sabato 28 aprile 2012

Il declino prossimo venturo della radio FM

La radio in modulazione di frequenza non è certo una tecnologia nuova, ha raggiunto il massimo sviluppo negli anni '60 con la possibilità di trasmettere anche in stereo, e da allora l'unica nuova funzionalità di rilievo è stata la possibilità di veicolare anche brevi messaggi di testo con il comodo ma non essenziale RDS (Radio Data System).

E' una tecnologia che avrebbe però ancora tutte le caratteristiche tecniche e funzionali per renderla una soluzione ideale nell'ascolto della musica, sia in casa sia in mobilità: dinamica, risposta in frequenza e bassa distorsione al livello del migliore hi-fi; economica in quanto tecnologia matura; versatile perché usabile a casa, in auto, ovunque; ecologica perché usa onde radio a frequenza non alta e bassa potenza e non richiede ripetitori in ogni angolo.

Tutti plus solo teorici in Italia dove, come chiunque può verificare, per una serie di eventi che qui non sto a ripetere (vedere la pagina sulla radio su Musica & Memoria) la quasi totalità delle stazioni radio con una parte musicale trasmette musica pessima e/o ripetitiva in formato audio compresso intervallata da dosi massicce di pubblicità low cost, disturbandosi l'una con l'altra per la nota situazione di caos delle frequenze che si trascina nel nostro paese tranquillamente dagli ormai lontani anni '80.

Scenari per il futuro prossimo
Con queste premesse la radio FM ci sarà ancora tra, diciamo, 3 anni o 5 anni, o è destinata ad un rapido tramonto? In questo post sintetizzo alcune considerazioni che provengono in gran parte da una lunga conversazione di un paio di settimane fa con Enea Roveda, il giovane direttore di Lifegate Radio, una delle pochissime, se non l'unica radio che in Italia trasmette musica moderna di qualità. Una emittente che ha fatto la scelta, opinabile ma comprensibile, di uscire parzialmente dall'etere nella seconda area coperta, quella di Roma.

Come sopravvive una radio commerciale?
Esattamente come una televisione privata, con la pubblicità. Cercando di mantenere i costi di gestione inferiori ai ricavi. Poiché la pubblicità si vende in base al numero di contatti che la emittente radio o TV può mettere a disposizione dell'inserzionista, il parametro fondamentale per la gestione di una radio commerciale (ex "radio libera") è il costo per contatto, più è basso, più è profittevole la radio.
Qui arriva subito il primo problema: chi "conta i contatti"? Su Internet ci pensa Google con Analytics o Facebook con Insight. In campo TV c'è l'Auditel. Nel settore della radio c'era Audiradio, fino al 2010. Poi questa associazione indipendente è fallita per contrasti tra i soci (le emittenti radio principali: si può leggere un sunto qui) e gli ultimi dati disponibili sono quelli del 2009. Da quella data vige l'autocertificazione.
Logico che, in un momento di stagnazione o di recessione economica come quello attuale, e considerando la efficacia molto maggiore della televisione rispetto alla radio come contenitore di pubblicità, il prezzo delle inserzioni lo facciano gli inserzionisti, piuttosto che le radio. Che devono vendere gli spazi a prezzi sempre più bassi, estendendo la percentuale di pubblicità rispetto ai programmi per recuperare i mancati introiti. E ce ne accorgiamo dal livello della pubblicità, accessibile anche alla pizzeria all'angolo.

La qualità è l'ultima delle preoccupazioni quando si devono abbassare i costi
Non potendo aumentare i ricavi non resta che abbassare i costi. Le radio non sono labour intensive e quindi sul lato del costo del lavoro non possono fare molto di più. Alla qualità le radio commerciali non hanno mai tenuto molto, ma sulla qualità della parte musicale sicuramente non investono. Tanto, a quanto pare, la maggior parte degli ascoltatori non da' peso a questo fattore.
Ecco quindi la spiegazione dell'heavy rotation adottata da tutte le radio di questo tipo (quindi ormai tutte  le radio o quasi). Non, come si pensava un tempo, per una specie di sudditanza alle case discografiche che impongono i dischi che vogliono lanciare o che forniscono gratuitamente i dischi, le case discografiche sarebbero piuttosto interessate a far conoscere un po' di più la loro produzione. Ma solo per abbassare i costi.
Le radio utilizzano da tempo, come noto, un sistema di programmazione semi automatico chiamato Selector, un computer in pratica, dove vengono inseriti i brani che la radio manderà in onda (in formato compresso, inutile precisarlo) e la programmazione, che può essere anche semi-automatica o automatica.

