martedì 13 agosto 2019

Cosa ne facciamo dei nostri CD?

Una domanda che non si pongono gli appassionati di musica che vivono benissimo senza rispondere al richiamo del download digitale o dello streaming audio in qualità CD (la musica liquida) e ascoltano solo la loro vasta libreria musicale, e hanno anche una casa grande o una moglie molto paziente.

Una domanda pressante invece per tutti gli altri, sia perché si accorgono presto che i CD non li ascoltano più, sia perché la moglie, o la logistica dell’abitazione, li spinge a liberare lo spazio occupato da tutti quei CD ormai ridotti al ruolo di soprammobili. Neanche dotati del fascino vintage dei vinili eventualmente posseduti, e magari ancora ascoltati.

Perché non li ascoltiamo più?
Perché i CD saranno stati nel frattempo diligentemente tutti o quasi rippati, per gli appassionati di tipo 1, ovvero quelli che ascoltano solo la musica che possiedono e rifiutano lo streaming (ancora prevalenti in Italia a quanto si capisce), e il DAC collegato allo streamer e’ sicuramente più recente e di più alta qualità di quello incluso nell’ormai datato lettore CD.
Mentre coloro che sono passati allo streaming in qualità CD o addirittura HD (vedi post sulla prova di Qobuz HD) si accorgono presto che quasi tutti i loro CD sono anche ascoltabili in streaming e, poiché anche loro si saranno sicuramente dotati di una valida e più recente catena di riproduzione, la motivazione per ascoltare il CD svanisce.

Il primo CD che ho comprato nell'ormai lontano 1986 è questa edizione su strumenti originali di due celebri sinfonie di Mozart. Registrato con tecnica digitale dell'epoca a novembre 1981 e febbraio-marzo 1982 e publicato nel 1983 dalla Decca. Lo ascoltavo sul mio primo lettore CD, il Philips CD100, che era anche il primo modello commerciale profotto dalla casa olandese
In entrambi i casi elencati sopra il lettore CD rimane probabilmente nell’impianto, per ascoltare CD rari o prestati, come rimane il giradischi per la piccola o grande libreria musicale di vinili, o il registratore a bobine per i pochi fortunati che hanno anche questa sorgente. Ma la maggior parte dei 500 o 1000 CD rimane inascoltata negli scaffali.

Metterli in soffitta?
E’ veramente un peccato disfarsene, anche pensando a quanto sono costati, seppur l’acquisto e’ stato diluito in lustri (1000 CD = 15-20.000 Euro). Ma anche al booklet interno spesso ricco di informazioni interessanti, nonché all’immagine dell’oggetto, certo non affascinante come un LP ma comunque “tangibile”. Anzi forse una motivazione per continuare ad ascoltarli ci sarebbe, possono essere le informazioni facilmente reperibili sul booklet, anche se poi cercando di leggere i testi delle canzoni si scopre che sono illeggibili per i caratteri troppo piccoli o perché sono scritti a mano dall’autore. E si passa a un comodo tablet e al web dove c’è tutto sull’album che volevamo ascoltare.
In questo caso l’unica soluzione è archiviare, avendo il posto o trovandolo, in fondo i CD sono abbastanza compatti (lo afferma la parola stessa) e, non si sa mai, magari tornerà un interesse e un valore come per i vinili, tra qualche anno.

Venderli?
Questa è la seconda opzione, tentata da molti, emuli di quelli che si sono liberati negli anni ‘90 della collezione di vinili, che ancora girano nei vari siti di usato online a distanza di anni. Qui i casi sono due: o siamo attualmente ancora nella fase in cui il supporto ormai obsoleto non interessa a nessuno (ricordo che sulle auto e’ sparito già da qualche anno e che ormai anche i ventenni e oltre non li hanno in maggioranza mai usati ne’ ascoltati) come avveniva per i vinili negli anni ‘90 ma prima poi tornerà un interesse diffuso anche per l'usato, come avviene da tempo per i vinili.
Oppure sono veramente destinati all’oblio e disfarsene non sarà mai una perdita economica.

In ogni caso la situazione dell’usato per i CD non ha certamente raggiunto la fase del collezionismo, e quindi non è adatta ad una vendita occasionale da venditori privati. Al momento è gestita solo da venditori professionali più o meno grandi che operano soprattutto su Amazon con margini strettissimi raggiunti grazie ad accordi e prezzi molto scontati con i gestori postali.
In sintesi, venderli significa comunque archiviarli in attesa di trovare un compratore, almeno per ora è per qualche anno ancora.

E regalarli?
Bisognerebbe trovare l’unica tipologia di persona che potrebbe essere interessata, ovvero l’appassionato del primo tipo, quello che sente solo musica che ha acquistato o gli hanno regalato, comunque sua, e che non è interessato alla musica liquida. E che non ha problemi di spazio a casa. Dovrebbe però non avere gli stessi vostri dischi, e quindi gusti molto diversi, ma essere anche interessato a scoprire i vostri. Un soggetto molto difficile da trovare, quasi impossibile: gli appassionati hanno in percentuale del 50% e oltre gli stessi dischi e in più parecchie idiosincrasie musicali.

Liberarsene definitivamente?
Questa ultima ipotesi non la prendiamo neanche in considerazione. I nostri CD, molti dei quali anche messaggeri di memoria dei tempi e dei motivi per cui sono stati acquistati, gettati dentro un cassonetto? Tra l’altro non saprei neanche dove andrebbero nella differenziata.
Non deve essere questa la soluzione. Archiviateli, ben raggruppati in contenitori. In soffitta, in cantina, nel box, in un soppalco, da qualche parte un posto si troverà. In attesa che il tempo restituisca in parte il loro valore o che cada su di essi l’oblio, ma non per nostra mano.