Come è accaduto?
Per capire cosa è successo e se ciò è stato un male o un bene o qualcosa di inessenziale per il nostro sistema uditivo, bisogna ricordare per grandi linee di cosa si tratta. Nelle prime "casse acustiche" dell'era del microsolco ovvero dell'avvento del Hi-FI la "cassa" era effettivamente quello che il nome faceva intendere: un contenitore per l'altoparlante, spesso un larga banda. Poi sono arrivati gli altoparlanti per le alte ma è rimasto il problema della estensione verso le basse frequenze. L'altoparlante come sappiamo non è altro che un pistone che spinge alternativamente l'aria, e come la spinge in avanti verso le nostre orecchie, provocando le onde sonore che noi chiamiamo "suono" le spinge anche indietro. Sulle basse è venuta subito l'idea ai costruttori di non sprecare quel suono e aggiungerlo a quello anteriore, aumentando così l'efficienza, obiettivo importante quando gli amplificatori erano solo a valvole e ottenere grandi potenze era complesso e costoso. Ma anche nei primi anni dei transistor il problema si spostava molto poco.
Ma il problema vero per gli appassionati era un altro: la scarsa precisione dei sistemi di recupero delle onde posteriori. Lasciando perdere i primi sistemi quasi totalmente aperti posteriormente, nei quali le riflessioni (il recupero) erano lasciate alle pareti posteriori della stanza, i primi bass reflex utilizzavano un condotto di accordo realizzato in vari modi per "accordare" l'output posteriore con l'anteriore. Soltanto che realizzare un accordo che non fosse ben funzionante solo nell'ambiente del produttore o solo a certe frequenze non era affatto facile, non potendo modellizzare in modo corretto né le caratteristiche dell'altoparlante ne' quelle dell'accordo.
Per capire cosa è successo e se ciò è stato un male o un bene o qualcosa di inessenziale per il nostro sistema uditivo, bisogna ricordare per grandi linee di cosa si tratta. Nelle prime "casse acustiche" dell'era del microsolco ovvero dell'avvento del Hi-FI la "cassa" era effettivamente quello che il nome faceva intendere: un contenitore per l'altoparlante, spesso un larga banda. Poi sono arrivati gli altoparlanti per le alte ma è rimasto il problema della estensione verso le basse frequenze. L'altoparlante come sappiamo non è altro che un pistone che spinge alternativamente l'aria, e come la spinge in avanti verso le nostre orecchie, provocando le onde sonore che noi chiamiamo "suono" le spinge anche indietro. Sulle basse è venuta subito l'idea ai costruttori di non sprecare quel suono e aggiungerlo a quello anteriore, aumentando così l'efficienza, obiettivo importante quando gli amplificatori erano solo a valvole e ottenere grandi potenze era complesso e costoso. Ma anche nei primi anni dei transistor il problema si spostava molto poco.
Le AR-11, modello semplificato delle AR-10p, nell'ambientazione casalinga pensata per loro dai pubblicitari per la brochure di presentazione del diffusore. |
E così nacquero i diffusori bookshelf
Uno studioso del settore, Edgar Villchur, con il supporto di un suo allora giovane allievo, Henry Kloss, anche lui in seguito tra i fondatori della attuale hi-fi, ideò una soluzione efficace e con ulteriori vantaggi collaterali. L'idea era di utilizzare in modo diverso la emissione posteriore: non per rafforzare quella anteriore ma per controllarla e linearizzarla, riducendo la distorsione. Senza entrare in dettagli che si possono trovare ovunque sul web, la cassa era completamente chiusa e l'aria all'interno veniva usata come una sospensione, una molla pneumatica appunto, che si opponeva in parte ai movimenti del cono evitando che andassero fuori dal range ammesso. Qualcosa di analogo, se i puristi dell'hi-fi me lo consentono, agli ammortizzatori nelle sospensioni delle automobili. Maggior controllo e minore distorsione consentivano di sfruttare al massimo la estensione in frequenza dell'altoparlante dei bassi, il woofer, e quindi estendere la risposta senza dover arrivare a dimensioni importanti e invasive delle casse.
Che diventavano così di dimensioni accettabili, anche inseribili, volendo, in una libreria, ovvero su uno "scaffale per libri" (bookshelf). L'alta fedeltà poteva estendersi quindi anche agli appartamenti, e diventare non dico di massa ma avviarsi in questa direzione. Eravamo alla fine degli anni '50, Villchur fondava la Acoustic Research, o AR, che diventava in breve il produttore numero 1 nel mondo dell'alta fedeltà, se non del tutto come vendite, certamente per influenza e notorietà. E anche il primo a mettere in vendita, dal modello 3a, il tweeter a cupola (dome tweeter) diventato poi di uso universale.
(Nella pagina pubblicitaria della AR dei primi anni '70 il testimone è Miles Davis. Che evidentemente era alla ricerca dei bassi potenti, visto il posizionamento delle casse in terra e in angolo.)