I costi si riducono in vari modi, riducendo al minimo il numero di brani, che in alcune radio arriva sino a 400 in totale, e di solito si attesta sui 1000, e quindi aumentando il numero di passaggi, che può arrivare anche a 8-10 al giorno per la stessa canzone. Infine adottando il più possibile la programmazione automatica. Scelte entrambe che riducono i costi del personale. Personale che sceglie i brani e crea playlisti ragionate, compiti non facili.
I brani saranno scelti tra quelli di moda nel momento e quindi la strategia sarà quella classica di "acchiappare" l'ascoltatore proponendogli qualcosa di familiare. Ad evitare che cambi canale subito dopo dovrà provarci il conduttore di turno.
Dato che anche i conduttori tendono ad essere tutti uguali può darsi che si ottenga invece un effetto noia e quindi una spinta a cercare altro nell'etere. Ma non essendoci un sistema di misura indipendente nessuno può sapere se effettivamente è così e quindi probabilmente le radio continuano con questa strategia perché è più facile vendere spazi organizzati in questo modo ad inserzionisti che immaginano la radio così e rifuggono radio di qualità considerandole meno attrattive per il loro target.


Una radio di qualità è impossibile?
Escludendo le radio finanziate dal settore pubblico, quindi Radio 3 e il 5° Canale della filodiffusione, specializzato nella classica, e altri casi particolari finanziati da enti locali, in una situazione come quella descritta brevemente sopra è difficile, ai limiti dell'impossibile, proporre una radio musicale di qualità a meno di aver consolidato nel tempo un rapporto costo / contatto favorevole.
E' il caso di Lifegate Radio, la emittente della nota e omonima organizzazione di "ecologia sostenibile" che si è sempre posta l'obiettivo, come mi diceva Roveda, di "parlare a sempre più persone con tecnologie che costino sempre meno", unica o quasi a trasmettere in Italia musica moderna, la cosiddetta "avanguardia" o "alternativa", quindi musica del nostro tempo (con tutto il rispetto per la classica e il jazz) che cerca strade nuove e stimolanti ma anche accessibili all'ascolto.
Rispetto alle radio commerciali i numeri sono molto diversi, 18.000 brani caricati in media nel Selector, una programmazione che prevede un ascolto ciclico ogni 5 giorni in media, un refresh costante dei brani, scelti da conoscitori di musica in grado di spaziare nella ormai vastissima produzione attuale.
E una pubblicità "non invasiva", coerente o almeno non configgente rispetto ai temi e alla mission dell'emittente, non martellante.

Per coprire i costi, più alti inevitabilmente, e' necessaria una audience adeguata, requisito problematico per via della situazione di Audiradio ricordata prima. I dati 2009 per Lifegate erano buoni a Milano e provincia, ma da radio in avvio a Roma, dove effettivamente la emittente era "sbarcata" da poco. La percezione di tutti e anche la mia, da amici e conoscenti, era che gli ascolti fossero più che buoni, proprio per l'unicità della proposta, ma era difficile convincere gli inserzionisti.

Meglio uscire finche si e' in tempo
L'asset principale di una radio e' la frequenza. Essendo bloccata da decenni l'assegnazione di nuove frequenze (ennesimo paradosso italiano) chi vuole entrare nel settore, o allargare gli ascolti, può solo acquistare frequenze da chi le ha conquistate al tempo del far west o le ha comprate in seguito. Il valore pero e' proporzionato al valore dei ricavi che se possono ottenere, che sono declinanti, come abbiamo visto.
Ma risaliranno mai?

