venerdì 25 dicembre 2009

I "bobina"


Torno ancora sui registratori a bobina, le  macchine da musica in grado di fornire il migliore suono analogico. Non mi è chiaro cosa se ne potrebbe fare oggi, ma sono oggetti affascinanti come pochi.

Rimandando al sito Soundfan già riferito nel post precedente per informazioni di dettaglio, in particolare sulla manutenzione, sui modelli e sui consigli per l'eventuale acquisto, vediamo brevemente di cosa si tratta (nell'articolo precedente era dato quasi per scontato).

Bobine e cassette
Il supporto utilizzato è il nastro magnetico, una tecnologia che tutti conoscono, perché era utilizzata fino ad ieri nelle popolari e diffusissime musicassette Philips, e che poi è stata alla base delle videocassette VHS. Anche per le musicassette il funzionamento era "da bobina a bobina" (reel to reel e R2R) con il nastro che scorreva dall'una all'altra e la necessità di rivoltarlo a fine corsa. Solo che tutto era reso di uso molto più facile grazie appunto alla "cassetta", il contenitore che racchiudeva le due bobine in una struttura compatta.

Purtroppo per ottenere questo risultato la Philips aveva dimezzato l'altezza del nastro, da 1/4 di pollice usato nei "bobina" amatoriali, ad 1/8 di pollice, e dimezzato anche la velocità minore che veniva usata sui suddetti (non tutti) reel to reel per la musica, portandola a 4,75 cm/sec. Inoltre, per rendere più agevole il caricamento rapido, veniva usata una sola testina combinata per la registrazione e la lettura. Mentre purtroppo queste due funzioni avevano esigenze tecniche opposte.

Poiché le prestazioni della registrazione magnetica (una tecnologia sviluppata in Germania negli anni '30 e diffusa commercialmente negli anni '50) in termini di risposta in frequenza e dinamica, è dipendente fortemente da questi elementi, si può immaginare che le prestazioni dei registratori a cassette fossero molto inferiori a quelle dei registratori a bobine.

I registratori a bobina aperta (reel to reel)

Che invece utilizzavano (ed utilizzano) due bobine aperte, ed avevano (ed hanno) la possibilità di variare tutti gli altri parametri.

Quindi i registratori a bobine da studio, quelli usati (in parte ancora oggi) per realizzare i master dei dischi, utilizzano nastro da 1/2 pollice o da 1 pollice, velocità di 38 cm/sec o 76 cm/sec e da 2 ad 8 tracce indipendenti (ed oltre) per la registrazione multitraccia (ad esempio per registrare strumenti e accompagnamento in tempi successivi).

I registratori amatoriali, come l'Akai 4000 illustrato sopra o il Tandberg qui a lato, utilizzano invece un nastro più maneggevole da 1/4 di pollice, una gamma di velocità da 4,75 a 38 cm/sec (passando per 9,5 e 19) e la scrittura su due o quattro tracce,  e bobine da 13, 18 o 26 cm.

Una grande flessibilità che comporta però un prezzo in termini di scarsa standardizzazione. Evidentemente per ascoltare un nastro registrato ad una certa velocità su un altro registratore è necessario che anche quest'ultimo abbia la stessa velocità tra quelle disponibili, e che il numero di tracce sia conforme. Problemi di compatibilità potevano derivare anche dalle dimensioni delle bobine: solo una parte dei modelli (di fascia alta) potevano ospitare quelle più grandi da 26 cm.
I più diffusi comunque erano a due velocità, 9,5 e 19 (ovvero 3-3/4 o 7 1/2 in pollici),  4 tracce e con bobine da 18 cm, anche perché i nastri preregistrati erano prodotti quasi solo in questi due formati e su bobine da 18 o da 13. Sui  nastri preregistrati ci tornerò presto, dopo le prove che sto effettuando, è l'uso più interessante e affascinante che si può fare di questi apparecchi.

Una affascinante operatività "vintage"
Usare una di queste macchine risulta probabilmente ad un utilizzatore di oggi di una complessità quasi sorprendente: bisogna far passare fisicamente il nastro tra le testine e il capstan fino alla seconda bobina e agganciarlo (ma non è previsto alcun "gancio").

