venerdì 4 agosto 2023

L'alta definizione ha vinto. Ma nessuno se n'è accorto

Su questo blog negli anni passati sono stati pubblicati molti post dedicati all'alta definizione in musica, che doveva essere il passo successivo verso la massima qualità per la musica digitale, dopo il primo passo rappresentato dal CD. Ci sono stati tentativi falliti (la sostituzione del CD con il SACD) polemiche e un discreto numero di appassionati che la ritenevano solo una mossa commerciale, perché loro non sentivano alcuna differenza, test accademici di esito favorevole o contrario, c'è stata una diversione invece apprezzata dai suddetti appassionati (il DSD). E, soprattutto, c'è stato un boicottaggio ostinato da parte delle case discografiche, che hanno tentato per due decenni di venderla a un prezzo maggiorato, che quasi nessuno però voleva pagare. E invece ora, 22 anni dopo, la situazione è questa.

Questa è la rassegna delle novità discografiche proposta da Qobuz oggi. Come si vede (anche scorrendo la pagina) salvo poche eccezioni le nuove uscite sono proposte in alta definizione. Il che è abbastanza logico visto che sono registrate sempre in alta definizione, e nella diffusione in streaming o in download non ci sono esigenze diverse per l'ascolto o l'acquisizione con la qualità CD o i formati compressi. In altre parole, si usano le stesse app.

Quello che cambia tra i vari album è la frequenza di campionamento, che spazia su tutti le possibili opzioni (anche in questo piccolo campione), dove ci sono album HD a 192, 96, 88.2, 48 e 44.1 KHrz. Il campionamento a 44.1 KHrz è abbastanza penalizzante rispetto alla qualità, mentre gli altri 4 formati garantiscono comunque un ascolto HD.

La scelta del campionamento è delle case discografiche e, faccio un'ipotesi, dipende probabilmente dalla necessità di banda in mobilità, che può essere insufficiente per frequenze superiori a 48KHz, una criticità facilmente aggirabile in streaming potendo abbassare la frequenza nel lettore, ma che richiede però un intervento umano e un possibile passaggio ad un altro album. Quindi, potrebbero scegliere la frequenza in base al target, 192 per chi probabilmente ascolta a casa o in zona WiFi e via a scendere. Il che pare confermato dalla preferenza che si osserva del 44.1 per gli album classificabili in area pop,

Quindi l'alta definizione, anche se talvolta è media definizione, è diventata lo standard per la musica diffusa via web, sia  ascoltata in streaming che dopo download, ovvero è disponibile per il 90% delle persone che ascoltano musica, anche se devono scegliere un servizio che non sia Spotify o YouTube., ovvero pagare qualcosa. Rimane  esclusa la distribuzione su supporti fisici, che rimane confinata alle poche etichette di classica che pubblicano ancora su SACD.

Nessuno se n'è accorto?
Pare proprio di sì,i Le riviste che spingevano a tutto spiano l'alta definizione non ne parlano più e la citano solo incidentalmente. Nei test raramente è specificato (e qualche volte è il Pure Audio Blu Ray), nella sezione musica non è mai specificato nelle recensioni, nelle quali l'informazione è solo sul supporto fisico o meno (CD,LP; DL = Download), l'avevo fatto presente via email ma pare sia troppo complicato acquisre considerando il numero di recensioni pubblicato, anche perché le case discografiche non lo evidenziano sempre. (Faccio riferimento alla principale rivista del settore in Italia) .Anche sul web il tema sembra sparito o trattato solo occasionalmente quando si parla di DAC, D'altra parte è logico visto che il massimo sforzo dell'industria del settore, in parallelo con il massimo interesse degli appassionati, è rivolto al vinile.

E il DSD?
Sembrava per un po' il nuovo Nirvana musicale, ma rimane un Nirvana per pochi (ammesso che lo sia). Sullo streaming nessuno prova a proporlo (costa di più e il target potenziale è molto piccolo o forse proprio non c'é) e le etichette che provano a proporre contenuti sono molto piccole, e quindi i contenuti o sono di musicisti semisconosciuti o arrivano da master storici e molto datati (spesso registrati in mono) dove l'apporto della qualità della codifica DSD è tutto da vedere.

In sintesi
E' tutto sommato una buona cosa che la lunga diatriba e il tempo passato abbiano abbassato l'aspettativa sull'alta definizione, come tecnologia che renda sistematicamente migliore l'ascolto. E' ormai opinione condivisa che la registrazione e la creazione del master sono  gli elementi che incidono maggiormente sul risultato finale. Ma resta il fatto che proprio le registrazioni più accurate e quindi più vicine all'evento musicale o all'idea dell'artista meritano di essere ascoltate con la massima qualità e precisione possibile oggi.




2 commenti:

  1. Anonimo11/8/23

    Concordo in pieno con tutto quanto scrivi, in particolare nella sintesi.
    Solo su un aspetto ho qualche dubbio: realmente credi che un campionamento 16/44 sia “abbastanza penalizzante rispetto alla qualità”? Dico questo sia in virtù di quanto scrivi a proposito del fatto che la registrazione e la creazione del master sono  gli elementi che incidono maggiormente sul risultato finale (giustissimo), sia della esperienza concreta in tema di differenze chiaramente percepibili tra un campionamento 16/44 e uno 16/88 o 96 (con un impianto di media qualità).
    Complimenti per gli articoli sempre interessanti e stimolanti.
    Enrico

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    1. Grazie dell'apprezzamento. La risoluzione 24/44.1 adotta una frequenza di campionamento anomala scelta a suo tempo solo per consentire una capienza maggiore del CD con la tecnologia di 43 anni fa. Mantenerla ancora adesso non ha nessuna motivazione tecnica o economica. La frequenza di campionamento elevata consente una di catturare una maggiore quantità di informazioni nella digitalizzazione dell'input analogico e quindi è importante mantenerla più elevata possibile. Con la tecnologia e le velocità di trasferimento dati attuali si considera un buon compromesso una frequenza di 96KHz ma anche 48KHz secondo molte fonti garantiscono un effettivo plus rispetto alla qualità CD,

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