domenica 28 ottobre 2018

Il download digitale - Aggiornamento 2018

Come tutti gli anni pubblico un aggiornamento sulla situazione del download digitale, ovvero sull'avanzamento della dematerializzazione della musica per l'anno in corso, il 2018.

Il download in qualità CD
Mai decollato ed offerto solo in misura molto parziale e soprattutto per la classica, è praticamente sparito come opzione, essendo completamente sostituito dallo streaming in qualità CD. Ormai anche in Italia è disponibile da tre servizi (Qobuz, Tidal e Deezer) e manca solo per Spotify, già disponibie in USA e in altri paesi. Con il costo di un solo album si può ascoltare un numero indefinito di album per tutto un mese, alla stessa qualità. Per di più, almeno due servizi streaming offrono già anche l'alta definizione: Qobuz con costo mensile maggiorato a 24,99 € e Tidal a costo inviariato, ma con formato compresso MQA e catalogo piuttosto ridotto.
Gli album in qualità CD in download, da acquisire quindi come propri, sono disponibili solo come opzione alternativa al formato HD. Alternativa leggermente più economica e disponibile solo in pochi casi.

Il download in qualità HD
Situazione immutata ormai da diversi anni. Molto diversa tra musica classica e musica moderna (intesa come non classica e non contemporanea "colta"). I portali che offrono una scelta di album di genere pop (rock, jazz, folk, world, ecc.) ampia ma sempre molto inferiore a quella dei servizi in streamiing, sono questi 5 (in rosso quelli non accessibili dall'Italia):
  • HDtracks
  • AcousticSound
  • Qobuz (solo per abbonati)
  • HighResAudio
  • ProStudioMasters
Come si vede l'accesso al download in HD continua ad essere molto limitato, tenendo conto che anche nel sito tedesco HighResAudio non tutti gli album sono disponibili anche per l'Italia e, per il sito francese Qobuz, il download richiede preventivamente l'abbonamento al servizio streaming.

Lily Allen
La disponibilità di titoli (il catalogo)
Mettiamoci nei panni di un appassionato che decide di passare all'ascolto in HD utilizzando il comodo canale download, Avrebbe finalmente la possibilità di scelta tra molti album o siamo ancora agli album "audiofili" o ai classici da riacquistare per l'ennesima volta? Ho fatto un semplice test "casuale" prendendo i primi 10 album recensiti sugli ultimi numeri di Audio Review (401 e 399) per il genere rock (in senso ampio) e jazz e verificando se sono disponibili in HD, utilizzando allo scopo il noto e benemerito portale findhdmusic.com.

NB: Il sito FindHDMusic ha cessato le attività ad aprile 2020

Per il rock dei primi 10 recensiti 4 erano disponibili in download in HD, per due dei musicisti (Anna Calvi e Florence and The Machine) non era disponibile l'album appena uscito ma erano disponibili alcuni album precedenti (del 2011 per la songwriter inglese di origine italiana e del 2015 per Florence). La risoluzione era sempre, tranne in un caso (Musica nuda, produzione italiana) 24 bit ma limitata a 44.1KHz (48KHz nell'altro caso).
Si intuisce da questo semplice test (e dall'esperienza precedente) la strategia delle case discografiche: HD ma con prudenza: non sempre estesa alle ultime uscite e ben lontana dalla qualità master. La limitazione a 44.1KHz è significativa perché come noto a questa frequenza non sono ancora esclusi fenomeni di aliasing che già a 48KHz sarebbero fuori banda.

Per il jazz nonostante i titoli recensiti siano parecchio di nicchia la situazione è migliore: 6 titoli disponibili in download in HD, e per 4 di essi la risoluzione è quella standard, pienamente HD, ovvero 24/96. Per il jazz, dove gli acquirenti potenziali sono più attenti alla qualità e meno legati all'urgenza di comprare le ultime novità, l'alta definizione viene proposta con meno vincoli.
Tranne uno: la nazionalità. Nessuno dei download individuati è disponibile in Italia.

Il campione del test
Ecco il campione casuale derivato dalle scelte della redazione musicale di Audio Review diretta da Federico Guglielmi. In verde i titoli disponibili in HD (non in Italia). In blu i musicisti per i quali sono disponibili altri album precedenti in HD.
  1. Anna Calvi - Hunter
  2. Loreena McKennit - Lost Soul
  3. Madeleine Peyroux - Anthem
  4. Lily Allen - No Shame
  5. Neko Case - Hell-On
  6. Florence and the Machine - Higs As Hope
  7. N.Waterson & E.Carthy - Anchor
  8. Musica Nuda - Verso Sud
  9. Dave Alvin and Jimmie Dale Gilmore - Downey to Lubbock
  10. Mark Lanegan & Duke Garwood - With Animals
Per il jazz il test è stato esteso per i secondi 5 anche al numero 399.
  1. Brad Mehldau Trio - Seymour Reads the Constitution!
  2. Kenny Barron Quintet - Concentric Circles
  3. Joshua Redman - Still Dreaming
  4. Charles Lloyd & The Marvels - Vanished gardens
  5. Eddie Daniels - Heart Of Brazil
  6. Henry Threadgill - Dirt and more dirt
  7. Roscoe Mitchell - Ride The Wind
  8. Joe Lovano & Dave Douglas - Scandal
  9. Jermy Pelt - Noir et rouge
  10. Wynton Marsalis Septet - United We Swing
Neko Case
La musica classica
Da sempre è il genere per il quale la disponibilità HD è uno standard e da un paio d'anni si è aggiunto anche un servizio streaming (Idagio, provato sul blog due anni fa). Ci sono almeno 4 portali specializzati (elencati nel seguito), più i siti di alcune case indipendenti come la Hyperion Records. Tutti disponibili anche in Italia.

  • Presto Classical
  • eClassical
  • Channel Classics Records
  • hd-klassik.com

Le etichette principali, collegate alle major, come le Deutsche Grammophon, continuano invece a vendere sui propri portali solo download in qualità CD, anche se alcuni titoli di maggiore presa sono distribuiti anche in HD dai portali generalisti. Esclusi quindi i grandi nomi dei divi della classica, come Yiuja Wang, Lang-Lang o Helene Grimaud, l'appassionato di classica che vuole ascoltare in HD (DSD inncluso) non ha che l'imbarazzo della scelta.


I portali "audiofili"
Esiste poi l'HD specializzato per audiofili, quindi siti con musicisti meno noti ma registrazioni e produzioni accuratissime e soprattutto la pubblicazione sui formati HD ad altissima risoluzione, quindi fino a 32 bit / 352.8KHz in PCM e DSD256 in DSD.
Ci sono diversi siti di questo tipo, anche lo stesso HDtracks è della Chesky Records, etichetta audiofila e, almeno la propria produzione è acquistabile anche da noi, senza veti da parte delle odiose major nemiche dell'HD e tetragone ad ogni innovazione che potrebbe salvarle.

I due siti che da segnalare, in quanto molto impegnati sui nuovi formati ad altissima definizione sono:
  • Blue Coast Music: musica moderna e classica
  • 2L The Nordic Sound: classica e contemporanea (e qualcosa di jazz) (al momento non disponibile in e-commerce, vedi dopo)
Le loro produzioni sono in vari formati fino al DSD256 e al 32/352.8, almeno al momento non ci sono album alla risoluzione massima possibile con i decoder attuali ovvero DSD512 o 32/768.
Entrambe le etichette oltre a rendere disponibile la musica prodotta in formato digitale in altissima definizione, curano anche al massimo la registrazione, ripresa diretta, nessuna compressione dinamica, e così via, e quindi già in formato standard CD si può apprezzare una grande naturalezza nella musica riprodotta.

2L The Nordic Sound
I musicisti per la 2L (che è norvegese) sono soprattutto interpreti di musica classica e contemporanea dei paesi scandinavi, tutti professionisti e sicuramente di livello elevato, ma non i divi della classica e neanche i nomi che si possono ascoltare in concerto da noi. Anche le scelte, in sintonia con la vivace scena musicale nordica (meno conservatrice della nostra, mi riferisco al pubblico) sono spesso di autori diversi dai soliti dell'800 e primo 900.
La produzione dell'etichetta era disponibile online sul sito di e-commerce Klicktrack, sia in formato fisico sia online in vari formati, ma questo sito è attualmente in fase di chiusura e quindi non è possibile acquistare gli album della 2L. Ritengo che sia una situazione momentanea, considerando che l'etichetta pubblica di continuo nuovi album, e aggiornerò la pagina in seguito, inclusi i prezzi, che comunque erano allineati ai siti generalisti e un poco superiori per la risoluzione oltre il DSD64 e il 24/192.