Poi, alla fine, se il nastro è a 4 tracce, bisogna rivoltarlo e  ripetere tutta l'operazione da capo. Il nastro quindi è in qualche modo indipendente dalla bobina che lo ospita. E difatti nei nastri preregistrati la parte iniziale (leader tape) ha di solito sovrascritti il titolo e l'esecutore. Altre forme di archiviazione, in particolare per i nastri registrati da noi, non sono così agevoli; se abbiamo utilizzato la bobina per indicare il contenuto occorre quindi riportare il nastro sulla sua bobina iniziale anche quando non l'abbiamo ascoltato per intero, dai due lati.

Inutile aggiungere che non è possibile l'accesso diretto ai brani (negli ultimi modelli di cassette avevano inventato un sistema che ovviava al problema utilizzando i "vuoti" tra le canzoni). C'è un contatore dei giri del nastro, ma bisognerebbe segnare per ogni brano l'inizio. E poi comunque attendere i tempi dell'avanzamento veloce o del rewind.

E che, come tutte le macchine analogiche, richiedono manutenzione periodica, pulizia ed allineamento testine, accortezze nella archiviazione dei nastri, ma tutto sommato meno di quanto necessario per mantenere ai massimi livelli un giradischi d'epoca.

Bobine vs cassette
Limiti operativi superati appunto dalle musicassette, a prezzo però di una forte diminuzione di qualità. Che si può anche calcolare, facendo riferimento per semplicità alla quantità di materiale magnetico utilizzato per ogni unità di musica. Sulle cassette, che sono a 4 tracce anch'esse, tanto per cominciare la dimensione (l'altezza) è la metà. Anche la velocità è la metà di quella più bassa usata per la musica (9,5 cm/sec, i 4,75 nei bobina erano usati solo per il parlato e simili) e quindi siamo a 4 volte in meno. Otto volte in meno se usiamo sui bobina la velocità di 19 cm/sec, 16 volte se usiamo un modello a 2 tracce, e addirittura 32 volte con la velocità massima di 38 cm/sec. E la bassa velocità si portava dietro il ben noto problema del "soffio", il rumore di fondo che le cassette hanno vinto grazie al sistema Dolby B.

Ma limiti operativi che incidono poco se quello che si ascolta è un album, oppure una composizione di musica classica od operistica. E che si superano velocemente con un minimo di pratica. Certo non bisogna essere cultori della "fast music". Senza contare che queste macchine possono fare egregiamente un altro mestiere: registrare la musica dal vivo con una qualità molto vicina a quella delle macchine da studio. Ma qui serve un altro post a parte.

Il premio
Costosi, pesanti, scomodi da usare (anche rispetto agli LP) ma la qualità è veramente la massima possibile in campo analogico e forse anche la massima desiderabile in assoluto. Potremmo partire ancora dal paragonecon le cassette, che più o meno tutti conoscono: se i migliori modelli a cassette dopo alcuni anni di perfezionamento, anche se a 2 testine (ma Nakamichi era riuscito ad infilarci 3 testine) avevano raggiunto una qualità quasi indistinguibile da quella degli LP, come potevano suonare i bobina che partivano con 16 o 32 lunghezze di vantaggio?


Oppure vederla da un'altro lato: di cosa ha bisogno la musica, la più complessa da riprodurre, diciamo la musica della grande orchestra sinfonica, magari anche con coro e voci soliste? In termini tecnici di risposta in frequenza estesa oltre quella percepibile dal sistema uditivo umano, dinamica superiore a quella dell'evento reale, minima distorsione, e la capacità di registrare e riprodurre fedelmente il complesso segnale musicale.
Un registratore a bobine perfettamente a punto, a due tracce, a 38 cm/sec. ha in tutti questi parametri prestazioni che eccedono quelle necessarie alla registrazione dell'evento musicale, e quindi non richiede alcuna soluzione di compromesso o nessun artificio per acquisirlo e farcelo riascoltare. Da aggiungere che anche a velocità inferiore (19 cm/sec.) e a 4 tracce le prestazioni rimangono più che adeguate e comunque confrontabili, se non superiori (non mi inoltro, per prudenza, in questi dibattiti) a quelle del microsolco in vinile, dell'LP.

