mercoledì 23 ottobre 2019

L'assurdo analogico: il giradischi bluetooth

Il vinile affascina e tutti vogliono avere un giradischi in casa. Non proprio tutti in realtà, rimane un fenomeno di nicchia, ma per i numeri esigui di vendita degli album e dei prodotti hi-fi ha un suo peso. E i suoi assurdi effetti collaterali, come appunto il giradischi bluetooth. Nell'ultimo numero di Audio Review 413 ne vengono recensiti addirittura due, uno di Yamaha e uno di Cambridge Audio.

Ma cerchiamo di disperdere un po' di fumo marketing e di tornare al senso dell'operazione vinile: perchè dovremmo comprare un giradischi con tutto il suo corredo di accessori e complementi? I motivi possono essere quattro:
  1. perchè abbiamo trovato o recuperato un discreto numero di vinili ante CD e li vogliamo ascoltare;
  2. come sopra, ma perché li vogliamo digitalizzare e archiviare per non perdere il prezioso contenuto;
  3. perchè vogliamo fare scena con gli amici proiettando una immagine di noi come sofisticati conoscitori di tecnologie vintage;
  4. perché ci hanno detto che il suono analogico del vinile è superiore a quello del CD e della musica digitale in genere.
Bene, per nessuno di questi obiettivi l'acquisto di un giradischi bluetooth ha il minimo senso. L'unico senso che ha è dal lato del costruttore, se trova acquirenti. Vediamoli uno per uno.

Un vero giradischi analogico hi-end, con cui ha senso cercare il suono distintivo del vinile (Clearaudio Performance DC) 
1. Abbiamo recuperato vinili e li vogliamo ascoltare
Ve li hanno regalati (a me è successo, erano quasi 100), erano del padre o del nonno, dimenticati in cantina, dello zio che deve trasferirsi in una casa più piccola, di un amico la cui moglie ha fatto un aut-aut (liberati dei tuoi vinili che occupano mezza casa o io mi libero di te) e così via.

Ma cosa contengono questi vinili? Se sono album noti o comunque conosciuti, tipo l'opera omnia dei Pink Floyd dal 1967 in poi o quella dei Genesis, o anche di interpreti rock e pop ormai dimenticati ma a noi cari, possiamo già sentirli senza fatica alcuna e anche in ottima qualità con un semplice abbonamento in streaming, anche gratis, volendo, con Spotify o Deezer. Senza acquistare un componente che comunque ha un costo (oltre 1000 € per i due citati prima) e che sarà probabilmente ben poco usato.
A meno che l'obiettivo sia il (4) su cui torno dopo.

Se invece sono album rari, può accadere con la classica, e abbiamo veramente desiderio di ascoltarli perché quella musica ci interessa e ci piace, non per curiosità passeggera, aggiungere un giradischi ha ancora un senso, ma perché mai dovrebbe essere un giradischi analogico con uscita digitale? La logica dice che servirebbe un'uscita analogica, verso l'impianto che già abbiamo. Ma per questo risultato la soluzione è semplicissima: comprare un buon giradischi analogico, magari con ingresso phono incorporato, e collegarlo con un cavo a uno degli ingressi dell'ampli. Non solo la qualità sarà superiore, ma si scopre subito che costa anche molto meno.

Non avete un impianto tradizionale ma ascoltate con un sistema integrato, uno speaker wireless? Il giradischi serve sempre, ma lo speaker wireless ha sempre anche un ingresso analogico.
Volete invece a tutti i costi collegare il giradischi in wireless? Ma perchè? Volete far girare il disco in una stanza e ascoltarlo in un'altra? Volete diffondere la sua musica in multi-room, incuranti dal fatto che un LP ha una durata per facciata di meno di 30'? Tutte cose assurde.

2. Vogliamo digitalizzare il prezioso contenuto per non perderlo
A parte il fatto che non è detto che sia più sicuro un hard disk del vinile originario, perché mai dovremmo convertirlo a qualità inferiore? Se sono così preziosi questi LP, considerando il tempo non indifferente che dovremo impiegare per trasferirli in digitale, sarebbe logico puntare alla qualità. E qui arriva un nuovo problema, la codifica bluetooth APTX HD che usano questi giradischi non è a qualità CD (nonostante l'astuto nome marketing), è a qualità inferiore. E' vero che la codifica è 24 bit / 48KHz, ma poi il contenuto viene compresso con perdita (lossy) per arrivare a un bitrate di 576Kbps (circa la metà del CD). Con un normale giradischi analogico, magari prestato alla bisogna, il vostro PC e un software come GarageBand (su Mac) o Cubase e altri simili (su Windows) potete digitalizzare gli LP recuperati in vera qualità HD o CD senza perdita (lossless). Ancora una volta, spendendo meno.

3. Vogliamo fare scena con gli amici
Può anche funzionare, voi mettete un disco nero sul piatto, lo fate partire calando con cura, al centro dell'attenzione generale, il braccio e la testina sul primo solco, il suono si sparge magicamente in ambiente dagli speaker wireless e voi esclamate "sentite la differenza del suono analogico!". Può anche funzionare, ma è fondamentale che gli amici siano tutti del tutto al digiuno di qualsiasi conoscenza anxhe elementare delle tecnologie per ascoltare la musica. Altrimenti qualcuno immancabilmente vi chiederà "ma non è un suono analogico, lo stai trasmettendo in digitale in bluetooth". Serata rovinata.
Un giradischi recente di Pro-Ject, già classificabile come hi-end, e che costa pure meno di ciascuno dei due provati da Audio Review (Pro-Ject X2)

4. Il vinile suona meglio del CD 
Il concetto di "meglio" non è oggettivo ma soggettivo, purtuttavia molti hanno sperimentato e testimoniato che la musica riprodotta in analogico può essere più appagante, per motivi neanche facili da descrivere, rispetto a quella che esce da un CD. Anche io concordo con questo giudizio, per esperienza diretta. Ma, oltre che soggettivo, non è un giudizio definitivo e immutabile, dipende dalla qualità della catena che porta il suono nascosto nei microsolchi del vinile fino al nostro udito. Peraltro anche per il concorrente, il CD, la qualità della riproduzione ha avuto importanti miglioramenti da quando (oltre 20 anni fa) alcuni esperti si sono accorti che il CD non era "la perfezione del suono digitale". Di conseguenza questa superiorità è percepibile solo se testina, giradischi, braccio, pre-phono sono di qualità almeno medio-alta (e non è così per i giradischi bluetooth provati, come ammettono le stesse recensioni, e non parliamo degli altri supereconomici in commercio). E soprattutto, non lo sarà se poi il suono estratto viene compresso "lossy" per trasmetterlo senza motivo alcuno in wireless, dopo averlo trasformato in digitale, verso speaker wireless che magari sono le cassettine multiroom o addirittura (ma spero non venga in mente a nessuno) Alexa o Google Home.

In sintesi: ma voi veramente volete apprezzare la differenza e la superiorità del suono analogico dopo averlo convertito in digitale?

domenica 13 ottobre 2019

Semplificare l'Hi-Fi nel mondo digitale

Nel mondo digitale nel quale ormai siamo immersi la composizione di un impianto Hi-Fi stereo, una "catena" come veniva chiamato un tempo, sembra sia diventata un'impresa complicata a causa della grande varietà di combinazioni che sono possibili. In queso blog, in diversi articoli, sono schematizzate le varie combinazioni possibili. Una grande varietà che può confondere le idee sia agli appassionati storici "analogichi" in via di transizione, sia ai "nativi digitali" che si sono stancati di ascoltare musica compressa con cuffie stereo non lineari.

Ma se ci concentriamo solo sull'esigenza primaria, nel mondo digitale per ascoltare la musica in vera alta fedeltà può essere sufficiente acquistare un solo componente specializzato, gli altri quasi certamente li abbiamo già, oppure richiedono un impegno economico veramente ridotto. Proviamo a ripartire dagli elementi essenziali.

