lunedì 25 novembre 2019

Roma Hi-Fidelity 2019

Sul blog non ho quasi mai scritto resoconti di mostre di alta fedeltà, non sempre sono interessanti, faccio un'eccezione per Roma Hi-Fidelity, che si è tenuta il 23 e 24 novembre, perché per lungo tempo sono quasi spariti eventi di questo tipo, con presenza di molti espositori. Il numero degli espositori e l'affluenza molto elevata del pubblico fanno invece pensare che sia iniziata un'inversione di tendenza. In altre parole, che a qualcuno stia tornando la voglia di ascoltare la musica al meglio che la tecnologia consente, dopo anni di deprimenti lettori MP3, cuffiette intraurali, ascolto con il cellulare o lo smartphone, cassettine 2+1 per PC dal costo di 15€ e infine Alexa, Google Home o Sonos by Ikea.

Il sistema hi-fi "umanista" proposto dalla piccola casa italiana Novaudio
Il pubblico
Grande affollamento, difficile spesso entrare nelle salette di ascolto, molto bene. Però si trattava ancora, almeno nella mattina di sabato, dello stesso target di sempre, ovvero per il 90% uomini "di mezza età" (secondo i canoni attuali: ovvero sulla sessantina e oltre). E il 90% delle donne apparivano essere pazienti accompagnatrici di mariti o compagni. Una differenza con le mostre di un tempo (dove erano temo gli stessi, ma sulla quarantina) è che ad ogni saletta i visitatori facevano sistematicamente le foto ai componenti con lo smartphone (anche io, ovviamente).

La musica
Considerando il target di età ci si aspetterebbe che la classica facesse da padrone, invece era totalmente assente, al massimo qualcosa di lirica, ma molto poco ricercato (La donna è mobile!). I tempi sono cambiati, e la passione per la musica al pubblico presente è arrivata prepontemente nella fase dell'adolescenza e quindi si sentiva quasi solo rock, con in grande evidenza i Dire Straits o Knopfler da solo, ma anche Deep Purple o Eagles, più l'immancabile De Andrè. Assenti invece, almeno durante la mattinata che ho passato nella mostra, i Pink Floyd che un tempo erano i preferiti dei dimostratori.
Anche jazz e fusion in abbondanza, ma l'obiettivo era sempre di far suonare l'impianto "forte" mettendo in evidenza la resa sui medio bassi che effettivamente i diffusori e gli amplificatori attuali riescono a produrre indistorti e con grande dinamica anche senza usare woofer grandi come un piatto per pizza (con un'eccezione che si vede nella foto).

Gli imponenti diffusori a dipolo Quasar di The Sound of the Valve
Il volume 
Per superare il chiacchericcio delle sale affollate (così mi ha detto qualche dimostratore) o per mettere in evidenza i "bassi" oppure per compensare l'inevitabile calo uditivo del target non più giovanissimo, sta di fatto che nelle salette, spesso molto piccole (era un albergo), il volume era sempre elevatissimo. Non realistico, neanche sedendo ai primi posti della platea davanti alle casse.
In un paio di casi ho dovuto chiedere io di abbassare, per ricondurlo a un ascolto realistico, ad esempio, come avrei potuto sentire dal vivo la voce o la chitarra acustica nella stanza oppure in un concerto. In fondo l'obiettivo sarebbe la "fedeltà" del suono.
Anche così non era semplice il confronto, per l'assoluta prevalenza di musica "mixata" e non acustica. Anche gli eventuali strumenti acustici (occasionali incisi di sax e simili) erano evidentemente passati per l'editing in studio. Ho chiesto in un caso di ascoltare qualcosa di acustico con la voce femminile, ad esempio Diana Krall, e con molta fatica è stato estratto dalla playlist Temptation, dal disco meno jazz della pianista e cantante canadese, The Girl In The Other Room.

I dischi test e le sorgenti
Non è una novità che nelle mostre si ascolti musica che non consente di valutare l'impianto e normalmente porto quindi con me un paio di CD che consentono un minimo di ascolto critico e di confronto a memoria (Love Scenes di Diana Krall e Lush Life di Joe Henderson). Ma non ho potuto proporli perchè i lettori CD negli impianti in prova erano quasi spariti. In maggiornaza si usavano network player o in un caso (forse di più) anche lo streaming (Tidal). Si possono inviare anche dallo smartphone ma ogni impianto ha le sue caratteristiche, non è più così semplice come infilare un CD.

Le esperienze di ascolto
Veniamo alle esperienze di ascolto che possono risultare interessanti e che sono anticipate da alcune foto. Premetto che gli ascolti erano focalizzati ai diffusori (per esigenze mie di un upgrade).

B&W Formation Duo (Hi-Fi D'Agostini)
La prima saletta era dedicata alla importante novità di B&W (nonché risposta alle KEF LS50/ LSX, grande successo) provata anche molto positivamente qualche settimana fa da Audiostream. La saletta era organizzata dal noto negozio di Roma, ma la presentazione era gestita direttamente da una persona di B&W Italia. Si tratta come noto di due diffusori attivi wireless a due vie, di elevato livello, che possono essere integrati da un subwoofer dedicato.
Erano proposti in un pacchetto con Formation DUO associato a un monitor TV Philips Oled, il sub, la soundabar Formation e un componente multi-room della stessa serie (Formation Flex). Il tutto, e anche questo era molto interessante, comandato dal sempre più citato media server Roon, installato sul suo music server (un PC dedicato e venduto direttamente da Roon). Una proposta quindi home-theater e multiroom e non stereo e la musica scelta era, coerentemente, il video con l'esecuzione dal vivo di Hotel California che è un classico delle mostre hi-fi (la sentivo 20 anni fa ad un Hi-End di Milano).

Questa volta non ho fatto la foto, ma era un ambiente molto piccolo
Come da aspettative la performance era ineccepibile, dettaglio di grande livello, nessuna distorsione o colorazione avvertibile, grande dinamica e ottima estensione sui bassi grazie al piccolo sub. Credo sulla parola che sarebbero state allo stesso livello anche con un contenuto musicale più impegnativo. La soluzione stereo (Formation DUO + Subwoofer) costa al prezzo offerto poco più di 5.000 € quindi come un impianto completo di buon livello, ma ha il vantaggio di essere "ready-to-go" e dal risultato certo, oltre che più compatta e inseribile in ambiente, senza penalizzazioni su nessun parametro hi-fi. Un'alternativa che sta diventando interessante per molti.