Superiori quindi anche all'audio digitale in alta definizione?
Qui il dibattito sarebbe ancora più acceso. Come noto per alcuni il digitale non potrà mai rivaleggiare con l'analogico. Perché la musica nasce analogica. Non mi addentro neanche in questa diatriba, dico solo che, parlando di prestazioni pure, con l'alta definizione siamo ad un livello ancora superiore (in particolare nella dinamica) ma che comunque siamo anche oltre quello che è richiesto dalla musica in originale, anche la più complessa (e dalla possibilità di un ascolto casalingo). Comunque l'alta definizione promette, e a quanto pare mantiene, prestazioni agli stessi livelli del nastro analogico, con molta maggiore semplicità d'uso (per chi tiene anche a questo aspetto).

(Le immagini si riferiscono ad alcuni modelli di "bobina" anni '70 e '80. Dall'alto l'Akai GX 646, il Tandberg TD 20a, l'Akai GX 4000D, evoluzione del classico 4000, il semi professionale Technics RS1520)

giovedì 17 dicembre 2009

Magia dell'analogico


Negli ultimi post abbiamo parlato dei nuovi formati digitali ad alta definizione che dovrebbero recuperare la magia dell'analogico. Vediamola allora in pratica questa magia dell'analogico.

Non si parla però questa volta del vinile, all'LP ormai tornato in auge e celebrato ovunque. Ai tempi dell'analogico, negli anni '60 e '70, gli appassionati più attenti cercavano infatti la più alta qualità con altre due tecnologie, la radio FM stereo (pare strano, oggi) e il nastro magnetico utilizzato dai registratori a bobina aperta (o reel-to-reel).

Il disco in vinile microsolco infatti, vuoi per i limiti intrinseci di risposta in frequenza, vuoi per la limitazione, all'epoca, di alcuni componenti della catena (in particolare del preamplificatore phono), vuoi per la bassa qualità e del vinile in quanto tale in molte copie, vuoi per la difficoltà di messa a punto di tutto il sistema, non godeva poi della incondizionata (o quasi) considerazione che lo circonda oggi.

Rimandando ad un'altra occasione le considerazioni che si possono fare sull'FM stereo, l'attenzione per questo post è rivolta ai registratori a bobine. Non molto diffusi sino all'avvento della musicassetta Philips, a causa del prezzo elevato (erano componenti abbastanza complessi) sono stati soppiantati da questo supporto nella fascia bassa e sono rimasti in un mercato di nicchia per appassionati esigenti, e facoltosi. Disposti a spendere di più e ad affrontare una maggiore complessità operativa per avere una qualità molto ma molto superiore a quella dei registratori a cassette.

Non mi addentro per ora nelle caratteristiche di questa tecnologia, che aveva numerose varianti e particolarità, rimando, in attesa di un prossimo post, chi avesse altre curiosità ad un completissimo sito in italiano che tratta tutti gli aspetti dei registratori a bobine analogici: Soundfan.

Meglio dell'LP
Meno nota oggi è la supremazia in termini di qualità rispetto anche rispetto all'LP in vinile. Tanto per cominciare è un sistema del tutto conforme a quello dei master che si usavano nell'era dell'analogico. Che infatti erano registratori a nastro magnetico con caratteristiche superiori (più larghi, il doppio o 4 volte, e con velocità doppia) ma identica tecnologia. Un riversamento in meno, un rischio di degrado in meno.

Poi la dinamica e la risposta in frequenza, alle velocità superiori, ma anche già a 19 cm/sec, erano superiori a quelle che poteva supportare all'epoca (ma in parte anche oggi) un disco in vinile. E anche la durata era normalmente superiore, consentendo di ascoltare senza interruzione un album con le bobine standard da 18 cm o anche una intera opera lirica con le bobine più grandi (da 10,1 pollici ovvero 26,5 cm).