Gli elementi essenziali
Un sistema in grado di mettere in comunicazione il musicista con l'ascoltatore, anche a distanza di spazio e di tempo, si basa in ultima analisi su quattro soli elementi: il "supporto" utilizzato per memorizzare la musica registrata, la "librerie" per archiviare i supporti e l'"altoparlante" o "speaker" per trasferire il contenuto del supporto al nostro sistema uditivo. In mezzo c'è un sistema di conversione, che è cambiato nei secoli seguendo l'evoluzione della tecnologia.

Lo schema di base
Andando indietro nel tempo, il primo "altoparlante" usato a questo scopo era un pianoforte, a coda o verticale, e il supporto erano le trascrizioni per pianoforte, a 2 o 4 mani, delle composizioni più famose o di moda. Il sistema di conversione erano uno o due componenti della famiglia borghese del primo 800 che sapevano suonare il pianoforte abbastanza bene, ma non necessariamente al livello di un concertista. Erano trascrizioni semplificate a questo scopo. E nasceva così il salotto musicale e la prima riproduzione casalinga. La libreria musicale non era altro che una raccolta di spartiti.

L'elettricità e lo sviluppo della meccanica hanno consentito qualche decennio dopo un significativo passo avanti: l'introduzione della registrazione del suono. Con i primi rulli perforati che trascrivevano su un nastro di carta le note suonate su un pianoforte, e come erano suonate. L'"altoparlante" era ora un pianoforte predisposto a leggere i rulli. Anche l'effetto stereo e l'ambienza erano ovviamente e naturalmente preservati, meglio di qualsiasi impianto Hi-Fi di oggi. Sul blog ho scritto qualche tempo fa un post su questo affascinante sistema che qualcuno ha anche ripristinato: i Music Rolls.

Poi è arrivato il primo 78 giri dove l'altoparlante era incluso nel grammofono che estraeva le informazioni dal disco: una semplice tromba che amplificava il debole suono in uscita dalla testina. Da quei primi anni del secolo la libreria musicale di dischi si affiancava a quella tradizionale di libri, ma ben pochi privati avevano problemi di archiviazione per via del costo dei dischi. Ma non voglio fare tutta la storia della registrazione e riproduzione della musica e arriviamo all'era del CD, nella quale i 4 elementi sono:

  • "supporto": CD
  • "libreria": raccolta fisica dei CD (non fa parte dell'impianto)
  • "sistema di conversione": lettore CD + amplificatore stereo
  • "speaker": diffusori o "casse passive".

In questo decennio il passaggio completo al digitale sta comportando qualcosa di completamente nuovo. In un certo senso, un ritorno alla semplicità delle origini.

La rivoluzione in corso
Nonostante l'inevitabile sentimento di nostalgia, ormai i supporti fisici che abbiamo usato fino a ieri non hanno più un motivo di esistere per la vendita della nuova musica. Certo, chi già li ha  può scegliere di continuare ad usarli, o anche chi non ne ha mai comprato uno può essere interessato ad una esperienza di ascolto vintage, in particolar modo per i vinili. E' come andare in giro con una Jaguar XJ con overdrive, per il piacere di saperla guidare, per ascoltare il rombo del 6 cilindri bialbero in linea, per distinguersi. Ma non è certo un mezzo di trasporto pratico e confortevole, ogni auto moderna anche di classe media ha prestazioni e confort superiori.

Quindi, dimenticando per un momento il vinile e i suoi giradischi e preamplificatori phono, che sono sempre nel nostro cuore e che comunque non devono essere necessariamente abbandonati, vediamo quali sono i 2+2 componenti essenziali:
  • "supporto": i file audio 
  • "libreria": archivio digitale dei file audio locale o in cloud
  • "sistema di conversione": app per smartphone / tablet
  • "speaker": diffusori attivi wireless
I primi e gli ultimi li dobbiamo acquistare, i due intermedi sono messi a disposizione gratuitamente dal produttore dello speaker o dal fornitore del servizio streaming.

Il supporto
Come sappiamo ormai da anni il "supporto" non è altro che un file audio, un componente immateriale che può essere memorizzato su un sistema di archiviazione "fisico" (un disco magnetico) oppure (sempre più spesso) su un sistema di archiviazione a stato solido, che in un certo senso, può essere ancora considerato "fisico" perché deve garantire una memoria permanente.

La libreria musicale in locale
Chi decide di conservare una propria libreria musicale deve avere a disposizione strumenti per archiviarla in modo sicuro, organizzarla per una ricerca efficace e per selezionare gli album o i brani da ascoltare. Ciò che serve è molto comune e spesso in casa c'è già: un NAS con supporto DLNA e un PC (che sicuramente già abbiamo) per organizzare e riempire la libreria sul NAS.

La libreria musicale in cloud (streaming)
C'è un'alternativa, ascoltare la musica come leggere i libri prendendoli in prestito in biblioteca. Con la differenza che con lo streaming non dobbiamo restituire nulla. Come per la  biblioteca non rimane nulla di nostra proprietà, solo il ricordo delle sensazioni che ci ha dato la musica, ma in compenso abbiamo accesso libero a 40 o 50 milioni di brani. A noi la scelta. La libreria quindi esiste ancora, ma è in cloud, è quella del gestore del servizio streaming; se è quella di Amazon Music contiene 50 milioni di brani, quindi circa 3 milioni e mezzo di album. Certamente di più di qualsiasi libreria musicale privata, anche se nella libreria privata possono esserci brani o album che in quella del gestore non ci sono.

Il sistema di conversione
Qui abbiamo già tutto: la app per scegliere la musica da ascoltare sul NAS e trasferirla via wi-fi alle casse attive è fornita assieme alle casse attive dal produttore e il dispositivo dove installare la app è  lo smartphone o il tablet che già abbiamo. Abbiamo anche già un PC fisso o un notebook con il quale gestire il NAS e, in particolare, organizzare la sua memoria di archiviazione una sua struttura di directory che consenta facilmente di individuare gli album e i brani che vogliamo ascoltare, e di trasferire i brani dal PC dove li abbiamo scaricati dai siti (legali) di download, al NAS.

Lo speaker
La ricostruzione stereo richiede due diffusori separati ma, accettando una ricostruzione in scala dell'immagine stereo (come l'ascolteremmo nei posti dietro nell'audiotrium invece che dalla prima fila) anche uno speaker unico stereo può mantenere la qualifica di Hi-Fi, con innegabili vantaggi di praticità e inseriemnto in ambiente.
L'amplificatore non è più separato ma incluso per il semplice motivo che di un amplificatore separato non c'è più bisogno. Era una necessità ai tempi delle valvole o anche dei transistor per le dimensioni che sarebbero state compatibili solo per diffusori di grandi dimensioni, non "bookshelf" (da scaffale). La classe D di amplificazione o anche la classe AB di ultima generazione consentono invece di avere potenze elevate anche con casse molto compatte. E' come il motore 6 cilindri della Jaguar XJ citata prima, che aveva 140 CV mentre ora un'auto media può avere un 1,4 da 150 CV che consuma la metà. E anche perchè nell'impianto di un tempo c'erano più sorgenti, ora è una sola.

Due esempi tra tutti scelti tra i sistemi premiati dagli Eisa Awards degli ultimi due anni, e anche dalle vendite. Il secondo, il Naim Mu-So,è stato anche provato su questo blog. Entrambi consentono un ascolto in alta fedeltà e ovviamente il trasporto della musica può avvenire senza cavi, in wi-fi.

KEF LS50W. Il produttore inglese propone anche il modello LSX più compatto e a costo inferiore
Il wireless speaker Mu-SO 2, seconda generazione, di NAIM

In sintesi, una soluzione molto semplice

Nella configurazione più semplice la libreria musicale è in cloud, è la libreria del gestore, e il sistema di cobìnversione è la app messa a disposizione dal gestore. Dobbiamo comprare solo lo speaker wireless (quelli portati come esempio o le molte alternative in commercio) e l'abbonamento al servizio streaming in qualità CD (Tidal, Qobuz, Deezer e prossimamente Amazon Music HD).