Jenna Mammina (Blue Coast Records)
Blue Coast Music
Blue Coast Records (Blue Coast Music è lo store) invece è made in USA e i musicisti sono tutti americani, totalmente sconosciuti da noi, come la interprete di soft jazz e folk Jenna Mammina della foto sopra. Cercando notizie di loro si vede che sono in genere impegnati professionalmente in concerti e spesso con all'attivo album, mentre per la classica l'etichetta registra esecuzioni di orchestre stabili di varie città USA. La musica moderna è soprattutto soft jazz e country folk, più gruppi jazz, spesso con guppi acustici di pochi strumenti, quindi sicuramente gradevole per chi ama il genere. La loro produzione è acquistabile anche in Italia. I prezzi non sono economici, per l'HD normale è 30$, per il DSD (anche DSD64) e l'HD 24/192 è 40$.

Qualità del contenuto o della registrazione?
Come per le etichette audiofile il primo dubbio è sempre tra il piacere di ascoltare musica registrata in modo eccellente e riprodotta al massimo delle possibilità offerte dalla tecnologia attuale oppure privilegiare il valore artistico del contenuto. Personalmente la priorità va al secondo aspetto, anche se la curiosità di verificare è sempre presente e qualche album delle etichette audiofile nella nostra libreria musicale ci può stare bene.
Il secondo dubbio è invece legato all'effettiva esigenza di spingere la risoluzione in HD oltre il DSD64 o il PCM 24/96 (oltre all'alternativa PCM-DSD). Un dubbio che ognuno può risolvere da solo verificando banalmente se riesce a sentire la differenza con il suo impianto e con la sua capacità di ascolto. Blue Coast Music fornisce a questo scopo gratuitamente lo stesso brano in 4 formati a partire dalla qualità CD per fare il confronto. Che però deve essere obiettivo, e su questo tornerò nel prossimo post. (Vedi Appendice per la prova di ascolto)

I siti non ufficiali
La politica assurda delle case discografiche e il conseguente ostracismo a vendere la loro produzione nel nostro Paese (eppure, almeno per ora, paghiamo sempre in Euro) induce nella tentazione di verificare cosa offrono i siti non ufficiali, tipicamente russi a quanto si dice, ma ora su domini di nazioni molto disponibili, tipo piccole isole della Polinesia, Montenegro o così via.
Facendo un giro (ovviamente non posso inserire i link) si scopre che hanno una buona disponibilità di catalogo, proveniente in parte dai siti generalisti sopra elencati, in parte da ripping di SACD effettuati grazie alla mitica Playstation 3. Ripping effettuati forse da chi gestisce il sito, ma più probabilmente da appassionati caricatori, difatti in alcuni siti si possono scaricare software ed istruzioni per fare questa operazione.

Visitando questi siti non si può non notare che sono di gran lunga più ricchi di informazioni e gradevoli da visitare di quelli generalisti elencati prima. Immagini delle copertine in formato grande, elenco delle tracce degli album, spesso la formazione, e sempre una presentazione esauriente dell'album in inglese, ripresa di solito da Allmusic ma spesso anche dal booklet. Contraddizioni ulteriori del mercato discografico. Invitano maggiormente all'acquisto di quelli approvati dalle case discografiche.

La disponibilità è soprattutto sui titoli già da tempo presenti, che comprendono quindi i classici del rock e del pop, ma pare essere in aggiornamento continuo. Il sistema (ed il profitto indiretto per loro) è sempre quello dei "cyberlocker".
La IFPI, la organizzazione mondiale delle case discografiche, ovviamente contrasta questi siti che quindi ogni tanto spariscono, ma non è la loro priorità, è un settore di nicchia anche nella pirateria evidentemente. La priorità per loro (vedi il sito IFPI) sono i servizi online di streaming illegali e il trafugamento delle registrazioni per metterle online prima o in parallelo all'uscita ufficiale.

In sintesi
L'alta definizione continua ad essere agli ultimi posti tra le priorità delle case discografiche, ed il nostro Paese continua ad essere nella loro black list. Per loro sembra essere molto più promettente in termini economici il ritorno del vinile, anche grazie alla immagine che trasmette averne uno (vedi i giradischi sempre più spesso in azione in serial TV, film e pubblicità).


Appendice (18/11/2018)
La prova a confronto tra DSD e qualità CD

Per valutare obiettivamente se con il nostro impianto (e con la nostra capacità di ascolto) vale la pena di affrontare il costo superiore e la limitazione di catalogio del formato DSD sarebbe necessaria una prova in doppio cieco effettuata con le regole descritte nel post "L'ascolto professionale".
Non avevo la possibilità di farlo, ma se qualche visitatore volesse cimentarsi la sua testimonianza sarà condivisa con grande interesse.

Ho potuto fare solo un confronto semplificato, che descrivo qui, partendo da un brano messo a disposizione gratutamente in più formati da Blue Coast Music, si tratta di uno standard interpretato dalla cantante jazz-folk Jenna Mammina della foto precedente inclusa in un album del contrabassista Derek Jones (nella foto). Tutto acustico e in toni molto soft, accompagnamento solo di pianforte e contrabbasso non è particolarmente adatto a individuare le differenze (stranamente, dovrebbero avere l'obiettivo opposto).

I due formati scelti per il confronto, per facilitare il compito, erano la versione in qualità CD 16/44.1 e quella a risoluzione massima, DSD256. Un'alternativa se qualcuno volesse ritentare il confronto, sarebbe partire da un brano conosciuto e più adatto in DSD (o più di uno) e convertirlo in qualità CD per il test. Il DAC era lo stesso e quindi il nuovo Pro-Ject DAC Box S2+ provato in quest'altro post, che gestisce anche il DSD senza trascodifica, ed era ovviamente in sequenza alternata.

Daò primo confronto di 30" per i due formati è emersa subito una consistente differenza di volume (pare sia una caratteristica del DSD rispetto al PCM) che rendeva ovviamente il confronto poco significativo. Con il fonomometro (app) ho provveduto ad allineare il più possibile i due ascolti, essendo però successivi e sulla stessa catena era necessario agire sul volume ogni volta. Una operatività che riduce la possibilità di individuare le differenze. Che erano in effetti difficilmente avvertibili per i primi 2' circa del brano. A questo punto, con successivi ascolti, ho individuato un passaggio in cui la voce della cantante, in crescendo, si sovrapponeva ad alcuni accordi di pianoforte meno puramente di accompagnamento dei precedenti. Qui effettivamente gli ascolti ripetuti in secessione mostravano una versione in qualità CD che appariva "semplificata" rispetto alla resa in DSD. Non c'erano anomalie o peggioramenti, in qualità CD, ma si avvertiva nella versione in DSD una complessità maggiore nel (pur semplice) discorso musicale.

Sfumature avvertibili dopo più di un ascolto ma, come sappiamo dall'esperienza, sono proprio le differenze ciò che acquisiamo nel tempo con i ripetuti ascolti di una nuova tecnologia e che poi fanno la differenza se riascoltiamo con la precedente.
In sintesi, almeno sul mio impianto (e da me) la differenza è avvertibile, e probabilmente sarebbe stato più facile individuarla con un brano più complesso (in questo senso il test è significativo, partendo da un confronto dove la differenza è minore, e non viceversa come di solito si fa).
Il brano di test è scaricabile gratuitamente, oppure si possono creare ad hoc, come premesso, e quindi qualsiasi visitatore interessato può fare il suo personale test, ed eventualmente condividerlo nei commenti.

sabato 13 ottobre 2018

Un NAS su PC

Un NAS, come abbiamo visto nel post precedente, non costa meno di 300 € se ha una ridondanza per backup dei dati, ed è un oggetto abbastanza ingombrante e discretamemte rumoroso, non facilissimo da collocare in una abitazione piccola. Per le esigenze di condivisione della musica, ovvero per utilzzarlo come media server, grandi capacità di memorizzaizione non servono, a meno che abbiate una discoteca digitale sconfinata, ed una soluzione altenative esiste.