Naturalmente se l'origine è un LP la qualità rimane quella, ma in una registrazione dal vivo, con due semplici microfoni disposti a Y si possono fare con un registrazione a bobine riprese stereo in grado di stupire chiunque (per effetto stereo e naturalezza).

Poi esistevano i nastri preregistrati. Pressoché sconosciuti in Italia (non credo siano mai stati distribuiti in modo capillare) venivano invece pubblicati regolarmente in USA e UK. Erano soprattutto album di musica classica ma anche alcuni degli album più celebri dei Beatles, di Bob Dylan, di CSN&Y, dei Doors e così via sono stati pubblicati anche su nastro in bobine da 7", a 19 cm/sec. solitamente a 4 tracce, promettendo quindi una qualità superiore al più diffuso LP.

Il registratore a bobine alla prova pratica
Personalmente quando mi sono affacciato all'alta fedeltà nel mio impianto un registratore a bobine non c'era, erano già stati soppiantati dai registratori a cassette, pur se ancora in produzione e celebrati per la nota e riconosciuta qualità, e comunque, come tipico studente squattrinato, erano al di fuori della mia portata, e sono rimasti un oggetto del desiderio.

Recentemente però ho avuto la necessità di trasferire in digitale alcuni nastri di trasmissioni radio risalenti alla mia breve esperienza come conduttore di un programma di musica classica (ma in una radio libera) e, dopo aver cercato un registratore funzionante tra vari amici, ho concluso che la cosa più semplice era comprarne uno su eBay.
Erano infatti abbastanza diffusi e l'offerta è ancora consistente, soprattutto su eBay tedesca. Non ho puntato per ovvi motivi su un celebrato e ricercatissimo Revox (anche perché c'è una certa speculazione e bisogna valutare attentamente ogni offerta) ma su un modello giapponese, noto all'epoca per la sua robustezza e per le buone prestazioni, derivanti da un progetto semplicissimo ma funzionale, l'Akai 4000.
Così come il Revox, esisteva in molte varianti e quello che alla fine ho comprato avendo vinto l'asta (alla modica cifra di 44 €) era un 4000 DB, 4 tracce e due velocità, con pure il Dolby B.

Dopo aver superato il problema iniziale di individuare come si fa a cambiare la velocità (un sistema veramente manuale, impossibile da capire dal libretto di istruzioni, per fortuna su YouTube ci sono appassionati di registratori a bobine che mettono istruzioni filmate e commentate passo a passo), pulite le testine con un cotton-fiocc e alcool, ha fatto egregiamente il suo lavoro di lettore con i nastri registrati.

A questo punto però mi è venuta la curiosità di metterlo all'opera come se fosse un componente nuovo, per il suo scopo primario: registrare.

Comprate sempre in eBay alcune bobine di nastro nuove, ho provato a registrare qualcosa, ovviamente, a questo punto, da CD. Che dovrebbe avere, almeno su questo sono tutti d'accordo, una dinamica superiore a quella dell'LP, tale forse da mettere in crisi un registratore d'epoca.


Ma così non è stato. Non ho fatto un set esteso di prove, ma mi sono limitato ad alcuni CD di jazz dal vivo, registrati (molto bene) dalla ECM, con all'opera il Keith Jarrett Trio, e ad alcune altre registrazioni sempre di jazz di Coltrane.Il registratore ha più di 30 anni, non era il modello più celebrato dell'epoca, non so come è stato tenuto da chi me lo ha venduto e se poi fosse suo, non è stato revisionato né controllato ma, una volta settati in modo opportuno i livelli di registrazione (gli strumenti, i cosiddetti VU-Meter, ingannavano un po') i risultati sono stati veramente notevoli.

Anzi, potenza della suggestione, la copia su nastro (peraltro di qualità standard) sembra essere anche superiore al CD, più fluida. Ma chiaramente è impossibile migliorare il suono attraverso un passaggio a un altro componente. In ogni caso, non sono riuscito a sentire alcuna limitazione o degrado del suono dopo il trasferimento su nastro.