Se vogliamo aggiungere anche una libreria privata contenente album particolari che in streaming non ci sono (vale soprattutto per la classica, per il folk e per musica etnica) o che vogliamo avere in proprietà illimitata nel tempo la configurazione diventa appena più complessa, perché bisogna aggiungere un NAS (soluzione altamente consigliata, vedi il post precedente sull'argomento) se già non è presente in casa per le foto e i video, con supporto del protocollo DLNA (indicato anche spesso come UPnP) che è una funzione sempre presente sui moderni NAS. Il sistema di conversione sarà la app fornita insieme allo speaker wireless dal suo produttore. Nel caso in cui in casa un NAS ci sia già e abbia capacità di memoria suficiente, l'unico elemento aggiuntivo da acquistare sono le casse attive.

Ma se vogliamo ascoltare CD o i vinili?
Niente paura, non si devono tagliare i ponti col passato. Tutti gli speaker wireless hanno anche ingressi analogici e digitali e quindi è sufficiente un lettore con uscita digitale o analogica. Nel caso dei CD può essere anche il PC o il notebook che certamente abbiamo già in casa, e il collegamento può anche essere in digitale sulla porta USB, senza perdità di qualità. Per il vinile non c'è invece alternativa, serve proprio un  giradischi e anche un pre-phono (se non già integrato nel giradischi) e poi un cavo di connessione all'ingresso analogico dello speaker.
Una limitazione però esiste: il collegamento con non sarà wireless, devono essere collegati con un cavo alle casse.

Le connessioni di input delle KEF LS50W

Limitazioni in estensioni

Una limitazione in questa soluzione minimal esiste, ed è, al momento, che l'ascolto è garantito solo in qualità CD, non in HD. Per l'ascolto in HD con connessione in wireless le cose si complicano e dipendono dai componenti scelti, è una situazione in evoluzione. La qualità CD per chi arriva dall'ascolto in cuffia di musica in formato compresso è già un notevole passo avanti.
Con opportuni upgrade si possono aggiungere all'impianto estensioni dell'ascolto wireless per l'ascolto di CD, è possibile incrementare la qualità con player specializzati al posto di quelli gratuiti inclusi nei prodotti e servizi, rendere più efficace la gestione e fruizione della libreria con un media server. Ma ne tratteremo un'altra volta, questo post vuole focalizzarsi sulla semplicità della soluzione "tutta digitale". Ci si può arrivare dopo.  Dopo aver ascoltato tanta musica in qualità CD e in "real stereo".

lunedì 23 settembre 2019

Lo streaming in alta definizione di Amazon

Apple e Google non hanno un grande interesse per l'alta definizione in musica (o HD, high definition) Anche nei prodotti più recenti, smartphone e tablet per Apple, servizi o dispositivi home per Google, si arriva quando va bene alla qualità CD (o SD, standard definition). La terza grande corporation americana dell'informatica e del web invece per fortuna ci crede e, a sorpresa, ha lanciato in questi giorni la evoluzione del già noto servizio Amazon Music (che era sinora solo lossy MP3, una delle molte alternative a Spotify) sia verso la SD che verso la HD. Il nuovo servizio si chiama ovviamente Amazon Music HD.


Secondo loro per il pubblico di massa lo standard definition è l'MP3, e quindi hanno scelto di indicare i contenuti rispettivamente come HD (qualità CD) e Ultra HD (HD fino a 24/192, codifica FLAC). Il catalogo grazie alla potenza di una delle corporation più grandi del mondo attuale è molto ampio, dichiarano 50 milioni di brani per qualità CD e 1 milione per l'alta definizione.

I prezzi del nuovo servizio
Alla potenza della compagnia si accompagna una politica di prezzi molto aggressiva, che impensierirà non poco gli attuali player del settor (Tidal e Qobuz, ma anche Spotify) e che sfrutta anche il fatto che gli utenti Prime (32 milioni nel mondo) hanno già ora incluso gratuitamenteil servizio Amazon Music in MP3 su un catalogo ridotto di titoli. Per il nuovo servizio è richiesto un abbonamento mensile che ha un costo di 14,99 $ per tutti e di 12,99 $ per gli utenti Prime (che pagano già 36 € per le consegne gratuite e Amazon Prime audio e video gratis, ma all'anno, quindi 3 € al mese).
In più, come si vede dall'annuncio, il lancio è accompagnato da un periodo di prova gratuito di ben 3 mesi.

Confronto dei costi rispetto agli altri servizi streaming
Nella tabella che segue sono confrontati i prezzi dei servizi offerti, in base alla qualità audio messa a disposizione.


Servizio

Qualità

Costo/Mese

Amazon Music Unlimited

Lossy MP3 320Kbps

9,99 €

Spotify Premium

Lossy OGG 320Kbps

9,99 €

Qobuz HI-FI

SD

19,99 €

Qobuz STUDIO

HD 24/192 (FLAC)

24,99 €

Tidal

SD e HD (MQA)

19,99 €

Amazon Music HD Prime

SD e HD 24/192 (FLAC)

12,99 $

Amazon Music HD

SD e HD 24/192 (FLAC)

14,99 $

Come si vede i prezzi di Amazon Music HD sono molto inferiori a quelli (già bassi) richiesti dai concorrenti. Rispetto a Qobuz per l'HD andiamo dal 48% al 40% in meno. Rispetto a Tidal andiamo dal 35% al 25% in meno. I servizi attuali possono però contare su alcuni plus rispetto ad Amazon Music:
  • Tidal: codifica MQA per l'alta definizione, più efficiente e, secondo molti, con più elevata qualità audio (ma meno titoli)
  • Qobuz: la possibilità di avere anche il servizio di download digitale
Sarà da vedere quanto questi plus possano trattenere clienti o consentire che altri se ne aggiungano. Certamente per Tidal e soprattutto per Qobuz si apriranno problemi non indifferenti, e la probabile esigenza di ridurre i prezzi.

Per completezza è inserito in tabella anche il servizio Amazon Music Unlimited, alternativo a Spotify, già presente da tempo, che dichiara un catalogo di oltre 50 milioni di brani. Per gli utenti Prime il  servizio è gratuito e senza pubblicità ma limitato però a soli 2 milioni di brani, a cui si aggiungono i CD acquistati se presenti sul catalogo Music Unlimited. Inoltre, sempre per gli iscritti a Prime, Music Unlimited si può avere a prezzo scontato (2 mesi gratis all'anno) ma pagando in unica soluzione. ovvero con abbonamento annuale. Rispetto a Spotify Premium l'analogo servizio di Amazon si pone quindi in una situazione di sostanziale parità rispetto ai costi e ai servizi forniti. La possibilità di arrivare però a qualità CD con un piccolo incremento dell'abbonamento (da 3 a 5 € al mese) potrà impensierire anche Spotify. 

La disponibilità
Per gli interessati all'alta definizione in streaming che risiedono in Italia (noi) però c'è ancora da aspettare. Anche per Amazon siamo ancora nella black list, evidentemente, perché il servizio per ora è disponibile solo in USA, in UK, in Germania e in Giappone. Non ci sono informazioni su quando potrà estendersi al resto dell'Europa. Per ora dovremo continuare a pagare un po' di più. E non posso neanche provarlo ma, non avendo alcuna differenza rispetto a Qobuz, il test sarebbe ridotto solo ad una verifica (non semplice) della effettiva maggior consistenza del catalogo. 

venerdì 13 settembre 2019

Il CD: l'affare del secolo per le case discografiche

Sul sito della RIAA si possono consultare eccellenti infografiche personalizzabili che consentono di valutare a colpo d'occhio l'andamento del consumo di musica in USA in un esteso arco di tempo, che va dagli anni '70 ai giorni nostri. Selezionando le opzioni di visualizzazione si può vedere per prima cosa che con l'avvento e il successo del CD le case discografiche hanno raggiunto il fatturato più elevato di sempre, ben 21,5 miliardi di dollari nel 1999.