The Sound of the Valve Quasar
Il costruttore e anche rivenditore di Napoli era in pratica anche l'organizzatore della mostra (e della gemella a Milano) e si era riservato una sala più ampia e ben separata, nella quale proponeva un impianto che era l'esatto opposto del precedente: enormi diffusori (i Quasar) adatti anche all'occorrenza per sonorizzare un cinema e una distesa di pre e finali, crossover elettronici e altro, ovviamente tutti a valvole. Il costo era di un ordine di grandezza superiore, ma non stratosferico (19.000 € solo i diffusori, ma c'è di molto peggio) perché in fondo sono realizzati con componenti non esoterici.

Le Quasar in primo piano
Sono infatti dei 3 vie dove l'elemento centrale e principale è il noto altoparlante a banda intera Lowther, coadiuvato però da 4 altoparlanti da 15" (38 cm) per estendere i bassi e da un supertweeter a nastro. I diffusori sono a dipolo, ovvero sono aperti dietro, una scelta precisa del costruttore. Nel sito infatti si legge "diffusore a cabinet chiuso, emissione frontale unipolare, l'emissione posteriore dell'altoparlante va a "sbattere" contro le pareti posteriori e laterali del cabinet creando distorsioni indesiderate". Io sapevo che la emissione posteriore "sbatte" comunque da qualche altra parte creando altri problemi e per questo Vilchur negli anni '50 ha inventato la sospensione pneumatica e più tardi sono stati elaborati sistemi sempre più precisi di recupero dell'emissione posteriore chiamati "bass-reflex" ora usati quasi da tutti. Ma, per un costruttore che punta tutto sul recupero del passato (vedi il nome), ci sta.

E certo non suonavano male. Quando sono entrato erano impegnati a riprodurre un infuocato assolo del batterista Manu Katchè (più rock che jazz nel suo curriculum) a volume impressionante, sicuramente più alto di come avrebbe potuto sentire un ipotetico ascoltatore a 2 metri di distanza, ma anche di quanto sentiva lo stesso batterista. Il tutto però senza distorsione, con bassi ovviamente potentissimi (con quasi un metro quadro di superfice di emissione del suono non è difficile) ma precisi e indistorti e, soprattutto, tutti gli altri suoni della batteria del funambolico musicista, inclusi i piatti di varie dimensioni, si sentivano distintamente e quasi sottolineati, per niente coperti, con una dinamica e un ritmo notevoli. Si trattava peraltro di un CD proposto da un visitatore. In seguito siamo passati brevemente alla voce femminile e maschile (Mark Knopfler) e devo dire che si tornava alla normalità.

Novaudio Classic 8
Si torna sulla terra e nei territori conosciuti del suono nella saletta di questo costruttore che, mi spiegava il gentile dimostratore, era in origine specializzato nella produzione e preparazione di soluzioni custom per aziende e per privati e che da qualche anno propone una sua linea di diffusori. Che per alcuni modelli ha una caratteristica ormai molto rara (e preziosa): sono a sospensione pneumatica. Che sto apprezzando in questi giorni perché, causa un guaio sui miei diffusori principali, sto ascoltando con le mie vecchie AR 48S di 3 decenni fa, opportunamente revisionate. In più per predispormi bene, la sorgente era un fantastico registratore a bobine Studer. La saletta in questo caso era proprio una saletta e nel piccolo ambiente di ascolto le casse stavano a meno di 2 metri di distanza dal punto di ascolto (ero riuscito a mettermi al centro).

Causa il nastro, passare ad altri ascolti non era molto semplice ma ho potuto ascoltare un classico brano jazz con piano in evidenza con una resa eccellente di tutti gli strumenti e, come da aspettarsi, un basso consistente, realistico e ben controllato. Il tutto da un semplice diffusore a due vie con woofer da 8" (20 cm) al ragionevole prezzo di 2000 € circa, a dimostrazione che Vilchur non aveva poi tutti i torti.

Ancora un'immagine dell'ambiene d'ascolto minimal. Sullo sfondo un correttore d'ambiente che risultava parecchio efficace all'ascolto.
Dynaudio Confidence 30 (Hi-Fi D'Agostini)
Il negozio di Roma in un altro grande spazio presentava anche un modello tower della nuova serie dell'apprezzato costruttore danese, di cui si parla molto bene. L'ambiente era stato accuratamente messo a punto con pannelli fono assorbenti e accorgimenti vari perché l'acustica altrimenti era tremenda, mi hanno detto, e il risultato appariva in effetti più che buono. In generale in tutti gli ascolti non ho rilevato grandi problemi di ambiente, c'è una maggiore attenzione evidentemente.

Gli ascolti sono stati due a distanza di tempo. L'amplificazione era Hegel e la sorgente, come ho scoperto dopo, era Tidal in streaming con contenuti MQA (l'alta definizione "compressa" secondo Tidal e Meridian) da una playlist dimostrativa e quindi c'erano parecchi musicisti che non conoscevo o conoscevo poco (elenco per chi fosse curioso: Adam Cohen - Love Is, ARY - The Sea, Anette Askvik - Liberty, poi sono arrivati su richiesta i Dire Straits). La riproduzione era come da aspettative senza pecche avvertibili, in un ascolto per forza di cose non molto approfondito e con brani non conosciuti. Dinamica, estensione sui bassi, assenza di distorsione, buon equilibrio (ma una certa prevalenza dei medio bassi, non so se da registrazione). In particolare in questo set di prove mi ha colpito la voce della a me sinora sconosciuta musicista norvegese Anette Askvik, molto variabile, con veloci cambi di intonazione, resa in modo molto trasparente dall'impianto in prova.