Una volta appurato che funziona bene, molto bene, resta però da capire cosa si potrebbe fare, oggi, con un registratore a bobine. Ottimo argomento per un prossimo post. In attesa del quale lascio i link di un paio di video-istruzioni presenti su YouTube e relative al modello che ho usato io, l'Akai 4000 (l'altra immagine si riferisce invece al celebrato Revox B-77).




sabato 5 dicembre 2009

Il successore del CD esiste già


Il successore del CD esiste già, peccato che le case discografiche non lo sappiano. Lo hanno messo in commercio alcune piccole case discografiche "audiophile", con in evidenza la ben nota Classic Records, lo chiamavano DAD sino a un po' di tempo fa, e ora HDAD o HDAD+.

Di cosa si tratta?
Di un semplice DVD, nel quale viene però inserita solo la musica. D'altra parte DVD sta per "digital versatile disc" ed è quello che ci attendiamo da questo standard: essere versatile.Il DAD (Digital Audio Disc) è un DVD di tipo "universale" (quindi leggibile da qualsiasi lettore DVD) dove la musica è registrata in formato 24bit / 96KHz. L'altro formato più recente, HDAD (Hybrid DVD Audio Disc), arriva sino ai 24/192, utilizzando lo standard DVD-Audio. Richiede un quindi lettore DVD che supporta anche il DVD-Audio (non tutti). Per consentire di ascoltare il disco anche su lettori non multiformato e quindi non DVD-Audio, o su PC (i software di lettura comuni, tipo WinDVD o il lettore DVD standard del Mac, non lo supportano) il dischetto è a doppia faccia, e sull'altro lato è in formato DVD universale a 24/96.Se il lettore DVD è collegato a un monitor TV viene mostrato un semplice menu con i titoli dei brani da selezionare. Nente frizzi tipo DVD-Audio, interviste, videoclip, contenuti extra e simili (dei quali nessuno sente la mancanza).

Come si sente?
Io ho provato un album a confronto in formato HDAD 24/192 e CD. La scelta di titoli non è molto estesa e non tutti i titoli di Classic Records sono facilmente reperibili anche su CD. Però qualcosa c'è, ad esempio il classico di John Coltrane "Blue Train", registrato nel 1957 (ovviamente su nastro analogico di tipo professionale) dal famoso ingegnere del suono Rudy Van Gelder per la etichetta Blue Note. Uno di quei dischi da sempre citati come esempio di corretta ripresa del suono.
La versione CD è quella di pochi anni fa, rimasterizzata per la "Rudy Van Gelder Edition" dalla stessa Blue Note (ora una etichetta EMI) con le solite bonus track.

La versione in alta definizione è stata realizzata dalla Classic Records a partire dal master originale (presumibilmente un nastro da mezzo pollice a due piste) campionato in digitale a 24/192, quindi alla massima qualità oggi possibile, con una gamma dinamica dichiarata di 144 dB, quindi superiore a quella del nastro originale. La cui qualità del suono dovrebbe essere quindi totalmente preservata, per cui il marketing CR utilizza la sigla MTS (Master Tape Sound).Come nel test precedente (Diana Krall) ho messo i due dischi in due lettori diversi (un CD e un DVD multiformato) e ho switchato tra l'uno e l'altro alla ricerca delle differenze.

Dico subito che, grazie al cielo, non sono così evidenti. Per fortuna, se no dovremmo gettare le nostre preziose collezioni di CD e ricominciare da capo.
Nell'ascolto con il mio impianto (vedi il post precedente) in entrambi i formati la timbrica degli strumenti risulta corretta e molto simile. Quello che si nota però è una collocazione più netta e anche più ampia degli strumenti. La batteria nel primo brano nel CD sembra in zona semi centrale, molto vicina al pianoforte, mentre nel HDAD si posiziona sulla destra, ben lontana dal sax al lato opposto. Un effetto piuttosto evidente e anche apparentemente più naturale e probabilmente più vicina al master (anche se non è riportata sui dischi la posizione degli strumenti, presumo che Van Gelder li abbia posizionati ben scalati su tutto il fronte sonoro).