La curva è meno spettacolare se viene applicato l'allineamento all'inflazione, equiparando il valore del dollaro al 2018. Come si vede anche nel 1978 le cose non andavano male, il fatturato attualizzato era 15,5 miliardi di $ e gli LP incidevano per 9,3 M$, ma contribuivano non poco anche le cassette di vario tipo (anche 8-track tipiche USA per le auto), per altri 6,2 M$. Poi però è iniziata una veloce curva discendente. Ma dal 1985 è arrivato in soccorso il CD. Che nel 1999 ha consentito da solo un fatturato di 18,9 M$, il doppio del LP nel suo anno migliore.
Il che apre qualche raggio di luce sulla premura con cui Sony e Philips hanno messo a punto e lanciato il nuovo standard.


Poi è arrivata Internet con l'ADSL, Leonardo Chiariglione e Shawn Fenning alias Napster senza volerlo hanno colpito duro e il mercato è crollato fino ai 7,1 M$ del 2014, con il CD in caduta libera. Unica luce in fondo al tunnel, insperata ciambella di salvataggio (senza alcun contributo delle case discografiche) iTunes e iPod di Steve Jobs e il download digitale legale, dal 2005.

Vediamo però anche i volumi, che sono abbastanza impressionanti, a  confronto tra CD e LP. Nel 1978 in USA sono stati acquistati 341 milioni di LP, ma nel 1999 gli album su CD acquistati sono stati 942 milioni. Gli abitanti degli Stati Uniti sono circa 300 milioni , inclusi bambini e anziani con problemi di udito, e in media hanno acquistato 3 CD all'anno. Mentre gli LP erano scesi a 5 milioni. Bei tempi per le case discografiche: l'anno scorso erano 52 milioni, ogni 6 persone c'era uno che ha comprato un CD in un anno.
In compenso il vinile che doveva essere abbandnato è risalito a oltre 16 milioni, dopo essersi inabissato per 4 anni (tra il 2005 e il 2008) sotto al milione di copie. Nel grafico che segue si vede ben evidenziato il doppio passaggio di consegne tra LP e CD e viceversa.


Interessante anche quest'altro grafico derivato dalle statistiche, sulla importanza delle cassette (preregistrate) negli anni '70. Che si sono continuate a vendere, anche a ritimi sostenuti, mentre il vinile stava crollando, dal 1984 fino al 1997-98. Parliamo di oltre 400 milioni di unità dal 1987 in poi e oltre i 100 milioni fino al 1999. Era questo l'unico supporto analogico superstite degli anni '80 e '90, e certo non faceva concorrenza al CD come qualità del suono.


Infine un'ultimo grafico che illustra il successo della presunta speculazione delle case discografiche sull'alta definizione. Indipendentemente dalle reali intenzioni, un flop totale.


Il DVD-Audio, commercializzato in USA (da noi neanche arrivato) non è andato mai oltre le 500 mila copie acquistate e nel 2013 è pure andato in rosso per 100 mila unità (i resi hanno superato il venduto). Il Super Audio CD tanto promozionato ha raggiunto al massimo i livelli del LP prima della momentanea caduta (1,3 milioni nel 2003) e almeno in USA le vendite sono così ridotte che è sparito dalle statistiche dal 2013. Invece il DVD-Audio in USA è ancora acquistato e quindi ancora prodotto, per il multicanale, essenzialmente.

Tutti i dati statistici, personalizzabili, sono sul sito RIAA in questa sezione . I dati globali almeno per i grandi numeri sono sempre stati simili in proporzione all'incirca USA = resto del mondo.

Nei grafici sono ovviamemte presenti anche i dati relativi alla musica digitale in download e in streaming, che ha consentito all'industria della musica di risalire la china a partire dal 2016, e arrivare al fatturato globale pre-boom del CD, ovvero al 1985, poco meno di 10 miliardi di $ (allineati all'inflazione). Il che è una cosa buona, perché è giusto che chi crea e produce la musica abbia una corretta renumerazione, qualunque sia il suo ruolo.

martedì 3 settembre 2019

La qualità CD è realmente "lossless"?

Il livello di risoluzione adottato negli anni '80 per i CD (16 bit / 44.100Hz) è citato sempre come "lossless" ovvero "compressione senza perdita". Ma è veramente così?

La compressione dei dati: "lossless" e "lossy"
La differenza è semplice ed intuibile, senza perdita significa che con una decompressione si può tornare al file di dati originario, con perdita invece no. Due esempi noti a tutti, al di fuori del mondo della musica, sono le applicazioni ZIP o RAR (che sono lossless) e JPEG (che è lossy).
Come funziona: la popolare compressione ZIP sappiamo che è particolarmente efficace su file Word mentre comprime poco o nulla file immagini o audio. Il motivo è che un file Word o di qualsiasi altra applicazione basata su "segni" (come l'alfabeto) può essere facilmente ricodificato in modo semplificato. L'esempio tipico è una lunga sequenza di caratteri di spazio, che può essere ricondotta ad un numero ed un solo carattere di spazio. In analogia con i sistemi grafici si puà parlare di una codifica "vettoriale". In musica l'equivalente è la codifica Midi che fa riferimento alla notazione musicale su pentagramma anziché all'alfabeto.

Dati vettoriali e dati raster
Un file immagine generato da una macchina digitale è invece la semplice memorizzazione dei pixel dello schermo CCD, che esegue il campionamento dell'immagine analogica. Ogni pixel collocato nella griglia (raster) dello schermo contiene una specifica informazione che concorre alla qualità dell'immagine, senza correlazioni con i pixel vicini. In questo caso la compressione, se deve essere lossless, deve ricavare un significato dai singoli pixel (o in generale dai campioni) per poterli archiviare con minore ridondanza. Nel campo delle immagini questa esigenza è poco sentita e i sistemi di compressione lossless (RLE, JPEG 2000) sono poco utilizzati.
Viene invece molto utilizzato un notissimo algoritmo di compressione lossy, JPEG, che elimina dall'immagine le informazioni meno importanti per la qualità, con diversi gradi di intervento, mentre il file originale (RAW) nelle macchine professionali viene generato in parallelo senza compressione e rimane disponibile per gli editori grafici per le post elaborazioni più complesse.

Nella musica invece la esigenza della compressione lossless è maggiormente sentita e si sono ampiamente affermati sistemi come i noti FLAC e ALAC a fianco dei sempre molto usati formati lossless come MP3, AAC e Ogg Vorbis. La compressione lossless in musica è come sappiamo molto meno efficiente anche dei livelli di compressione lossy a più elevata qualità, e raggiunge al massimo il 50% circa di riduzione + del file originario. Da ricordare che i sistemi di compressione lossless sono però stati sviluppati solo per il formato PCM e non per il formato DSD.

La qualità della registrazione
Fatto il punto anche se sinteticamente su cosa significa realmente "lossless" occorre farsi una seconda domanda: qual è la qualità di partenza? Ovvero, a che livello di risoluzione è registrata la musica che vogliamo ascoltare. Questa informazione purtoppo non è inserita nelle note che accompagnano un qualsiasi album prodotto, sia nell'attuale mondo digitale, sia in precedenza, quando il suono era registrato solo per via analogica.
Possiamo quindi solo dedurlo. Partendo da alcune premesse ampiamente conosciute: 1) sono molto rare le produzioni musicali in cui tutto il processo di registrazione sino al master è analogico 2) poiché i convertitori AD/DA (analogico/digitale e viceversa) sono ormai da anni progettati per risoluzione 24 bit / 192KHz e superiori, il master digitale sarà nella quasi totalità dei casi alla massima risoluzione possibile.