Creare un media server DLNA su PC
Per le nostre esigenze di condivisione della libreria musicale digitale per tutte le devices che vogliamo utilizzare per accedervi (smartphone, tablet o altri PC) possiamo utilizzare in alternativa un media server DLNA software da installare su un PC. Ce ne sono diversi, anche gratuiti, la installazione non è difficile e non ci sono differenze di accesso rispetto ad un NAS dedicato.

A cosa serve un NAS per PC? Ad ascoltare buona musica ovviamente
Dove si applica questa soluzione
E' una soluzione indicata per chi sceglie di utilizzare  per l'ascolto della musica in alta definizione o in streaming un PC come media server e player (ovvero come sorgente), anziché componenti dedicati (network audio player) tipo Cocktail Audio o i Marantz della serie NA e simili. In questo secondo caso il NAS è una soluzione obbligata.
Un esempio pratico di media server e player basato su PC (Mac Mini, che è l'ideale per questo scopo) è stata presentata qui da tempo e rimando ad essa per approfondimenti. La soluzione "senza NAS" è però interessante anche per chi usa per l'ascolto della musica solo device mobili con le cuffie o speaker wireless.

Cosa serve
A parte il software, un PC che ovviamente dovrà essere acceso tutte le volte che la condivisione serve e un disco interno o esterno (USB) di capienza sufficiente. Per una libreria HD di 500 album servono più o meno 400 GB di spazio e quindi in alternativa può essere usato il disco interno se ha capienza di 1TB (sempre meglio abbondare) oppure in alternativa un disco esterno da collegare in USB. Questi ormai costano 70 Euro o meno con capienza di 2TB e siamo quindi molto lontani dal costo di un NAS, e magari ne avete già uno utilizzabile di questi hard disk.
Se esiste già un PC usato come media server e player ovviamente il media server DLNA sarà attivato su di esso. Altrmenti potrà essere attivato su qualsiasi altro PC, desktop o notebook della casa. Ovviamente la connessione può essere wi-fi o powerline indifferenemente. Problemi di prestazioni anche con l'HD non ci sono più, con le velocità di rete ormai standard.

Attenzione
: se il PC è un MAC (ideale soprattutto il Mac Mini per questo uso) l'hard disk deve essere formattato exFAT per essere anche scrivibile su Mac, mentre gli hard disk che si comprano arrivano normalmente già formattati in NTFS (lo standard Windows)  e su Mac saranno solo leggibili. Il che è molto scomodo se non usate solo PC Apple: per archiviare e per modifiche bisogna staccarlo e attaccarlò a un PC Windows. L'operazione è semplicissima, l'importante è farla prima di inizare a trasferirci la musica digitale.

Cosa si deve fare (su Mac)
Installazione e configurazione sono molto semplici. Tra i molti media server disponibili è consigliabile quello sviluppato a suo tempo per la playstation PS3 (e che si può usare per qualsiasi altro scopo) perché è semplice nella configurazione ed è ora gestito e aggiornato dalla organizzazione open source sourceforge, quindi garantita rispetto a spyware e simili, oltre che gratuita e disponibile per Mac, Windows e Linux. Il link per scaricarlo alla data di questo post è questo, ma se dovesse cambiare basta cercare "sourceforge ps3mediaserver".

Dopo averlo installato sono necessarie solo alcune semplici operazioni. Una guida semplice e ben fatta per la installazione su Mac è disponibile in rete sul noto blog di Cris, Il blog è chiuso da un po' ma ancora accessibile, se la guida non fosse più raggiungibile si può leggere anche qui. L'unica cosa da cambiare è l'indirizzo per il download.
I passi, con alcuni warning derivati dalla installazione che ho eseguito, sono:
  1. Installare il software (se non compare tra i programmi nelle barra delle applicazioni del Mac andare nella cartella "applicazioni" e attivarlo manualmente)
  2. Inserire le impostazioni di condivisione (vanno bene quelle suggerite)
  3. Cartella da condividere:
    • qui deve essere inserito il percorso della cartella "musica" nella quale abbiamo organizzato la nostra libreria digitale strutturandola come meglio riteniamo (di solito per genere, risoluzione e album)
    • se non è sul disco fisico del Mac ma in un disco esterno USB, come indicato nelle istruzioni, bisogna selezionare il disco fisico del Mac e poi andare alla cartella "volumes", lì si troveranno i volumi esterni come il disco esterno USB e si potrà accedere alle sue cartelle
  4. Attenzione a non cambiare l'etichetta del volume perché si perderanno i riferimenti sia sul PS3 Mediaserver sia sulla libereria J River (se la usate) e occorrerà ripristinarli da capo.
  5. Salvare la configurazione (se avete fatto degli errori e dovete cambiare la configurazione, stoppare e riattivare ps3mediaserver per attivare la nuova configurazione)
  6. Accedere con una app player DLNA (p.es. Foobar2000 app) da smartphone o tablet e verificare che tutto sia a posto, ovvero se potete navigare sulla libreria, selezionare un brano ed ascoltarlo.
Ancora Anna Calvi

Cosa si deve fare (su Windows)
Se scegliete di adottare ps3mediaserver, le stesse operazioni. In alternativa Windows ha già un suo media server DLNA che è sufficiente attivare seguendo le istruzioni del supporto Microsoft o le molte reperibili in rete. Supporta anche i formati audio in alta definizione e quindi fornisce le stesse funzionalità. E' un po' più laboriosa l'installazione e quindi a voi la scelta se scegliere questa soluzione o l'altra illustrata sopra.

Gli svantaggi rispetto a un NAS 
Le soluzioni gratis hanno il vantaggio di non costare nulla ma di solito qualche svantaggio, inevitabilmente. In questo caso:
  • Rispetto ad un NAS 1-slot (ovvero con un disco solo, quelli compatti e più silenziosi dal costo intorno ai 150-200 € al momento) lo svantaggio è che il NAS può rimanere sempre in stand-by e pronto all'uso, grazie alla funzione sleep normalmente disponibile; il PC invece bisognerà accenderlo oppure, se lo si lascia sempre acceso (per il Mac Mini si può), sarà necessario "risvegliarlo" connettendosi. Una piccola scomodità che si supera pagando, non molto ma neanche poco.
  • Rispetto ad un NAS con mirroring o RAID 5 lo svantaggio è più consistente: si perde il backup automatico. Che è una bella comodità perché i dischi (e l'elettronica) non sono eterni e il recupero non è previsto se non pagando molto. Quindi dobbiamo pensarci noi, utilizzando un secondo disco e soprattutto avendo la costanza di farlo sistematicamente. Lo vediamo a parte.
Il backup fai-da-te
Il backup è necessario per preservare:
  1. il lavoro fatto di organizzazione della libreria digitale
  2. la musica liquida scaricata in rete (non sempre è possibile scaricarla di nuovo)
  3. il lavoro di ripping dei nostri CD 
  4. il lavoro di trasferimento in digitale dei nostri LP
  5. i contenuti stessi, se ci liberiamo o vendiamo i CD o addirittura gli LP (eretici)
Per il backup basta un secondo hard disk esterno di capienza adeguata, i costi per i dischi USB sono sempre più bassi e magari lo abbiamo già. Niente zip o altro (tanto lo spazio necessario si riduce di poco) solo copia pura e semplice che può anche andare avanti da sola per ora. Quello che serve è solo la sistematicità, ovvero farlo ad intervalli regolari e frequenti, e sempre per intero, perchè il backup incrementale a mano non è mai sicuro.

In sintesi, la soluzione no-NAS:
  • Va bene per librerie digitali non molto grandi
    (sotto ad 1TB al momento e con le prestazioni di trasferimento attuali) soprattutto non molto movimentate. L'eventuale guasto del disco è recuperabile con un po' di lavoro e soprattutto non è irrecuperabile (nei casi 1-4).
  • Non va bene per librerie digitali più grandi e soprattutto con continui aggiornamenti, qui il costo del NAS si ripaga ampiamente in comodità, tempo risparmiato e sicurezza.
  • Non va assolutamente bene se avete l'intenzione di liberarvi dei CD (sbagliato) o addrittura degli LP (orrore). In questo caso il NAS con backup integrato e automatico (RAID 5) è obbligatorio, e speriamo che sia sufficiente.

