A causa di alcuni incastri famigliari sarò per alcuni mesi in un'altra casa, la casa dei miei genitori, dove è ancora installato il vecchio impianto che avevo quando sono andato a vivere nella mia prima casa a fine anni '80. E' comunque un impianto Hi-Fi e ho deciso di accontentarmi di questo, piuttosto che spostare, installare e riconfigurare il mio impianto attuale. Ho pensato che sarebbe stata anche un'occasione per confrontare il suono di un impianto anni '70-'80 con uno di oggi.
L'impianto vintage
Era basato su un classico trittico dell'epoca: Thorens, Yamaha, AR., in particolare: Thorens TD 104, Yamaha A-550, AR 48S. Componenti quindi di classe media e coerenti con il mio primo stipendio, come impatto economico, ma seguivano lo schema dell'impianto messo insieme negli anni a casa dei miei, composto da Thorens TD 166, Yamaha CA-600 e AR 3a. Sarebbe stato sicuramente più interessante, ma l'ampli e le casse sono da revisionare. Dato che a suo tempo non si parlava proprio di cavi, aggiungo anche che in questo impianto sono ancora quelli dei primi tempi, il classico doppino rosso-nero di piccolo diametro, e lunghezza è significativa, quasi 10 mt.
L'installazione in ambiente
A differenza della mia casa che sconta alcuni vincoli da palazzo d'epoca, è quasi ottimale: l'impianto è in un salone molto grande, di forma regolare di rettangolo, le casse acustiche sono montate su piedistalli ai due angoli, ad ampia distanza tra loro, mobili, divani e tappeti sono ben distribuiti e dovrebbero garantire un buon bilanciamento tra riflessione e smorzamento. Le casse sono vicine agli angoli e questo dovrebbe portare a un rinforzo sui bassi, ma la posizione non è estremamente critica, essendo diffusori a sospensione pneumatica.
L'ascolto, come
Il giradischi non è esattamente il vertice della produzione Thorens, il pre-phono compatto NAD che ho l'ho prestato da tempo a mio fratello, dovrei quindi usare quello dell'ampli che non è eccelso, la testina è da cambiare (attualmente è montata un'Audio Technica economica), i miei LP non li ho portati qui e quelli di mio padre che sono qui non sono molto attuali. Risultato: non ascolto con il giradischi (e neanche con la vecchia piastra a cassette, il lettore CD non c'è) ma con Chromecast Audio collegato all'ingresso Aux per trasmettere da Qobuz album in qualità CD o in HD.
Impressioni d'ascolto
Questo è lo scopo della prova, verificare se un impianto vintage ha ancora un significato, se ci sono differenze consistenti (in meglio o in peggio), se addirittura si riesce a cogliere qualche vera o presunta emozione nuovo in questo suono dal passato, anche se non totalmente analogico.
I primi ascolti sono stati fatti con musica pop e rock, la grande stanza era ben riempita di suono, la collocazione buona, insomma, funziona. Poi sono passato ad ascolti più mirati, di jazz acustico (Bill Evans Trio) e qualcosa che non andava è emerso subito: collocazione spaziale falsata (batteria e piatti che sembrano provenire da dentro la cassa sinistra) e contrabbasso di Scott La Faro quasi inudibile.
Il componente più debole era probabilmente l'amplificatore, anche perché soggetto maggiormente alle ingiurie del tempo e mai revisionato, e l'ho sostituito con il mio ampli precedenti, un componente sicuramente superiore il Fase Evoluzione Audio Performance 1.0 progettato da Fabio Serblin, un valido prodotto italiano, un po' carente come potenza (40W) e si sentiva con la classica alzando il volume, ma piuttosto valido per gli altri parametri.
E le cose sono andate a posto, evidentemente qualche condensatore da cambiare o qualche altro elemento da revisionare c'era. Quindi il trio correttamente disposto, il contrabbasso ritornava ad essere presente nella stanza,, le casse sparivano e la ricostruzione spaziale, anche con altri brani risultava corretta, anche se non in profondità causa sistemazione dei diffusori.
