martedì 28 ottobre 2014

La differenza che interessa - II

Prima di presentare l'altra prova a confronto tra CD e HD, effettuata in doppio cieco su un panel di ascoltatori è opportuno fare il punto su un aspetto importante: cosa stiamo confrontando realmente. Facendo riferimento anche al breve editoriale di fine settembre 2014 di TNT-Audio che si pone domande sulla effettiva qualità all'origine di quello che HDtracks, Linn e altri vendono come alta risoluzione.

Nelle prove a confronto che abbiamo discusso nel post precedente su questo tema, non c'era alcun dubbio che gli ascoltatori confrontassero i medesimi (brevissimi) brani musicali: si trattava di campioni musicali identici, in originale in qualità CD, quindi compressi in formato MP3 a vari livelli di compressione, con il codec Lame (usato per entrambi i test).

Un classico registratore multitraccia analogico da studio: Ampex ATR-100

Le alternative
Nelle prove a confronto CD-HD non è così semplice. In alcuni casi si è adottato lo stesso criterio: un brano in HD (in formato PCM) ricampionato ad una risoluzione minore, ovvero in qualità CD. Non si tratta però di una compressione effettuata con un algoritmo che utilizza criteri di psicoacustica per eliminare le informazioni ridondanti o meno importanti, e codificarle in un diverso formato, ma di una riduzione di risoluzione, da 24 a 16 bit per ogni campione (eliminando quindi i meno significativi) e della frequenza di campionamento (da 96 o 192KHz a 44.1KHz). Se il master invece era in DSD si passa attraverso una ricodifica in un formato diverso, il PCM del CD, riducendo anche in questo caso la risoluzione.
Se l'operazione di riduzione di risoluzione la facessi io con un programma che fa questo mestiere, come R8brain (free) non c'è dubbio che l'unica operazione possibile sarebbe il troncamento, la eliminazione delle informazioni meno significative, ma non è detto che avvenga così per i CD commerciali, come vediamo nel seguito.

Il mastering
Per prima cosa ci sono le scelte di Mastering. Il processo non è documentato nelle note che accompagnano gli album, non esiste probabilmente una procedura standard, le scelte variano in base al tipo di musica e al mercato, ma è noto che prima del trasferimento al master CD (da cui saranno stampate le copie) in studio si effettua un remastering orientato a far suonare al meglio il prodotto sui sistemi di riproduzione più comuni, in uso al potenziale cliente. E qui si innesca la vicenda della loudness war e del mastering orientato a esaltare bassi e acuti e a comprimere la dinamica, per essere ascoltabile con più efficacia con cuffiette infraurali o mini casse da PC. Scelte di mastering che possono essere molto diverse nella versione in HD (ammesso sia prevista), dove si suppone che l'impianto sia di maggiore qualità. Un esempio di master differenziato lo offre proprio Apple, con la scelta per iTunes tra masterizzazione standard e la versione "masterizzato per iTunes", per la quale vengono forniti appositi strumenti di conversione orientati a preservare maggiormente la qualità dell'originale, pur convertendolo alla fine sempre in formato compresso AAC. Sorvolo sulla efficacia di questo processo che non ha suscitato grandi dibattiti in rete. Lo cito solo come esempio di differenziazione del mastering.

Più masterizzazioni dallo stesso master di studio
Le decisioni in merito delle case discografiche sono sicuramente variabili in base al prodotto musicale, ma teoricamente dallo stesso master originale creato in studio, e registrato in PCM 24/192 oppure DSD64 o 128 potrebbero essere ricavati:
  • un master ottimizzato per l'ascolto in formato compresso (da fruire via download o streaming indifferentemente);
  • un master ottimizzato per l'ascolto in formato CD, o standard definition (SD), anche in questo caso lo stesso per i vari canali di distribuzione (supporto fisico, download o streaming);
  • un master ottimizzato per l'ascolto in HD, in questo caso solo per download, tranne il SACD per la classica.
In più, il tutto si moltiplica per due se il master originario era registrato con tecnica multicanale (come avviene spesso per la classica).

Ancora l'Ampex ATR-100 in una pubblicità anni '70

HD (o CD) autentico e certificato
Un altro dubbio che è più volte stato espresso in forum e articoli vari è se il materiale HD in vendita sia veramente HD e non un upsampling di materiale CD. In proposito aveva anche scritto un visitatore del blog ed in risposta avevo inserito un post con una serie di test che puntavano ad una verifica strumentale di quello che si può misurare facilmente (la banda di frequenza). Sembrava che non fosse così.
Lo stesso dubbio però era presente nella fase di lancio dei SACD, che erano praticamente sempre ibridi (quindi anche con uno strato CD) e consentivano quindi un confronto dallo stesso dischetto. Invariabilmente dal confronto, almeno a leggere gli articoli, risultava vincente, e di molto, lo strato SACD e da qui il dubbio di alcuni che il successivo processo di decodifica penalizzasse troppo il CD (o addirittura che ci fossero forzature).

