domenica 6 ottobre 2024

Il mitico MAC Mini 2014 e la musica

Come si capisce già dal titolo si tratta di un modello non più in produzione, ma che si può trovare usato, che ha una caratteristica unica e utile probabilmente solo nel mondo della musica digitale. Per questo Apple non l'ha proposto nelle versioni successive, perché ha perso ogni interesse riguardo alla musica e alla qualità di riproduzione, ritenendo (a ragione) più profittevole il mondo dei video in alta definizione e soprattutto del gaming. Ingrati, perché devono alla musica la rinascita del marchio, in grande crisi negli anni '90.

Cos'ha di speciale?

Quello che si vede a destra nell'immagine, due ingressi /uscita che sembrano apparentemente banali e scontati, a standard Mini-Jack 3.5, quello che c'è (o c'era) in ogni smartphone, nei walkman e discman, nelle radioline. Sì, ma stavolta non è solo analogico, è anche digitale, perché lo standard TosLink per la trasmissione digitale ottica esiste anche con questo tipo di connessione.

E la scoperta che ho fatto (e che giustifica questo post) è che anche l'output, indicato solo genericamente come "cuffie", è digitale e può trasmettere i contenuti digitali a un componente esterno (come un DAC) con ingresso TosLink (praticamente tutti). Il Mac Mini 2014 quindi ha sia un input digitale per acquisire contenuti musicali sia un output musicale digitale per trasmetterli a un altro componente con ingresso digitale. Una dotazione molto rara in un PC, forse unica al momento.

A cosa serve l'output in digitale ottico?

Ma a cosa serve, considerando che di uscite digitali ne ha già due, rimaste anche nelle versioni successive?
Non per esigenze comuni, ma per impianti piuttosto articolati potrebbe essere utile, per esempio per usare alternativamente senza staccare cavi due DAC diversi, uno principale che si collega all'amplificatore e quindi all'impianto, e un altro che si collega a un amplificatore per cuffia con ingresso digitale Toslink come ad esempio il Fiio K7, mantenendo il flusso in alta risoluzione, Oppure, altro esempio, per separare il percorso dell'impianto al fine di poter sia ascoltare contenuti  DSD che utilizzare la correzione di ambiente con elaborazione Dirac Live oppure ARC, che è possibile solo con contenuti codificati in PCM, il tutto utilizzando contemporaneamente due DAC separati, uno diretto all'ampli e l'altro che passa prima da un DSP  come quelli prodotti dalla società MiniDSP.
Sono certamente esigenze di nicchia,  ma difficilmente realizzabili in altro modo

Ma non si potrebbe invece usare l'uscita HDMI invece, ?

Sì, usando però un convertitore esterno da HDMI a Toslink ottico, come quello provato per la copia di SACD e per registrare in digitale usando una uscita HDMI. Ma con questa uscita l'audio, che è considerato audio di un video, viene convertito a 48Khz e quindi si perde risoluzione nel caso di contenuti HD a 96Khz o 192KHz, oltre che passare per una conversione non sappiamo quanto "bit perfect". Un peccato perché questa è rimasta (ovviamente) anche in tutti i modelli successivi.

La prova

Tutto ciò in teoria, ma per essere sicuri bisogna fare una prova e verificare se la musica passa  effettivamente e se la risoluzione rimane invariata.

Per prima cosa serve questo: un cavo di connessione digitale ottica con un attacco Toslink standard (a sinistra) e uno MiniJack 3,5 (a sinistra). Si trova facilmente su Amazon.


Poi bisogna collegare il Mac mini a un DAC von ingresso TosLink come il mio S.M.S.L. che uso per questi test..


Infine bisogna mandare in esecuzione sul Mac Mini un file audio in HD, cosa che ho fatto con il media center J River installato sul Mac Mini scegliendo un file in risoluzione 24/96Khz. Con una cuffia collegata al DAC ho potuto sentire la musica (un brano del 10,000 Maniacs per la cronaca) confermando cosi che l'output è anche digitale , e il display del DAC ha mostrato che il contenuto in ingresso era effettivamente a 96Khz, trasferimento trasparente, senza downgrade.


Ma, un PC di 10 anni fa è ancora utilizzabile?

Sì, ma con qualche intervento. La serie Mac Mini nel frattempo è ovviamente evoluta ed è arrivata alla 13ma generazione con il modello 2020, con un notevole potenziamento della CPU. In parallelo il sistema operativo MacOS ha avuto altre versioni che sfruttavano la maggiore potenza per altre funzionalità e incrementi della sicurezza. Ciò comporta, come sempre, che le versioni di Mac OS successive a quelle del 2014 rallentano molto il funzionamento del PC se rimane alla dotazione hardware originale, in particolare. con l'HD fisico da 500GB. E' obbligatorio quindi sostituirlo con un disco a stato solido SSD. Un intervento che costa 100-120 € ma indispensabile. Non è invece indispensabile estendere la memoria di massa, almeno per questi usi audio, ed è un bene perché non è sostituibile. Spesso i Mac Mini 2014 usati che si trovano su eBay hanno già questo upgrade

Ma non si potrebbero avere le stesse funzionalità con un componente dedicato?

Si ma servirebbe uno streamer puro (senza DAC) e ce ne sono pochissimi in commercio, non si sa perché, ne ho parlato in questo link. Al momento, al netto di ulteriori ricerche, ne risulta solo uno, il Primare Prisma NP5 MK2 (e non il PRO-JECT Stream Box S2 Ultra citato nel post nè altri modelli della Pro-Jet).


domenica 14 gennaio 2024

Il "Nuovo Audiofilo" e lo Streamer

Prima di tutto, cosa si intende per audiofilo? Una persona che ama la musica, che concepisce l’usanza di ascoltarla non solo come sottofondo, ma dedicando ad essa tutta l’attenzione, e consapevole che con appositi strumenti si può ascoltare cogliendo tutti i suoi elementi, estensione, timbro, dinamica, collocazione spaziale di chi suona. Il Nuovo Audiofilo quindi è chi condivide questo obiettivo ma per età o scelta non comprende la necessità di un componente  intermedio tra la musica registrata e l’impianto che la fa sentire a lui. Componente che ovviamente è il CD o il vinile.

Il Nuovo Audiofilo ha solo la necessità di una connessione, una interfaccia, tra il suo impianto, minimale o complesso che  sia, e l’archivio nel quale si trova  la musica, ormai al 99,9% digitalizzata. Archivio che può essere sul “cloud” oppure a casa propria , tipicamente su un NAS.
Questa interfaccia ha ormai un nome condiviso, streamer, ovvero strumento per creare un “flusso” di dati dall’archivio al componente che ricrea la musica (il DAC e quello che segue).

Lo streamer
Può essere un componente a sé stante, che fa solo questa funzione, o essere contenuto come funzionalità aggiuntiva in altri componenti, oppure avere anche altre funzioni oltre quella di interfaccia,  Da  aggiungere che l’importante funzionalità di selezione della musica e gestione dell’ascolto è sempre una app specifica dello streamer per smartphone e tablet. Ma può essere anche soltanto una app su un computer, uno smartphone o un tablet.
Facciamo una rassegna delle alternative:

  1. Smartphone o Tablet: installando la app del servizio streaming scelto (Tidal o Qobuz tipicamente) e collegando l'uscita dati a un DAC  (vedi ........) abbiamo realizzato il più smplice ed economico streamer. Con questa soluzione è però più complicato creare una interfaccia verso il NAS e soprattutto non è disponibile un media center software come J River o Roon per gestire la libreria.
  2. Computer fisso o mobile: simile alla precedente con la differenza che la connessione al NAS è immediata essendo il NAS sempre gestito da un PC e che, inoltre, è possibile utilizzare un media center e quindi avere una soluzione completa
  3. Streamer puro: fornisce solo, con la sua app, una interfaccia tra i servizi streaming o il NAS e il DAC, a differenza di PC, Tablet o smartphone, è un componente dedicato, particolarmente progettato per non introdurre anche minime alterazione nelle sua funzione di "bridge" tra  la musica e l'impianto. E' in pratica un PC specializzato e dedicato a questa unica funzione, con tutti i vantaggi funzionali e prestazionali che si possono intuire. Pochi modelli proposti.
  4. Streamer+DAC: funzionalmente è come la precedente, ma include anche il DAC con il vantaggio di essere più semplice e ready-to-use ma lo svantaggio di non poter fare in seguito un upgrade del DAC (il componente sul quale c'e  piu competizione e proposta di modelli, con possibilità quindi di upgrade). Con questa soluzione sono da aggiungere solo l'amplificatore e le casse acustiche copre solo le casse acustiche, se attive. E' la più diffusa tipologia di streamer, molti modelli da fascia medio-bassa ad altissima.
  5. Streamer+DAC+Amplificatore: aggiungendo un amplificatore nello stesso cabinet, cosa ormai semplice con gil amplificatori in classe D, al nuovo audiofilo rimane solo l'onere di scegliere le casse acustiche. 
  6. Amplificatore+DAC+streamer. apparentemente è come il precedente, la differenza è che l'ampli aggiunto è (salvo limitati casi hi-end) tipico di aziende la cui produzione è soprattutto sul digitale e gli ampli sono spesso in classe D, mentre l'ampli con streamer (+ DAC, obbligatoriamente) è proposto da alcune aziende specializzate e spesso "storiche" per estendere la loro clientela
  7. Casse attive Wi-Fi + Streamer: in una cassa attiva che si può connettere è già presente sia un DAC che l'accesso al web, quindi è un gioco da ragazzi aggiungere una scheda standard che fornisce le funzioni di streamer più la app per smartphone e tablet e qui di è quasi sempre inclusa. E' ivviamente la soluzione più semplice e, con l'ampiezza complessiva delle offerte, potrà garantire anche soluzioni di elevato livello. 
Elementi per la scelta
Il minore costo, accompagnato anche da una qualità adeguata, è rappresentato ovviamente dalla soluzione 3 con PC, Chi cerca invece una soluzione più semplice e immediata nell'uso ha un'ampia libertà di scelta. L'elemento che incide di più sulla qualità audio è il DAC e quindi chi tiene di più a un ascolto ottimale dovrebbe preferire uno streamer puro, ma non è giudicato interessante dai produttori e i modelli disponibili sono pochissimi.
Gli streamer con o senza amplificatore sono molti e, sempre riguardo alla qualità del suono, gli elementi che incidono di più sono il DAC interno e la connessione a un DAC esterno per futuri upgrade. 