Sono tornato a fine mattinata nella sala per provare a sentire qualcosa di acustico e possibilmente qualcosa che conoscevo già, approfittando della progressiva leggera diminuzione dei visitatori ma il massimo che ho ottenuto è stato l'ascolto di Temptation di Diana Krall che ho citato prima. Corretto, ma non ho scoperto nulla di più di quanto avevo sentito a casa, sempre in HD, con un impianto più datato. Fatta sempre la tara dell'ascolto a distanza. In sintesi un ascolto di alta qualità ma, se passiamo nel terreno meno deterministico delle impressioni, che non mi ha trasmesso entusiasmo. Che mi sarei aspettato visto il prezzo di 20.000 € (e non sono il modello top della serie).

Le Confidence 30 in un raro e breve momento di pubblico scarso. La foto è stata ripresa  durante la prova d'ascolto.
TAD Evolution One TX (Centro Musicale Roma)
Veniamo infine all'ascolto di un prodotto di punta di uno dei più rinomati produttori internazionali del mondo, unici concorrenti (dicono) la Magico o la Wilson Audio. Era il modello recente, aggiornato con la introduzione di due porte simmetriche bass-reflex di forma circolare (Bi-Directional ADS* Port) che sfruttano l'emissione posteriore dei due woofer da 16 cm di progettazione TAD (Technical Audio Devices Laboratories, California) e si aggiungono all'esclusivo coassiale tweeter - midrange sempre di loro progettazione esclusiva. Più altre raffinatezze tecnologiche.
TAD Evolution One TX

Saletta purtroppo un po' piccola ma ben sonorizzata. Ascolto all'inizio di un gruppo jazz al solito volume eccessivo, ma poi ho potuto chiedere di riportarlo a un livello naturale (sempre ben più alto del livello "condominio") e mi è stato possibile sedermi nella posizione ideale, anche se molto ravvicinata. Ora a a cantare e suonare era Mark Knopfler in uno dei suoi recenti dischi come solista (Privateering). E qui la sensazione di ascoltare ad un livello superiore passava tutta. Il buon vecchio Mark sembrava che fosse proprio lì davanti a noi, con la sua preziosa Fender Stratocaster del 1965 scelta per questo album (tra le molte della sua collezione privata). Non ho avuto ovviamente la fortuna di sentirlo di persona a casa mia o in un ambiente simile, ma la sensazione di realismo, naturalezza e musicalità me lo faceva pensare. Per il resto tutto a posto, notevole anche la resa controllatissima sui bassi, tenendo conto che si tratta in fondo di diffusori compatti con due soli woofer da 16.

Per ottenere questo risultato è necessario un certo impegno economico, circa 25.000 €, ma in fondo la vita è fatta di priorità, io ad esempio potevo tenermi la mia vecchia Mini BMW invece di comprarmi una nuova auto, che mi è costata pure di più, ma ci sarebbe da aggiungere anche l'amplificazione, che erano pre e finali VTL a valvole, praticamente il top. Quelli del noto negozio di strumenti musicali e componenti per l'ascolto hanno voluto esagerare.

Altre informazioni
Ho ascoltato anche altri impianti ma mi limito a questi a cui ho dedicato più tempo e che mi sono sembrati più significativi. Aggiungo che c'era anche un'affollata sezione dedicata alla musica da comprare, vinili (tanti) e non solo. Da segnalare uno stand con SACD nuovi non di classica, evidentemente non facili da trovare visti i prezzi stratosferici (anche 40 €), e un altro stand con nastri pre registrati semi-nuovi provenienti (mi hanno detto) in gran parte da una collezione privata, con prezzi ragionevoli (10-25 €), sicuramente meno di quanto costa comprarli in USA, considerando il costo di spedizione. Li vende un negozio di Ravenna, Musica & Video. Ovviamente non ho resistito e ho comprato un reel-to-reel di Dean Martin alla modica cifra di 15 €. Piccoli piaceri riservati ai possessori di registratori a bobine (presenti anche nella sala, a cura di un altro negozio di Varese).



mercoledì 13 novembre 2019

Mini-guida ai cavi e connessioni digitali

Nel meraviglioso mondo wireless i cavi sono eliminati e possiamo dimenticarceli. Ma non si può fare tutto in wireless (a parte che non è mai tanto chiaro cosa parte e cosa arriva), quindi un breve riassunto delle connessioni con le quali può avere a che fare l'audiofilo ex-analogico può essere utile.
Solo cenni sulle caratteristiche dei formati utilizzati, perché si trovano già facili ed esaurienti su Wikipedia.

I tre standard
Per i sistemi professionali ci sono anche altre possibilità, ma nel mondo audiofilo ormai digitalizzato gli standard utilizzati per gli ingressi e le uscite sono tre, e non hanno le stesse caratteristiche né le stesse prestazioni:
  • S/PDIF Cavo coassiale digitale - Connettori RCA o Mini jack
  • S/PDIF Cavo Ottico - Connettori Toslink o Mini-Toslink
  • USB 2.0 o 3.0
Fino a qualche anno fa si usava anche la connessione Firewire (IEEE 1394), adottata quasi solo da Apple, che aveva allora prestazioni superiori al USB, che poi si è evoluto e così anche Apple si è arresa e non lo usa più.

A cosa servono i cavi di connessione
In campo audio stereo, soltanto a collegare, in ascolto, il player al DAC, se sono realizzati con componenti separati, oppure, in registrazione, il DAC al registratore digitale. La complicazione nasce dal fatto che non tutti i player, DAC e registratori utilizzano lo stesso standard. Ad esempio, lettori CD o multiformato, quando le prevedono, utilizzano sempre uscite S/PDIF mentre computer fissi o mobili sempre uscite USB. Sono necessari quindi in alcuni casi cavi speciali in grado di connettere uno standard ad un altro.