L'importanza del DAC
Da qui nasce un ulteriore elemento di complessità per un confronto alla pari. Sappiamo che il DAC, la tecnologia usata e la generazione tecnologica dei chipset incide parecchio sul risultato. Usare lo stesso identico processo di decodifica è impossibile perché il percorso di decodifica è forzatamente diverso, ma si può usare lo stesso componente, essendo tutti i DAC HD in grado di convertire anche i CD. Una alternativa sarebbe però mettere i due sistemi di codifica nelle migliori condizioni. Usare quindi DAC diversi, e in particolare un DAC (o un lettore) specializzato per CD, progettato per estrarre il massimo dal vecchio formato standard. Come alcuni modelli alto di gamma di Accuphase o Audio Research promettono di fare.

Informazioni mancanti
Anche per registrazioni di etichette "audiophile" come Chesky Records, nulla o quasi viene detto sulla tecnica di registrazione: il numero di microfoni, il tipo di mastering adottato nelle diverse edizioni, l'utilizzo di due tracce o più, di sovraincisioni e così via, al massimo si dichiara un "remaster" successivo, ma non è chiaro puntando a cosa o correggendo cos'altro. A comprova le scarne informazioni di due produzioni Chesky, il classico The Raven di Rebecca Pidgeon, e il recente album binaurale di Amber Rubarth.

L'influenza della registrazione
Nell'articolo dedicato alla ritrovata fortuna del formato DSD citavo un sample distribuito in rete gratuitamente in grado di evidenziare in maniera particolarmente efficace la qualità d'ascolto (Keith Greenigger & Dayan Kai di Blue Coast Records). Ascoltandolo è impossibile non restare ammirati per il realismo, il dettaglio e la musicalità di quello che si sta ascoltando. Si tratta in realtà di quelle registrazioni, oculatamente scelte o addirittura create alla scopo, che presentano le caratteristiche ideali per evidenziare la qualità di un impianto o di una riproduzione. Non però ricorrendo alla difficoltà di riproduzione di alcune caratteristiche particolari del suono, come la gamma molto bassa o la interferenza tra strumenti diversi, ma evidenziando le caratteristiche più facilmente accessibili a tutti.
Sono un po' l'equivalente dei filmati dimostrativi che vediamo nei grandi centri commerciali quando viene presentato l'ennesima nuova tecnologia per i monitor TV (HD, Ultra-HD, 4K e così via). Macchine di Formula 1 che sfrecciano a Montecarlo in una giornata di sole, ragazza orientale che si aggira tra prati fioriti e cesti di frutta dai 1000 colori, splendidi scorci naturali in luoghi esotici e così via. Colori vividi e grandi contrasti che esaltano le caratteristiche della nuova tecnologia ma che, se opportunamente sfruttati e a parità di condizioni, sarebbero pienamente efficaci anche con la precedente.

In musica avviene in parte lo stesso, con l'aggravante che il confronto è in serie e non in parallelo ed è quindi molto più arduo, e necessita di maggiore competenza (leggi qui l'articolo in proposito).
In sintesi con questi brani "audiofili" le differenze in realtà si accorciano e anche un MP3 può sembrare sorprendentemente buono, magari con il piccolo aiuto della compressione dinamica insita nell'algoritmo di compressione fisica del file.

Un mixer digitale anni '90 della serie V-Mix della Roland

Confronto alla pari
Da tutte le considerazioni fatte sinora emerge che esiste un rischio reale di confrontare cose che suonano diverse perché sono diverse all'origine, indipendentemente dal formato e dalla risoluzione, perché la differenza tra una masterizzazione ed un'altra è probabilmente più avvertibile di quella tra un formato ed un altro (la scelta di quale sia la migliore è un'altra cosa ancora).
In pratica chi vuole confrontare CD e HD ha solo due scelte: creare "in casa" la versione CD con un downsampling oppure utilizzare due versioni commerciali dello stesso brano.
Nel primo caso con ogni probabilità si penalizza il formato CD per quanto detto prima, mentre nel secondo lo si mette presumibilmente nelle condizioni di spremere al massimo le potenzialità del formato, se scegliamo ovviamente brani prodotti puntando alla qualità.

In sintesi
Non è facile mettersi nelle condizioni di un confronto veramente "ad armi pari" tra qualità CD ed alta definizione. Bisognerebbe avere due edizioni con lo stesso mastering inteso anche come obiettivo sonoro, ma prodotte specificatamente per ognuno dei due formati a confronto. Oltre a scegliere campioni musicali adatti ad individuare le differenze attraverso l'ascolto di un breve brano di musica, se si vuole seguire un approccio che punta ad una media statistica su un numero elevato di ascoltatori con diverse esperienze musicali.