Per il DAC la differenza la fa l'uso previsto, se è solo streaming da servizi è sufficiente una risoluzione 24/192 mentre se c'è anche musica acquisita in download e archiviata su NAS può essere necessaria anche la decodifica in formato DSD (almeno fin a DSD128 o in risoluzione maggiore (32 bit e frequenza raddoppiata) e quindi un DAC di ultima generazione (ormai disponibili a prezzo economico). In questa classe di prodotti però quelli raggiungibili (sotto ai 1000 €, partendo da 500 circa) sono quasi tutti, con poche eccezioni ancora dotati di un DAC "basic" 24/192. ma esistono alcuni modelli che possono riprodurre senza conversioni anche file audio in codifica DSD, ance in DSD128. Introvabili
invece veloce ma no  troppo, quelli con uscita USB per un DAC esterno. Per queste funzionalità bisogna andare alla produzione Hi-End dove però siamo sulle migliaia di €, come nel caso delmolto citato Rose 150B (che è anche video).

Da notare infine che le case cinesi che stanno sfidando i fornitori tradizionali con DAC, network player, ampli per cuffie di qualità e prestazioni sempre più elevati (ovvero TOPPING, S.M.S.L. ecc.) no n propongono streamer.

Alcuni esempi
Per fissare meglio le idee conviene ricorrere ad alcuni modelli tipo delle varie scelte tecnologiche proposte dai produttori, cominciando dalla più semplice. Metto qui solo i riferimenti, gli approfondimenti sulle specifiche e le prove si possono leggere facilmente in rete.
Ovviamente la scelta è solo di componenti esemplificativi per la categoria, non si tratta di suggerimenti di acquisto, questo blog non ha pubblicità né alcuna relazione con produttori del settore. Per la scelta si consiglia sempre di consultare le molte recensioni presenti sul web, incluse quelle di chi li ha acquistati, presenti su diverse piattaforme, oltre che vedere e provare il componente in negozio ogni volta che è possibile. 

(3) PRO-JECT Stream Box S2 Ultra
  • Uno dei pochi streamer puri in commercio, tramite wi-fi o Ethernet si connette ai servizi streaming o al NAS supportando tutti i formati e livelli di risoluzione, e passandoli (bridge) al DAC collegato via USB, il tutto adottando una serie con una serie di accorgimenti pensati per garantire il minimo degrado durante questa funzione di trasporto. Selezione e ascolto sono gestiti dalla sua app (recentemente migliorata) ma è anche Roon ready e quindi si può usare anche questa raffinata e flessibile interfaccia.

  • Costa più di uno streamer con DAC integrato ma lo streamer puro è una soluzione quasi obbligata per chi punta alla massima qualità audio e non vuole impiegare come bridge un computer. Il prezzo indicativo (come gli altri che seguono) è 650 €. Un'alternativa con funzionalità e prestazioni (e prezzo) quasi identiche ma meno spinte è il Primare Prisma NP5 MK2.(prezzo 540 €)

(4) AUDIOLAB 7000N
  • Tra i molti streamer con DAC integrato è segnalato spesso nelle recensioni e liste "best by" come uno dei più consigliabili probabilmente per l'equilibrio tra le varie funzionalità e l'efficienza della app a corredo. Inoltre per le connessione Wi-fi utilizza il protocollo Play-Fi di DTS (noto standard per il multicanale) che è tecnicamente superiore, in special modo per l'alta definizione, rispetto a Google Cast, Sonos e Air Play. Qualcosa che però serve per il multisala o altre sorgenti non per l'ascolto stereo, tranne eventuali casse attive Wi-fi che supportino il protocollo Play-Fi.

    Significativo esempio di questa categoria ha tutte le caratteristiche standard: risoluzione 24/192, DAC esterno collegabile su uscita ottica Toslink o coassiale, schermo incorporato, estetica gradevole per l'inserimento in ambiente casalingo. Prezzo 660 €.

(5) Cocktail Audio N25AMP
  • In questa categoria di componenti audio c'è una discreta varietà in fatto di prestazioni e funzionalità, scelgo come esempio un componente di fascia medio-alta, con caratteristiche, per la parte streamer, superiori a quelle dei tipici prodotti della categoria precedente, che si basa sul modello N25 di Cocktail Audio. In particolare, il DAC incluso è di ultima generazione (ESS Sabre 9018K2M) ed è grado quindi di decodificare senza downgrade anche file audio 32/384, DSD256 e anche MQA per chi crede ai benefici di questa codifica. Altra funzionalità superiore ai tipici streamer con DAC è la presenza di una uscita USB adatta a collegare un DAC esterno.

Di rilievo anche l'amplificatore incluso che è in classe D (come quasi tutti in questa categoria) e ha una potenza di 150 W. (prezzo circa 1.300 €, N25 senza amplificatore ca. 1000-1100 €)

(6) NAD C700 

  • Le funzionalità di base sono le stesse della categoria precedente quindi l'elemento che può giustificare la scelta è l'amplificatore, magari fornito da un produttore specializzato in questi componenti. Come è appunto NAD  che propone diversi modelli di amplificatori con sezione streamer, questo è l'entry level ma ci sono anche modelli di fascia alta come lo M33 posizionati oltre i 5000 €. Il NAD C700 è basato ovviamente sulla piattaforma proprietaria di NAS che si chiama Bluos e che è a tutti gli effetti un marchio a parte. Quindi ha tutte le funzionalità tipiche degli streamer più evoluti, incluso supporto Roon, l'unica differenza (forse una scelta politica) è che per il collegamento alla libreria musicale su Nas non supporta il diffuso protocollo DLNA (o UPnP) ma a piattaforma SAMBA. Funzionalità simili ma meno adottata. 



  • L'amplificatore incluso anche in questo caso è in classe D ma fa ricorso  a una evoluzione proprietaria NAD della tecnologia di Hypex Electronics, come gli ampli in classe D più performanti e musicali (secondo le recensioni). E' basata su una integrazione tra il DAC e l'ampli, non semplice da sintetizzare, per saperne di più si può leggere questo paper di NAD.
    Il C700 ha un amplificatore da 80 W e costa indicativamente 1.500 €. Interessante ma a 2.500 € il modello superiore M10 V2 che ha un ampli da 100 W, il DAC che arriva fino a 24/384 e soprattutto il sistema di correzione ambientale Dirac Live Room che è effettivamente un upgrade considerevole.
(7) KEF LS50 Meta Wireless
    • La proposta di casse attive wireless con caratteristiche Hi-Fi è in crescita e si affacciano anche diversi nuovi produttori oltre ai nomi storici dell'alta fedeltà. Questi diffusori attivi della KEF che ho anche provato (in una versione precedente) anni fa continuano ad essere il riferimento del mercato e quindi mi limito a riportare il link. 


      Con questa scelta non serve niente altro per ascoltare in streaming dai servizi streaming musicali e neanche per ascoltare la musica memorizzata su un NAS accessibile con protocollo DLNA. Il vero tutto-in-uno.
In sintesi
L'offerta come si vede è piuttosto ampia e il Nuovo Audiofilo può certamente trovare la combinazione migliore per le sue esigenze, del tutto integrata (7) se la praticità e la sicurezza del risultato sono le sue priorità, oppure, se punta a prestazioni ancora superiori, magari ricorrendo a diffusori e/o amplificatore usati (il mercato dell'usato è piuttosto ricco) sceglierà uno streamer che fa da interfaccia tra digitale e analogico (5) senza o con ampli integrato (6-7). Molto minore la scelta per chi vuole scegliere il DAC

Scegliendo i componenti tipo da citare ho fatto caso al grande dinamismo del settore, ovvero alla continua proposta di nuovi componenti e la rapida sostituzione e uscita di scena dei modelli precedenti. E' quindi facile scegliere "il meglio" come rapporto qualità/ prezzo, ma piuttosto difficile che sia ancora "il meglio" uno o due anni dopo. Ampiezza dell'offerta e dinamismo fanno ritenere che i Nuovi Audiofili non siano pochi e costituiscano già un mercato interessante e promettente.

Per contro il settore dove la competizione è più intensa, ovvero quello dei DAC, dove produttori cinesi danno l'assalto alle firme tradizionali spingendosi sempre più verso le prestazioni e le funzionalità più elevate, mantenendo prezzi ancora umani, fa pensare che non sano comunque moltissimi. Il target principale rimangono gli audiofili boomers alla inesausta ricerca di miglioramenti al loro impianto tradizionale.stream box 

Appendice - Il retro degli apparecchi esemplificativi presentati, con gli ingressi e le uscite

Un buon modo per avere un'idea immediata degli ingressi e uscite, e quindi delle funzionalità e flessibilità di un componente, è guardare il  pannello posteriore ( cliccare per ingrandire).













giovedì 7 dicembre 2023

Il CD ha un futuro?