Il CD Player Audio Analogue Paganini 192/24 Rev 2. L'uscita digitale coassiale è indicata dalla freccia.
S/PDIF e USB
E' uno standard nato assieme al CD e difatti la sigla sta per "Sony/Philips Digital Interface Format". E' progettato per utilizzare sia cavi coassiali sia cavi ottici e diverse tipologia di connettori.
Lo standard USB  invece è stato sviluppato nel settore informatico per sostituire altri sistemi di trasporto dati precedenti ed in particolare la connessione SCSI (Small Computer System Interface) e in seguito anche le porte specializzate per stampanti, tastiere e mouse.
La versione 1.0 risale al 1996 e il transfer rate era solo di 1,5Mb/sec., appena sufficiente per il CD. Ora con la versione 3.0 (2007) è arrivato a 4,8Gb/sec ed è ancora ampiamente sufficiente per le applicazioni audio. Per il video in alta e altissima risoluzione invece è stato sviluppato, come noto, una standard specifico: l'HDMI (2002 versione 1.0 - High-Definition Multimedia Interface) che nella prima versione aveva prestazioni analoghe al USB 3.0 (4,9Gb/s) ed è arrivato con HDMI 2.0 (2013) a 18Gb/s

Le prestazioni audio
A parte il bitrate, che è un requisito da rispettare, le prestazioni audio nelle connessioni tra dispositivi diversi sono caratterizzate essenzialmente dalla capacità di ridurre al minimo il fenomeno del jitter, un termine generico (in inglese significa "tremolio") che nell'audio digitale può interessare il trasferimento del segnale al decoder (interface jitter) e il processo di campionamento (sampling jitter). Senza entrare in dettagli (una efficace illustrazione si può leggere in italiano su TNT-Audio), contrariamente a quanto si potrebbe ritenerere, la connessione che consente, se opportunamente utilizzata, di ridurre al massimo il fenomeno è USB anziché lo standard specializzato S/PDIF. Inoltre quest'ultimo è progettato solo per la trasmissione in formato digitale PCM.
Il risultato è che nei DAC l'ingresso che consente le prestazioni di targa (es. 192KHz, DSD256) è tipicamente solo la porta USB, mentre gli ingressi S/PDIF quando presenti sono limitati a 96KHz e non possono gestire il trasferimento di audio con campionamento DSD.

Esempi e soluzioni

Lettore CD con DAC esterno
La prima necessità, o curiosità, che può interessare un audiofilo è collegare il suo lettore CD ad un DAC esterno di prestazioni teoricamente superiori, eventualmente lo stesso DAC usato per l'ascolto della "musica liquida". Prerequisito ovviamente è che il lettore abbia un'uscita digitale, ma diversi modelli di fascia media-alta ne sono dotati. Di solito viene adottato lo standard S/PDIF con cavo coassiale, più raramente l'ottico. E' il caso del mio lettore (Audio Analogue Paganini 192/24 Rev 2.0).
Naturalmente anche il DAC deve essere un modello dotato di più ingressi e non del solo ingresso USB. In questo caso almeno un ingresso coassiale è sempre presente.

Il cavo necessario è quindi molto semplice, un cavo di connessione coassiale con spinotti RCA maschio su entrambi i lati. Come questo disponibile come Amazon Basic, che dimostra quindi che è abbastanza diffusa questa esigenza (ma può servire anche per gli impianti video).
Una volta connesso al DAC si scopre che l'uscita digitale non esclude quella analogica e quindi per i volonterosi è anche possibile effettuare agevolmente test in cieco o doppio cieco per verificare se l'utilizzo di un DAC esterno introduce effettivamenti un incremento di qualità.

Cavo digitale coassiale con spinotti RCA
Lettore multiformato con DAC esterno
Vale quanto riportato sopra con l'unica eccezione del formato SACD. Come abbiamo visto le uscite S/PDIF sono solo PCM e quindi la connessione esterna in HD potrà essere utilizzata solo con i DVD-Audio o in generale con dischi in standard DVD. Anche questa connessione è stata provata, utilizzando il mio lettore multiformato OPPO DV980, che è dotato di 2 uscite digitali S/PDIF, una ottica ed una coassiale. Il test è stato fatto ancora sulla porta di output coassiale e ha confermato, come da prevedersi, la possibilità di riproduzione sia per i CD sia per i DVD-Audio. Mentre inserendo un SACD la porta è disattivata o comunque non esce alcun suono, nè disturbi. Usando in alternativa un cavo ottico non ci sarebbero state differenze.

Monitor o decoder TV
L'audio dei contenuti in visione è normalmente trasmesso dal decoder al monitor TV con la connessione HDMI o, nel caso del monitor collegato direttamente al digitale terrestre, internamente agli altoparlanti del monitor stesso.
Per ascoltare invece con il nostro impianto stereo e quindi con maggiore qualità, sia sui monitor sia sui decoder erano sempre presenti, sino a tempi molto recenti, le uscite analogiche RCA standard e quindi la connessione era possibile senza problemi.

I modelli più nuovi stanno però perdendo le uscite analogiche e presentano una sola uscita digitale extra sia per l'audio stereo sia per l'audio multicanale. E' il caso del recente decoder Sky Q di Sky che, appunto ha recentemente sostituito il mio vecchio decoder Sky HD. 
Per la connessione all'impianto stereo è necessario quindi passare per un DAC a più ingressi. Nel mio caso l'ingresso Toslink ottico era già occupato (per l'uscita digitale del Chromecast Audio) e di conseguenza ho sperimentato la possibilità di connessione "mista" tra S/PDIF coassiale ed ottico. 
Per realizzarla sono disponibili scatolotti di conversione come quello di Prozor che ho acquistato (basso costo, ca. 15 €) e che consente la conversione bidirezionale, cioè da ottico a coassiale (come nel mio caso) o viceversa, selezionabile con un piccolo selettore. Non è un componente passivo e richiede l'alimentazione, che può essere fornita da una porta USB o connettendolo alla rete con una presa di ricarica fornita con uno smartphone (ne avremo in casa sicuramente qualcuna in più).
Convertitore bidirezionale S/PDIF dgitale <-> ottico Prozor
Una connessione un po' più complicata, ma quasi solo per l'impedimento dei cavi (che non si trovano facilmente più corti di un metro). Anche in questo caso, avendo cura di settare sullo scatolotto in modo corretto la direzione input > output e l'inserimento dei connettori negli ingressi di input e di output, funziona tutto correttamente. Attenzione però a settare correttamente sul decoder il formato audio digitale, che può essere multicanale Dolby B oppure stereo. Ovviamente deve essere stereo, altrimenti si ascolteranno solo le trasmissioni radio.