Per un approfondimento ho anche ascoltato tutti i brani con una cuffia elettrostatica Stax. Con questo componente, come noto superiore come fedeltà a pressochè ogni sistema diffusore / casse di prezzo terreno, si sente qualche altra differenza. Non tanto nella timbrica, e neanche nei leggeri effetti di eco attorno al trombone e alla tromba, che sono preservati, quanto nella separazione tra i vari strumenti, che risultano più facilmente (e "naturalmente") distinti tra loro e posizionati, ancora una volta, su un fronte sonoro più ampio, a conferma della impressione avuta con l'impianto aperto. Sembra anche leggermente più netta e precisa la resa del contrabbasso. E nessun segno di fatica d'ascolto anche sugli alti (piatti della batteria in particolare).
Da notare che le prove a confronto erano rese meno semplici rispetto al test del DVD-Audio versus CD dal fatto che questa volta il livello sonoro più basso era quello dell'HDAD. Quindi non era possibile sul mio impianto livellare le uscite e c'era quindi un tendenziale sbilanciamento a favore del CD, che suonava a volume più alto.

Nessun problema comunque a indicare se si stava ascoltando il CD oppure lo HDAD in alta definizione, e nessun dubbio su cosa poi si sceglie di continuare ad ascoltare: la versione in HDAD.
Insomma la differenza c'è e si sente.

E a 96 KHz si perde qualcosa?
Ovviamente ho provato ad ascoltare a confronto, in questo caso in sequenza, le due versioni sui due lati dell'album. Dico subito che la differenza non si sente proprio, come da altri notato, almeno, non è alla portata del mio apparato uditivo. Bisognerebbe vedere anche le prestazioni reali dell'Oppo a 192KHz, ma mi sento di affermare che, anche se i 192KHz danno la piacevole sensazione psicologica di avere il massimo, i 96KHz sono già sufficienti. Magari le case discografiche arrivassero almeno sin qui.

Un altro ascolto
Ho provato anche un altro album del catalogo CR, in questo caso un DAD 24/96. Si trattava di un altro classico tra gli album audiophile, la registrazione della reunion dei Weavers alla Carnegie Hall di New York nel lontano 1963 (ed era già una celebrazione dei primi 15 anni del primo gruppo folk moderno!). A dispetto dell'età della registrazione e del fatto che fosse dal vivo è un master celebrato per la grande naturalezza (set tutto acustico) e già pubblicato più volte su vinile da mezzo chilo o giù di lì.
Non ho però in questo caso nè la versione su vinile né su CD e quindi mi sono limitato ad ascoltare, sia in campo aperto sia in cuffia, l'impasto delle voci di Pete Seeger, Lee Hays e degli altri Weavers, la nettezza delle chitarre e dei cori con il loro perfetto impasto di voci, e l'eccellente effetto stereo nella ricreazione del fronte sonoro.
Un ascolto molto piacevole.

Ma quanto costano?
Meno del CD. Ebbene sì, nonostante un costo di spedizione non certo economico (8 $) grazie al nostro caro Euro forte il HDAD viene a costare intorno ai 20 € (20 $ in USA + spese di trasporto) e il DAD addirittura 15 € (15 $ in USA, sempre escluse le spese di trasporto).
Peccato che il catalogo sia piuttosto ridotto (quasi tutta musica classica, di orchestre e interpreti non sempre notissimi).
E peccato che le case discografiche non facciano questa semplice considerazione che il successore del CD esiste già e che forse provare a venderlo potrebbe essere una soluzione ai loro lamenti sul mercato in perenne contrazione.

martedì 1 dicembre 2009

Il PC come lettore ad alta definizione

Come si diceva nei post precedenti, le alternative per ascoltare in Hi-Fi l'audio in alta definizione scaricato da Internet sono al momento due: il trasferimento su DVD o l'utilizzo del PC come lettore coadiuvato da un convertitore (DAC) esterno.
La prima strada l'abbiamo esaminata nel post Dalla rete Internet all'impianto Hi-Fi, la seconda l'approfondiamo qui, cogliendo l'occasione della disponibilità di nuovi "scatolotti" DAC che possono servire allo scopo.