Perché ci dovrebbe interessare il futuro del CD? In effetti non interessa a tutti, interessa solo a quegli appassionati di musica che ritengono importate "possedere" la musica che hanno scelto di ascoltare, quindi comprarla registrata su un supporto fisico o anche in forma di file da caricare su una propria memoria per computer ma, preferenzialmente su CD, su cui dovrebbero essere pubblicati tutti i titoli, e che è semplice nell'uso ed economico.. Per poterlo fare è necessario che qualcuno la venda in questo formato, e non solo nella ormai dominante modalità streaming, in abbonamento o gratis con pubblicità.

Qual è la situazione?
Secondo i dati del 2022 (vedi la sintesi su M&M) in USA la musica digitale ha l'88% del mercato e, nella musica digitale,  il digital download, ovvero l'acquisito del proprio file musicale, è al 5%. In questo 12% inoltre sono inclusi, oltre al CD, DVD musicali,  Cassette, SACD, Pure Audio Blu Ray e, soprattutto LP. Tra i supporti fisici infatti il vinile ha superato il CD sia come valore economico sia come numero di dischi venduti. Ma non è questo il problema.

Il problema è la disponibilità
Il CD era, fino ad oggi,  il supporto fisico standard, ogni nuova uscita o ristampa da catalogo era messa in commercio su CD e poi eventualmente in altri formati, vinile soprattutto, o su streaming. Considerando il calo costante degli acquirenti e il costo di produzione e distribuzione di un nuovo CD, per molti musicisti e il loro produttore l'uscita su CD sta diventando un'operazione economicamente a rischio di perdita, con margini bassi, in particolare con le tirature limitate.
Molto semplice come alternativa  è la creazione di un video per spingere una canzone su YouTube, video che può avere anche costi bassissimi se sorretto da una buona idea, come questo video delle Rainbow Girls, famose solo su YouTube, eppure questo video veramente basic ha 314.000 visualizzazioni e altri video del gruppo più datati sono oltre i 3 milioni.

Con appena un poco più di impegno nella regia del video si possono raggiungere risultati ancora superiori, questi sono i Southern Raised anche loro con una cover, il risultato sono 11 milioni di visualizzazioni in 2 anni. Certo, bisogna anche avere qualcosa da dire ed essere bravi e comunicativi (li ho scelti apposta i due video: se qualche visitatore li vorrà vedere non resterà deluso).

L'album sospinto dai video può esser poi acquistato in formato digitale mettendolo su un sito digital download o, più semplicemente, su un servizio streaming che consente anche il download, come Qobuz, o anche su un supporto fisico, che a questo punto può essere anche il vinile, che garantisce margini più alti.

E quindi, il povero CD?
Può essere alla fine dimenticato tra i vari formati scelti, come segnala con dovuto allarme il coordinatore della ottima sezione di recensioni musicali di Audio Review, Federico Guglielmi, nell'editoriale di Ottobre 2023. L'audiofilo che è anche musicofilo e che alla sua libreria musicale ci tiene, rimarrebbe così senza il supporto più pratico ed economico.
Ma non è ancora una sparizione di massa, è un fenomeno agli inizi e forse neanche certo. Utilizzando come statistica le recensioni di Audio Review, che sono decine ad ogni numero si nota che:

  • la musica moderna, rock, folk, indie ecc. e' proposta in massima parte sia in CD che in LP, ma alcune uscite sono solo in download (DL) e altre solo in vinile
  • il jazz è quasi sempre pubblicato in CD, a volte anche su LP, alcune volte solo in DL
  • la classica è sempre pubblicata su CD, a volte anche su SACD 
Ma il vinile non può essere l'alternativa?
Più no che sì, prima di tutto perché non sempre è disponibile per le nuove uscite e le ristampe, fanno una scelta in base alle vendite attese, ma soprattutto perché non è adatto per la libreria musicale di un audiofilo moderno, che non penso voglia rinunciare alle semplificazioni della più recente tecnologia, il CD già digitale può invece essere "rippato" e inserito in una libreria musicale digitalizzata, con catalogo automatico, ricerca istantanea e così via ,oltre che fruito in mobilità o per altri scopi (colonne sonore ecc.). Peraltro, come sappiamo, il successo attuale del vinile è essenzialmente di immagine, un gadget da mostrare, molto lontano quindi dagli scopi che sto illustrando.

E' necessario anche poterlo far suonare, il CD
Va bene il desiderio di possesso, può darsi che qualche musicofilo sia interessato più al contenitore (la copertina, il libretto) che al contenuto, che comunque può ascoltare in streaming ma, a parte che questo uso come gadget vale soprattutto per gli LP su vinile, si suppone che chi compra un supporto fisico che contiene musica debba avere un lettore per ascoltarlo.
E qui bisogna rendersi conto che, a parte le case degli audiofili con il loro prezioso impianto, ben poche case oggi hanno un lettore CD, perché lo hanno abbandonato per ingombro e scarso uso o perché non è mai entrato in casa. Quest'ultima è la situazione normale per tutti gli sposati nati da 1990 in poi, nelle loro adolescenza i CD stavano sparendo con l'arrivo del  peer-to-peer e poi di iTunes, ne avevano quindi pochi, regalati magari, o non ne avevano.
Più frequente  probabilmente la presenza incidentale della funzionalità negli impianti Home Theater , anche i più economici, per la presenza di un lettore DVD o Blu Ray., che può leggere anche i CD.  Ma anche questi lettori sono in via di sparizione con l'arrivo dello streaming, ancora più massiccio in questo settore.

In sintesi
Rimangono quindi in una nicchia ben ristretta i musicofili che potranno soffrire per la scomparsa o la rarefazione delle nuove uscite in CD. Molti sono probabilmente poco interessati al nuovo, e per la produzione precedente nel mercato dell'usato con i miliardi di CD prodotti troverà sicuramente quello che cerca mentre quelli che ritengono assolutamente da avere una produzione recente probabilmente soddisferanno la loro esigenza di possesso con un LP se interessati anche all'immagine e/o con il digital download.
Il destino del CD, se fosse legato solo al ritorno economico, sarebbe segnato, ma possiamo essere certi che . la produzione cesserà o sarà minimale solo quando la domanda sarà veramente ridotta, e i numeri attuali, anche se calati moltissimo, costituiscono comunque un mercato molto ampio. Farà in tempo a diventare vintage e ricercato anche lui, oggetto curioso e affascinante del tempo che fu (che per tutti è sempre il migliore, come sappiamo), 

domenica 5 novembre 2023

Nuova vita per la Tivoli Audio Model One

La  Tivoli Audio Model One è una radio FM totalmente analogica, mono e dl suono sorprendente per le dimensioni che ha. Apparentemente fuori tempo quando è stata proposta sul mercato (era il 2000, massima espansione del CD e tramonto ormai totale dei sintonizzatori negli impianti Hi-Fi) è invece diventata nel tempo uno status symbol, per una volta a ragione, perché consentiva di ascoltare le radio musicali, anche di classica, con ottima qualità e costo accessibile. Ma era anche un oggetto dall'estetica minimal e raffinata, che era piacevole esibire in casa, evidentemente.

In un post di diversi anni fa (2011) ho descritto questo piccolo miracolo di tecnica e di semplicità e quindi rimando per informazioni su come è fatta al post La Tivoli Audio. Io ne ho comprato due tra il 2005 e il 2010, una per la cucina e una per lo studio, ma da qualche anno erano inutilizzate perché il "far west dell'etere" in Italia e specialmente a Roma non è mai stato regolato, le emittenti si sovrappongono tuttora dopo 57 anni dalla liberalizzazione  una all'altra e sovramodulano per farsi ascoltare. Le poche radio musicali sopravvissute e che trasmettono con qualità ragionevole sono praticamente inascoltabili per una radio tutta analogica, essendo pesantemente disturbate da radio commerciale che invadono le loro frequenze. 


Un uso alternativo (ma non troppo) di Alexa
Molti anni dopo ho comprato, stimolato dalla curiosità, Alexa di Amazon, ho scoperto che comprende con grande efficacia i miei comandi ma che, come assistente, la uso poco, per lavoro uso molto PC e iPad e le informazioni che mi servono posso trovarle sul web come ho sempre fatto. Ma è anche una radio volendo, può fornire un sottofondo musicale, ma con la qualità dell'altoparlante di uno smartphone. Sotto un certo livello di qualità la musica non la sento e così Alexa è rimasta un soprammobile.

Fino a che non ho avuto una idea molto semplice, quelle del tipo "perché non ci ho pensato prima?" ovvero usare La Tivoli Audio come altoparlante di Alexa, Entrambi gli oggetti hanno una uscita / ingresso mini jack stereo e quindi basta un cavetto doppio maschio per collegarle. Certo si perde l'ottimo sintonizzatore analogico FM a component discreti della Model One e il suono arriva invece da chipset digitali di qualità commerciale grande serie, sia per il sintonizzatore digitale sia per il DAC digitale-analogico, si perde qualcosa in finezza (ma solo se la radio selezionata trasmette in buona qualità) ma in compenso si ha la comodità dei comandi vocali per cercare le radio, che includono anche le emittenti DAB (tra cui Lifegate, unica trasmittente di quasi solo buona musica non classica).

Un consiglio tecnico: l'ingresso AUX della Tivoli Audio è "minimal" come tutto il resto, non è un circuito separato e quini è in comune col sintonizzatore FM, si limita a silenziare il flusso sonoro della emittente e a far passare quello dell'ingresso esterno. Ho notato però che se la emittente sovramodula o distorce i disturbi passano e sporcano il suono dell'ingresso AUX. La soluzione è individuare una stazione che viene ricevuta senza disturbi, con la spia di ricezione (la luce gialla) è' al massimo della luminosità e stabile. Non importa che sia una radio dei romanisti o Radio Maria, non si sentirà nulla della emittente ma neanche disturbi.

