sabato 15 ottobre 2022

Il tramonto della musica liquida

"Musica liquida" ovvero "non solida" è l'efficace nome che Paolo Nuti, nome importante dell'Hi-Fi italiano e fondatore della rivista Audio Review, ha dato al nuovo modo di distribuire e ascoltare la musica, che nasceva agli albori del millennio dall'unione della digitalizzazione del messaggio musicale e della possibilità di trasporto illimitato dei file audio tramite Internet, ovvero la ragnatela mondiale ovvero "il web". In sintesi, la musica digitale,

Il nome ha avuto fortuna in Italia, molto meno all'estero dove la diffusione e distribuzione della musica digitale è stata da subito chiamata semplicemente "digital download".

La storia del digital download
La storia del digital download o, se preferiamo la definizione italiana, della musica liquida, la ricordiamo bene: prima l'esplosione grazie alla compressione MP3, ai protocolli peer-to-peer (Napster, eMule,  BitTorrent ecc.) e alla diffusione gratuita, ma illegale, poi il ritorno allo sfruttamento economico con la geniale idea di Steve Jobs, l'accoppiata iPod - iTunes (che è anche stato il trampolino di lancio per la Apple, futuro n.1 al mondo) aiutata anche, ammettiamolo, dal deciso contrasto della pirateria avviato dalle case discografiche superstiti.

Il terzo step per il passaggio definitivo doveva essere la disponibilità in digital download anche della musica in formato lossless, quindi alla stessa qualità del CD, e poi a seguire quella in qualità HD. Ma qui il processo si è incagliato sui veti delle case discografiche, che hanno escluso molti Paesi (l'Italia fino a pochi anni fa), preteso prezzi superiori al CD (ormai sempre più economici perché in crisi di vendita, e con un sempre più esteso mercato dell'usato) e molto superiori per il poco HD disponibile.

Mentre iTunes rimaneva solo in formato compresso (e non era più strategico per Apple, che nel frattempo aveva lanciato l'iPhone, e cambiato il mondo), ben poche case discografiche hanno creato il loro sito di digital download e nessun altro investitore ha avuto la forza o l'idea di creare un iTunes per la qualità CD e quindi una possibile alternativa al CD. Il digital download rimaneva ristretto a pochi siti specializzati come il celebre HDtracks e alla pirateria. che proseguiva con altri mezzi (ma meno globale). La situazione ideale per un nuovo strappo verso la dematerializzazione e virtualizzazione della musica.

Arriva lo streaming
Lo strappo, reso possibile dalla velocità sempre crescente della rete, è consistito semplicemente nell'abolizione della parola "download": perché scaricare in locale un album quando lo puoi ascoltare direttamente da dove, nel vasto web, è archiviato? Qualcosa che nei fatti già esisteva e che già era la fonte della musica per molti utenti smartphone e che si chiamava YouTube, nato per altri scopi (video) ma che veicolava moltissima musica, ascoltabile direttamente e senza scaricarla, Il tutto gratis, salvo un po' di pubblicità.
Due imprenditori svedesi hanno ipotizzato che qualcuno poteva essere interessato a pagare una ridotta cifra mensile per un'alternativa di YouTube, orientata solo alla musica e nella quale gli album disponibili erano ben organizzati e facilmente ricercabili, più altre funzionalità, ed è nata Spotify, aggiungendo per prudenza anche il servizio free ma con pubblicità,

Il seguito lo conosciamo
Ed è sintetizzato in questo grafico a torta, che riguarda il mercato USA nel 2021, e mostra il ruolo ormai marginale del digital download. E' sceso ora al 4% del mercato (nel 2015 era ancora il 66%) ed è poco più di un terzo della musica su supporto fisico che, ai tempi dell'invenzione del termine "musica liquida" avrebbe dovuto soppiantare. Il restante 83% è appannaggio della musica che viene semplicemente ascoltata, non importa dove sia e come faccia ad arrivare alle nostra cuffie e alle nostre orecchie quando la scegliamo.