Un convertitore AD/DA professionale recente, presente in molti studi di registrazione, il DAD AX32
Qualche dettaglio in più sulla registrazione del master
Questa fase è il regno dell'ingegnere del suono e dei suoi collaboratori. Non esiste uno standard perché in base ai suoi gusti personali, al tipo di musica e di contenuti che vuole o deve creare, delle sue preferenze riguardo agli strumenti e alle tecnologie, le scelte possono essere anche molto diverse.
Le sorgenti da registrare possono essere di 4 tipi:
  • acustica (che include la voce umana): deve essere acquisita con un microfono analogico e passata a un mixer microfonico, anche questo normalmente ancora analogico, ma che può essere anche digitale;
  • strumenti elettrificati (chitarra elettrica, basso elettrico, organo Hammond, piano elettrico ecc.): l'acquisizione è diretta senza bisogno di microfoni, ma il suono prodotto è sempre nel dominio analogico;
  • strumenti digitali (piano digitale): strumenti che simulano i suoni analogici ma con tecniche computerizzate; possono essere collegati direttamente al mixer / console digitale;
  • suoni generati da computer o sintetizzatori digitali: come sopra.
L'ingegnere del suono in base agli strumenti e al genere di musica potrà decidere di spostare più o meno in avanti la conversione in digitale, al limite potrebbe decidere di usare ancora una console analogica, ma comunque alla fine, tranne che per registrazioni dedicate ai puristi del vinile, tutto il materiale registrato selezionato per comporre l'album sarà convertito in digitale.

Lo studio di registrazione digitale
Come anticipato, quasi mai nella documentazione degli album sono fornite informazioni sulla tecnica e sugli strumenti di registrazione. Le informazioni sullo studio di registrazione digitale dobbiamo quindi ricercarle nella documentazione dei produttori. Come per esempio Digital Audio Denmark (DAD) che fornisce convertitori e mixer digitali per varie fasce di prezzo agli studi di case discografiche specializzate come 2L The Nordic Sound, Classic Sound, Acoustic Records ma anche a studi e orchestre molto note come gli Abbey Road Studios, la Sidney Opera House, la Royal Opera House di Londra, la Filarmonica di S. Pietroburgo e molte altre. Il suo prodotto di punta è l'AX 32 della foto precedente, che segue il precedente AX 24 (ovviamente passando da 24bit a 32bit) e che consente di configurare fino a 48 canali di ingresso AD (anche microfonici, 8 per l'AX 24) con risoluzione fino a 32/384 oppure DSD fino a DSD128.
I suoni convertiti o ricondizionati in digitale alla risoluzione scelta dall'ingegnere del suono sono poi messi a disposizione su più canali a matrice alla console / mixer digitale, che attualmente non è altro che un computer molto potente con una interfaccia specializzata, che riprende in buona parte i comandi delle tradizionali console analogiche.

Uno studio di registrazione che utilizza la tecnologia digitale ed in particolare quella della DAD. E' il Tritone Studios (Lussemburgo)
Cosa avviene dopo tutto questo lavoro
Dopo aver scelto i "take" migliori, aver elaborato i suoni acquisiti nei vari canali, averli mixati tra loro e avere aggiunto effetti vari, sarà disponibile il master dell'album, e sarà ovviamente "congelato" come si usa nel software, anche se naturalmente potrà essere sempre realizzata in seguito una diversa masterizzazione partendo dai "take" originali. Come si faceva anche ai tempi dell'analogico, solo che le registrazioni dei singoli canali erano su nastro da 2 pollici e non su file audio.

La risoluzione del master digitale
Ancora una volta non sappiamo a quale risoluzione viene prodotto il master digitale. Certamente fino a che negli studi di registrazione c'erano solo convertitori a 16/44.1 o al massimo a 16/48 (per gestire i DAT) la risoluzione era questa. Con l'arrivo dell'alta definizione a partire dagli anni zero i convertitori AD sono passati progressivamente a 24/96 e poi a 24/192 (oppure a DSD64) e quindi è altamente probabile che, per garantire il minimo degrado nei passaggi successivi è normalmente utilizzata la risoluzione superiore possibile e gestibile ancora con praticità.
Possiamo dedurre quindi che anche il master sarà in alta definizione, se non altro per poter sfruttare in un secondo momento l'album originariamente uscito a qualità CD per una ristampa n HD, pratica ormai diffusa anche in generi musicali come il pop o il rap. Quindi al minimo in risoluzione 24/96 oppure superiori.

Quindi abbiamo la risposta
No, un album in qualità CD non è "lossless", è in formato compresso, "lossy" rispetto al master, da 24 a 16 bit  bit ogni campione, e la frequenza di campionamento ridotta a più della metà. Ed è con perdita, perché dal CD, anche se "rippato", non potremo mai recuperare tutte le informazioni del master. Potremo fare un "upsampling" ma l'incremento è solo apparente, perchè nei bit aggiunti o nei campioni aggiunti non è presente nessuna informazione in più rispetto al CD di partenza.


martedì 13 agosto 2019

Cosa ne facciamo dei nostri CD?

Una domanda che non si pongono gli appassionati di musica che vivono benissimo senza rispondere al richiamo del download digitale o dello streaming audio in qualità CD (la musica liquida) e ascoltano solo la loro vasta libreria musicale, e hanno anche una casa grande o una moglie molto paziente.

Una domanda pressante invece per tutti gli altri, sia perché si accorgono presto che i CD non li ascoltano più, sia perché la moglie, o la logistica dell’abitazione, li spinge a liberare lo spazio occupato da tutti quei CD ormai ridotti al ruolo di soprammobili. Neanche dotati del fascino vintage dei vinili eventualmente posseduti, e magari ancora ascoltati.

Perché non li ascoltiamo più?
Perché i CD saranno stati nel frattempo diligentemente tutti o quasi rippati, per gli appassionati di tipo 1, ovvero quelli che ascoltano solo la musica che possiedono e rifiutano lo streaming (ancora prevalenti in Italia a quanto si capisce), e il DAC collegato allo streamer e’ sicuramente più recente e di più alta qualità di quello incluso nell’ormai datato lettore CD.
Mentre coloro che sono passati allo streaming in qualità CD o addirittura HD (vedi post sulla prova di Qobuz HD) si accorgono presto che quasi tutti i loro CD sono anche ascoltabili in streaming e, poiché anche loro si saranno sicuramente dotati di una valida e più recente catena di riproduzione, la motivazione per ascoltare il CD svanisce.

Il primo CD che ho comprato nell'ormai lontano 1986 è questa edizione su strumenti originali di due celebri sinfonie di Mozart. Registrato con tecnica digitale dell'epoca a novembre 1981 e febbraio-marzo 1982 e publicato nel 1983 dalla Decca. Lo ascoltavo sul mio primo lettore CD, il Philips CD100, che era anche il primo modello commerciale profotto dalla casa olandese
In entrambi i casi elencati sopra il lettore CD rimane probabilmente nell’impianto, per ascoltare CD rari o prestati, come rimane il giradischi per la piccola o grande libreria musicale di vinili, o il registratore a bobine per i pochi fortunati che hanno anche questa sorgente. Ma la maggior parte dei 500 o 1000 CD rimane inascoltata negli scaffali.

Metterli in soffitta?
E’ veramente un peccato disfarsene, anche pensando a quanto sono costati, seppur l’acquisto e’ stato diluito in lustri (1000 CD = 15-20.000 Euro). Ma anche al booklet interno spesso ricco di informazioni interessanti, nonché all’immagine dell’oggetto, certo non affascinante come un LP ma comunque “tangibile”. Anzi forse una motivazione per continuare ad ascoltarli ci sarebbe, possono essere le informazioni facilmente reperibili sul booklet, anche se poi cercando di leggere i testi delle canzoni si scopre che sono illeggibili per i caratteri troppo piccoli o perché sono scritti a mano dall’autore. E si passa a un comodo tablet e al web dove c’è tutto sull’album che volevamo ascoltare.
In questo caso l’unica soluzione è archiviare, avendo il posto o trovandolo, in fondo i CD sono abbastanza compatti (lo afferma la parola stessa) e, non si sa mai, magari tornerà un interesse e un valore come per i vinili, tra qualche anno.