In sintesi
Con un pizzico di soddisfazione per la piccola rivincita sulle mie odiate radio commerciali, ora la Tivoli Audio mi accompagna ancora quando voglio accompagnare con musica che mi piace le mie attività. E la rinascita ma ha dato lo spunto per riusare anche la seconda, portandola nella casa al mare, che è in una zona tranquilla e poco popolata dove qualche radio decente (come Rai 3) si riesce ancora a sentire grazie al minor numero di radio commerciali nella zona.



giovedì 26 ottobre 2023

Bassa fedeltà e Infima fedeltà

Come ascolta la musica la gente? Non ci sono statistiche che possano rispondere a questa domanda  ma un primo dato possiamo dedurlo: sono molto pochi quelli che l’ascoltano in “real stereo” ovvero con due casse acustiche con estensione sufficiente e ben posizionare, nonché pilotate da un front end hi/fi. Lo si deduce dal fatto che questi componenti sono spariti ormai da più di un decennio dai mega-store di elettronica tipo Media World e simili e che i negozi specializzati superstiti sono pochissimi (meno di 5 a Roma). 

Non è un acquisto che si può fare su Amazon (anche se qualcosa c’è) e quindi è evidente che la domanda di nuovi impianti è minima, è un settore di nicchia riservato ai pochi che vengono a sapere magari col passa parola che un altro ascolto è possibile, oltre ovviamente ai “boomers” contagiati dalla passione Hi-Fi negli anni '70-'80. Che sono poi quelli che ancora sostengono questo strano mercato con centinaia di produttori e prezzi spesso senza senso.

Quindi proseguendo con l'ascolto della musica, che si sceglie, e calando in qualità di ascolto,  possiamo incontrare una nuova generazione di ascoltatori che scelgono componenti all-in-one come il Naim Muso, o utilizzano (a volte per un ascolto da scrivania) casse attive economiche,  ma comunque quasi hi-fi, in vendita  su Amazon collegate a un PC o a uno smartphone/tablet. Per restare in campo hi-fi da citare ovviamente anche  le cuffie stereo per smartphone/tablet. Che anzi possono avere qualità e prezzo molto elevati.

Andando più giù  troviamo ancora i pesanti “compattoni” con bassi pompati, dedicati ai cultori della musica techno o simili, per ascolti anche in esterni oppure come colonna sonora dei game preferiti. Ma siamo ormai del tutto fuori dal concetto di H/Fi.

Più o meno allo stesso livello di qualità (molti meno bassi ma minore distorsione) c'è il mezzo probabilmente più usato in assoluto, ovvero lo smartphone, con gli auricolari, con una cassettina Bluetooth o anche da solo .

Un ascolto che quindi nel minore dei casi fa i conti con molti compromessi, ma nella maggio parte dei casi inevitabilmente in BASSA FEDELTA' , una scelta molto spesso inconsapevole.


Ma si può fare di peggio ...
Sì, perché finora ho considerato gli ascoltatori  che scelgono la loro musica: il brano o l'album oppure la stazione radio o web conforme ai propri gusti oppure all'umore del momento. Ma la musica ci insegue in ogni ambiente, anche i più incongrui, cercando a quanto pare di cancellare un benefico e preferibile silenzio da ogni momento della nostra vita in città. In ogni supermercato, dal barbiere o dal parrucchiere per le donne, nelle sale d'aspetto, nei negozi di abbigliamento e in particolare  in quelli di moda per giovani (fascia 15-55 al momento) anche con invasiva musica techno a tutto volume, in palestra,al ristorante (esclusi in genere quelli stellati: il silenzio si paga e pure caro), negli stabilimenti balneari, nei bagni degli autogrill, perfino, e siamo forse al punto più basso, nel parcheggio dei centri commerciali o dei supermercati. 

E arrivare alla INFIMA FEDELTA'
La salsedine di una spiaggia e del vento del mare, i gas di scarico e l'umidità di un garage, l'umidità e l'aria stagnate di un bagno pubblico, sono minacce pericolose per un altoparlante se non è ben protetto (esistono gli altoparlanti per esterni). Però ne servono parecchi, e i gestori delle spiagge attrezzate, i celebri "balneari" spesso protagonisti della politica italiana (siamo un Paese speciale) e i proprietari dei centri commerciali vogliono senza dubbio osservare l'obbligo (evidentemente è cosi, ma non so da chi sia stato imposto, forse da Soros e Bill Gates) ma non spendere troppo. Tanto la qualità non è un problema, basta che si capisca che è musica. e così adottano altoparlanti come quelli della foto sopra, fotografati nello storico centro commerciale Cinecitta 2 di Roma (storico perché stato il primo nella capitale) aperto negli anni '80.

Altoparlanti della nota ditta RCF realizzati con la stessa tecnologia dei megafoni, altoparlanti a tromba ripiegata studiati per amplificare al massimo la voce parlata con poca potenza, senza curarsi troppo della distorsione inevitabile. Qualsiasi brano musicale ha una estensione molto più ampia della voce umana e si può immaginare cosa esca fuori da questa specie di tritacarne musicale. Che sarà anche qualche accorgimento  per diffondere in qualche modo  anche un contenuto musicale, ma vi assicuro che anche i brani pop più semplici e banali escono da questi tubi collocati in quantità sul soffitto con una distorsione tremenda, oltre che tagliati pesantemente in basso in alto.

Invitando così a salire al più presto in macchina, a chiudere i finestrini e lasciare al più presto il parcheggio. Ma forse era questo il vero obiettivo di questa sonorizzazione.

In sintesi 
Noi sappiamo che è possibile un ascolto coinvolgente della musica, e ci sono anche nuove generazioni che ne sanno qualcosa, ma non hanno probabilmente interesse a sperimentarlo, considerando questa alternativa troppo costosa ed essendo convinti che basta così per quello che la musica da a loro. E bisogna dire che se la musica che interessa e’ quella di Lazza o Ariete forse hanno anche ragione. Non per disprezzare questa musica, ma perché obiettivamente l’ascolto hi-fi in questi casi aggiunge poco.


Il silenzio.
Ma l'abitudine a sentire male la musica rende evidentemente anche sopportabile sentirla pesantemente distorta nei luoghi più impensati, tagliata in basso in alto, la espressività del o della cantante svanita, le parole quasi incomprensibili. E fa dimenticare il meraviglioso suono del silenzio, di un lago, di un bosco, di una notte d'estate a finestre aperte in campagna, rendendo sopportabili, o anche preferibili, i suoni distorti che accompagnano quasi tutti i nostri passi.

(Rantasalmi, Finlandia, Foto di A,M, Truffi)

venerdì 4 agosto 2023

L'alta definizione ha vinto. Ma nessuno se n'è accorto

Su questo blog negli anni passati sono stati pubblicati molti post dedicati all'alta definizione in musica, che doveva essere il passo successivo verso la massima qualità per la musica digitale, dopo il primo passo rappresentato dal CD. Ci sono stati tentativi falliti (la sostituzione del CD con il SACD) polemiche e un discreto numero di appassionati che la ritenevano solo una mossa commerciale, perché loro non sentivano alcuna differenza, test accademici di esito favorevole o contrario, c'è stata una diversione invece apprezzata dai suddetti appassionati (il DSD). E, soprattutto, c'è stato un boicottaggio ostinato da parte delle case discografiche, che hanno tentato per due decenni di venderla a un prezzo maggiorato, che quasi nessuno però voleva pagare. E invece ora, 22 anni dopo, la situazione è questa.

Questa è la rassegna delle novità discografiche proposta da Qobuz oggi. Come si vede (anche scorrendo la pagina) salvo poche eccezioni le nuove uscite sono proposte in alta definizione. Il che è abbastanza logico visto che sono registrate sempre in alta definizione, e nella diffusione in streaming o in download non ci sono esigenze diverse per l'ascolto o l'acquisizione con la qualità CD o i formati compressi. In altre parole, si usano le stesse app.

Quello che cambia tra i vari album è la frequenza di campionamento, che spazia su tutti le possibili opzioni (anche in questo piccolo campione), dove ci sono album HD a 192, 96, 88.2, 48 e 44.1 KHrz. Il campionamento a 44.1 KHrz è abbastanza penalizzante rispetto alla qualità, mentre gli altri 4 formati garantiscono comunque un ascolto HD.

La scelta del campionamento è delle case discografiche e, faccio un'ipotesi, dipende probabilmente dalla necessità di banda in mobilità, che può essere insufficiente per frequenze superiori a 48KHz, una criticità facilmente aggirabile in streaming potendo abbassare la frequenza nel lettore, ma che richiede però un intervento umano e un possibile passaggio ad un altro album. Quindi, potrebbero scegliere la frequenza in base al target, 192 per chi probabilmente ascolta a casa o in zona WiFi e via a scendere. Il che pare confermato dalla preferenza che si osserva del 44.1 per gli album classificabili in area pop,

Quindi l'alta definizione, anche se talvolta è media definizione, è diventata lo standard per la musica diffusa via web, sia  ascoltata in streaming che dopo download, ovvero è disponibile per il 90% delle persone che ascoltano musica, anche se devono scegliere un servizio che non sia Spotify o YouTube., ovvero pagare qualcosa. Rimane  esclusa la distribuzione su supporti fisici, che rimane confinata alle poche etichette di classica che pubblicano ancora su SACD.