La proprietà della musica
Lo streaming ha definitivamente diviso in due categorie gli ascoltatori: quelli che la musica l'ascoltano per il tempo necessario a fruirne e quelli che vogliono anche possederla, quindi esserne proprietari anche quando non l'ascoltano. La differenza fondamentale è che possederla non è obbligatorio per sentirla, salvo pochi casi di musica molto particolare, e anche quelli del secondo gruppo possono ascoltare tutta la musica del mondo, basta sottoscrivere un contratto streaming, anche gratuito eventualmente.

Essere proprietari della musica che si ama, scelta in base ai propri gusti personali, ha motivazioni di altro tipo, Ne ho parlato altre volte: c'è la testimonianza visiva e trasmettibile a chi ci conosce o verrà dopo di noi delle nostre scelte, dei nostri gusti, della nostra cultura. C'è il piacere di avere in mano un oggetto fisico, di consultare un libretto anziché un sito web, di essere almeno per un po' staccati da computer, smartphone e tablet, della manualità nello scegliere e caricare la musica sul lettore. Tutte esigenze che caratterizzano l'appassionato di musica, e che non interessano se non occasionalmente il consumatore di musica.

Supporti fisici e supporti digitali
Non tutti hanno questo desiderio di proprietà e questa necessità di trasmettere la loro idea di musica e, per gli USA, sappiamo anche quanti erano nel 2021: il 15% dei consumatori. Penso che in Italia la percentuale non sia molto diversa, non è poco tutto sommato, 
La maggioranza dei "prprietari" sceglie, e sceglierà sempre più, probabilmente, un supporto fisico: vinile, CD, SACD. E' logico, se le motivazioni sono quelle riassunte sopra. Non c'è paragone tra l'efficacia con cui trasmette un messaggio una libreria fisica, rispetto a una libreria J River o Roon mostrata (con intenzione di farlo) sullo schermo di un tablet. E non c'è paragone come valore (non solo simbolico) tra una collezione di vinili, o anche di CD (prezzi in aumento, ne riparlerò) rispetto a un hard-disk di PC con Terabytes di musica, che però si può ascoltare tranquillamente con ogni servizio streaming, incluso YouTube.

Ed infine, elemento decisivo: il costo. Sui servizi di digital download rimasti il costo di un album è dello stesso ordine di grandezza dell'equivalente fisico. Probabile la scelta del supporto fisico, si spende per qualcosa che si vede e che rimane e, anche se solo in digital download e in qualità CD, si potrà ascoltare comunque in HD in streaming, se si vorrà. Perché l'appassionato di musica ha sempre anche un contratto streaming, per scoprire e testare nuova musica.

Ultima domanda: a chi sono rivolti le librerie digitali come Roon, J River, Audirvana?
Sembra una contraddizione la mia previsione sul declino del digital download, visto l'interesse crescente per questi prodotti e per i music server che possono fornire servizi analoghi "PC free" dal costo sempre più elevato nell'ordine delle migliaia di Euro.
Ma è una contraddizione solo parziale, perché gli acquirenti son per una buona parte appassionati che hanno digitalizzato la loro vasta discoteca, e ne possono fruire con maggiore facilità (mantenendola).
Inoltre, sia Roon che Audirvana supportano anche i servizi streaming, e Roon fornisce le sue funzionalità aggiuntive (molto apprezzate) anche per l'ascolto da streaming. Lo streaming quindi può coesistere, e servizi come Roon o music server che liberano l'utente da PC hanno uno spazio. 

In sintesi
Il mondo cambia continuamente, e a volte corregge anche quelle previsioni che non valutano tutti gli aspetti dei nostri desideri e dei nostri bisogni.



2 commenti:

  1. Anonimo17/10/22

    E infatti, a volte, mi chiedo che fine faranno, dopo di me, i terabyte di musica che ho minuziosamente collezionato per decenni.. (grandissima parte lossless) e che (già ora) giacciono in un anonimo HD nero (anche se molto grande).
    Grazie sempre per i tuoi articoli stimolanti e ben fatti.
    Enrico

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  2. Anonimo30/1/23

    Commento anonimo di prova

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