mercoledì 4 settembre 2013

La casa del futuro

Nei film e nei libri di fantascienza degli anni '60 e '70 la casa del futuro era di solito tutta bianca, con pochissimi armadi (tanto vestivano tutti uguali) molta tecnologia, schermi televisivi giganti e la cucina non c'era quasi mai, perché si mangiavano cibi sintetici, ma iper proteici.

Ora che nel futuro ci siamo abbondantemente arrivati, sappiamo che l'unica cosa che è veramente tra noi è il televisore a forma di quadro (anche con i comandi vocali come nel film di Spielberg) ma per il resto la casa di oggi assomiglia moltissimo (e vuole assomigliare il più possibile) alla casa del passato, con mobili vintage, tappeti, oggetti etnici da ogni parte del mondo e parquet di vero legno ovunque. E la cucina anziché sparire è diventata il centro della casa, attrezzata come quella di un ristorante di lusso, per milioni di aspiranti chef alla riscoperta della cucina regionale rivisitata (in genere italiana), sulle orme di Gordon Ramsey e Jamie Oliver.


Una dimostrazione che "Fare previsioni è una cosa molto difficile, specialmente se riguardano il futuro", come sosteneva il fisico Niels Bohr, e difatti la invenzione che veramente ha cambiato la nostra vita, il telefono cellulare poi diventato nel tempo smartphone dall'uso universale, includendo anche immagini e video, che ci rende sempre connessi, non la troverete in nessun libro e in nessun film di fantascienza dell'epoca.

Un radicale cambiamento
Qualcosa però sta per cambiare e renderà in tempi brevi la casa del futuro molto diversa dalla casa di oggi e dalla casa di ieri. Sparirà qualcosa che la tecnologia rende già ora superfluo, e che inevitabilmente superfluo diventerà, una cosa che in termine tecnico si chiama "supporto", un oggetto il cui unico scopo è trasportare fino a noi e alla nostra capacità cognitiva un contenuto creato da una o più persone in un altro luogo. Un processo che ha avuto la musica come apripista involontario e primo esempio universale, e che si chiama "dematerializzazione".

La dematerializzazione
Un testo, che sia prosa, poesia, manuale tecnico o documento burocratico, una immagine, un video, un brano musicale, acquistano un senso quando noi li guardiamo, li ascoltiamo, li comprendiamo con il nostro complesso e raffinato sistema di acquisizione e scambio di informazioni. Per trasportarli abbiamo avuto bisogno sino ad oggi della carta o di supporti che, assieme ad un lettore, fossero in grado di ricreare parlato, musica o immagini in movimento. Del lettore, tranne che per i testi, continuiamo ad averne bisogno, ma del supporto non più.
La dematerializzazione in azienda o nella pubblica amministrazione ha vantaggi che nessuno mette in discussione, costi ridotti, accesso facilitato, comunicazioni in tempo reale. Nessuno di noi ha nostalgia di bollette, estratti conto o certificati e, una volta appurato che si può fare a meno della copia cartacea, non abbiamo problemi a smettere di archiviare religiosamente ogni settimana bollette o documenti della banca, se possiamo passare tutto online.
Nella musica la rivoluzione è già arrivata
Per la generazione del CD o addirittura del vinile una casa senza CD e senza vinili non sembra una casa. Ma tra i giovani, anno dopo anno, diminuiscono quelli che danno una qualsiasi importanza al CD o che addirittura ne hanno mai maneggiato uno.

La prima casa di un giovane sarà senza CD (e DVD).
La musica e i film saranno per qualche anno (o mese) ancora memorizzati su hard disk rimovibili, unità USB, dischi di rete o altri sistemi di archiviazione fisici. Ma stanno sparendo anche questi sistemi, sostituiti dallo stesso spazio disco, ma fisicamente localizzato da qualche parte nella rete mondiale, sul cloud, come si definisce ora.
Ma non è ancora l'ultimo passo. L'ultimo passo è la smaterializzazione completa non solo dei contenuti, ma anche del possesso. Con la combinazione abbonamento + streaming cade anche la necessità di scegliere e costruire nel tempo il nostro particolare "sezionamento" dell'immenso universo della musica registrata. Già ora con Spotify o con Google Play Music Unlimited (e presto con iTunes, secondo le anticipazioni) è annullata la distanza temporale e fisica tra il momento in cui viene voglia di ascoltare un certo brano e il momento in cui lo si ascolta. Quasi annullata, perché il suddetto brano deve trovarsi nel vasto catalogo dei due servizi, che però sono già molto ampi (20 o 18 milioni di brani rispettivamente) e non c'è dubbio che potranno solo estendersi.