Nessuno se n'è accorto?
Pare proprio di sì,i Le riviste che spingevano a tutto spiano l'alta definizione non ne parlano più e la citano solo incidentalmente. Nei test raramente è specificato (e qualche volte è il Pure Audio Blu Ray), nella sezione musica non è mai specificato nelle recensioni, nelle quali l'informazione è solo sul supporto fisico o meno (CD,LP; DL = Download), l'avevo fatto presente via email ma pare sia troppo complicato acquisre considerando il numero di recensioni pubblicato, anche perché le case discografiche non lo evidenziano sempre. (Faccio riferimento alla principale rivista del settore in Italia) .Anche sul web il tema sembra sparito o trattato solo occasionalmente quando si parla di DAC, D'altra parte è logico visto che il massimo sforzo dell'industria del settore, in parallelo con il massimo interesse degli appassionati, è rivolto al vinile.

E il DSD?
Sembrava per un po' il nuovo Nirvana musicale, ma rimane un Nirvana per pochi (ammesso che lo sia). Sullo streaming nessuno prova a proporlo (costa di più e il target potenziale è molto piccolo o forse proprio non c'é) e le etichette che provano a proporre contenuti sono molto piccole, e quindi i contenuti o sono di musicisti semisconosciuti o arrivano da master storici e molto datati (spesso registrati in mono) dove l'apporto della qualità della codifica DSD è tutto da vedere.

In sintesi
E' tutto sommato una buona cosa che la lunga diatriba e il tempo passato abbiano abbassato l'aspettativa sull'alta definizione, come tecnologia che renda sistematicamente migliore l'ascolto. E' ormai opinione condivisa che la registrazione e la creazione del master sono  gli elementi che incidono maggiormente sul risultato finale. Ma resta il fatto che proprio le registrazioni più accurate e quindi più vicine all'evento musicale o all'idea dell'artista meritano di essere ascoltate con la massima qualità e precisione possibile oggi.




domenica 9 luglio 2023

La durata della musica (e dei film)

Molte recensioni ai film recenti rimarcano che sono troppo lunghi, che si perdono in un eccesso di storie laterali o di ripetizioni. Effettivamente lo standard per un film sia "commerciale" che "artistico" (o presunto tale) sembra essere arrivato a una durata di due ore o più. I film dal 2015 circa sono tutti proiettati in digitale e quindi la durata non è più un problema tecnico né per la proiezione né per la distribuzione, e quindi si suppone che sia quest il motivo scatenante esi rimpiangono inevitabilmente i tempi della pellicola analogici, quando la durata standard era di 90' divisi i due tempi di 45'.

In realtà non era sempre così, ad esempio era così nei film di "serie B" tipo L'insegnante con Edwige Feneck o La supplente con Carmen Villani, ma anche nei "film d'autore" come praticamente tutti quelli di Bergman, di Godard e anche di Nanni Moretti. Mentre nei film che avevano più protagonisti, o una storia che si snoda su più anni e più vicende, come Una vita difficile di Dino Risi, C'eravamo tanto amati di Ettore ScolaLa vita è meravigliosa di Frank Capra la durata arrivava sopra i 100' e spesso anche sopra le due ore. E non mancavano quelli "extra large" come Il Gattopardo di Luchino Visconti (3h25') o C'era una volta il West di Sergio Leone (2h55') assieme a molti altri.

Non c'era quindi alcun vincolo dovuto alla tecnica analogica, che infatti già all'origine scontava un problema di dimensioni della pellicola 35mm. I film sin dai primi anni del 900 erano distribuiti in bobine (reels) delle dimensioni di circa circa 27 cm che contenevano 304 metri di pellicola (1000 ft) per una durata di 11' di film (a 24 ft/sec). In seguito, dal secondo dopoguerra, sono state usate bobine più grandi, da 2000 ft (22')  e diametro 38 cm, e poi anche da 3000 ft, Con il contenitore una bobina da 11' arrivava a circa 30 cm e cosi è nata la definizione italiana di "pizze di film". Ne servivano quindi 8 per un film da 90', o 4 se di durata doppia,

Quindi solo i primi film, le comiche ad esempio di Chaplin o di Stanlio e Ollio potevano essere proiettate in due tempi, gli altri film, anche dei tempi del muto, avevano durata maggiore, come La corazzata Potemkin di Eisenstein (67') o Dracula il vampiro (quello del 'ì '31 con Bela Lugosi, 68').
Per la visione continua il sistema più semplice era l'uso di due proiettori. Con marcature semi-manuali o sincronizzazione realizzata in vari modi la visione passava da un proiettore all'altro  in modo continuo, e in quello non in uso il proiezionista caricava la bobina successiva. Con questo sistema si poteva proiettare un film di qualsiasi lunghezza.

L'unico limite era il tempo massimo di attenzione dello spettatore, che infatti era messo in conto per il tipo di film. Ad esempio i cartoni animati avevano una durata inferiore (60-70') così come i documentari. Nei film per grandi valeva un altro elemento.

Mi ha stupito infatti in questi controlli scoprire che un capolavoro di Billy Wilder come L'appartamento, con Shirley MacLaine e Jack Lemmon, che pure non ha complessità nella trama né una vicenda he copre molti anni, ha una durata di 2 ore e 5'. Eppure io che l'ho visto anche 2 o 3 volte, non l'ho mai considerato un film "lungo" (come penso nessun altro), ma un film in cui tutto quello che c'era era essenziale, e nel quale la mia attenzione, e il piacere della visione, non sono mai calate, anche nella visione televisiva, che non beneficiava dell'interruzione tra primo e secondo tempo.

Quindi questo è il problema dei film attuali "troppo lunghi": non tutto quello che proiettano è essenziale, ma questo non lo impone la tecnologia digitale. Questa casomai fa "venire la tentazione" di fare un film lungo a piacere, ma a volte bisogna resistere alle tentazioni.


Torniamo alla musica
Questa lunga introduzione era significativa secondo me, perché nella musica il passaggio al digitale (avvenuto 30 anni prima) ha incontrato lo stesso problema, per quanto riguarda la musica registrata. Nella musica a differenza del cinema il limite esisteva veramente, ed era la durata del supporto. Con i 78 giri era di 3' per facciata e di conseguenza l'unica tipologia di musica supportata era l"aria"di un'opera lirica o il lieder della musica classica, gli antenati della canzone, e la canzone. Estratti d'opera lirica o di musica per orchestra erano comunque realizzati, usando più dischi, ma l'ascolto continuo non era possibile,

Il microsolco, ovvero l'LP
Tutto é cambiato col microsolco (il "vinile") nel secondo dopoguerra, ora si poteva registrare un concerto su un solo lato (30' minuti ma) e una sinfonia su un disco (se non era la nona o una di Mahler o Bruckner). Ma soprattutto, aveva il via la stagione di un nuovo formato per la musica moderna, l'album, applicabile al jazz, al rock, al pop, al songwriting, a tutti i generi moderni. La durata si è stabilizzata nel corso del tempo sui 45', nel senso che la grande maggioranza degli album in vinile nel periodo d'oro del LP stereo (dal 1960 alla fine degli anni '70) avevano questa durata, che non sfruttava tutta la capienza garantendo così una qualità leggermente superiore, alcuni album di progressive potevano essere più lunghi (ad esempio alcuni dei Genesis) e soprattutto esistevano i dischi doppi su 4 facciate, a partire dal celebre "Disco bianco" dei Beatles del 1968.

Per una strana combinazione però anche nelle musica è prevalsa una lunghezza "aurea" degli LP, ovvero i 45' citati prima, la metà (un tempo) di un film "standard", anche se in realtà su un LP con un po' di impegno (e compromessi di qualità) si poteva arrivare a un'ora e più.
In questa durata entravano 10-11 canzoni di durata  superiore allo standard del singolo 45 giri, giustificando la maggiore importanza (e prezzo) del 33 giri oppure si poteva, con l'arrivo del progressive, dedicare una facciata a una suite  classicheggiante (come in Atom Heart Mother dei Pink Floyd o Valentyne Suite dei Colosseum), e nei dischi doppi si poteva dedicare un disco a esecuzioni dal vivo e l'atro a registrazioni in studio (come in Ummagumma dei Pink Floyd o Sweet Child dei Pentangle).


Con questo minutaggio e con questo accorto uso del frazionamento su più facciate (e relative scelte oculate sul primo e ultimo brano di ogni facciata) sono stati creati un numero imprecisato di LP pressoché perfetti, ovvero dove non si "butta niente", dove ogni canzone è essenziale e nessuno può sentire il desiderio di saltare una traccia. Ognuno ha i suoi ovviamente, ma i primi che mi vengono in mente per dare un esempio sono If I Could Only Remember My Name di David Crosby, Sticky Fingers dei Rolling Stones, John Barleycorn Must Die dei Traffic.

Poi è arrivato il CD
Partiva all'origine da 70' ma è arrivato presto a 80', non era obbligatorio riempirlo tutto ma, poiché veniva messo in commercio a un prezzo molto superiore al disco in vinile preferivano riempirlo di musica come compensazione.
E così si è persa progressivamente quella durata "aurea" che si allineava perfettamente con i tempi di mantenimento della massima attenzione da parte degli ascoltatori appassionati, nonché della capacità creativa non sempre infinita dei musicisti.

L'epoca dei filler (e delle cover)
Ed è così che l'era del CD è diventata l'era dei filler, i brani riempitivo inseriti al solo scopo di arrivare a un minutaggio superiore a quello tipico degli LP. Una crescita progressiva, perché gli album degli anni '80 continuavano a essere pubblicati anche su LP, e così i classici anche di maggior successo come Brothers in Arms dei Dire Straits  erano ancora entro i 45', ma dalla fine del decennio la durata è cresciuta fino ai 55-60' (Achtung Baby degli U2, Siamese Dream degli Smashing Pumpkins).