Un'altra tecnologia si affaccia all'orizzonte
Smartphone più reti ad alta velocità (3G) e in ulteriore crescita (4G) forniscono un'altra strada tecnologica per la vecchia radio: la web radio, trasmessa via internet e rete cellulare fino al nostro iPhone o Android phone, a sua volta connesso con il sistema audio dell'auto o di casa, se lo si desidera. Con in più la comodità di una app specifica.
E' una tecnologia molto più dispendiosa come risorse impiegate, rispetto al vecchio FM e anche al DAB (che sono broadcast, questa e' punto punto), ma il nostro mondo occidentale di questo non si cura. E comunque al 4G arriveranno lo stesso.

Gli ultimi modelli di auto di fascia alta già includono la connessione per smartphone e gli ultimissimi modelli hanno/avranno anche il 3G/4G integrato (es. BMW Connecteddrive con Seamless Media Access), mentre sparisce progressivamente dalla dotazione di serie il lettore CD. Sul lato dei gestori TIM annuncia il 4G (più propriamente: LTE) in Italia per fine 2012 e gli altri seguiranno, e l'iPad 3 è già 4G in USA.


saranno sempre di più i potenziali ascoltatori delle radio che useranno lo smartphone già diffusissimo e presto maggioritario e non avranno più bisogno delle frequenze FM. Che inevitabilmente perderanno di valore.
Nel nuovo scenario i canali di trasmissione non saranno una risorsa limitata e preziosa. La priorità sarà piuttosto posizionarsi tra i primi nella produzione di contenuti, come dimostra su internet il caso del sito de La Repubblica.
Da qui la scelta, piuttosto logica in questo scenario, di Lifegate di essere tra i primi a riposizionarsi e a vendere a una radio sportiva la frequenza di Roma. Con una presenza simbolica per nottambuli da mezzanotte alle 4.

Una scelta che non condivido, ma ...
Lifegate quindi si può ascoltare ancora, con la app per iPhone o su internet (o anche sulla DTT). Pero' in formato ancora più compresso (64k su 3G) e non con le mie Tivoli Audio, dove mi rimangono soltanto i programmi Rai citati in precedenza a trasmettere musica ascoltabile.
Il futuro in 4G pero' consentirà di trasmettere materiale audio con compressione fino a 384kbps e a questo bitrate sulla musica non complessa (tradotto: esclusa la classica) la differenza non e' facilmente udibile. E comunque e' un livello di qualità ben superiore a quello usato nel selector (che anche LG usa).
Peccato, peccato buttare via una tecnologia così valida e così smart come l'FM, e qui non ci sarà nessun ritorno trionfale come per il vinile, ma le cose stanno così e questo scenario ha una elevata probabilità di realizzarsi.

4 commenti:

  1. Una vera e propria dittatura complimenti per la libertà ...uno nn può comprare nulla spazi e frequenze fm ecc ..tutto manipolato...
    Uno nn può comprare una radio e far sentire ciò che vuole ... Nossignore .....ti devono rifilare musica americana e sempre gli stessi medesimo artisti che hanno rotto il cazzo da 40anni e passa ... Vasco Rossi, Ligabue , Litfiba, Morandi, Jovanotti, Albano, ecc ecc sempre loro e i giovani a fare la fame .... Una bella e buona dittatura,imposta dastessi cittadini per fregare i cittadini,i nve e di dare spazio e nuove opportunità no tutto bloccato dalle case discografiche dai produttori ecc e poi parlano di democrazia , libertà ecc io dichiarerei uno stato totaldemocratdiittatorium per la serie io sono io e voi nn siete un cazzo

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  4. Sono stati inseriti alcuni commenti su questo post. Sempre graditi ma prima di commentare è opportuno controllare la data del post (primavera 2012) che rende alcune informazioni obsolete. Come prima cosa la lunga parentesi seguita al fallimento di Audiradio è stata superata nel 2013 con l'avvio dell'iniziativa RadioMonitor che ha ricominciato a rilevare e diffondere i dati di ascolto. Poi sempre dal 2013 è ripartita, dopo che ormai la si dava per persa, la migrazione verso la radio digitale (iniziativa Digital Radio). Non ha ancora un riscontro di massa ma si sta diffondendo, le radio che hanno aderito sono molte delle principali a livello nazionale.

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