Connessione a registratori digitali
Non sono molto presenti negli impianti oggi, anzi penso siano piuttosto rari. Sono invece la norma in impianti pensati anche come studio di registrazione della musica, amatoriale o semi-professionale.
I registratori digitali si possono suddividere in base al sistema di archiviazione in DAT, MiniDisc, e hard disk (di solito questi ultimi hanno anche la possibilità di registrazione su schede SD). Questi componenti hanno sempre uno o più ingressi analogici e un codec analogico-digitale (che può essere usato anche per la conversione in digitale degli LP, vedi post precedente) e quasi sempre un ingresso digitale, normalmente a standard S/PDIF ottico o coassiale. I modelli professionali, come ad esempio i Nagra potrebbero anche avere un ingresso AES/EBU, che è la versione pro del S/PDIF.

Il registratore digitale può essere anche un PC con una scheda di rete specializzata e un software app di registrazione come Cubase oppure un PC che ha gia di serie un ingresso digitale, come il Mac Mini (ma solo fino alla versione 2014).

Tascam DR-680MKII
DAT e MiniDisc sono fuori produzione da anni, anzi da decenni ormai, ma possono ancora essere presenti in alcuni impianti, mentre i registratori digitali "da tavolo" come il Tascam DR-680MKII (prezzo medio) sono acquistati da chi registra musica prodotta in proprio o con amici, non per acquisire contenuti musicali in formato digitale, anche se possono fare questo mestiere (non tutti, i modelli più economici hanno spesso solo input analogici).

Una esigenza quindi piuttosto rara, ma abbastanza interessante per chi ha questi componenti hardware e/o software, perché consente copie in formato digitale anche in quei casi in cui il ripping su PC non è possibile facilmente (per esempio da DVD). Ancora una volta spossono servire cavi di interconnessione tra connettori diversi.

Esempi di configurazioni di registrazione digitale:
  • Registrazione da Chromecast Audio a MiniDisc: cavo mini-Toslink > Toslink (provato con MiniDisc Sony MDS-JE330)
  • Registrazione da Chromecast Audio a Mac mini: cavo mini-Toslink > mini-Toslink (provato, vedi post precedente)
  • Registrazione da player multiformato su uscita S/PDIF ottica a Mac Mini con GarageBand: cavo Toslink > mini Toslink (provato con Oppo DV980H e Mac Mini)
  • Registrazione da player multiformato su uscita S/PDIF coassiale a Mac Mini con GarageBand: cavo coassiale digitale > convertitore Prozor > cavo Toslink - mini Toslink (provato con Oppo DV980H, uscita S/PDIF coassiale).
Sony MDS-JE330
USB-C e Micro-USB
Qualche parola conviene spenderla anche per il tipo di connessione sicuramente più conosciuta, anche dai meno tecnologici. La tecnologia trasmissiva si è evoluta fino all'attuale USB 3.0, ma la connessione lato PC è rimasta sempre uguale, non bifronte, da qui lo strano fenomeno che fa sì che l'80% delle volte cerchiamo di inserire il cavo nel verso sbagliato. Questo è il connettore USB-A
Sull'altro lato, la device connessa al PC, invece esistono due tipologie di connettori (USB-B, USB-C) e diverse varianti. La forma è sensibilmente diversa e quindi sbagliare cavo non è possibile, mentre è possibile, anzi frequente, non avere il cavo giusto (e chiedersi perché esistano tanti tipi). Ma esistono due connettori diversi di forma quasi uguale: USB-C e Micro-B o Micro-USB.  Un USB-C può entrare quindi con qualche sforzo in una presa Micro-USB e connettere almeno l'alimentazione, ma non il resto, e la device (di solito un DAC compatto) non funziona. E' perché il cavo non è "il suo".

In sintesi
La dotazione di cavi e dispositivi di conversione è molto ampia e può coprire praticamente tutte le esigenze anche per combinazioni abbastanza complesse. L'ampia disponibilità è favorita dal fatto che si tratta di connessioni che servono anche per il settore video e home-theater.

mercoledì 6 novembre 2019

Un sistema semplice e veloce per digitalizzare gli LP

Chi ha una collezione più o meno vasta di LP in vinile ha normalmente anche un giradischi e preferisce ascoltarli con il suo front end analogico. Ma l'esigenza di digitalizzarli può essere comunque presente, per avere una copia di sicurezza, per ascoltarli anche in situazioni diverse (in mobilità, oppure per la selezione di singoli brani o per un uso più agevole), per inserirli nella propria libreria musicale digitale, dove saranno archiviati per ricerche di brani o di album, per usare le canzoni nelle proprie playlist e così via.

La digitalizzazione, ovvero il "ripping" richiede ovviamente un giradischi, un convertitore analogico digitale e un registratore digitale, che può essere anche una applicazione per PC. Il processo può essere più o meno complesso a seconda del grado di accuratezza che vogliamo ottenere. Un articolo su questo blog illustra un sistema per ottenere un buon risultato, in digitale in alta risoluzione, senza eccessiva complessità. Un percorso che punta alla massima qualità e quindi, al limite, alla sostituzione del vinile originale con la sua copia digitale, ma con un ben maggiore impiego di tempo ed energie, è stato proposto qualche anno fa da TNT-Audio.

Whatever's For Us, eccellente album d'esordio di Joan Armatrading, non è disponibile in streaming su Qobus. Uno degli LP a cui non si applica il sistema semplificato proposto in questo post.
Esiste un sistema più semplice
Esiste però un altro sistema, che ho sperimentato in questi giorni, che consente di raggiungere gli stessi risultati del metodo già proposto, ma con una radicale semplificazione: non c'è bisogno del giradischi. Serve soltanto, al posto del giradischi, qualcosa che molti appassionati già hanno: un abbonamento in streaming a un servizio in qualità CD, Qobuz o Tidal o, prossimamente, Amazon Music. Si tratta infatti di utilizzare la digitalizzazione, che qualcuno ha già fatto, degli album che abbiamo in vinile. Ovviamente se sono disponibili in streaming, e sarà così, tipicamente nell'80% dei casi. Negli altri si dovrà procedere nel modo già illustrato, o sue varianti.