Un prezzo da pagare
Ma uno svantaggio esiste rispetto al sistema bass-reflex: la minore efficienza, e quindi la necessità di adottare amplificatori di maggiore potenza. Che però con i sistemi a valvole migliorati grazie alla domanda crescente nella seconda metà dei '60 e poi con i sistemi a transistor dei '60, diventavano meno difficili da produrre e anche accessibili. In sintesi, la sospensione pneumatica consentiva di produrre diffusori compatti e con qualità di riproduzione superiore alle casse tradizionali dell'epoca, ma non più economici, se di fascia alta. Come le AR11 della prima foto in alto (tratta da una brochure d'epoca), modello semplificato delle 10ℼ qui a fianco, il punto di arrivo della produzione classica AR. Ma anche di produrre diffusori molto compatti e pure relativamente economici con qualità ancora accettabile e incomparabile con i diffusori economici dello stesso periodo. Come le due vie di AR, le AR 6 e AR 7, ancora con tweeter a cono per un incrocio accettabile con il woofer sovradimensionato.
(Nella immagine a lato la AR-10ℼ, il punto di arrivo dei vari perfezionamenti seguiti allo storico capostipite delle AR di fascia alta, la AR-3 del 1958).
La cassa chiusa
Una precisione sulla "cassa chiusa" (sealed box in inglese), una denominazione che spesso è usata come sinonimo di "sospensione pneumatica", ma non lo è. Casse chiuse esistevano anche prima, ma erano dei semplici contenitori che evitavano di mandare nell'ambiente l'emissione posteriore, annullando le sovrapposizioni non richieste. Ma la emissione posteriore rimaneva ugualmente dentro la cassa, interferendo in modo non prevedibile con i movimenti del cono, che peraltro era allora praticamente sempre in cartone trattato, e quindi soggetto a deformazioni (e alterazioni nella risposta). Mentre la sospensione pneumatica era progettata secondo un modello matematico, e includeva anche un abbondante uso di materiale assorbente (allora la oggi vietata lana di vetro) (vedi precisazioni nei commenti) per controllare le riflessioni interne, assieme ad una grande rigidità della cassa, con rinforzi interni. Cassa che ovviamente non era "sigillata" perché ovviamente per avere un effetto di molla era necessario un limitato movimento d'aria, e quindi l'altoparlante, di solito dal centratore, ne consentiva un moderato passaggio.
Poi cos'è successo?
Per qualche anno la sospensione pneumatica si è diffusa sino a dominare completamente il mercato nella fascia media e alta, lasciando al bass reflex l'utilizzo specializzato (musica rock, r&b, disco) e le sonorizzazioni, ma con adepti fedeli al suono dei grandi rivali di AR, JBL e Altec in primis. Anche i primi modelli di fascia alta della B&W come le DM-6 o le 800 prima versione erano in sospensione pneumatica. Nel frattempo alcuni produttori andavano perfezionando l'utilizzo della emissione posteriore, con woofer passivi, come le assai diffuse Kef 104, grande successo della casa inglese, o i sistemi a linea di trasmissione come le sempre inglesi TLD.
Ma la vera svolta si è avuta con l'arrivo sul mercato (grazie alla sua crescita) di molti nuovi produttori di altoparlanti, che adottavano anche nuove tecnologie e materiali, e consentivano di controllare già all'origine quelle distorsioni che erano corrette o attenuate dalla sospensione pneumatica. In pratica, diminuiva molto l'esigenza. E in parallelo l'aumento della potenza di calcolo dei PC a parità di costo ha consentito a un numero sempre maggiore di produttore di dotarsi di strumenti di modellazione più raffinati e non "a orecchio", consentendo così di calcolare in modo esatto ed ottimale per vari ambienti l'accordo posteriore.
I vantaggi della sospensione pneumatica diminuivano fortemente ma restavano gli svantaggi, e la produzione e il mercato sono andati da un'altra parte. La AR è scesa di posizioni fino quasi a sparire negli anni '80 e il numero di case che adottavano questo sistema si è ridotto velocemente a poche unità (a parte le casse attive e i sub woofer, ma dovrei allargare il discorso).
(Nella foto il "canto del cigno" della AR, per quanto riguarda la linea di diffusori ancora bookshelf: le AR-91 del 1980).
Ora si trovano ancora?
Usate certamente e molto ricercate, a parte le AR si deve citare anche la cassa acustica più famosa in assoluto, credo, il mitico mini-diffusore LS3-5A della BBC, prodotto negli anni su licenza da Rogers, Harbet, Spendor e soprattutto Kef, i cui altoparlanti erano adottati dal brillante progetto.
Nel nuovo, sempre meno, tra i produttori noti forse solo la NHT ha una gamma di speakers tutti in sospensione pneumatica, scelta tecnologica da sempre della casa, Ma ultimamente sembra esserci un ritorno di interesse, con i nuovi modelli "replica" di Yamaha (la NS-690 replica) accompagnati da mini casse acoustic suspension quasi da scrivania di cui si parla molto bene (NS B310BL).