Tirando le somme
Un confronto tra il formato CD e l'alta definizione per essere oggettivo deve tenere conto di parecchi punti di attenzione:
  • Mastering diverso tra il campione HD e quello CD
  • Processo di decodifica in analogico diverso tra i due campioni
  • Influenza delle scelte in registrazione che possono enfatizzare o ridurre le differenze udibili
  • Versione in HD effettivo o simulato
  • Caratteristiche dei due DAC utilizzati o del comportamento nei due formati dell'unico DAC, se si opta per questa soluzione
  • Scelta tra campioni CD originali o derivati dal campione HD
A mio avviso la scelta più efficace, almeno per un confronto "home made" rimane quella che avevo adottato utilizzando diverse versioni commerciali degli stessi brani di Diana Krall o di John Coltrane pubblicati in diversi formati (CD e DVD-Audio, ma sempre in PCM) ma con mastering presumibilmente uguale (non erano dichiarate versioni speciali). Si ha in questo modo anche il vantaggio di un confronto immediato tra un formato e l'altro. Al peggio si accorciano le distanze a svantaggio dell'HD. Per una ancora maggiore oggettività servirebbero informazioni più approfondite sulla tecnica di registrazione. Oppure, per chi ne ha la possibilità, produrre in proprio i campioni.

venerdì 3 ottobre 2014

Come *non* installare un impianto alta fedeltà

Un tipico problema con cui deve fare i conti il cosiddetto audiofilo (che di solito è maschio per motivi mai spiegati e neanche indagati a fondo) è il famoso WAF (Wife Acceptance Factor). Ma altrettanto efficace se non di più, per quanto riguarda gli ostacoli ad un ascolto almeno decente tra le pareti domestiche, è l'azione di architetti ed arredatori in genere.
Dall'ultimo numero di D-Casa, supplemento a Repubblica del sabato, ecco un esempio particolarmente illuminante in tal senso, che consente di riassumere in un sol colpo quasi tutti i possibili sistemi per peggiorare il suono di un impianto (non importa quanto costoso) fino a vanificare ogni residua pretesa di "alta fedeltà".

Quello che viene presentato è l'appartamento parigino, peraltro molto bello e gradevolmente vivibile, dell'attrice Charlotte Gainsbourg e del marito attore e doppiatore Yvan Attal. La proprietaria di casa è peraltro figlia di un notissimo musicista e dovrebbe, almeno in teoria, avere un occhio di riguardo per il buon suono.


Una serie di utili esempi
C'è veramente di tutto. Cominciamo dai diffusori, due bookshelf di buon livello, a quanto sembra (non riesco a individuare marca e modello ma forse qualcuno dei visitatori del blog può aiutare a riconoscerli). Sono progettati per essere montati in verticale, con il tweeter all'altezza delle orecchie di chi ascolta (seduto, normalmente), e orientati leggermente verso il punto di ascolto. Li vediamo montati in orizzontale (poco male, fosse solo questo), ad un metro più in alto delle persone sedute ed orientati in modo diverso tra loro.

Ma c'è di più, sono casse compatte ma presumibilmente abbastanza pesanti, come tutte le casse di qualità, e il woofer è piccolo (15-17 cm, sembra) ma non piccolissimo, un buon generatore di vibrazioni, quindi. Che richiede un supporto stabile, il più possibile esente da vibrazioni. Invece vedete dove li hanno appoggiati e quanto può oscillare una struttura come quella. Certo, si può fare solo una valutazione a vista, magari sono componenti speciali ultra rigidi realizzati in realtà in titanio e leghe speciali, e la colonna è in piombo e ghisa e pesa 100Kg, ma all'apparenza non sembra proprio, paiono oggetti progettati per altri scopi, per sostenere soprammobili e libri (leggeri).

Sul lato destro vediamo poi un giradischi. Il vinile è un must e un giradischi vintage come quello che vediamo (anche qui non sono riuscito a individuare marca e modello) montato su una sottile mensola retta da un solo braccio, uguale a quella della cassa sovrastante. Ma ad essa collegata per la trasmissione delle vibrazioni grazie alla colonna verticale. E anche qui sono riusciti ad infrangere un'altra delle regole auree, disaccoppiare il giradischi, oggetto meccanico suscettibile alle vibrazioni, da un componente hi-fi il cui scopo è generare onde sonore mediante vibrazioni.

Vicino alla cassa di destra c'è un po' di posto e hanno pensato di mettere lì l'amplificatore, modello compatto (così sembra). Sulla stessa sottile mensola sorretta come si diceva da un solo supporto metallico. Ma, appoggiato direttamente sopra la cassa vediamo un altro componente, per il quale evidentemente un altro posto non si trovava. E' il lettore CD. Pensare che c'è chi si ingegna di ridurre le vibrazioni dei lettori con piedini speciali o materiali esoterici da installare con appositi "tweakings" al suo interno, e qui lo appoggiano con nonchalance proprio sulla cassa.

Niente da dire invece sui gusti musicali dei padroni di casa. Sulla sinistra si scorgono due chitarre elettriche vintage e dietro il giradischi (non so se si vede nella riproduzione) fa bella mostra il vinile originale di Tutu di Miles Davis.

L'arredatrice, sicuramente dotata di buon gusto, ma molto meno interessata al gusto musicale, si chiama Florence Lopez e tra i suoi clienti, dice la rivista, c'è anche Nicole Kidman e altri nomi noti. Non si sa però molto del suo intervento qui riguardo all'impianto, perché nell'articolo si citano solo le scelte relative alle sedute, al tappeto e al tavolino visibili nell'immagine.