Il processo di digitalizzazione semplificato
Per far arrivare l'album dal servizio streaming al registratore digitale le strade sono molte, quella che ho seguito e sperimentato prevede questi semplici passi, dopo aver ovviamente verificato che l'album è presente sul servizio sreaming:
  1. Predisposizione dell'ascolto in modalità "cast" su iPad, ovvero con invio in wi-fi a Chromecast Audio;
  2. Collegamento dell'uscita integrata Chromecast Audio all'ingresso integrato audio del Mac Mini (per il collegamento, che è in analogico, si usa il cavo standard di Chromecast Audio: mini-jack stereo <-> mini jack stereo);
  3. Avvio di GarageBand sul Mac predisponendolo alla registrazione "no effect" (vedi l'articolo del blog citato prima per le atività preparatorie) con livello di registrazione 50-60%
  4. Avvio della riproduzione in streaming su iPad
  5. Conclusione dell'album: salvataggio del file audio con il comando "Condividi > Esporta audio"
Dopodichè saranno necessarie le solite operazioni di "spacchettamento" del file audio nelle singole tracce dell'album e di tagging, che si possono eseguire agevolmente con l'editor audio Audacity e Foobar2000.

Alternative
Naturalmente questa è solo una delle possibili combinazioni per ottenere lo stesso risultato, l'ho scelta perchè è la piu comoda per me. I componenti necessari (lettore streaming - DAC - ADC - Registratore) possono essere diversi a seconda di come è organizzato l'impianto. Per esempio:
  • per chi ha un ntetwork player le funzioni di player streaming e DAC possono essere svolte dal network player stesso;
  • il player può essere anche un PC Windows o Mac connesso a un DAC;
  • il "registratore" invece che GarageBand può essere un software di maggiori prestazioni come Cubase, che consente la registrazione con qualità superiore (su GarageBand è limitata a 24 bit 44.1KHz, comunque HD);
  • la conversione da analogico a digitale può essere fornita sempre dal network player mediante il suo ingresso analogico se prevede, come in alcuni modelli, anche il salvataggio sulla memoria interna;
  • la conversione in digitale e la registrazione potrebbero essere realizzate al limite anche sullo stesso PC utilizzando l'editor audio open source Audacity (vedi in questo articolo del blog un esempio d'uso); non saprei però quante elebarazioni sarebbe sottoposto il flusso audio in questa configurazione, difficilmente sarà "bit perfect".
Vantaggi e svantaggi rispetto al trasferimento da vinile originale
Il vantaggio principale è rappresentato ovviamente dalla eliminazione del giradischi e soprattutto del disco in vinile dal percorso. Questo significa non essere legati alla posizione fisica del giradischi, non dover spostare connessioni, non dover controllare che il complesso front-end analogico sia perfettamente tarato, non dover pulire alla perfezione i vinili. Soprattutto, non dover in seguito effettuare un post-editing per eliminare i possibili (e frequenti) difetti del vinile, tipo occasionali click, rumore di fondo avvertibile e simili. Sopportabili nell'ascolto ma che si cerca ovviamente di eliminare nella copia digitale, facendo ricorso agli editor audio come il citato Audacity. Operazione non semplice né veloce, che richiede numerose prove, come ha sperimentato chi lo ha dovuto fare.

Lo svantaggio, da valutare, è la teorica minor qualità teorica del trasferimento. Per prima cosa, è evidente che in questo modo non stiamo "digitalizzando i vinili" ma la loro versione su CD realizzata dalla casa discografica (dubito fortemente che i servizi streaming mettano a catalogo vinili che non hanno mai avuto una versione su CD).  Inoltre è altrettanto evidente che in questo processo le conversioni sono due: da digitale ad analogico e da analogico a digitale, invece che una sola. E sono i due passaggi più critici. Vediamoli.

La conversione da digitale ad analogico.
E' il passaggio in più, ma anche quello per il quale abbiamo più opzioni per incrementare la qualità, essendo in commercio DAC di prestazioni elevate, e probabilmente nell'impianto ce n'è già uno. Anche con componenti economici il continuo sviluppo del settore garantisce comunque una qualità più che adeguata allo scopo (ricordo che non è la sostituzione del vinile).

La conversione da analogico a digitale
In realtà in questo caso ne dobbiamo considerare due, perché deve essere considerata anche quella fatta dalla casa discografica per realizzare il CD (supponendo che il master fosse analogico su nasto). Una conversione sulla quale possiamo fare un atto di fiducia, in quanto sarà stata realizzata sicuramente con apparati professionali e nelle migliori condizioni possibili, direttaemente dal master. 
La seconda, quella che facciamo noi in casa, è invece una invariante, difatti è un passaggio che dobbiamo comunque fare anche partendo direttamente dal vinile. Per gli scopi di archivio e simili in premessa è più che sufficiente la qualità ottenibile con una applicazione specializzata come GarageBand o Cubase, avendo a disposizione un ingresso audio configurabile linea sul PC (non solo per microfono).
Ottenere prestazioni superiori non è semplice (leggere il lungo articolo di TNT-Audio citato prima) anche perché non esiste un vero mercato per i convertitori analogico-digitale, si passa da componenti super economici a componenti per solo uso professionale.

Ma esiste anche un sistema ancora più semplice e diretto
L'ideale sarebbe quindi eliminare del tutto il passaggio in analogico. Per chi ha gli opportuni dispositivi e prodotti è una cosa possibile, basta avere un DAC con uscita digitale e un PC con ingresso digitale e un cavo di collegamento compatibile. Il DAC pò essere Chromecast Audio, che ha un'uscita integrata mini-jack stereo analogico e mini-Toslink digitale ottico. Il PC può essere un Mac Mini che anch'esso ha un ingresso integrato mini-jack stereo analogico e mini-Toslink digitale ottico. Non però il Mac Mini attualmente in vendita (modello 2018) ma quelli precedenti (fino al Modello 2014). Nell'ultimo modello questo ingresso è stato eliminato e sostituito da più porte USB, diventate ormai lo standard anche per gli strumenti musicali digitali.

Casualmente ho questi dispositivi nel mio impianto e quindi per effettuare il test ho avuto solo la necessità di trovare un cavo di collegamento digitale ottico mini-Toslink <-> mini-Toslink. Non sono molto diffusi ma cercando bene su Amazon si trova, e costa pure meno di 5 €.