Questi sono esempi di album storici tra i migliori e più apprezzati del periodo, di artisti al loro momento migliore e che potevano reggere l'attenzione dell'ascolto. Ma la crescita valeva per tutti e quindi è nata la necessità dei filler, i brani riempitivo, che un tempo erano una cover o due ed ora diventavano un po' di più, brani nuovi su cui gli autori e i produttori non erano troppo convinti, ma che magari a qualcuno potevano piacere, ma inserirli a quanto pare era sempre meglio che presentare un CD povero perché conteneva troppa poca musica.
E poi, se un brano non piaceva, c'era sempre la possibilità, grande novità del CD, di saltarlo e passarlo al successivo.

Un esempio: Under The Pink di Tori Amos (1993)
Qui entriamo nell'area dei gusti personali ma credo che chiunque può trovare i suoi esempi. Questo è un album famoso e apprezzato, grande successo. Dura quasi 57' e contiene alcuni brani di grande efficacia come Cornflake Girl , God, Pretty Good Year, Past The Mission. Ma una certa uniformità e brani non sempre di attacco immediato diluiscono il piacere di ascolto. Come sarebbe stato più efficace questo album se la cantautrice avesse rinunciato a 12 minuti e selezionato solo i brani di maggiore presa.

Un contro esempio: Out Of Time dei R.E.M. (1991)
Una selezione drastica che hanno fatto invece i R.E,M. nel loro periodo di più grande creatività diretta (nel senso che arrivava subito a tutti), altri brani pronti ne avevano certamente, visto che l'anno dopo hanno presentato un altro capolavoro del rock come Automatic For The People. Stipe e compagni, anche se eravamo nel 1991, sono rimasti nei 45' e così hanno creato un album dove tutti i brani sono "killer" e non  c'è nessun "filler", un album che si può sentire molte volte tutto di seguito e senza stancarsi mai.

In sintesi
Proprio perché la musica attualmente fa fatica a mantenere quel livello di uniforme qualità che caratterizzava il periodo di grande creatività degli anni '70, sarebbe bello che chi la crea, gruppi o songwriters, fossero più selettivi, e ci regalassero ancora album da ascoltare, scoprire e riascoltare, che non ci facciano cadere nelle tentazione di pigiare il pulsante "prossima traccia" sul telecomando o sulla app. Ma mi rendo conto che è un'esigenza di chi è affezionato al buon vecchio formato album, mentre una parte credo molto maggioritaria degli ascoltatori lo ha abbandonato da tempo per la playlist, spesso neanche personale, ma creata da un'applicazione del servizio streaming.

sabato 11 marzo 2023

Un nuovo supporto fisico analogico: la cassetta audio

Vintage + analogico è una formula che suscita interesse crescente, al punto che è ormai avviato il ritorno in vendita anche per le cassette audio, ovvero le musicassette Philips (sigla MC), che chiamerò nel seguito, semplicemente cassette, come abbiamo sempre fatto. Accompagnato dal ritorno in produzione  dei registratori a cassette, i componenti hi-fi  che gli anglosassoni chiamano "cassette deck" e noi traducevamo come "piaste a cassette",

Sembra una cosa priva di senso, ricordando i limiti di questo sistema che quasi tuti i boomers hanno ampiamente sepimentato, ma forse per i  millenials il presunto "suono analogico" del nastro  costituisce una attrattiva sufficiente, che giustifica un vero interesse commerciale, speciale..

La produzione di registratori cassette nuovi
Chi ha in casa filmini Super-8, registrazioni audio o nastri preregistrati su bobine (reel-to-reel), video in formato VHS, Betamax o DV, diapositive 35 mm o 120, DAT, mini-Disc se vuole riprodurre i contenuti di questi supporti ha co e sola opzione di cercare e comprare sul mercato dell'usato.

C'era sinora un solo supporto fisico che si era sottratto al progressivo oblio e alla necessità di cercare nell'usato componenti in grado di ascoltarli o vederli, ed è ovviamente il disco microsolco, il vinile come ormai universalmente chiamato. Anzi, marche e modelli di giradischi sono ora in numero molto superiore a quelli disponibili nei tempi d'oro, quando il microsolco non aveva alternative o quasi.
Ma l'unica alternativa analogica al vinile, la cassetta, pare abbia trovato qualcuno che crede in lei come alternativa anche in questo bizzarro mondo vintage e analogico, ed è ricominciata sia la pubblicazione di nuovi album su cassetta che di "piastre" a cassetta nuove. Vediamo.

Entra sul mercato un nuovo supporto fisico analogico: la cassetta
C'erano stati tentativi di piccole etichette ma ora pare proprio che l'industria del disco sia puntando seriamente a rimettere in produzione le cassette, intravvedendo un mercato promettente, sulla scorta  della crescita costante del vinile, Perché non proporre un'alternativa? E così anche le ultime uscite della cantautrice numero uno al mondo, senza rivali, ovvero Taylor Swift sono state pubblicate anche su cassetta. I tre screenshot da Amazon italiano il 10 marzo 2023 illustrano meglio di mille parole la motivazione economica e marketing di questo ritorno, che qualche riga sopra avevo definito insensato.





Come si vede il prezzo è basato sull'aspettativa del potenziale cliente. Chi si limita desiderare un supporto fisico come testimone della "sua" musica (vedi post precedente) ha il CD, chi ha fede nel "suono analogico", con soli 10 euro in più del CD può sperimentarlo senza le complicazioni e i costi di un set giradischi, basta magari solo tirare fuori da qualche cantina la "piastra cassette" (cassette deck) e infilarci una inattesa cassetta del 2023. E infine, per chi non accetta compromessi e cerca il vero e indubitabile "suono analogico" con solo altri 10 euro in più rimane comunque il mitico vinile.

I nuovi registratori a cassette
Da molte parti si ripete che la produzione di registratori-lettori a cassette è ripresa, ma in realtà si trovano solo, almeno per ora, alcuni componenti della Teac, più altri, molto simili, commercializzate da una ditta USA che si chiama Pyle, che in catalogo ha anche forni per esterni, termometri industriali e una quantità di altre cose. Visto che le piastre Teac non hanno nulla a che fare con la produzione storica viene il dubbio che siano entrambi oggetti economici made in Ciina brandizzati. Quello disponibile anche in Italia su Amazon e altri shop Online a un prezzo tra i 350 e 450 € è questo modello W-1200.

Come si vede già dall'immagine e poi si conferma leggendo le funzionalità, sembra prodotto per altri scopi, diversi dal godimento del vero "suono analogico". E' un dual cassette, funzionalità un tempo usata per fare due copie in un colpo solo del disco appena comprato o prestato da un amico, e non si capisce a chi possa essere utile ora, poi è anche digitale, può convertire al volo in digitale, ma solo in MP3 a 128Kbps, ed è un tradizionale modello con testina lettura /scrittura Dolby B.

L'impressione è che sia pensato per un mercato rimasto a 50 anni fa, nel quale le cassette ancora sono usate e servono per  copiare e moltiplicare i CD, ancora cari. Paesi così ce ne sono.
Sono presenti nel sito anche altri modelli, non si capisce se ancora in produzione, accoppiati con lettore CD o radio.e senza doppia cassetta.

Se l'obiettivo è ascoltare il suono analogico, bisogna suonarle bene queste cassette
Non è facile capire cosa sia questo suono analogico, ma l'unica cosa certa è che distinguerlo non è facile, e serve un impianto in grado di percepire le differenze, e valutarle. Ma, prima ancora, serve una sorgente che riproduca il master con precisione e un lettore che la trasformi in audio senza introdurre distorsioni e altre alterazioni.

La cassetta preregistrata
Riguardo alla prima esigenza, la cassetta preregistrata (quelle di Taylor Swift lo sono) ha una pessima fama di bassa qualità, giudicata universalmente inferiore al CD ma anche agli stessi album registrati con cin cura con la piastra di casa, E magari dipendeva anche dal nastro, che non era dei tipi più evoluti come i famosi nastri al cromo. Erano quindi poco diffuse  ma non solo per questo motivo, anche perché costavano quasi come un LP e quindi conveniva comprare l'LP e registrarlo, e si aveva anche la grande confezione con la copertina 30x30.  Erano vendute essenzialmente per l'ascolto in auto da parte di persone che non avevano né registratore né impianto.

Secondo alcune rare recensioni che danno importanza a questo tema le la qualità del suono delle cassette di Taylor Swift prese a esempio è ottima e a livello del CD.
Mi accontenterei di sapere su quale tipo nastro sono registrate, se standard o CR02 (biossido di cromo) e con quale sistema di riduzione del rumore di fondo (qui dovrebbe essere Dolby B).
Ma non si trova da nessuna parte questa informazione di base (cercherò ancora) il che però mi fa temere che non sia la qualità (vera) la caratteristica più ricercata,

Il lettore di qualità
Diciamo "lettore" perché la funzione di registrazione, comunque sempre presente (e tuttora disponibili le cassette vergini) non ha senso nei Paesi con una rete Internet e 4G-5G diffusa e a basso costo, a meno che ci sia qualcuno convinto che copiando un CD su una cassetta con il registratore di casa si ottiene il sullodato "suono analogico".
Ma sulla scarsa qualità delle cassette come supporto  fisico bisogna sfatare un mito. Negli ultimi anni, prima di essere spazzate via dai masterizzatori, le cassette avevano raggiunto una qualità che poteva realmente stare testa a testa col vinile.

Technics RS-B100 (1984)

Questo grazie alla disponibilità su piastre dal costo accessibile della brillante soluzione di Ted Nakamichi delle testine separate per lettura e scrittura, Una testina dedicata consente di ottenere la massima qualità, mentre la testina unica è una soluzione di compromesso con i relativi e inevitabili limiti.