Due modi di ascoltare (e gestire) la musica

Ovviamente entrambe le soluzioni presentano vantaggi e svantaggi, il trasferimento su DVD è il sistema più economico e con meno sorprese, per chi già possiede un buon lettore DVD multiformato. L'utilizzo del PC come lettore, con tutte le difficoltà del caso (vedi il post Il PC può essere un componente Hi-Fi? ) porta con sé il vantaggio di gestire comodamente una intera libreria di musica che può estendersi a migliaia di album, con potenti sistemi di organizzazione e selezione dei brani da ascoltare, in primis il diffusissimo iTunes di Apple.

La prima soluzione sarà quella preferita da chi vuole mantenere e sviluppare una discoteca incentrata sui supporti fisici, dagli LP ai CD ai DVD con contenuti musicali HD, e che ascolta prevalentemente nel formato "album". La seconda sarà preferita da chi vuole sfruttare la comodità di avere a disposizione una grande quantità di musica, anche oltre i limiti fisici della propria discoteca, e ascolta prevalentemente nel formato "brano" organizzato in playlist (ci tornerò in un prossimo post).

Il convertitore DAC a 24 bit e la sua connessione
Per ascoltare veramente in alta definizione in questo secondo approccio occorre però, tra iTunes o altro media player e i diffusori (o la cuffia) un convertitore digitale - analogico effettivamente a 24bit, e una connessione in grado di gestire un flusso di dati che, a questi livelli, presenta ancora discrete difficoltà di realizzazione.

Le uscite digitali dei PC utilizzabili allo scopo attualmente possono essere a standard S/PDIF, Firewire, USB. Il primo tipo non presenta difficoltà di connessione e consente di realizzare DAC ad alta risoluzione anche a basso costo. Come ad esempio il DAC SuperPro 707 del quale abbiamo parlato alcuni post fa. L'unico problema (per chi non ne ha uno) è che è disponibile praticamente solo sui computer Apple o su schede audio da PC fisso.

La connessione FireWire, sviluppata per il video (quindi con specifiche stringenti) risponde bene allo scopo di trasferire un consistente flusso di dati in modalità streaming (con conseguenti impegnativi vincoli per il sincronismo dei dati) e quindi è una soluzione efficace anche per l'audio in alta definizione, anche a 24/192. Inoltre, è presente sulla gran parte dei notebook recenti, anche Windows, e anche sui PC fissi, che comunque possono essere dotati di scheda firewire a costi ormai molto bassi.

Purtroppo per motivi non noti ben pochi produttori di DAC hanno scelto di sviluppare i loro componenti usando questa interfaccia. L'unico di cui si parla è un componente sicuramente di ottima qualità, ma di caratteristiche (e costo) hi-end, prodotto in Svizzera dalla Weiss, una casa nata dalla iniziativa di un noto progettista in precedenza alla Studer-Revox, il modello Minerva  Firewire DAC.

La interfaccia USB è invece presente, come noto, su tutti i PC Windows o Apple che siano (anche sui telefonini e sulle auto, ormai) consente pure di alimentare gli apparati connessi e quindi sembrerebbe la soluzione ideale. Purtroppo anche qui c'è un ma, le caratteristiche della interfaccia non sono state progettate per la trasmissione di elevate quantità di dati in modalità streaming e, mentre per un flusso a qualità CD 16/44,1 è del tutto adeguata e si possono realizzare DAC dal costo intorno ai 100 € (come il SuperPro citato prima) per andare oltre è necessario sviluppare soluzioni ad hoc e apparati più complessi, che pure esistono, ma partono dai 1000 € in su (per esempio i Benchmark DAC dei quali abbiamo parlato in un precedente post) e non sono scatolotti, ma veri e propri componenti Hi-Fi separati.