Messo alla prova funziona tutto come da premesse. L'applicazione per registrare il contenuto audio è ovviamente sempre GarageBand. Si verifica subito che il trasferimento è digitale (e riconosciuto automaticamente) perché il controllo del volume di ingresso è disattivato (vedi screenshot). Oltre che, ovviamente, perché si sente la musica che suona. Senza test e senza regolazioni del volume di ingresso e soprattutto senza altre conversioni, il contenuto digitale in ingresso viene registrato sul disco del PC. In formato AIFF 24 bit 44.100 KHz nel caso di GarageBand, che ha questo livello di conversione fisso (ma decisamente sufficiente per lo scopo).

GarageBand in registrazione digitale. La freccia indica il selettore del livello d'ingresso disattivato
I due componenti utilizzati sono fuori produzione, e le funzionalità non sono facili da trovare (per quanto riguarda l'ingresso integrato digitale / ottico) su componenti nuovi, questo è il limite principale di questa terza opzione per la digitalizzazione degli LP.

Da aggiungere che questo metodo di registrazione / acquisizione può essere usato anche per "rippare" la parte audio di un DVD musicale, per esempio di un concerto, senza far ricorso all'unico software (a pagamento) che fa questo mestiere, ovvero DVD Audio Extractor. La limitazione è che le tracce saranno registrate con risoluzione 24/44.1 anche se nei DVD le tracce stereo sono normalmente a risoluzione 24/48.

Ma, è legale?
Sì, avendo ovviamentte l'LP originale, è del tutto legale. La normativa prevede che chi ha acquistato contenuti musicali su un supporto fisico può farne una copia di sicurezza per uso personale. Ovviamente non è specificato come. Gli editori musicali, ovvero le case discografiche nel nostro caso, considerano non molto correttamente "contenuto originale" anche una edizione dello stesso album su un diverso supporto, e quindi ad esempio non prevedono un prezzo scontato per l'acquisto di un CD o di una versione HD (anzi) per chi già lo possiede su vinile, ma per la copia di un LP la questione decade perché la copia vinile su vinile non è possibile e il tipo di registrazione lo decide l'utente. Inoltre, una volta effettuata la conversione in digitale non rimane storia del processo scelto per arrivare alla versione digitalizzata.

Non è invece legale, come è ovvio, se la copia la vendiamo (fine di lucro), se copiamo album e contenuti in genere che non abbiamo su LP, e anche se facciamo copie in più (senza fine di lucro) per nostri amici e parenti. E non importa se magari è tutto già disponibile gratuitamente su YouTube. Anche i contenuti su Youtube sono in altra maniera certificati e approvati dagli editori detentori dei diritti. Quindi, attenzione.

mercoledì 23 ottobre 2019

L'assurdo analogico: il giradischi bluetooth

Il vinile affascina e tutti vogliono avere un giradischi in casa. Non proprio tutti in realtà, rimane un fenomeno di nicchia, ma per i numeri esigui di vendita degli album e dei prodotti hi-fi ha un suo peso. E i suoi assurdi effetti collaterali, come appunto il giradischi bluetooth. Nell'ultimo numero di Audio Review 413 ne vengono recensiti addirittura due, uno di Yamaha e uno di Cambridge Audio.

Ma cerchiamo di disperdere un po' di fumo marketing e di tornare al senso dell'operazione vinile: perchè dovremmo comprare un giradischi con tutto il suo corredo di accessori e complementi? I motivi possono essere quattro:
  1. perchè abbiamo trovato o recuperato un discreto numero di vinili ante CD e li vogliamo ascoltare;
  2. come sopra, ma perché li vogliamo digitalizzare e archiviare per non perdere il prezioso contenuto;
  3. perchè vogliamo fare scena con gli amici proiettando una immagine di noi come sofisticati conoscitori di tecnologie vintage;
  4. perché ci hanno detto che il suono analogico del vinile è superiore a quello del CD e della musica digitale in genere.
Bene, per nessuno di questi obiettivi l'acquisto di un giradischi bluetooth ha il minimo senso. L'unico senso che ha è dal lato del costruttore, se trova acquirenti. Vediamoli uno per uno.

Un vero giradischi analogico hi-end, con cui ha senso cercare il suono distintivo del vinile (Clearaudio Performance DC) 
1. Abbiamo recuperato vinili e li vogliamo ascoltare
Ve li hanno regalati (a me è successo, erano quasi 100), erano del padre o del nonno, dimenticati in cantina, dello zio che deve trasferirsi in una casa più piccola, di un amico la cui moglie ha fatto un aut-aut (liberati dei tuoi vinili che occupano mezza casa o io mi libero di te) e così via.

Ma cosa contengono questi vinili? Se sono album noti o comunque conosciuti, tipo l'opera omnia dei Pink Floyd dal 1967 in poi o quella dei Genesis, o anche di interpreti rock e pop ormai dimenticati ma a noi cari, possiamo già sentirli senza fatica alcuna e anche in ottima qualità con un semplice abbonamento in streaming, anche gratis, volendo, con Spotify o Deezer. Senza acquistare un componente che comunque ha un costo (oltre 1000 € per i due citati prima) e che sarà probabilmente ben poco usato.
A meno che l'obiettivo sia il (4) su cui torno dopo.

Se invece sono album rari, può accadere con la classica, e abbiamo veramente desiderio di ascoltarli perché quella musica ci interessa e ci piace, non per curiosità passeggera, aggiungere un giradischi ha ancora un senso, ma perché mai dovrebbe essere un giradischi analogico con uscita digitale? La logica dice che servirebbe un'uscita analogica, verso l'impianto che già abbiamo. Ma per questo risultato la soluzione è semplicissima: comprare un buon giradischi analogico, magari con ingresso phono incorporato, e collegarlo con un cavo a uno degli ingressi dell'ampli. Non solo la qualità sarà superiore, ma si scopre subito che costa anche molto meno.