Venderli?
Questa è la seconda opzione, tentata da molti, emuli di quelli che si sono liberati negli anni ‘90 della collezione di vinili, che ancora girano nei vari siti di usato online a distanza di anni. Qui i casi sono due: o siamo attualmente ancora nella fase in cui il supporto ormai obsoleto non interessa a nessuno (ricordo che sulle auto e’ sparito già da qualche anno e che ormai anche i ventenni e oltre non li hanno in maggioranza mai usati ne’ ascoltati) come avveniva per i vinili negli anni ‘90 ma prima poi tornerà un interesse diffuso anche per l'usato, come avviene da tempo per i vinili.
Oppure sono veramente destinati all’oblio e disfarsene non sarà mai una perdita economica.

In ogni caso la situazione dell’usato per i CD non ha certamente raggiunto la fase del collezionismo, e quindi non è adatta ad una vendita occasionale da venditori privati. Al momento è gestita solo da venditori professionali più o meno grandi che operano soprattutto su Amazon con margini strettissimi raggiunti grazie ad accordi e prezzi molto scontati con i gestori postali.
In sintesi, venderli significa comunque archiviarli in attesa di trovare un compratore, almeno per ora è per qualche anno ancora.

E regalarli?
Bisognerebbe trovare l’unica tipologia di persona che potrebbe essere interessata, ovvero l’appassionato del primo tipo, quello che sente solo musica che ha acquistato o gli hanno regalato, comunque sua, e che non è interessato alla musica liquida. E che non ha problemi di spazio a casa. Dovrebbe però non avere gli stessi vostri dischi, e quindi gusti molto diversi, ma essere anche interessato a scoprire i vostri. Un soggetto molto difficile da trovare, quasi impossibile: gli appassionati hanno in percentuale del 50% e oltre gli stessi dischi e in più parecchie idiosincrasie musicali.

Liberarsene definitivamente?
Questa ultima ipotesi non la prendiamo neanche in considerazione. I nostri CD, molti dei quali anche messaggeri di memoria dei tempi e dei motivi per cui sono stati acquistati, gettati dentro un cassonetto? Tra l’altro non saprei neanche dove andrebbero nella differenziata.
Non deve essere questa la soluzione. Archiviateli, ben raggruppati in contenitori. In soffitta, in cantina, nel box, in un soppalco, da qualche parte un posto si troverà. In attesa che il tempo restituisca in parte il loro valore o che cada su di essi l’oblio, ma non per nostra mano.

venerdì 5 luglio 2019

Qobuz: lo streaming in alta definizione alla prova

Il servizio di streaming in qualità CD francese Qobuz l'anno passato, oltre a sbarcare negli USA (paese n.1 per lo streaming) ha esteso l'offerta anche all'audio in alta definizione. A differenza di Tidal, principale competitore, non ha adottato un sistema di compressione proprietario per la diffusione dell'audio, l'ormai ben noto e discusso MQA (Master Quality Authenticated) che, pur da molti apprezzato, non è lossless, Qobuz ha adottato invece una normalissima compressione FLAC (Free Lossless Audio Codec) applicata ad audio codificato in PCM, fino a 24 bit / 192 KHz.

L'upgrade in HD costa 5 € al mese, e il costo quindi passa dai tradizionali 19,99 € a 24,99 €. Un incremento, per fare un parallelo, uguale a quello richiesto da Sky per vedere i contenuti on-demand anche su tablet, e che i clienti sottoscrivono diffusamente senza sentirsi taglieggiati. E sicuramente trascurabile anche per i tuttora pochi appassionati di musica (in Italia) interessanti più alla musica che al suo possesso (immateriale, peraltro). Una volta sottoscritta questa estensione all'abbonamento è possibile ascoltare i HD i contenuti disponibili, come per esempio questo eccellente album della regina del jazz alternativo Melody Gardot.


Qobuz a differenza di Tidal è anche un servizio di download digitale, ovvero si possono comprare (sia se si è abbonati oppure no) album o tracce audio in qualità CD o HD e ottenerne il possesso privato illimitato (come il buon vecchio iTunes che, nel frattempo, Apple sta chiudendo). La disponibilità dei contenuti HD ascoltabili in streaming è quindi la stessa dei contenuti già disponibili da anni in download, ormai abbastanza ampia e dipendente dalle scelte delle varie case discografiche, sia per la proposta di contenuti in HD oltre alla qualità CD, sia per la scelta del livello di risoluzione, che è sempre 24 bit, a frequenza di campionamento 192, 96, 48 o in rari (per fortuna) casi 44.1KHz.

Una volta sottoscritto il servizio è inevitabile che il sottoscrittore dia, almeno per un  po', la priorità ai contenuti in HD disponibili su Qobuz. Per verificare se ci sono è sufficiente selezionare in ricerca il nome dell'artista che ci interessa, e comparirà nell'elenco il logo standard dell'HD per gli album disponibili in alta risoluzione. Si può fare questa verifica sulla app per smartphone o tablet oppure dal browser, su PC o tablet, nel primo caso è sufficiente selezionare "vedi tutti gli album" per avere visualizzato l'elenco con la indicazione HD "at-a-glance".  Questa ad esempio è la situazione per Diana Krall, i cui album sono come noto già da molto tempo pressoché tutti disponibili in HD.


Non completa invece la disponibilità per Melody Gardot.


Una precisazione: i testi nelle videate sono in francese perché, come abbonato "anticipato" sono considerato francese, ma potrei ora selezionare l'interfaccia in italiano, cosa che non ho ancora fatto sul nuovo iPad. Terzo esempio, Norah Jones, anche per la cantautrice country-jazz americana ma con un po' di sangue indiano (dell'India) la disponibilità è quasi totale, anche se a volte a campionamento limitato a 44.1KHz. Per motivi non noti (forse legati alla ripubblicazione dello stesso album) appaiono diversi album ripetuti, a diverso prezzo, se in digital download, ma qui evidentemente equivalenti.


In sintesi una interfaccia molto più pratica e immediata di quella di Tidal per scegliere i contenuti in HD (che sono anche in quantità molto superiore).

L'ascolto
Come tutti i servizi streaming, Qobuz mette a disposizione i player per tutte le piattaforme in commercio, quindi si può ascoltare la musica con:

  • App per iOS iPhone
  • App per Android smartphone
  • App per iOS iPad
  • App per Android tablet
  • App per desktop Windows
  • App per desktop macOS
  • Player per browser web (https://play.qobuz.com)
Ogni implementazione ha oltre che interfaccia, comandi leggermente diversi ma, per quanto riguarda l'ascolto in alta definizione, l'unica cosa da fare per chi ha sottoscritto l'abbonamento Studio con questa opzione (o l'abbonamento Sublime+, annuale e non mensile, con qualche plus) è selezionare la qualità di ascolto per tutti gli ascolti o per singolo ascolto. Ad esempio sulla interfaccia per browser, una volta scelto il brano o l'album da ascoltare, si seleziona il menu a tendina e la risoluzione desiderata. Nell'esempio, di un album di Dexter Gordon disponibile in streaming a risoluzione 24/192 (lo merita sia per qualità artistica sia per la registrazione Blue Note, pur se degli anni '60) viene selezionato ovviamente 24/192.


Con le configurazioni di interfaccia, sia può invece scegliere la risoluzione in modo stabile, anche qui tutto molto semplice.


L'unica notazione da fare  riguarda l'ascolto da smartphone o iPhone in mobilità, che può essere ovviamente attivato anche in 4G e quindi a consumo (con un tetto per i GB inclusi, ormai molto elevato). In questo caso Qobuz avverte correttaemente, se selezioniamo Hi-Res anche per l'ascolto in mobilità (e non Wi-Fi) che potremmo consumare una quota elevata della banda ammessa. 