(Le immagini sono riferte a musica suonata e da ascoltare, visto che è difficile illustrare un media server software in immagini, vediamo a cosa serve: ad esempio ad ascoltare la nuova numero 1 del rock alternativo: Anna Calvi, songwriter inglese ma di ovvia origine italiana).

venerdì 5 ottobre 2018

La manutenzione del NAS

Il termine "manutenzione" in realtà è applicabile in questo caso solo in senso lato, perché i NAS, come ha scoperto chi li adotta, ha solo due stati: funzionante / non funzionante (e irrversibile). Ma vediamo prima cosa è un NAS, ovvero un Network Audio Storage.

Il NAS
Si tratta come sappiamo di un componente hardware che è diventato uno standard da almeno due decenni nei CED, ma che da almeno 10 anni è arrivato anche nelle case, con lo scopo di memorizzare in un unico punto condiviso le immagini, i video e la musica per una famigia, sia che si tratti di contenuti acquistati (la musica, di solito), sia auto prodotti (le foto, di solito), sia entrambi (i video).

Ed è arrivato in particolare nel mondo della musica dove, grazie al protocollo DLNA, può centralizzare tutta la nostra musica digitalizzata, o musica liquida, in qualità CD o in alta definizione, in PCM o in DSD, e metterla a disposizione a player di qualsisi tipo accessibili in rete, via wi-fi o via powerline.

Non è altro che un computer specializzato (o "appliance") per l'archiviazione dei dati, a disposizione per tutti i computer di una rete locale. Con l'arrivo degli smartphone e del wi-fi la soluzione si è estesa anche a tutte le device mobili.
Si compone quindi di due parti: una CPU che gestisce la condivisione in rete e i procolli di comunicazione specializzati per i vari media, e i dischi di archiviazione, che possono essere i tradizionali dischi magnetici o, meno di frequente, ma in crescita, veloci dischi virtuali a stato solido. La CPU, in più gestisce anche, se prevista, la sicurezza dei dati.

I due tipi fondamentali di NAS
Proprio la gestione della sicurezza dei dati (ovvero il backup e restore automatico) distingue i NAS in due grandi famiglie: i NAS ad 1-slot (ovvero con un solo disco) e quelli a più slot (con sicurezza dei dati più o meno spinta).
  • NAS a uno slot: la gestione del backup è a cura dell'utente esattamente come per i normali dischi USB,, quindi manuale o con software da acquistare a parte
  • NAS a due o più slot: possono essere dotati da due dischi in su in base alla capienza del case, per aumentare la capacità ma soprattutto per consentire un backup automatico effettuato direttamente dall'unità. Che può essere un semplice mirroring nel caso di NAS a due slot (ogni dato viene copiato due volte in due dischi distinti, quindi se sono da 2TB la capacità totale rimane di 2TB) opure con tecnica RAID da 3 in su. 
  • Nei dischi RAID la scrittura avviene in parallelo su più unità per ottenere una velocità di scrittura più elevata (sono utilizzati in parallelo più braccetti di scrittura) ma inserendo anche informazioni per il recupero dei dati che utilizzano tecniche ottimizzate di protezione che sfruttano l'insieme dei dischi. Il risultato è che lo spazio utilizzabile per i dati è maggiore di quello dedicato alla loro protezione e sicurezza. Con tre dischi da 2TB (6TB complessivi) e tecnica RAID 5 si hanno ad esempio a disposizione 4GB di spazio, e 2TB sono utilizzati per la protezione.
  • La tecnica RAID 5 garantisce sempre il recupero se una unità si guasta, se se ne rompono 2 o più assieme il recupero non è garantito se il numero di dischi non è sufficiente, per esempio se sono 3 non basta e ne servirebbero 5 e così via. Si tratta comunque di un evento (due assieme) che per un uso casalingo ha una probabilità molto bassa. 
  • La tecnica di mirror tradizionale ovviamente fornisce lo stesso livello di sicurezza del RAID 5 (se si guastano i due dischi assieme di perdono i dati).
Cosa si può fare quando un disco si guasta
Nel caso di un NAS a 2 o più dischi sono dolenti note solo per il portafoglio perché sarà necessario ricomprare il disco guasto (costo dai 100 € in su per i dischi di tipo RED, adatti ad un uso continuativo, che si usano tipicamente nei NAS) e poi effettuare le operazioni di ripristino con le utility fornite dal produttore del NAS.

Cosa si può fare nel caso di unità singole
Passiamo alle dolenti note più serie. Nel senso che si scopre che:
  1. La riparazione del guasto non è prevista dal fornitore:
    • se è in garanzia è prevista la sostituzione dell'unità senza costi (o al massimo coi soli costi di spedizione) ma ovviamente con perdita completa dei dati contenuti;
    • se non è in garanzia è lo stesso, soltanto che bisogna pagare di nuovo il NAS, ammesso che sia ancora in produzione (di solito quindi lo sfortunato utente ne comprerà uno nuovo di un'altra marca);
    • laboratori anche privati che ci mettono le mani non si trovano, il problema è che anche il file system può essere proprietario.
  2. Il recupero è possibile ma ha un costo, che può essere molto consistente (anche da 600 € in su). Ci sono molti laboratori che offrono questi servizi con varie modalità (per esempio selezionare i file da recuperare) e alcuni grandi nomi del settore (come Seagate) che offrono un servizio specifico con varie opzioni non solo per i propri prodotti, ma anche per la concorrenza. Pare che il recupero dati sia un buon business, a giudicare dal numero di laboratori. I guasti quindi non devono essere pochi e rari.
Se abbiamo quindi fatto un backup manuale o con qualche software specifico sarà necessario in entrambi i casi (garanzia e non) ricopiare tutta la musica andata persa sul disco guasto dal backup. Perdendo probabilmente quella caricata dopo l'ultimo aggiornamento (nel post successivo saranno illustrate le varie strategie di backup).
Se invece sono anni che non facciamo nessun backup l'unica alternativa sarà tra pagare il consistente importo e recuperare i dati (e non è certo il successo) oppure ripartire da zero e riflettere sulla opportunità di passare ad un NAS Raid 5.

Il piano di servizio recupero dati
Un noto produttore, tra i principali (Seagate) propone da alcuni anni un'alternativa interessante: un piano di servizio di recupero da sottoscrivere come abbonamento, e che comprende fino a 2 recuperi nel periodo. Non costa molto (29,99 € per 2 anni) e qindi conviene comunque attivarlo. Si applica anche a prodotti dei competitori (come il recupero in laboratorio su richiesta che comunque Seagate fornisce) ed è ovviamente indirizzato a dischi nuovi e non usati da tempo.

La mia ipotesi era che con questi costi il servizio fosse basato su un backup in cloud, del tipo di iCloud di Apple versione full. Solo che qui il volume dei dati e' 20 o 30 volte superiore. Ma non è così, il loro efficiente servizio di numero verde (disponibile in 7 lingue, la settima è la nostra) mi ha chiarito che si tratta di assicurazione pura, che sfrutta la capacità dei loro laboratori (ed il fatto che evidentemente i dischi non si guastano così spesso e/o il recupero non è così arduo).
Questo servizio consente di includere per i NAS sicuri anche quelli ad uno slot, come il compatto Western Digital nella figura qui accanto. Per un costo di ca. 220 € al momento, quindi comunque minore di un 30% rispetto ad un NAS "autonomo" RAID 5 a 3 slot.

In sintesi
L'archiviazione della musica digitalizzata è un'area da non trascurare per chi vuole estendere le possibilità di ascolto anche all'alta definizione. Le diverse soluzioni e i vari produttori non introducono alcuna differenza nell'ascolto ma non deve essere affatto dimenticata la massima attenzione alla sicurezza, rispetto alla perdita dei dati. Nel prossimo post una soluzione alternativa di NAS fai-da-te e un approfondimento sul salvataggio della nostra preziosa "musica liquida".
Per ulteriore informazione, queste cose le ho apprese quando si è guastato il mio NAS ...