Gli scatolotti USB a 24 bit
Ma il progresso avanza, il mondo globalizzato è grande e i produttori sono tanti in questo mercato nascente e così in questi ultimi mesi (o forse settimane?) almeno due scatolotti a 24 bit si sono affacciati sul mercato.
Affacciati perchè la disponibilità effettiva non è ancora un fatto acquisito, meno che mai in Italia. Sono scatolotti nel senso che hanno due sole connessioni, una digitale USB dalla quale prendono anche l'alimentazione, ed una analogica. Massima praticità e minimi costi (o quasi).

Musiland Monitor 01
Il primo dei due è prodotto in Cina da un produttore cinese, Musiland, che ha anche all'interno un proprio settore R&D dove sarebbero stati sviluppati (almeno a detta di alcuni forum) originali soluzioni di utilizzo dei più recenti chip disponibili, al fine di trasferire dati 24/192 sulla interfaccia USB risolvendo i problemi di sincronismo e quindi senza ingenerare la distorsione che può affliggere questo tipo di connessioni (e che si chiama jitter). Il modello in questione, al quale avevo già accennato, si chiama Monitor 01 US ed è veramente uno scatolotto con solo un ingresso digitale USB e una uscita analogica stereo di tipo RCA (o pin-jack), più una comoda uscita jack amplificata per cuffia più una uscita ottica digitale (per un eventuale pre digitale da Home Theater).
La distribuzione è lasciata a quanto pare al libero mercato Internet, vale a dire ad eBay, dove si trova facilmente nuovo a prezzi variabili tra i 75 e i 100 $. Ad esempio facendo un test ora mentre sto scrivendo su eBay solo USA ce ne sono in offerta 4, tutti con la formula "buy it now".
Ma funziona? Pare di sì, e fino a 192 KHz, ma per ora non ho trovato nessuna recensione indipendente da riviste on-line, solo annunci più o meno pubblicitari e discussioni su vari forum, comunque solitamente positive.
Visto il costo si potrebbe anche provare, ma alcune cose non si possono valutare ad orecchio. Ad esempio il dubbio di alcuni forum che sia in realtà limitato a 96KHz.

HRT High Resolution Technologies Streaming Audio Pro
Questo invece è un prodotto più ufficiale da un produttore occidentale (USA) e normalmente distribuito. Si può confermare che esiste e che fa quello che promette. Vale a dire convertire da digitale ad analogico utilizzando un ingresso USB (pure in questo caso usato anche per l'alimentazione) e una uscita stereo analogica. Che in questo caso è addirittura di tipo bilanciato. Consente di usare cavi più lunghi e di ottenere (forse) una migliore qualità  audio, ma non tutti gli amplificatori hanno ingressi bilanciati, solo quelli di fascia alta. Ma non è un grande problema, esistono adattatori da bilanciato a sbilanciato (vale a dire i normali pin-jack RCA).


HRT è un produttore di scatolotti high-end, già noto per altri due modelli a 16 bit (Streaming Audio e Streaming Audio +, il modello mostrato nella foto in alto) e questo è il suo primo prodotto a 24 bit.
Anche in questo caso ci sono alcuni ma, il modello è presente nel sito, ma è ancora ad inizio distribuzione, perfino in USA. Nel listino del distributore danese però c'è già (il distributore italiano invece ancora non c'è).
Un altro neo è il costo, almeno in questa fase iniziale. E' inferiore ai 1000 € dei Benchmark, ma anche molto superiore ai 100 $ del cinese, in Danimarca è sopra ai 600 €. E' possibile che una volta avviata a pieno la distribuzione il modello USA costi meno dell'equivalente di 500 €.
Ancora un altro difettuccio c'è, è limitato a 96KHz, si tratta però di un limite più che altro psicologico. Non è chiaro se un comune mortale riesca a sentire la differenza. Io ad esempio non ci sono riuscito (parlerò in un prossimo post di questi altri test).

In sintesi
Per chi voglia seguire la strada di ascoltare la musica in alta definizione sfruttando la sua grande versatilità come lettore ed organizzatore la strada c'è, i convertitori DAC esterni anche in alta definizione ed anche a prezzi terreni (più o meno) iniziano ad essere disponibili.