Per avere un'idea, questo album (circa 42') a 24/192 richiede di scaricare 1,6GB (in FLAC compresso lossless). Per un confronto, un album a 24/96 di durata analoga, come The Black Saint and the Sinner Lady di Charles Mingus, ha una dimensione di 848MB. Ovviamente si può scegliere per la riproduzione una risoluzione inferiore a quella dell'album HD che si vuole ascoltare. Tenendo anche conto della catena di riproduzione che abbiamo a disposizione in mobilità, che difficilmente arriverà a questi livelli. Ad esempio su iPhone e iPad la risoluzione massima è 24/48 per ascolto in cuffia, e su Android dipende dal modello. Segnalo che però che alcuni gestori stanno iniziando a proporre la formula traffico illimitato anche sul 4G (e futuro 5G) proprio per lo streaming.

Ma si sente la differenza?
Una volta constatato che il materiale audio disponibile in HD è effettivamente disponibile e anche in grande quantità e che, a differenza di TIDAL, è anche facile individuarlo, la domanda classica che ogni appassionato si pone è “ma si sente la differenza?”
Qui, come sa chi legge anche occasionalmente questo blog, tra gli “audiofili” non c’è unanimità, si passa dai negazionisti assoluti, quelli che sostengono che il CD e’ meglio (e che ovviamente e’ tutto un complotto delle perfide major del disco) ai negazionisti moderati, quelli che sostengono che non si sente alcuna differenza (la prova e’ che non la sentono loro), agli entusiasti che non ascoltano più i CD, agli analogisti puri per cui il problema non si pone (ascoltano solo vinili e bobine, qualcuno anche 78 giri e cassette), ai sostenitori convinti dell’Alta Definizione, ma solo se e’ codificata DSD.

Quindi una consistente fetta del mondo "audiofilo" che non è interessato allo streaming HD perchè non è interessato proprio all'audio in HD. Nel caso che qualcuno sia invece incuriosito da questa nuova opportunità, segnalo che la valutazione dell'audio HD non può venire da un articolo specializzato, ma che ognuno deve darsela da solo, con le sue orecchie e il suo sistema uditivo e il suo impianto, non necessariamente sottoscrivendo il servizio, e’ sufficiente acquisire in downoad 2 o 3 brani test in HD già posseduti in CD e fare il confronto.

Con solo tre avvertenze, 1) fare il test alla cieca 2) provare a lungo e concentrarsi sulle differenze senza aspettarsi miglioram eclatanti, 3) una volta concluso che non c’è differenza fare un test di conferma: il confronto tra lo stesso brano in MP3 e in CD. Sul blog per chi fosse interessato ci sono diverse guide sugli ascolti a confronto.

Anche per la brava cantante jazz coreana Youn Sun Nah esiste l'opzioen HD
Per chi invece è interessato all'alta definizione
In questo caso aggiungo alle molte impressioni di ascolto che si possono leggere in rete anche le mie. Ho semplicemente ascoltato a confronto alcuni brani che avevo già in HD, scaricati in download, e usando lo stesso DAC. L’obiettivo era verificare se gli stessi miglioramenti rispetto al CD, leggeri ma comunque apprezzabili alla distanza (e che danno “ assuefazione”, come noto) si percepivano ancora. La prova e’ stata fatta solo su alcuni brani acustici con la voce in evidenza, Blue e A Case Of You di Joni Mitchell e All Or Nothing At All di Diana Krall. La verifica e’ stata positiva: con tutti gli altri elementi della catena identici, l’effetto HD anche in streaming si apprezza bene.

Per quanto mi riguarda è sufficiente considerando il costo esiguo dell’upgrade. Come per molti altri interventi sulla catena Hi-Fi la logica che seguo (e consiglio) è quella di mettersi nelle condizioni migliori possibili tenendo conto anche dell'impegno economico.




lunedì 20 maggio 2019

La manutenzione delle musicassette

Visto il timido ritorno di questo supporto fisico, sull'onda della perdurante elevata (troppo) attenzione al vintage hi-fi, può essere utile a qualcuno un breve riepilogo su come si trattano e si gestiscono le musicassette, magari trovate in qualche armadio dimenticato. Per un riascolto che può essere anche musicalmente interessante (vedi post precedente) o per recuperare documentazioni audio.

Come è fatta una musicassetta
Non è stato il primo tentativo di rendere più facile l'utilizzo del nastro magnetico. Nelle normali bobine (reel-to-reel) infatti inserire un nastro sul registratore e girarlo, se è a 4 tracce, è una operazione che richiede una discreta manualità ed un buon livello di attenzione, e anche un po' di tempo. La stessa attenzione è richiesta per trasportarlo, se cade o esce dalla scatola c'è il rischio che si srotoli, diventando inutilizzabile, e lo stesso vale per la sicurezza del contenuto, nessun blocco che possa evitare di registrare sopra un nastro già usato, perdendo magari un preziosissimo contenuto.
Quindi la Philips ha studiato, brevettato e prodotto una cassetta fatta così.

Da notare le 5 viti a crociera, che consentono (nelle cassette di qualità, come questa) di aprire il guscio di plastica ed accedere al nastro. Aprendola, la musicassetta si presenta così.


Questa in realtà è di capacità maggiore, la massima possibile, C120 ovvero 120 minuti (girando la cassetta). Nastro più sottile, più fragile e più soggetto a effetto copia e smagnetizzazione. Il formato migliore era il C60, ma quello quasi universalmente usato era il C90, che consentiva di registrare un LP per lato. Molti produttori come la Sony hanno però adottato gusci trasparenti, più comodi per individuare eventuali problemi, ecco la foto di una C60 con il primo strumento di manutenzione nell'era delle cassette: il cacciavite.


Apriamola e approfondiamo come è fatta.


In pratica è un "reel-to-reel" (da bobina a bobina) premontato, facilmente inseribile nel lettore/registratore, e per girare il nastro e ascoltare l'altro lato basta estrarre la cassetta e inserirla rivoltata, la bobina giusta sarà di nuovo sul lato cedente. Più tardi (con le piastre auto-reverse) anche questa operazione sarà automatizzata. Il nastro trasparente nella immagine è quello iniziale, dopo pochi secondi arriva quello magnetico vero. Tutto molto semplice e intuitivo.

Le frecce indicano dove avviene il trasferimento del contenuto audio. La freccia rossa indica l'apertura centrale, dove il nastro entra in contatto con la testina integrata di registrazione / lettura (primo punto debole del nuovo supporto) e si vede anche il pressore realizzato con un tampone di feltro su un supporto elastico, che deve garantire il contatto stabile tra la testina e il nastro (secondo punto debole). Le frecce blu indicano le altre due aperture per la testina di cancellazione. Sono due perché la cassetta deve funzionare anche rivoltata.

La protezione delle compact cassette
La protezione rispetto alla riscrittura accidentale di una cassetta già registrata era realizzata in modo molto semplice, meccanico: dovevano essere spezzate due linguette di plastica sul retro della cassetta (sono indicate dalle frecce nella immagine sotto, di una cassetta protetta), se non erano presenti un semplice sensore meccanico verificava che la cassetta era protetta e impediva la registrazione. E se invece volevamo riutilizzare la cassetta? Bastava coprire nuovamente il foro con un pezzo di scotch e tornava scrivibile.


La tecnica di registrazione e riproduzione
Il funzionamento effettivo è ovviamente più complesso, si può comprendere bene da questa immagine e dalla relativa legenda, tratta da un'esauriente descrizione tecnica contenuta nella Philps Technical Review del 1970. Per comodità di lettura commento inserisco in appendice i vari elementi del funzionamento. E'anche possibile per veri interessati scaricare il documento tecnico citato, di 16 pagine.