Ed è un peccato perché probabilmente i sistemi a sospensione pneumatica avrebbero ancora molto da dare come tecnologia.
Che diventavano così di dimensioni accettabili, anche inseribili, volendo, in una libreria, ovvero su uno "scaffale per libri" (bookshelf). L'alta fedeltà poteva estendersi quindi anche agli appartamenti, e diventare non dico di massa ma avviarsi in questa direzione. Eravamo alla fine degli anni '50, Villchur fondava la Acoustic Research, o AR, che diventava in breve il produttore numero 1 nel mondo dell'alta fedeltà, se non del tutto come vendite, certamente per influenza e notorietà. E anche il primo a mettere in vendita, dal modello 3a, il tweeter a cupola (dome tweeter) diventato poi di uso universale.
(Nella pagina pubblicitaria della AR dei primi anni '70 il testimone è Miles Davis. Che evidentemente era alla ricerca dei bassi potenti, visto il posizionamento delle casse in terra e in angolo.)
Un prezzo da pagare
AR-10ℼ |
(Nella immagine a lato la AR-10ℼ, il punto di arrivo dei vari perfezionamenti seguiti allo storico capostipite delle AR di fascia alta, la AR-3 del 1958).
La cassa chiusa
Una precisione sulla "cassa chiusa" (sealed box in inglese), una denominazione che spesso è usata come sinonimo di "sospensione pneumatica", ma non lo è. Casse chiuse esistevano anche prima, ma erano dei semplici contenitori che evitavano di mandare nell'ambiente l'emissione posteriore, annullando le sovrapposizioni non richieste. Ma la emissione posteriore rimaneva ugualmente dentro la cassa, interferendo in modo non prevedibile con i movimenti del cono, che peraltro era allora praticamente sempre in cartone trattato, e quindi soggetto a deformazioni (e alterazioni nella risposta). Mentre la sospensione pneumatica era progettata secondo un modello matematico, e includeva anche un abbondante uso di materiale assorbente (allora la oggi vietata lana di vetro) (vedi precisazioni nei commenti) per controllare le riflessioni interne, assieme ad una grande rigidità della cassa, con rinforzi interni. Cassa che ovviamente non era "sigillata" perché ovviamente per avere un effetto di molla era necessario un limitato movimento d'aria, e quindi l'altoparlante, di solito dal centratore, ne consentiva un moderato passaggio.
Poi cos'è successo?
AR-91 |
Ma la vera svolta si è avuta con l'arrivo sul mercato (grazie alla sua crescita) di molti nuovi produttori di altoparlanti, che adottavano anche nuove tecnologie e materiali, e consentivano di controllare già all'origine quelle distorsioni che erano corrette o attenuate dalla sospensione pneumatica. In pratica, diminuiva molto l'esigenza. E in parallelo l'aumento della potenza di calcolo dei PC a parità di costo ha consentito a un numero sempre maggiore di produttore di dotarsi di strumenti di modellazione più raffinati e non "a orecchio", consentendo così di calcolare in modo esatto ed ottimale per vari ambienti l'accordo posteriore.
I vantaggi della sospensione pneumatica diminuivano fortemente ma restavano gli svantaggi, e la produzione e il mercato sono andati da un'altra parte. La AR è scesa di posizioni fino quasi a sparire negli anni '80 e il numero di case che adottavano questo sistema si è ridotto velocemente a poche unità (a parte le casse attive e i sub woofer, ma dovrei allargare il discorso).
(Nella foto il "canto del cigno" della AR, per quanto riguarda la linea di diffusori ancora bookshelf: le AR-91 del 1980).
Ora si trovano ancora?
Usate certamente e molto ricercate, a parte le AR si deve citare anche la cassa acustica più famosa in assoluto, credo, il mitico mini-diffusore LS3-5A della BBC, prodotto negli anni su licenza da Rogers, Harbet, Spendor e soprattutto Kef, i cui altoparlanti erano adottati dal brillante progetto.
Nel nuovo, sempre meno, tra i produttori noti forse solo la NHT ha una gamma di speakers tutti in sospensione pneumatica, scelta tecnologica da sempre della casa, Ma ultimamente sembra esserci un ritorno di interesse, con i nuovi modelli "replica" di Yamaha (la NS-690 replica) accompagnati da mini casse acoustic suspension quasi da scrivania di cui si parla molto bene (NS B310BL).
Ed è un peccato perché probabilmente i sistemi a sospensione pneumatica avrebbero ancora molto da dare come tecnologia.
Le Yamaha NS-690 degli anni '70, considerate anch'esse dei classici della riproduzione in sospensione pneumatica, evidenziano una stretta parentela con il progetto Ar-3 e posteriori. |