domenica 22 agosto 2021

L'importanza della registrazione

Sul penultimo numero di Audio Review è pesentato in prova un sistema di amplificazione pre+finale, il modello L1+M1 della CH Precision, un'azienda svizzera, dal costo di di listino di 82.700 € e dal peso di 95Kg, e non è neanche il prodotto di maggior prestigio e costo, perché hanno in catalogo anche  una coppia superiore, L10+M10. Potete immaginare che anche il resto dell'impianto dovrebbe essere dello stesso livello e quindi l'impegno economico, per chi lo acquista (qualcuno ci sarà per forza, altrimenti non produrrebbero questi oggetti dal 1996), sarà almeno il triplo.

Eppure neanche il possessore di questo impianto si sarà assicurato in queso modo l'accesso al Nirvana dell'alta fedeltà, perché esiste un fattore che non può comprare.

La qualità della registrazione
Non è l'unico elemento esterno all'impianto, c'è anche la stanza d'ascolto, un vincolo difficile da modificare e ottimizzare per i comuni mortali, ma che l'ipotetico proprietario del super impianto può certamente attrezzare al meglio oltre che possedere di dimensioni adeguate. Questo invece è fuori portata per chiunque, a meno che la musica da ascoltare sia auto-prodotta.

Ho fatto queste considerazioni un paio di settimane fa, quando ho terminato l'assai piacevole compito di riascoltare dopo qualche anno i 6 concerti tenuti in 3 giorni al Blue Note di New York, nel 1994, dallo storico trio di Keith Jarrett, con i formidabili compagni di una intera vita musicale: Gary Peacock e Jack De Johnette.

Keith Jarrett non suonava più in USA da 11 anni e il Blue Note aveva organizzato per questo evento due concerti al giorno, pomeriggio e sera, da venerdì a domenica, riorganizzando lo spazio da club a platea (seppur limitata). I fortunati presenti hanno avuto l'occasione di ascoltare probabilmente la migliore performance del più importante trio di jazz contemporaneo, che ha presentato brani nuovi e reinterpretato brani già eseguiti ma sempre in modo diverso da quello già conosciuto. Keith Jarrett ha portato infatti l'improvvisazione alla sua vera essenza come sappiamo, e il formidabile interplay con i suoi compagni al basso e alla batteria ha consentito di estendere questa capacità e questa arte anche al trio, portandolo allo stesso livello, anche superiore forse, a quello del "maestro" Bill Evans con i suoi compagni Scott La Faro e Paul Motian al Village Vanguard di New York.

La ECM, la casa discografica di Jarrett, registrava sempre i suoi concerti per pubblicarli poi in molti casi su disco, ed ha affidato la predisposizione del set all'ingegnere del suono che aveva curato la ripresa di molti altri concerti per la ECM, il norvegese  Jan Erik Kongshaug, che era anche un musicista, chitarrista e compositore, e che è considerato uno dei più grandi esperti del settore, con all'attivo 4000 produzioni, di cui 700 con l'etichetta di Manfred Eicher.

Siamo nel 1994, l'alta definizione non è ancora uno standard per la registrazione in studio e dal vivo, e tutti i set sono stati quasi certamente registrati in qualità standard, quindi 16/44.1, come si deduce dal fatto che non sono disponibili in nessun formato in risoluzione superiore (quelli di Bill Evans di molti anni prima sì, ma perché sono stati convertiti da nastro). La differenza però la fanno la qualità del set microfonico e soprattutto la maestria del sound engineer, che riesce a catturare nel modo più naturale i tre musicisti e ogni sfumatura del suono dei loro strumenti, ma anche gli applausi del pubblico, rendendo queste registrazioni un esempio più volte citato, un riferimento.

La musica fa la sua parte
Come anticipavo sono 6 concerti su 6 CD, ognuno con brani diversi, che seguono all'incirca lo stesso schema, standard reinventati, altri spesso ma non sempre del loro repertorio, a volte su tempo lento e più spesso con un marcato swing e tempi svelti a rimarcare anche il virtuosismo del trio. Grande spazio per la ritmica, assoli molto musicali e poco esibizionisti sia di Peacock che di De Johnette,

Una autentica goduria per un appassionato di musica, ma anche per l'impianto che, se ben assemblato e installato, mette in luce la potenzialità della tecnologia stereofonica, con gli strumenti e la loro timbrica ricostruita a livelli che possiamo giudicare senza dubbio "altamente fedeli", e in più la ricostruzione spaziale, certamente migliore di quella percepita da buona parte del fortunato pubblico di 26 anni fa, perché in maggioranza non stavano come noi al centro della platea e senza altri spettatori davanti.

Ricostruzione spaziale eccezionale con Jarrett a sinistra col suo piano e a volte con il suo canticchiare mentre segue il suo flusso creativo (non molto in evidenza per fortuna in queste registrazioni), Peacock al centro e De Johnette sulla destra, ma più espanso in larghezza. E, se l'ampiezza della stanza d'ascolto lo consente, anche un'ottima ricostruzione in profondità, con la posizione leggermente arretrata del contrabbasso e l'estensione della batteria.

Va bene, ma cosa c'entra con il super-impianto?
C'entra perché purtroppo non tutte le registrazioni sono a questo livello, altrimenti questa non sarebbe così celebrata (e non lo sarebbero quelle della ECM in genere). Ci sono quelle addirittura low-fi, come l'album di certi Bon Iver dedicato a una certa Emma, gruppo pompatissimo dalla critica anni fa, rivelatosi in realtà solo un mix di noia e presunzione (uno dei miei ultimi incauti acquisti, prima di verificare sistematicamente le recensioni grazie allo streaming su Qobuz) ma più spesso sono semplicemente non al top su vari parametri, anche nel jazz e nella classica, ovvero nella musica soprattutto acustica, per la quale un riferimento esiste.
Se poi ci allontaniamo e arriviamo ai molti nuovi generi, hip-hop. rap, trap, metal ecc. è proprio il concetto di fedeltà che perde di significato e si passa all'estetica dell'ascolto, cioè a come piace di più che sia riprodotta quella musica, e il super-impianto può essere perfino deludente, anche perché la registrazione non è pensata per lui.

Quindi a chi servono i super-impianti?
A parte l'esibizione muscolare della propria potenza economica (che non ci interessa e penso che sia rarissima nell'hi-fi) hanno comunque una limitazione riguardo alla qualità di registrazione e al genere. Consentono di raggiungere il nirvana musicale, ma è sempre un nirvana con limitazioni, quindi un non-nirvana che spinge ad ascoltare solo un piccolo sotto-insieme della musica. Potendo, per chi ascolta musica a 360 gradi o quasi, la soluzione ideale sarebbe avere due-tre impianti con caratteristiche diverse.