Seconda innovazione sono stati i riduttori di rumore di fondo superiori al Dolby B standard (comunque  benemerito per il successo del supporto). Erano il Dolby C e il  DBX.

TEAC V-5000 (1991)

Trovando sul mercato dell'usato piastre di questa classe come i registratori a cassette con 3 testine  TEAC V-5000  (con Dolby C) e Technics RDS-B100 (con DBX e compensazione di fase) visibili in queste foto, si poteva effettivamente copiare su cassetta un LP senza riduzione della qualità e con una correttezza di ascolto comparabile al vinile,  anche con musica più complessa e ad alta dinamica come la classica o il progressive. Si trovano usati in buine condizioni entrambi intorno ai 500 €.

Questo servirebbe, assieme ovviamente ad una cassetta di qualità,  per verificare veramente un livello di qualità superiore (o comunque preferibile in base ai gusti personali) rispetto al CD o alla musica digitale in genere, che giustifichi i costi e  l'impegno dell'ascolto "moderno" su cassette,

In sintesi
Le motivazioni economiche delle case discografiche le intuiamo, i margini con lo streaming sono ridotti e si compensano solo con grandi numeri di vendita, i supporti fisici invece consentono alti margini anche con numeri ridotti. Se si crea una moda e un mercato di nicchia come per i vinili l'interesse economico c'è, a maggior ragione perché i costi della produzione delle cassette sono anche inferiori.

La motivazione per gli acquirenti è invece meno chiara, e difatti nei vari articoli che con parole molto simili annunciano questa nuova era digitale (c'è il sospetto che la fonte sia chi li produce) viene sempre ripetuta la possibilità che offrono di accedere al mitico "suono analogico" che ho citato più volte.
Un risultato improbabile, de non nella propria immaginazione, per chi pensa di raggiungerlo solo con le cassette ma non ha un impianto adeguato. Più probabile per chi invece ha già un buon impianto e investe nella ricerca e acquisto di un registratore a cassette top come quelli citati (ma ce ne sono altri), Qui ancora una volta prevale la soddisfazione e il piacere di far rinascere tecnologie del passato e dimostrare la validità che conservano, 

giovedì 2 marzo 2023

Come ricordiamo la "nostra" musica, e cosa c'entra con i supporti fisici?

Se sentiamo citare un quadro o una scultura non abbiamo difficoltà a visualizzarlo nella nostra mente, sono arti figurative e quindi basta recuperarli nella memoria con la loro immagine, memorizzata perché l'abbiamo vista coi nostri occhi in una galleria o in museo, o perché l'abbiamo vista con una riproduzione stampata o sul web.

Nessuna difficoltà, per esempio,  a richiamare alla mente l'omaggio di Canova a Paolina Bonaparte Borghese che guarda i visitatori nel Museo Borghese di Roma (la foto è stata presa durante una installazione a contrasto di opere dello scultore inglese Damien Hirst)

Per i libri è diverso, è letteratura, dobbiamo ricordare la trama, o alcune parti, o i personaggi, tutte informazioni da ritrovare nella nostra mente, che possiamo aiutare solo chiedendo al web o agli amici.

Per la musica è ancora diverso, è l'arte più astratta che ci sia, se è musica strumentale non fa riferimento a nulla di reale, se non quanto è legato alla sua creazione (strumenti, citazioni ecc.) mentre se è accompagnata da un testo vuol dire che è un'opera in parte letterario e vale quanto detto per i libri.

L'immagine della musica
E quindi come fa a ricordarla, a ricrearla nella mente chi non conosce la musica (quindi la maggioranza delle persone) e non la sa riprodurre se non con grande approssimazione? E, se è una canzone straniera, chi non conosce la lingua?

Forse proprio per questo dagli anni '50 e '60 in poi, per ricordarla meglio e quindi anche comprarla meglio, è stata aggiunta alla musica un'immagine, la copertina, aggiungendo un'informazione visiva che aiuterà molto il ricordo, tanto più quanto più è efficace. Un ausilio  strettamente legato al modo con cui si è venduta tutta la musica fino al 2000, ovvero con un supporto fisico che deve essere protetto con una confezione, che è il veicolo ottimale per aggiungere alla musica la sua immagine.

Quando però i supporti fisici sono diventati superflui, per l'ascolto della musica scelta e acquistata da noi l'immagine, ora solo simbolica, è rimasta lo stesso anche se la confezione non c'era più,  e in tutti i servizi di digital download o di streaming l'album o la canzone da acquistare o da ascoltare è accompagnata dall'immagine di copertina, anche se (per alcuni album succede) il supporto fisico proprio non è stato realizzato.

Sentiamo la mancanza di un supporto fisico?
Il fatto che, seppur simbolico e dematerializzato, continuiamo a usarlo, fa propendere per il sì, ma forse è solo una comodità, un segnaposto per aiutare la memoria. Ed è in effetti così per chi la musica la usa come un rullo senza fine, melodie e parole da ascoltare come sottofondo o occasionale fonte di emozione e poi da sostituire con altre.
Ma per tutti quelli per cui la musica è importante, per chi costruisce nel tempo, come per i libri, le proprie preferenze e i propri punti fermi nel mondo della musica,  per chi va ai concerti degli artisti preferiti, per chi quindi costruisce nel tempo la "sua" musica è diverso. Serve qualcosa di più di una immagine di copertina virtuale, utile e visibile solo per sé stesso, una specie di libreria personale, interiore, privata.
Come in fondo è anche la libreria di libri di chi li prende solo in biblioteca e li restituisce o di chi, più numerosi, usa solo Kindle o Kobo. 

Per gli altri, quelli che desiderano trasmettere (anche a sé stessi nel tempo) la loro storia personale di conquista della cultura e della bellezza e non viverla solo nel loro mondo interiore  l'unica opportunità sono i supporti fisici superstiti, da riservare agli artisti e alle opere da non dimenticare, ovviamente.

Questo è il motivo per cui i supporti fisici sono ancora prodotti e venduti, nonostante non abbiano più alcuna motivazione pratica, dal momento che è possibile ascoltare con i servizi streaming la stessa musica con la stessa qualità (a volte anche superiore) con costi molto inferiori e impegno molto ridotto. Sono (siamo) non molti a comprarli, una piccola percentuale dei consumatori di musica, ma sufficienti per sostenere, seppure sempre a livello di nicchia,  la crescita del vinile, il ritorno (che ormai si intravede) dei CD e persino delle musicassette.

In sintesi
Concentrarsi, come rifugio rispetto alla enorme e inarginabile produzione musicale odierna, nelle musiche che sappiamo di nostro gradimento e consolidare la "nostra" musica su supporti fisici, oppure esplorare liberamente ma inevitabilmente a caso tutte le musiche del mondo e del tempo grazie allo streaming? Il bello di questa nuova e inedita possibilità è la possibilità di scelta, e di passare liberamente da un approccio all'altro. Nei tempi d'oro era impossibile e anche inimmaginabile, e anche ora è possibile solo nella musica, non nel cinema, non nella letteratura.

mercoledì 23 novembre 2022

Abbiamo bisogno di un amplificatore per le cuffie stereo?

La risposta era probabilmente no, quando tutti gli amplificatori avevano un'uscita per le cuffie (siglata "phones") e le cuffie erano usate solo in studio di registrazione o a casa, quando l'appassionato voleva ascoltare di notte, o apprezzare alcuni dettagli della musica che ascoltava oppure controllare se sulle casse acustiche qualcosa non andava. Le marche erano poche e il mercato se lo dividevano la Koss per le cuffie chiuse e la Sennheiser per quelle semi-aperte. Poi i tempi sono cambiati e, partendo dai walkman, le cuffie hanno conquistato il mondo, diventando il dispositivo di ascolto principale in mobilità e fuori casa, con una produzione vastissima e anche di livello e costo molto alti. Un raro mercato in crescita nel nostro settore, nel quale si buttano in tanti.

Durante questo percorso le cuffie hanno perso di importanza per l'ascolto casalingo, gli amplificatori per essere o sembrare hi-end hanno perso progressivamente comandi tra cui l'uscita cuffia, rimasta solo sui rari ampli moderni versatili (come gli entry level Rotel) o per case particolari come la Naim.

L'amplificatore dedicato alla cuffie
Ovviamente negli ampli l'uscita per le cuffie è servita da un piccolo amplificatore dedicato, al quale arriva il suono della sorgente selezionata, e la chiusura del circuito disconnette automaticamente le casse acustiche confermando l'utilizzo preferenziale di "ascolto privato".
La potenza richiesta è poca, il compito poco impegnativo e di conseguenza per le uscite venivano (e credo vengano ancora) utilizzate soluzioni molto economiche. Già negli anni d'oro quindi si cominciava a intravedere la necessità di un ampli dedicato di maggiore qualità e qualcuno ha cominciato a produrlo, anche se non è mai diventato un componente comune. Ora è però proprio una necessità, se vogliamo ascoltare le sorgenti collegate all'amplificatore con le cuffie stereo, a casa nostra,

Quello che vogliamo e come ottenerlo
Ci basta quello che consentiva un classico ampli degli anni '70, un Marantz o uno Yamaha: ascoltare una qualsiasi delle sorgenti connesse all'ampli, silenziare le casse acustiche, un'amplificazione corretta e curata come quella destinata alle casse. Ma non è così semplice ora, dipende dalla flessibilità come ingressi dell'ampli delle casse (e dell'ampli cuffie, vediamo dopo alcuni modelli). Vediamo i vari casi

La connessione standard
Gli amplificatori per cuffie analogici sono pensati per un amplificatore che ha almeno una uscita "line", che a suo tempo era chiamate di solito "tape" o "recorder" perché serviva soprattutto per registrare la musica su registratore a cassette o nastro. Questa uscita bypassa il pre e quindi il controllo di volume e lascia quindi il controllo del volume all'ampli per cuffia, come vogliamo. Perché sia utilizzabile immediatamente per collegare le cuffie è necessario però che l'amplificatore abbia anche la "doppia barra di registrazione" ovvero che possa inviare l'input sia all'uscita line, sia alle casse. Serviva per registrare una cosa mentre ne ascoltavi un'altra, esigenza sentita nell'era delle musicassette.
Nel nostro caso serve invece a silenziare le casse, perché la doppia barra (che consiste in un secondo selettore input) include anche una posizione "off" che serve per registrare senza ascoltare nulla, ed è quello che cerchiamo.