(Nelle immagini 3 NAS ad 1 slot del tipo "pronti all'uso", dall'alto il Personal NAS MyCloud di Western Digital, il modello 119i di Synology e il My Cloud Home sempre di Western Digital)

domenica 23 settembre 2018

La manutenzione delle casse acustiche

Tra i componenti di un impianto stereo che richiedono meno attenzione alla manutenzione ci sono senza dubbio le casse acustiche (correttamente sarebbero “diffusori” o “sistemi di altoparlanti”, ma usiamo il termine con cui tutti le chiamano, anzi di solito sono semplicemente "le casse"). Pochi elementi tutti meccanici o elettrici (non elettronici) consentono una vita lunga e soprattutto di svolgere il loro ruolo, diffondere la musica, per decenni senza alcun intervento di manutenzione. E’ da dimostrare però se il suono che emettono e’ ancora quello progettato dal costruttore e che ascoltavamo nei primi tempi. Proprio perché sono componenti meccanici sono soggetti ad usura da funzionamento o da deterioramento dei materiali, e quindi a non rispettare più le specifiche iniziali.

Le sospensioni degli altoparlanti
Questo è l'elemento più soggetto ad usura, ed è anche il tipo di usura più facile da verificare. Gli altoparlanti tradizionali, quelli usati in quasi tutte le casse, ricreano le onde sonore spostando l’aria con un movimento alternato a frequenza variabile e, per farlo, il cono o la cupola che sposta l’aria devono essere collegati ad una sospensione realizzata con un materiale elastico. Per i woofer fino agli anni ‘80 il materiale usato era il foam, un tipo di plastica spugnosa molto adatta a seguire i movimenti del cono senza introdurre alterazioni nel movimento. Purtroppo, per effetto del movimento e per semplice invecchiamento del materiale a causa degli agenti atmosferici, dopo un numero di anni variabile ma non certo elevato (possono bastare anche 5 anni) il foam solitamente si squama fino a produrre veri e propri buchi che compromettono la tenuta e dell’aria e quindi anche la risposta.

Un diffusore AR 48S del 1984 dopo essere
stato per circa 20 anni nel salone di un appartamento
di città con riscaldamento centralizzato, e mai
utilizzato per suonare.
Ma il woofer emette solo le frequenze basse, il cono si muove lo stesso e quindi le casse continuano a suonare, l’appassionato audiofilo probabilmente si accorge che qualcosa non va, e magari inizia a sospettare dell’amplificatore, della sorgente, dei cavi o del suo udito. Poi però si ricorda di antichi articoli sulla “riconatura”, toglie la tela di protezione degli altoparlanti e scopre a vista perché i bassi non gli sembravano più quelli di un tempo (vedi foto).

Le sospensioni in gomma
Dagli anni 80 circa i costruttori hanno progressivamente abbandonato il foam, per questo motivo, e adottato per le sospensioni plastiche con analoghe caratteristiche, ma meno soggette al degrado “naturale” ovvero non dovuto al movimento. I tempi quindi si allungano di molto ma: 1) l’uso ovvero il movimento stressa il materiale modificando progressivamente le sue caratteristiche elastiche e anche 2) il non uso irrigidisce il materiale e può arrivare anche a farlo crepare. Un degrado meno facile da verificare a vista anche se il confronto visivo di un woofer che ha fatto molti chilometri con uno nuovo dello stesso tipo può dare già qualche motivo di sospetto. Quindi e’ consigliabile una verifica periodica a vista anche per gli altoparlanti con le sospensioni in gomma.

La riconatura
L’alta fedeltà e gli impianti tradizionali non sono più sulla cresta dell’onda e trovare riparatori non è sempre facile, ma gli altoparlanti sono usati anche per la diffusione commerciale e per la musica dal vivo e quindi l’esigenza di riconare periodicamente gli altoparlanti e’ universale.
Trovare un laboratorio per riconare le nostre casse non è quindi difficile, ma è meglio farsi consigliare dal negozio hi-fi di fiducia un riparatore specializzato in casse hi-fi. Perché la sospensione deve avere ovviamente le caratteristiche più simili possibili all’originale, se non proprio le stesse e, soprattutto, l'intervento non deve riguardare solo gli altoparlanti deteriorati, ma anche la loro installazione nel diffusore.  I passi che un buon laboratorio specializzato deve eseguire e documentare, sono, per un altoparlante con sospensione in foam:
  • Smontaggio degi altoparlanti, rimozione e pulizia del foam danneggiato 
  • Posizionamento e centratura driver / bobina mobile
  • Incollaggio con colle specifiche del kit refoam interno ed esterno 
  • Controllo audio e meccanico al banco del rispetto delle specifiche originali
  • Rimontaggio woofer e centratura del supporto meccanico nell'alloggiamento previsto
  • Saldatura dei contatti e controllo funzionalità del crossove
  • Riposizionamento del materiale fonoassorbente
  • Chiusura delle casse e test audio continuativo
Nella appendice la documentazione fotografica di un intervento di refoam su un paio di casse KEF 103/4 (con woofer interni) nel quale sono stati seguiti questi passi.

L'intervento solo sugli altoparlanti
Da aggiungere che alcuni riparatori, per rendere l'intervento più rapido ma anche più economico, possono chiedere di portare gli altoparlanti smontati. Operazione di solito abbastanza semplice: gli altoparlanti sono fissati in genere con viti a legno o con vite e madrevite sul frontale delle casse, i modelli di architettura complessa come le Kef 103/4 dell'esempio sono più rari, e l'operazione è alla portata di qualsiasi audiofilo dotato di cacciavite a crociera o avvitatore elettrico, in particolare se la cablatura interna è terminata con innesti "faston". Basta solo seguire pochi consigli:
  • fotografare con il cellulare il prima, ovvero i terminali dei cavi interni, il posizionamento delle guarnizioni, eventuali differenze tra le viti usate, per re-installare gli altoparlanti esattamente nello stesso modo una volta riparati
  • se si scopre che i cavi sono saldati fare prima dell'operazione un esame di coscienza sulla propria capacità di realizzare saldature efficienti ed efficaci
  • se sono faston controllare il loro stato di ossidazione e procedere eventualmente ad una lucidatura con carta vetrata fine
  • se l'assorbente interno è in lana di vetro eseguire l'operazione con una mascherina di protezione da elettricista (da acquistare dal ferramenta); la lana di vetro non è cancerogena come si diceva un tempo ma resprarla non fa bene lo stesso
  • anche se l'assorbente interno è di un altro materiale la mascherina è sempre consigliabile, soprattutto se sono bass reflex la polvere difficilmente sarà assente
  • woofer da 25 o 30 cm con magneti ben dimensionati possono essere molto pesanti, tenerne conto sia per la rimozione sia per il trasporto.
Da tenere conto infine che questa modalità, quando fattibile, può essere preferibile se le casse sono molto pesanti e richiedono per il trasporto carrelli adeguati e più di una persona.

Gli altri componenti di un diffusore
Sono elencati nel seguito, indicando le possibilità di degrado nel tempo.
  • Magneti degli atoparlanti: possono perdere nel tempo le proprietà magnetiche; l'effetto sul suono è comunqe difficilmente avvertibile
  • Bobine degli altoparlanti: è formato da un cavo in rame che nel tempo può ossidarsi;
  • Crossover: è realizzato mediante resistenze, capacità e induttori, gli induttori se del tipo a filo possono ossidarsi e le capacità possono variare le loro caratteristiche.
  • Contatti: possono ossidarsi soprattutto se del tipo "faston" (a incastro).
Sono tutti fenomeni di invecchiamento meno evidenti negli effetti e che possono generarsi con tempi molto più lunghi di quelli che possono interessare le sospensioni degli altoparlanti.
Per rinnovare e riportare un paio di casse (per le quali valga la pena) allo stato iniziale può essere però valutata la possibilità di far sostituire ad un laboratorio specializzato la cablatura interna e i connettori, e le capacità e induttori dei crossover, ovviamente con elementi delle stesse identiche specifiche. Non sono invece consigliabili interventi su bobine e magneti degli altoparlanti, a meno di casi eccezionali.

In sintesi
La priorità per le casse è solo una: controllare periodicamente lo stato delle sospensioni. Per gli altri elementi che le compongono eventuali interventi sono essenzialmente legati al desiderio di perfezione. Acquisire comunque la consapevolezza che le casse non sono eterne e non mantengono eternamente le stesse caratteristiche nel suono. 

Appendice: la riconatura di un paio di Kef 103/4 del 1990
La riconatura completa è stata effettuata 15 anni dopo l'acquisto.