Poi sono passato all'ascolto di uno dei miei brani test preferiti, All Or Nothing At All di Diana Krall, che inizia con solo la sua voce e il contrabbasso di Christian McBride, registrazione eccellente che consente di mettere subito a fuoco due classici punti deboli di un impianto. Qui il contrabbasso netto e potente senza code se non quelle naturali dello strumento, confermava l'efficacia della sospensione pneumatica, colpevolmente semi abbandonata dai produttori attuali. Ma la voce di Diana Krall suonava diversa, apparentemente più aspra, ma, ascoltando con più attenzione, era perché mancavano quelle sottigliezze, sfumature, impercettibili respiri che la rendevano naturale e presente negli ascolti che ricordavo. Come una foto ad alto contrasto dove si perdono i mezzi toni. E anche in questo caso la differenza la facevano le AR 48S, con il loro tweeter datato e soprattutto con un midrange a cono abbastanza cheap anche per l'epoca. Sicuramente loro perché il Performance 1.0 con quel brano e con le Kef l'avevo ascoltato molte volte. O magari saranno proprio i cavi? Sarebbe un po' costoso verificarlo, ma sarebbe da provare.
Continuando negli ascolti ho però avuto altre sorprese, ad esempio con una nuova uscita dedicata alla immensa Aretha Franklin, che raccoglie in più "CD virtuali" un'ampia selezione della sua amplissima produzione (esclusi stranamente i due suoi brani che preferisco: Save Me e la semi-sconosciuta Sweet Bitter Love) e in HD, spesso in mono. Qui in una sua notevole interpretazione (A Change Is Gonna Come) registrata in mono, la voce era sempre un po' troppo squillante, ma un alone di ambienza creato apparentemente da un impercettibile eco rendeva l'esecuzione particolarmente realistica e la presenza e autorità della regina del soul ricreata davanti a noi. E ancora più sorprendente una demo di Try A Little Tenderness, probabilmente di metà anni '60, con solo la sua voce, piano e basso, estremamente realistica, la regina era davanti a me nella sala; forse, anzi quasi certamente, perché era il nastro originale, prima della masterizzazione.
In sintesi
Oltre che rispondere a qualche curiosità, qualche conclusione posso provare a ricavarla.
Impianto vintage o ultima generazione: la prima conferma è che la collocazione in ambiente fa come sempre una gran differenza e aiuta anche impianti con qualche pecca a darci sensazioni ed emozioni da vera alta fedeltà. Tecnologie d'annata: l'alta fedeltà sfida il tempo abbastanza bene e qualche tecnologia abbandonata può riservare sorprese gradite. Impianto di ultima generazione, tecnologie allo stato dell'arte: il tempo non è passato invano, sono sempre da preferire avendone la possibilità (ma attenzione al layout).
A vedere lo schema elettrico di quello Yamaha A550 è proprio un ampli fatto con il minimo sindacale dei componenti, quindi non darei tutta la colpa alla vecchiaia.
RispondiEliminaFabio C.
E' possibile, e all'epoca non ho fatto un confronto alla pari con il CA-600 (che mi sembrava superiore) ma non ricordo limitazioni così evidenti. Ho recuperato il service manual e non sembra un componente realizzato in economia, anche se comunque allineato agli standard dei primi anni '80. L'ho caricato a questo link: https://www.musicaememoria.com/docs/yamaha_a-550Service-Manual.pdf
RispondiEliminaBuongiorno Alberto, mi rendo conto di essere stato un po' troppo sintetico nel mio commento. Non mi riferivo all'economia della realizzazione, da quel lato Yamaha è secondo me uno dei costruttori giapponesi più seri insieme a Luxman.
RispondiEliminaMi riferivo principalmente allo schema usato che è molto basilare con uno stadio di guadagno a singolo bjt a pilotare direttamente i finali, una soluzione (a mio parere) non proprio eccezionale.
Fabio C.