato. In questo caso basta, appunto, un DAC, eventualmente quello incluso nei moderni amplificatori, come il Rotel Michi X3 premiato sempre da EISA.

Quindi, a chi serve un music streamer?
Dall'elenco precedente sembrerebbe che sono escluse tutte le categorie di audiofili, ma ne rimangono invece almeno tre che possono essere interessati:

  • Gli audiofili che ascoltano quasi solo in digitale, ma hanno anche un giradischi, però unicamente  per scenografia domestica e personale,
  • Gli audiofili che hanno veramente un elevato numero di sorgenti digitali, e hanno quindi effettiva necessità di un "hub" (altro nome moderno per "centralina") per gestirle tutte.
  • Gli audiofili che hanno una libreria digitale personale e non sono troppo esigenti nella gestione di essa o del servizio streaming e ritengono sufficiente per i loro scopi la app messa a disposizione dal produttore dello streamer, che potrebbe anche includere il disco (anche SSD) contenente la libreria musicale.
Le prime due categorie esistono ma non sono molto numerose. Lo è invece la terza categoria, e chi fa queste scelte non ha tutti i torti.

L'alternativa
Perché non ha tutti i torti? Perché l'alternativa al music streamer esiste, è più economica e più flessibile , ma richiede un certo impegno personale, sia per la configurazione personalizzata, sia per upgrade e manutenzione. Le stesse funzioni di gestione della libreria musicale effettuate dallo streamer  possono essere svolte infatti da un PC dedicato (tipicamente un notebook, un MAC Mini o un Mini PC) con installato J River MC, Audirvana o Roon e collegato a un DAC. Il DAC può essere anche di livello stratosferico e quindi eccedere le prestazioni all'ascolto di qualsiasi music streamer. 

E' quindi per quelli della terza categoria, quelli che vogliono approfittare e godere della grande disponibilità di musica digitale, arrivando al risultato nel modo più semplice e veloce e col minimo impegno personale (anche se spesso con funzioni e flessibilità molto ridondanti, ma vale anche per gli smartphone recenti) che i produttori di hardware propongono sempre nuovi modelli di "music streamer" rispondendo a una domanda che appare in crescita, non solo di audiofili d'annata che vogliono aggiornare l'impianto, ma anche di new-entry attratte dalla grande offerta e certamente benvenute.

In sintesi
Il music streamer è un componente proposto da molti produttori di hardware, ma è pensato e diretto ad una categoria di ascoltatori di musica ben delimitata, ovvero quelli che hanno una libreria musicale digitale, ottenuta con download ufficiale o meno, e che ascoltano i suoi contenuti su un impianto tradizionale. Sono quindi in maggioranza appassionati audiofili consolidati, che preferiscono una soluzione pronta all'uso piuttosto che basata su software da installare su un PC. Chi fa parte di questa categoria ha a disposizione molti prodotti su una vasta gamma di prestazioni e prezzo.

Appendice
Per correttezza e completezza vediamo anche i due music streamer "ospiti" di questo post anche di fronte.
Cambridge Audio Evo 150


Rose RS150