Lo stato iniziale: le sospensioni dei 4 woofer (2 per cassa) erano molto degradate,
pur essendo stati sempre attivi ed in un appartamento normale.
La centratura


Dopo il rincollaggio delle nuove sospensioni (originali Kef)


Dettaglio

Il montaggio interno e il collegamento al centratore  
Uno dei woofer rimontato in sede



Il riposizionamento del materiale fonoassorbente


sabato 30 giugno 2018

Lo streaming HD: a che punto è?

La situazione dello streaming in HD che sembrava ormai pronto per un lancio sul mercato nel 2015 appare ora un po' confusa. Il sistema di compressione MQA che avrebbe consentito di distribuirlo sta suscitando sempre maggiori perplessità. Ma prima di addentrarci chiediamoci se è vero che ...

Lo streaming in HD richiede un formato compresso?
I file audio HD sono più grandi e richiedono più spazio disco e, per lo streaming, più banda, e quindi più velocità e più costi, da qui la teorica necessità di rendere la trasmissione meno impegnativa. Ma di quanto più grande?
Per prima cosa, è solo un potenziale problema in mobilità, perché la banda richiesta (da 1,152 Mbps a 2,3 Mbps, vedi tabella) è ampiamente entro le specifiche anche di un ADSL economico e la tariffa è flat. Ma non sarebbe un problema neanche in mobilità, considerando che un normale video YouTube utilizza un bitrate di 2,5Mbps a 480p, e tutti vedono video in 4G senza farsi problemi di consumo e le reti attuali normalmente lo consentono (altrimenti nessuno comprerebbe più smartphone né contratti da 8Gb / mese e oltre). E al momento comunque non lo è per i servizi in streaming Tidal e HRA HighresAudio (vedi dopo) che sono disponibili solo su desktop.
Quindi possiamo concludere che, per l'utente serve a poco un formato compresso per l'HD in grado di comprimere il classico formato HD (24/96) da 2,3Mbps a 1,5Mbps (dato dichiarato anche se medio, per MQA).

Lo pagina di presentazione dello streaming HRA di HigresAudio
Per l'utente, ma per la rete?
A livello di rete il problema è diverso, deriva dallo streaming contemporaneo di più utenti, il broadcast su una rete IP. Le reti analogiche (in FM, in PAL-TV) erano un vero boradcast, la stessa diffusione di onde radio serviva per un numero virtualmente infinito di riceventi. In una rete IP base serve invece una connessione 1 a 1 per ogni utente che fa streaming. Il problema si è posto in modo più marcato e molto prima che per la musica per la TV, per servizi come Netflix o Sky On Demand in HD. Su migliaia o milioni di connessioni anche pochi bit risparmiati fanno la differenza. E proprio un efficiente protocollo proprietario di compressione adattativa (lossy, con perdita, ovviamente) per la visione in HD ha fatto la fortuna di Netflix. Oltre alla evoluzione delle reti con l'introduzione dell'IP cast e del casting parallelo. In pratica (e semplificando) un'unica connessione sincronizzata per più utenti fino al nodo più vicino dove si possono raggruppare più utenti per lo stesso programma. Per questo a volte si deve aspettare un po' per il film che abbiamo scelto su Netflix o Sky: l'algoritmo sta aspettando di sincronizzare più utenti con la nostra stessa scelta.

Sarebbe bello che anche lo streaming in HD ponesse lo stesso problema e richiedesse quindi MQA o altri formati ancora più efficienti, ma siamo molto indietro: anche gli abbonati in streaming in qualità CD sono ancora mosche bianche. Per ora quindi non è ancora una necessità neanche per la rete, ma in un'ipotetico futuro in HD consentirebbe una riduzione del 35% in termini di banda. Non poco, anche se basterebbe passare a 24/48 (la differenza è difficilmente avvertibile) per avere lo stesso risultato.

Ma il formato Master Quality Authenticated da' la "qualità master"
In pratica, rende più musicale, più piacevole il suono, come confermato da molte recensioni (e anche dalla prova molto parziale che ho fatto su questo blog, a confronto però con un formato CD, non con un altro formato HD). E qui cominciano le critiche però. HighresAudio, Linn e anche Computer Audiohile sostengono, anche dopo test e analisi del brevetto, che non si tratta altro che di un formato lossy (con perdita) che però introduce alcuni artefatti che rendono l'ascolto più piacevole. Una efficace equalizzazione che però non è reversibile, nel senso che da un file audio codificato in MQA non si può tornare al file originario in formato HD. Come l'MP3 in altre parole, ma a un livello di qualità più alto. per chi vuole approfondire ecco i link agli articoli citati. Nessuno di essi è stato sinora confutato da Meridian, nonostante sia HighresAudio sia CA lo abbiano anticipato:
In sintesi, secondo HighresAudio, che fa riferimento ad un ampio studio di Xivero, una società specializzata nonché centro di ricerca nell'audio digitale (di cui abbiamo già parlato), le principali conclusioni dello studio sono:
  • MQA non è lossless. Il segnale digitale originale non può essere recuperato
  • dopo decodifica il formato effettivo è 17 bit / 96KHz
  • la riduzione del bitrate è raggiungibile con un diverso metodo che è effettivamente lossless; (si tratta ovviamente del formato proposto da HighresAudio che poi non è altro che il PCM 24/96 compresso lossless in FLAC, chiamato però high-bit FLAC e P-MQS: Pure Master Quality Sound)
  • MQA non è utilizzabile per DAC di generazione precedente (ovvero non MQA) causa elevato fenomeno di aliasing oltre i 18KHz
  • Non possono esseri i miglioramenti nel timing come affermato da MQA perché il dominio nel tempo e il dominio nella frequenza sono equivalenti e correlati
  • l'applicazione di filtri adattivi che modificano in modo permanente il segnale originale può causare  probabilmente più danni che benefici. 
  • è sempre preferibile preservare il segnale originale e non qualcosa che cerca di assomigliare ad esso. Può sembrare migliore all'ascolto, ma come può essere migliore della registrazione originale?
Queste conclusioni piuttosto generiche sono confortate dalle dissertazioni tecniche molto approfondite contenute negli studi citati e che i più attenti e interessati tra i lettori possono leggere nei link (se spariscono scriveteci, i documenti li ho salvati).
Da notare però che  le osservazioni di Xivero non sono del tutto imparziali, perché questa società ha ideato e commercializza un sistema di compressione lossless, Xifeo, con il quale si raggiungerebbe secondo il produttore un incremento di efficienza in compressione Flac dal 30 al 50%. In questo link la descrizione del prodotto.



I punti a favore di MQA
Meridian non ha risposto sinora alle osservazioni tecniche di Xivero o di Computer Audiophile, ma leggendo vari articoli e report di ascolti a confronto tra MQA e HD tradizionale emerge come principale plus la coerenza nel dominio del tempo, il timing. Secondo Meridian la coerenza richiede una gestione unica end-to-end, quindi dal flusso inviato in streaming al DAC, e in questo modo si raggiunge un livello superiore di controllo della "sfocatura" derivante da fluttuazioni nel dominio del tempo (de-blurring). Questo aspetto, citato ad esempio nella presentazione di MQA sul noto sito Audiostream, è negato su base teorica da Xivero (come abbiamo visto), ma è confermato che un effetto possa esserci da varie prove di ascolto, ad esempio quella di Waht Hi-fi su Qobuz Sublime+.