I workaround: se la doppia barra di registrazione non c'è
Questa è le situazione di praticamente tutti gli ampli moderni, con poche eccezioni come ad esempio gli integrati Accuphase (mio sogno proibito) che propongono la più recente e raffinata tecnologia mantenendo la grande versatilità degli ampli di un tempo (vedi immagine sopra, integrato E-270), con un occhio di riguardo anche per chi vuole perseverare nella registrazione analogica (su nastro a bobine, ovviamente).

In questo caso bisogna aggirare il problema, e di solito è abbastanza facile: dato che l'ingresso line (ancora presente su molti integrati recenti) non passa per il controllo volume basta portare a zero il volume. Quasi sempre, perché se il volume è "digitale", ovvero a step, può darsi che portandolo a zero si annulli anche l'uscita line. Così è ad esempio nel mio Audio Analogue Puccini Rev2.0. Serve quindi un aggiramento doppio, mettere il livello a mute e passare al primo step. Alle casse arriverà qualcosa ma a livello bassissimo. 

L'amplificatore integrato Primare Prisma I-25 è un esempio di ampli moderno con uscita Line e uscita Pre

I Alternativa: L'uscita pre
Quando non c'è neanche l'uscita tape potrebbe esserci l'uscita del preamplificatore, di solito assieme all'ingresso del finale. Servono per sostituire il finale con uno più potente o per utilizzare l'integrato come finale. Nel loop pre-finale può essere inserito un altro componente e quindi anche un ampli per cuffie. L'ampli cuffie ha un interruttore che invia l'input alle cuffie o all'indietro al finale dell'ampli principale chiudendo il loop e cosi garantisce che nell'ascolto in cuffie le casse siano silenziosem ma anche ci si possa passare facilmente all'ascolto dalle casse,

E' la configurazione più semplice anche nell'uso ed è ben comprensibile in questa immagine di un economico ma molto valido ampli per cuffie, il Schiit Magni+, come si vede ci sono un ingresso e una uscita RCA e il selettore Input (suona la cuffia) oppure output (suonano le casse connesse al finale o le casse attive). Magni+ funziona quindi come pre.


Rimangono però due problemi: 1) il volume del pre è attivo, degrado probabilmente non avvertibile ma il segnale passa per due pre, e bisogna bilanciare bene i due volumi 2) e, soprattutto, non sono molti i moderni ampli con pre e finale.

II workaround: Se c'è solo uscita pre
Gli amplificatori integrati della Rotel hanno solo l'uscita pre, e presumo non siano i soli, L'ampli per cuffie può essere collegato come nel caso precedente con lo stesso non fondamentale limite del doppio comando del volume. Ma c'e'  un problema più importante: le casse continuano a diffondere la musica. Il fatto è che questa connessione serve proprio a questo, attivare un secondo finale e un secondo paio di casse, magari in un'altra stanza, per soluzioni multiroom. Almeno sui componenti Rotel un workaround però si trova; su questi amplificatori le uscite ad alto livello per le casse sono doppie, se la seconda copia di casse non c'è, basta selezionare la seconda uscita come "tappo" dal quale non esce il suono.

Amplificatore Rotel A12-MK2, l'uscita pre è il numero 22

L'alternativa digitale
Tutto quanto riportato sin qui riguarda un ascolto in cuffia che preservi le sorgenti analogiche senza alcuna conversione, e nel quale sorgenti digitali basate su supporti fisici (CD o SACD) siano rappresentate da lettori che effettuano anche la conversione in analogico. Se invece l'impianto è incentrato sulle sorgenti digitali, quindi il componente centrale non è un amplificatore ma un "music server". In questo caso il problema è di facile soluzione se il "music server" (non esiste un nome, ogni produttore usa il suo) ha un'uscita digitale. In questo caso basta scegliere un amplificatore per cuffie con DAC (o, se preferite, un DAC con uscita cuffia) e il problema è risolto. A patto che abbia prestazioni superiori a quello dell'ingresso cuffie del music server, perché col ritorno delle cuffie è tornato anche questo, Un esempio è lo streamer Marantz 6006 che ha, come si vede in figura, sia un'uscita digitale ottica che un'uscita "line" (qui la chiamano "fixed" e può usare tutti i tipi di ampli per cuffie.

Ma, cercando esempi, ho notato che se il music server è completo e include anche l'amplificatore per pilotare le casse acustiche, l'uscita digitale spesso non c'è. Forse dipende dal fatto che il componente promette di includere tutto. Con questi componenti (gli esempi sono il Cambridge Audio Evo 75, nella foto, il Naim Uniti Atom,  Roksan Attessa) usare un ampli cuffie esterno non è possibile, a meno che trai molti comandi non ce ne sia uno che inibisce l'uscita alle casse.


In sintesi:

  • per collegare un amplificatore per cuffie serve sull'ampli una uscita che bypassa il pre, denominata di solito "line", "tape" o "fixed", se è anche presente la doppia barra di registrazione è meglio ma non indispensabile;
  • in alternativa può essere usata anche una uscita pre, regolando opportunamente il volume, a patto che l'amplificatore abbia anche l'ingresso finale per chiudere il loop;
  • se c'è solo una uscita pre, è presente solo per collegare un secondo sistema in multiroom e non è adatta a collegare un ampli per cuffie
  • se tutti gli ingressi sono digitali o convertiti in digitale su un music server si può adottare un ampli per cuffie con DAC
  • la maggior parte dei nuovi amplificatori o music server hanno un ingresso cuffie di serie, in questo caso un ampli dedicato per cuffie ha senso solo quando è di qualità superiore a quella dell'ingresso interno.
Gli amplificatori per cuffie
Dopo aver spiegato come si collegano è utile aggiungere anche una sezione sui componenti in quanto tali, si tratta di un settore molto specializzato, i produttori raramente sono di primo piano, e quindi alcuni esempi possono essere utili per sapere di cosa si parla. Ovviamente sono riferimenti destinati a diventare obsoleti, considerato l'elevato turn-over che ormai caratterizza anche il mercato hi-fi.

Schiit Magni+
Campione nel rapporto qualità / prezzo secondo molti recensori, costituisce certamente la prima alternativa da considerare. Nella figura precedente si vedono gli ingressi e uscite, quando si connettono le cuffie l'uscita viene automaticamente annullata. Il selettore frontale consente di impostare il guadagno su tre valori (0dB, +15dB, -10dB) per adattarsi alle diverse sensibilità delle cuffie stereo. Costa ca. attualmente 109 $. 



Tra i 5 modelli di headphones amp prodotti da Schiit, che è un produttore USA con sedi in California e Texas (progettazione USA e produzione in oriente) c'è anche un modello superiore Magni + che costa circa il doppio che ha in più uscite bilanciate sia per le cuffie che per l'uscita verso finale o casse amplificate, Più interessante la versione a valvole chiamate Vali, identiche funzionalità e comandi, costa solo 149$  attualmente, per chi vuole sperimentare se il suono delle valvole (una in questo caso) è veramente magico. Altri due modelli sono a valvole ma senza trasformatori (OTL) in uscita (considerati di classe più elevata), modello Valhala e infine il top Lyr che è ibrido, a scelta valvole o stato solido.

S.M.S.L. SH 8S
Un'alternativa tutta cinese ma di una ditta che produce molti buoni DAC e componenti vari è questo modello tutto analogico. Costo sempre sui 100 € come il Magni+ ma in più ci sono ingressi e uscite bilanciate (le cuffie con ingresso bilanciato sono in crescita). Secondo le recensioni è un componente che punta alla massima trasparenza del suono. Una caratteristica coerente con l'uso delle cuffie come analizzatori della qualità della sorgente e del materiale audio, e come confronto con le casse. Ma non sempre apprezzata per l'uso di puro ascolto perché piuttosto severe con materiale audio carente per età o cattivo mastering. 

iFi Audio Zen CAN Signature 6XX / HFM
Salendo nell'investimento si può pensare anche a un ampli per cuffie prodotto in UK da una ditta sempre più apprezzata e valutato addirittura come finalista nel settore accessori dalla prestigiosa rivista online Stereophile. Particolarmente positivo il giudizio sul suono raffinato di questo modello dalla forma vagamente retro e dai comandi non proprio ergonomici. Caratteristiche simili agli altri, particolarità anche qui gli ingressi e uscite bilanciate e in più i 4 livelli selezionabili per il guadagno la possibilità di equalizzazione. Una particolarità curiosa di questo componente e possibile plus è che viene venduto in due configurazioni equalizzate e personalizzate : la 6XX per le diffuse Sennheiser HD250 e la HFM per le cuffie prodotte dal marchio HIFIMAN, attualmente di grande successo (molti modelli, alcune nel range 200-400 e gli altri che costano in genere più delle STAX). L'equalizzazione si può escludere (e perdere) da chi ha cuffie di altre marche e modelli, una scelta di marketing quindi piuttosto curiosa, i modelli prescelti sono molto diffusi, ma modelli e marchi di cuffie sono molti e in crescita. Circa 300 € il prezzo attuale.