Senza contare il servizio di ascolto e di visione che già tutti usano, apparentemente gratis come la TV generalista (si paga con la pubblicità), cioè il notissimo YouTube. Che fornisce la stessa funzionalità e un catalogo di dimensioni ignote ma probabilmente anche più estese.
Di cosa avrà bisogno il giovane nella sua nuova casa? Può bastare anche uno smart TV, un tablet e un paio di casse attive. O soluzioni più articolate e complete per chi vuole di più, che non mancano e non mancheranno di certo.
Niente CD e discoteche per casa, niente archivi su hard disk e necessità di scaricare più o meno legalmente la musica, impiegando nella operazione una parte del nostro tempo prezioso. Tempo zero tra la volontà e il risultato.

Cose belle ma inutili
Le nostre case si differenziano dalla casa del futuro anche perché continuano ad essere piene di cose belle ma inutili, quadri, soprammobili, vasi, collezioni di oggetti privi di ogni utilità pratica e disposti strategicamente in vetrinette apposite, acquari (passati parecchio di moda, però), libri d'arte negligentemente abbandonati (ma a bella posta) sul tavolino della sala, come nel film Carnage di Polanskyi. Oggetti che trasmettono messaggi di identità a chi entra nel nostro spazio, o di conferma e rassicurazione per noi stessi. Tra questi oggetti comparirà sempre più spesso il giradischi, accompagnato dai suoi vinili, e magari anche il registratore a bobine. Neanche del tutto inutili e superflui se i servizi in streaming accennati prima rimarranno ancora a lungo in bassa qualità (anche se loro la dichiarano "massima", nientemeno). Il giradischi sarà l'unica sorgente in alta qualità nella casa dematerializzata. Per una piccola parte della musica, purtroppo. Scenario tecnicamente assurdo ma non del tutto improbabile, viste le altre illogiche evoluzioni del mercato della musica.


Il passo successivo (e definitivo)
La dematerializzazione della musica, ormai avviata e, penso, inarrestabile, è solo il primo passo per la completa dematerializzazione dei contenuti di qualsiasi genere. Ne rimane un altro che ancora facciamo fatica a concepire in modo globale, ma che arriverà prima o poi. In teoria poteva essere il primo, perché la difficoltà tecnica era molto inferiore che per la musica e per il video. Ma la resistenza delle case editrici si è dimostrata ben più coriacea ed efficace di quella tentata dalle case discografiche. Come ha sperimentato persino il gigante Google con il suo progetto Books e la marcia indietro che ha dovuto subire ed accettare (ben altri e più ambiziosi erano gli obiettivi iniziali).

Dove Google ha fallito ha invece avuto successo Amazon, con un approccio più graduale e prudente, e ormai anche il libro può essere del tutto dematerializzato, con Kindle e i suoi epigoni.
Non ci sono qui ancora servizi in abbonamento, ma non sarebbero una novità, sarebbero l'equivalente della biblioteca nel mondo digitale. E' quindi possibile e anche probabile, in tempi anche non troppo lunghi, lo scenario di una casa senza libri. Che però non sarebbe uno scenario da incubo, come quello immaginato nel famoso libro di Ray Bradbury Farenheit 451 (e nel celebre film che ne trasse Francois Truffaut). Perché la stessa casa potrebbe essere abitata da incalliti lettori. Diversi da noi solo perché non accumulano in casa nel corso degli anni i libri che hanno letto, e che difficilmente leggeranno una seconda volta.
Ci saranno invece in molti casi gli equivalenti dei vinili. Libri d'arte o di fotografia. Libri antichi, edizioni rare. Belli di per sè, per il piacere di possederli.



Una casa vuota
La tecnologia ci conduce e in parte ci ha già accompagnato (per la musica e per i film) verso una casa vuota, dove non c'è traccia visibile del consumo culturale. La traccia è solo quello che è stato accolto e memorizzato nella nostra mente. Più quei pochi contenuti che consideriamo altamente simobolici e caratterizzanti la nostra identità e che vorremmo a tutti i costi mantenere "fisici".
Uno scenario inquietante? Non si può dire ora, anche se fa impressione l'idea di non potere (almeno non facilmente come ora) lasciare la nostra impronta, con la biblioteca e la discoteca che rimarrà a disposizione dei nostri figli. E che già ora, che sono ancora in casa, lo è, trasmettendo loro almeno in parte le nostre scelte e il nostro imprinting educativo. Come ha fatto mio padre con me e come sto facendo con mia figlia. Ancora una volta, è solo una questione di decidere se usare tecnologie e funzioni che già ci sono. Nella musica si chiamano "preferiti" o "playlist". Molto meno poetiche, meno immediate, ma volendo gli strumenti ci sono.




(Nelle immagini: una ambientazione futuristica dal film "2001 Odissea nello spazio", un giradischi Pro-Ject (6 Perspex), una scena dal film Carnage col tavolino rivelatore, due ambientazioni per una stanza audio video tra passato e futuro di B&O)

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