Il master non è più questo sconosciuto
Una innovazione importante, non tecnica ma di trasparenza, che arriva con il MQS è la classificazione dei master per tecnica di registrazione adottata. La qualità dell'ascolto deriva infatti più che dalla risoluzione HD più o meno spinta, dalla tecnica di registrazione. La classificazione è piuttosto elementare, non indica il livello di compressione dinamica (loudness) o la tecnologia digitale adottata nello studio di registrazione, ma è sempre meglio di niente, speriamo che sia dichiarata da ora in poi:
  • MQ-A - Taken from an Analogue Master Source
  • MQ-C - Sourced from a 16bit 44.1KHz CD master and upsampled
  • MQ-D - Sourced directly from a Direct Stream Digital DSD Master
  • MQ-P - Sourced from a minimum 20bit master with a minimum 48KHz sample rate
La critica di Linn
Diversa e non tecnica la critica al nuovo standard di Linn (e di Linn Records). L'attenzione è sugli scopi reali dell'operazione, che non è soltanto aumentare la qualità senza incremento di consumo di banda (esigenza non stringente, come abbiamo visto) ma di imporre un nuovo standard proprietario. Si sottolinea infatti che si tratta in realtà di una joint venture tra Meridian (concorrente di Linn, btw) e una delle tre major superstit, la Warner Music.
Lo scopo è il solito, rivendere il catalogo con un nuovo formato ai soliti appassionati danarosi o presunti tali (che saremmo poi noi audiofili). Guadagnando tra diritti e licenze d'uso in tutto il ciclo di produzione e imponendo infine anche il DRM quando sarà uno standard effettivo. E facendo guadagnare qualcosa anche ai produttori di hardware, che saranno così arruolati come complici. Il tutto per avere qualcosa che non da' nessun vantaggio rispetto al PCM HD.
L'articolo si conclude però con una facile profezia, ovvero che il nuovo standard farà la stessa fine del SACD, quindi un flop o di Apple Lossless che poi Apple ha dovuto aprire dopo aver verificato che non poteva imporlo come standard.
Interessanti considerazioni per niente lontane dalla realtà, pur se provengono da un competitore.

Lo streaming in HD MQA di Tidal
Che sia efficace anche se ci rimane il dubbio che qualcosa si perde, oppure che sia veramente una soluzione ottimale, resta il fatto che al costo standard di 19,9 €/mese su Tidal lo streaming HD (con MQA) c'è da tempo, e qui è stato anche provato con valutazione positiva. Il limite più che nella qualità è nella quantità (ed è ancora in buona parte così): la musica già ascoltabile in MQA è una piccola parte del grande catalogo di Tidal, nonostante la partnership con Warner che sicuramente un grande catalogo lo ha.
I test parziali effettuati da me (vedi anche la nota in fondo al post) e soprattutto quelli di riconosciuti esperti del settore hanno valutato l'ascolto di materiale codificato in MQA molto convincente, che sia effetto di un'equalizzazione o meno, i DAC compatibili MQA non costano necessariamente di più di quelli che non lo sono, e quindi tralasciando le considerazioni etiche Tidal+MQA rimane un'alternativa molto interessante 
Ma ora per i puristi c'è un'alternativa.

Lo streaming in HD di HighresAudio
La critica di questo noto servizio tedesco non è in realtà molto imparziale, perché propongono uno streaming HD alternativo, in un normale formato Flac (come lo streaming in qualità CD). Il costo in realtà non è alto, sono circa 17 € / mese, ma è richiesto il pagamento anticipato per 6 mesi (circa 105 €) e quindi è almeno psicologicamente è meno facile la sottoscrizione. Prevedono comunque un periodo di prova senza restrizioni, anche se limitato a soli 7 giorni, e presto faremo questa prova.
Il catalogo anche qui però è il problema, perché è ovviamente limitato all'offerta in download del servizio streaming tedesco, quindi parecchio materiale, ma incomparabilmente molto inferiore la scelta rispetto a quanto è disponibile in qualità CD su Qobuz o Tidal. Poi c'è da verificare la disponibilità da noi dello specifico allbum, visto che molto materiale in download non è accessibile.
L'abbonamento al servizio HRA Streaming è comunque possibile dall'Italia.

Il principale punto critico  dell'offerta è che per l'album che vogliamo ascoltare non è sempre disponibile l'ascolto alternativo in qualità CD come in Tidal. Per avere la disponibilità di un catalogo completo e comparabile bisognerebbe aggiungere un secondo servizio, quindi in totale 37 € / mese. Non poco, come un abbonamento Sky standard.
Altro punto critico, ma è annunciato il superamento: è che il servizio non è disponibile in mobilità, ovvero in 4G, solo su desktop Windows o MAC. Ciò comporta che le prestazioni al momento non sono un problema, considerando che i file originali possono essere anche 24/192.

La cosa più curiosa invece è che, nonostante le critiche al formato, HighresAudio vende album codificati in MQA, nella sezione download. A dimostrazione che il formato ha comunque un suo appeal (indipendente dall'esigenza di compressione) e anche che la coerenza non è il loro forte.


Qobuz Sublime+
Anche Qobuz con la versione plus di Sublime, il suo servizio di punta, fornisce ora l'ascolto in streaming in HD, fino a 24/192, e anche in mobilità in 4G, se la rete del vostro gestore ce la fa. Il catalogo dichiarato è ampio, 70.000 brani in 24/192-24/96 e il 90% del catalogo (che è di 40 milioni di brani) disponibile a 24 bit con frequenza da 44,1 a 48KHz. Nessuna tecnologia particolare o nomi marketing speciali, la trasmissione è in FLAC e quindi servono fino a 4,6Mbps a 24/192.
Il costo è elevato anche psicologicamente, perché come HRA di Highresaudio è su lungo periodo (annuale in questo caso) e anticipato, 350 € per un anno. A differenza di HRA HighresAudio però si può ascoltare quasi tutta la musica che ci va di ascoltare quasi seempre in HD, e quando non c'è comunque in qualità CD.

Del servizio Qobuz Sublime+  What Hi-Fi ha fatto un'approfondita recensione, molto positiva, unico punto critico (a parte il costo) il timing non a livello dell'equivalente brano ascoltato con Tidal MQA, a conferma di ascolto della sua controversa superiorità su questo aspetto. Si trattava però di qualcosa che è stato evidenziato con un brano del noto rapper Kendrick Lamar se, come me, non ascoltate il rap o l'hip-hop e non riuscite neanche a comprendere chi lo ascolta, non appare una carenza decisiva.

In sintesi
Passare allo streaming si può e la soluzione migliore appare ancora essere Tidal, almeno in attesa che gli altri due arricchiscano il catalogo o passino ad una formula di pagamento mensile. Condizione necessaria è che non abbiate appena comprato un costoso DAC non compatibile MQA e che quindi possiate acquistare assieme a Tidal un DAC MQA compliant, che lo straming sia soprattutto da desktop e non in mobilità 4G e inoltre che scegliate cosa ascoltare sulla base della musica e non del formato. In altre parole: se c'è in MQA bene, se non c'è va benissimo anche la qualità CD.
Ma se invece pagare anticipatamente un anno a circa 30 € / mese non vi provica nessuna ansia, Qobuz Sublime+ è una soluzione migliore da tutti i punti di vista.

Appendice

1. Tabella di comparazione del bitrate massimo necessario per vari formati audio e video

Formato Numero di bit Frequenza KHz KBit /sec (stereo) FLAC
CD 16 44,1 1411,20 705,60
DAT 16 48 1536,00 768,00
Audio DVD 24 48 2304,00 1152,00
SACD PCM 24 88,2 4233,60 2116,80
PCM 96 24 96 4608,00 2304,00
Video YouTube 480p 2500,00
PCM 192 24 192 9216,00 4608,00
DSD64 1 2822,4 5644,00 5644,00

2. Osservazioni sul test di MQA effettuato sul blog

Secondo gli approfonditi studi dei HighresAudio con Xivero, MQA non da' vantaggi su altri formati HD e può addirittura introdurre distorsione in certi casi, in particolare per fenomeni di distorsione causa aliasing oltre i 18KHz se usato con DAC non MQA. La prova che ho fatto era proprio su un DAC non MQA ma non ho sentito alcuna distorsione, anzi, ho registrato un marginale miglioramento su alcuni parametri, derivante quindi non da MQA in quanto tale, ma dall'ascolto a risoluzione superiore.

Quindi la prova con esito positivo che ho fatto tempo fa era frutto di suggestione? Può essere sempre presente una indeterminatezza o una dipendenza dalla musica test, ma più semplicemente, i brani di musica che ho usato come test non avevano contenuto musicale oltre i 18KHz e, anche se sorprendentemente ne avessero avuto, avendo io superato da tempo i 20 anni, non ho un udito che arriva ad ascoltare molto oltre i 16KHz, come tutti o quasi. Non posso di conseguenza

giovedì 10 maggio 2018

C'era una volta: la doppia barra di registrazione

Gli impianti hi-fi moderni sono sempre più semplici. Per ascoltare tutta la musica del mondo e in qualità CD possono essere sufficienti anche, ho fatto questo esempio più volte, un iPad e due casse attive.
Anche gli amplificatori, quando ci sono, hanno funzioni sempre più semplificate, con al massimo 4 o 5 ingressi e nessun intervento sulla sorgente.
Quelli degli anni '60 e '70 invece erano chiamati anche "centralina" perché erano progettati per ospitare tutte le connessioni di un impianto anche complesso. Ad esempio nelle immagini vediamo il frontale e lo schema di connessioni completo di un classico dell'hi-fi d'annata, un ottimo amplificatore che si chiama Yamaha CA-600 (e che è anche, casualmente, il primo che ho posseduto).