La limitazione delle due testine e il mitico Nakamichi 1000
Per le migliori prestazioni le testine di registrazione e di lettura dovrebbero essere separate, perchè devono avere carateristiche tecniche diverse. E' possibile utilizzare anche una testina unica integrata, ma è una soluzione di compromesso. Nella compact cassette, che non era nata per l'hi-fi, era prevista una testina integrata, per ragioni di costo e per ottenere le dimensioni più compatte possibili per la cassetta. Solo due aperture per le due testine indispensabili, di cancellazione e di lettura/scrittura.
Una terza (minuscola) apertura però c'era, per i 2 tenditori del nastro (indicata in rosso nell'immagine sotto).


Sfruttando con una acrobazia tecnologica questa apertura, nel 1973 Ted Nakamichi ha realizzato il primo registratore a cassette a 3 testine, il Nakamichi 1000. Nella figura seguente, tratta dal manuale tecnico sull'utilizzo delle 3 testine per questo modello, sono illustrate la diversa posizione della testina di cancellazione e la diversa struttura dei roller, per consentire alla testina di scrittura di magnetizzare il nastro utilizzando la terza apertura, e lasciando alla testina centrale la sola funzione di lettura. Il tutto continuando ad utilizzare e a condividere con altre piastre le cassette standard.


Ovviamente costava moltissimo, ma il prezzo era certamente giustificato, basta guardare il service manual di 117 pagine (!) disponibile per eventuali curiosi dal noto sito Hifi Engine. Negli anni successivi e fino ai primi anni '80 anche questa tecnologia è diventata però progressivamente accessibile e le ultime piastre top erano a 3 testine.

Perché era necessario aprire le cassette?
La meccanica delle cassette, super-economica e semplificata al massimo, era soggetta a problemi vari, di solito risolvibili con interventi sul nastro o sul guscio. I più comuni:
  1. nastro spezzato
  2. nastro rovinato 
  3. scorrimento del nastro bloccato
  4. scorrimento del nastro non regolare
Nastro spezzato o rovinato
Una tipologia di incidente spesso causato dall'ascolto su piastre difettose che "catturavano" il nastro avvolgendolo nel capstan. L'intervento consisteva, semplicemente, in una giunzione tra le due parti di nastro "buono" eliminando, nel secondo caso, la parte inascoltabile (e una porzione di musica, forzatamente). Un intervento simile a quello necessario per le pellicole cinematografiche.
Se il nastro era rientrato era ovviamente necessaria l'apertura della cassetta.


Se invece non era spezzato si poteva estrarre, tagliare via la parte danneggiata, e giuntarla di nuovo in due punti. La giunta si poteva e si può fare con un semplice nastro adesivo scotch sottile, da utilizzare ovviamente sul dorso del nastro (la parte lucida) e facendo un taglio diagonale per impattare il meno possibile sulla testina al momento del passaggio per contatto. Per avvolgere o svolgere il nastro durante queste operazioni lo strumento necessario era solo questo: una penna BIC.


Scorrimento bloccato
Come abbiamo visto nelle figure le due bobine non erano imperniate su sistemi di rotazione a basso attrito, bronzine o cuscinetti a sfera, ma semplicemente sul guscio della cassetta. In molti modelli era anche previsto un sottile foglio di materiale plastico a basso attrito per rendere più scorrevole il movimento. Non sempre perché in altri si curava semplicemente la parte interna della cassetta perché fosse il più possibile liscia e a basso attrito.
Se si bloccava o il trascinamento era difficoltoso e provocava variazioni di velocità o fluttuazioni ben udibili, le cause potevano essere due: nastro non ben avvolto, non allineato, come nella figura seguente, oppure guscio deformato o arcuato (anche per soli decimi di millimetro).
La diagnosi si effettuava semplicemente a mano usando la penna BIC illustrata prima. Nel primo caso il blocco o l'avanzamento "frenato" erano in alcuni punti, nel secondo, di solito, più esteso.


Nel primo caso la prima azione era molto semplice ma spesso efficace: avvolgere e riavvolgere più volte il nastro. Riposiziandosi e stendendosi in modo corretto il nastro, di solito il problema spariva.
Nel secondo caso l'unico intervento possibile e solitamente risolutivo era la sostituzione del guscio, una sorta di "trapianto" del nastro. Bisognava fare molta attenzione nell'estrarre e riposizionare nel nuovo guscio le due bobine. Senza farle cadere perché il nastro si sarebbe srotolato, richiedendo un lungo e delicato riavvolgimento a mano, ammesso che risultasse possibile.
Nel secondo caso era necessaria ovviamente una cassetta "donatrice" mai usata (ovvero "vergine", come la si chiamava) o comunque seminuova. Le cui bobine sarebbero state gettate per ospitare quelle, evidentemente preziose, da recuperare.


L'operazione richiedeva una particolare attenzione anche nel ripristinare lo scorrimento corretto del nastro, attorno ai roller e ai pin previsti (conveniva memorizzare , ora fotografare con l'iPhone, il percorso precedente). Importante anche riposizionare attentamente il tampone di feltro (che è solo appoggiato nel suo alloggiamento).
Con un poco di attenzione era però possibile ripristinare e riascoltare cassette che avevano avuto inconvenienti. Un altro elemento caratteristico, di tecnologia aperta, rispetto ai futuri supporti digitali.

Le cassette senza viti
Esistevano anche cassette più economiche con il guscio incollato, non apribili. Decisamente sconsigliabili per un uso hi-fi perché solitamente anche il nastro era di bassa qualità, ma potevano essere state utilizzate per registrare documenti audio di interesse, come le registrazioni di trasmissioni radio (la Rai queste registrazioni non le faceva) e quindi potrebbe essere necessario interventire per ripristinarle. Anche in questo caso un poco estremo è possibile. E' possibile aprire con un taglia balsa e con un cacciavite i due gusci separandoli (forzando l'incollatura) e poi recuperare semplicemente il nastro come visto prima, trasferendolo su un guscio nuovo. Al limite si potrebbe anche richiudere la stessa cassetta con lo scotch. Era uno standard molto tollerante.

In sintesi
Penso che siano stati coperti tutti i casi più comuni, se ce ne fossero altri ponete una domanda nei commenti.

Appendice: il funzionamento in maggior dettaglio
Tornando all'immagine esplicativa riportata sopra, possiamo individuare tutti i componenti necessari alla registrazione e all'ascolto con questo popolarissimo (e tuttora usato) supporto fisico.


I componenti che si possono vedere in figura (aguzzando la vista) sono:

  1. le due bobine (hubs)
  2. l'aggancio iniziale del nastro alla bobina (clamp)
  3. il rivestimento in materiale plastico per rendere più scorrevole la rotazione della bobina (lining)
  4. i rulli per il trascinamento del nastro (rollers)
  5. la testina di cancellazione (erase head)
  6. la testina di registrazione / riproduzione (record playback head)
  7. il rullo a pressione per tendere il nastro (pressure roller)
  8. il capstan, ovvero il mandrino rotante che, giustapponendosi al rullo (7) garantisce la frizione necessaria per trascinare il nastro a velocità costante
  9. lo schermo ad alta permeabilità necessario per la formazione del campo magnetico (high permeability screening)
  10. il pressore con feltro per mantenere pressato il nastro contro la testina durante il processo di magnetizzazione o lettura, con una forza tra 0,1 e 0,2N (felt pressure pad)
  11. i fori per consentire l'inserimento nella cassetta dei due perni di posizionamento (locating pins) necessari a mantenere il nastro correttamente in linea
  12. i fori posteriori e il sensore meccanico (un semplice dente angolato) per prevenire la scrittura accidentale di una cassetta già registrata (recording lock)
  13. due linguette per guidare e mantenere corretto lo scorrimento del nastro (support point for tape transport)
  14. guida nastro per il posizionamento esatto sulla testina R/P (tape guides)
  15. guida nastro per il posizionamento esatto sulla testina E (tape guides)
  16. vite per la regolazione dell'azimuth (screw for adjiusting azimuth)
Il funzionamento del registratore a cassette, ovviamente simile negli elementi essenziali a quello dei registratori a bobine, ma con diverse varianti legate al diverso supporto, possono essere approfondite in questo articolo del 1970 del bollettino tecnico Philips.