Due giradischi, uno anche con testina MC, due registratori, più altri 3 ingressi, più 2 ingressi microfono e 2 coppie di casse che potevano suonare alternativamente o in parallelo, assieme alle cuffie o essendo escluse. E poi la possibilità di invertire o miscelare i canali, il famoso deprecato loudness e gli altrettanto discussi controlli di tono (comunque escludibili) più filtri passa-alto e passa-basso (fissi). E infine ingressi e uscite separate per pre e finale e la famosa doppia barra di registrazione.


In questo caso la doppia barra di registrazione era particolarmente versatile perché indipendente per i due registratori. Ma a cosa serviva?

Lo scopo iniziale della doppia barra di registrazione
Serviva a due scopi: 1) il monitoraggio della registrazione 2) rendere indipendente la registrazione dall'ascolto, in altre parole registrare qualcosa (ad esempio un disco per un amico) mentre si sta ascoltando qualcos'altro.
La funzione di monitor serve e ha senso solo se il registratore ha 3 testine: una di cancellazione, una di registrazione, una di riproduzione. Con un ampli che ha questa funzionalità si può ascoltare in alternativa la sorgente e la registrazione appena effettuata, selezionando la testina di lettura. In questi modelli Yamaha poi esageravano proprio, e c'era anche la possibilità di registrare da un registratore all'altro (pratica non molto consigliabile neanche coi registratori a bobina delle immagini). Registratori a bobina perché quando è stato immesso sul mercato questo ampli registratori a cassette a tre testine non esistevano. Ma sarebbero arrivati da lì a poco, con il mitico Nakamichi 1000.

Lo scopo attuale della doppia barra di registrazione
La registrazione, analogica o digitale che sia, non ha molto senso oggi, a meno di registrare qualcosa di suonato da noi o da amiche e amici, ma può servire anche per superare una mancanza degli ampli moderni: la sparizione delle uscite e ingressi separate per pre e finale. Nel CA-600 c'era, ma adesso è rara anche sugli integrati top.
L'uso originario era passare ad un finale più potente o usare il finale da solo con un altro pre, quindi non molto comune, ma la separazione consentiva anche di inserire un processore di segnale un amplificatore specializzato per cuffia. Un tipico processore è un equalizzatore analogico, ma ora può essere anche un DSP digitale.

Come inserire un equalizzatore (o altro processore di segnale) nell'impianto
Deve essere inserito ovviamente nel percorso del segnale, per questo, quando esiste ancora, si inserisce nel tape-loop, che è un altro nome per la doppia barra di registrazione. La vediamo implementata in un altro integrato, di un paio di decenni dopo, minimal ma ancora dotato di questa funzione (il Fase Evoluzione Audio Performance 2.0 che, sempre casualmente, è un altro ottimo ampli che ho posseduto)


Come si vede i selettori degli ingressi / uscite sono due, uno è quello per indirizzare la sorgente alle casse, l'altro per indirizzarla al registratore. In questo modo si può ascoltare una sorgente e, in parallelo, effettuare una registrazione sull'altra. Tra le sorgenti è presente su entrambi selettori anche il "tape", in questo modo, se il registratore ha 3 testine, ovvero testine separate per registrazione e lettura, selezionando tape sul selettore indirizzato alle casse (quello di destra) si può ascoltare quello che sta registrando il nostro registratore, in tempo reale. Se invece ha due testine si sentirà ancora la sorgente, ma dopo il passaggio nell'elettronica del tape recorder, una cosa inutile, insomma.


Se nel tape loop viene inserito un processore digitale, il segnale audio della sorgente può attraversarlo inserendo la sua uscita sull'ingresso tape. Il selettore tape (a sinistra) selezionerà ora l'ingresso che si manda in ascolto alle casse passando per il processore. Il selettore di sinistra consentirà di selezionare l'ingresso tape (con processore) o in alternativa gli altri ingressi ascoltandoli, senza processore.
La stessa cosa che si potrebbe fare inserendo il processore (ad esempio un equalizzatore) tra pre e finale e attivando o disattivando il bypass.

Un ampli per cuffia nel tape loop
Questa configurazione è più semplice, perché è soltanto un output alternativo alle casse. Nella configurazione più semplice è sufficiente collegare l'ampli per cuffia all'uscita tape. Col selettore di sinistra "tape" si sceglie la sorgente da ascoltare. C'è però anche il problema di silenziare le casse. Negli ampli che ancore hanno l'uscita cuffia, è automatico, ma nel caso di una classica doppia barra di registrazione è disponibile (come in questo caso) anche una posizione off (serve per registrare senza ascoltare nulla) e quindi non c'è problema.
Ovviamente si perde la possibilità di collegare in modo permanente un registratore, a meno che l'ampli per cuffia abbia una seconda uscita alternativa e un bypass. La seconda uscita si può collegare a un registratore. Non sarà più possibile il monitor della registrazione, ma la registrazione sì.

Se il tape loop non c'è
Nella maggioranza degli amplificatori di ultima generazione è sparito, perché non serve più essendo spariti nell'uso comune i registratori analogici a 3 testine. Ma un'uscita tape di solito resiste ancora e può essere usata per collegare un ampli per cuffia. Per evitare di sentire anche le casse è sufficiente  mettere il volume a zero (l'uscita tape bypassa ovviamente il controllo di volume). Ma non sempre è sufficiente: in molti amplificatori di ultima generazione il volume è controllato digitalmente e se viene portato a zero equivale a mettere il componente in stand-by. L'unica soluzione in questo caso è mantenere il volume al livello più basso della scala.
Un'altra soluzione è inserire gli ingressi su un preamplificatore passivo (vedi post di qualche tempo fa). Tra il pre e l'ingresso dell'ampli principale si può inserire sia un processore di segnale sia un ampli per cuffia. Il segnale dovrà passare tra due controlli di volume, ma il primo controllo, passivo, non dovrebbe provocare nessuna alterazione. In alcuni amplificatori poi esiste la possibilità di configurare un ingresso con bypass del pre, ovvero del controllo di volume.

sabato 21 aprile 2018

Chiude Oppo Digital

Una triste notizia, con un annuncio che per i veri appassionati è veramente un fulmine a ciel sereno, la Oppo Digital, il miglior produttore al mondo di lettori digitali e DAC (e anche recentemente di eccellenti cuffie) famoso soprattutto per lo straordinario rapporto qualità / prezzo, sospende tutta la produzione. Mantenendo gli aggiornamenti firmware, promettono.

La ditta è americana e produce in Cina da 14 anni, negli ultimi anni era passata del tutto in mani cinesi, anche se gli headquarters  e la ricerca erano sempre in California, e all'inizio di questo mese di aprile 2018 sul sito compare l'annuncio di addio.


Non sono fornite spiegazioni, non penso che l'azienda fosse in perdita, i prodotti come i BDP-203 e BDP-205, senza confronti i migliori lettori HD multi-formato in produzione (il 205 specializzato per la musica e il 203 per il video) non erano comunque super-economici. E' più probabile che non generassero sufficienti utili per gli investitori e che fosse stato valutato in "outlook negativo" (nessuna prospettiva a medio-breve termina di crescita dei margini). Da notare che il loro era comunque un mercato di nicchia a livello globale.

Io possiedo un lettore multi-formato Oppo, uno dei primi modelli (ha più di 10 anni) e posso testimoniare che la fama è pienamente meritata.

E' veramente un peccato, un altro caso in cui la qualità e l'eccellenza non sono premiate dal mercato di massa e dal pubblico, cominciamo a diventare troppo frequenti.

Sarà ricordato a lungo l'Oppo UDP-205, il migliore e più versatile lettore
multi-formato "audiofilo" di oggi e probabilmente anche per un altro bel po' di tempo