Non avete un impianto tradizionale ma ascoltate con un sistema integrato, uno speaker wireless? Il giradischi serve sempre, ma lo speaker wireless ha sempre anche un ingresso analogico.
Volete invece a tutti i costi collegare il giradischi in wireless? Ma perchè? Volete far girare il disco in una stanza e ascoltarlo in un'altra? Volete diffondere la sua musica in multi-room, incuranti dal fatto che un LP ha una durata per facciata di meno di 30'? Tutte cose assurde.

2. Vogliamo digitalizzare il prezioso contenuto per non perderlo
A parte il fatto che non è detto che sia più sicuro un hard disk del vinile originario, perché mai dovremmo convertirlo a qualità inferiore? Se sono così preziosi questi LP, considerando il tempo non indifferente che dovremo impiegare per trasferirli in digitale, sarebbe logico puntare alla qualità. E qui arriva un nuovo problema, la codifica bluetooth APTX HD che usano questi giradischi non è a qualità CD (nonostante l'astuto nome marketing), è a qualità inferiore. E' vero che la codifica è 24 bit / 48KHz, ma poi il contenuto viene compresso con perdita (lossy) per arrivare a un bitrate di 576Kbps (circa la metà del CD). Con un normale giradischi analogico, magari prestato alla bisogna, il vostro PC e un software come GarageBand (su Mac) o Cubase e altri simili (su Windows) potete digitalizzare gli LP recuperati in vera qualità HD o CD senza perdita (lossless). Ancora una volta, spendendo meno.

3. Vogliamo fare scena con gli amici
Può anche funzionare, voi mettete un disco nero sul piatto, lo fate partire calando con cura, al centro dell'attenzione generale, il braccio e la testina sul primo solco, il suono si sparge magicamente in ambiente dagli speaker wireless e voi esclamate "sentite la differenza del suono analogico!". Può anche funzionare, ma è fondamentale che gli amici siano tutti del tutto al digiuno di qualsiasi conoscenza anxhe elementare delle tecnologie per ascoltare la musica. Altrimenti qualcuno immancabilmente vi chiederà "ma non è un suono analogico, lo stai trasmettendo in digitale in bluetooth". Serata rovinata.
Un giradischi recente di Pro-Ject, già classificabile come hi-end, e che costa pure meno di ciascuno dei due provati da Audio Review (Pro-Ject X2)

4. Il vinile suona meglio del CD 
Il concetto di "meglio" non è oggettivo ma soggettivo, purtuttavia molti hanno sperimentato e testimoniato che la musica riprodotta in analogico può essere più appagante, per motivi neanche facili da descrivere, rispetto a quella che esce da un CD. Anche io concordo con questo giudizio, per esperienza diretta. Ma, oltre che soggettivo, non è un giudizio definitivo e immutabile, dipende dalla qualità della catena che porta il suono nascosto nei microsolchi del vinile fino al nostro udito. Peraltro anche per il concorrente, il CD, la qualità della riproduzione ha avuto importanti miglioramenti da quando (oltre 20 anni fa) alcuni esperti si sono accorti che il CD non era "la perfezione del suono digitale". Di conseguenza questa superiorità è percepibile solo se testina, giradischi, braccio, pre-phono sono di qualità almeno medio-alta (e non è così per i giradischi bluetooth provati, come ammettono le stesse recensioni, e non parliamo degli altri supereconomici in commercio). E soprattutto, non lo sarà se poi il suono estratto viene compresso "lossy" per trasmetterlo senza motivo alcuno in wireless, dopo averlo trasformato in digitale, verso speaker wireless che magari sono le cassettine multiroom o addirittura (ma spero non venga in mente a nessuno) Alexa o Google Home.

In sintesi: ma voi veramente volete apprezzare la differenza e la superiorità del suono analogico dopo averlo convertito in digitale?

domenica 13 ottobre 2019

Semplificare l'Hi-Fi nel mondo digitale

Nel mondo digitale nel quale ormai siamo immersi la composizione di un impianto Hi-Fi stereo, una "catena" come veniva chiamato un tempo, sembra sia diventata un'impresa complicata a causa della grande varietà di combinazioni che sono possibili. In queso blog, in diversi articoli, sono schematizzate le varie combinazioni possibili. Una grande varietà che può confondere le idee sia agli appassionati storici "analogichi" in via di transizione, sia ai "nativi digitali" che si sono stancati di ascoltare musica compressa con cuffie stereo non lineari.

Ma se ci concentriamo solo sull'esigenza primaria, nel mondo digitale per ascoltare la musica in vera alta fedeltà può essere sufficiente acquistare un solo componente specializzato, gli altri quasi certamente li abbiamo già, oppure richiedono un impegno economico veramente ridotto. Proviamo a ripartire dagli elementi essenziali.

Gli elementi essenziali
Un sistema in grado di mettere in comunicazione il musicista con l'ascoltatore, anche a distanza di spazio e di tempo, si basa in ultima analisi su quattro soli elementi: il "supporto" utilizzato per memorizzare la musica registrata, la "librerie" per archiviare i supporti e l'"altoparlante" o "speaker" per trasferire il contenuto del supporto al nostro sistema uditivo. In mezzo c'è un sistema di conversione, che è cambiato nei secoli seguendo l'evoluzione della tecnologia.

Lo schema di base
Andando indietro nel tempo, il primo "altoparlante" usato a questo scopo era un pianoforte, a coda o verticale, e il supporto erano le trascrizioni per pianoforte, a 2 o 4 mani, delle composizioni più famose o di moda. Il sistema di conversione erano uno o due componenti della famiglia borghese del primo 800 che sapevano suonare il pianoforte abbastanza bene, ma non necessariamente al livello di un concertista. Erano trascrizioni semplificate a questo scopo. E nasceva così il salotto musicale e la prima riproduzione casalinga. La libreria musicale non era altro che una raccolta di spartiti.

L'elettricità e lo sviluppo della meccanica hanno consentito qualche decennio dopo un significativo passo avanti: l'introduzione della registrazione del suono. Con i primi rulli perforati che trascrivevano su un nastro di carta le note suonate su un pianoforte, e come erano suonate. L'"altoparlante" era ora un pianoforte predisposto a leggere i rulli. Anche l'effetto stereo e l'ambienza erano ovviamente e naturalmente preservati, meglio di qualsiasi impianto Hi-Fi di oggi. Sul blog ho scritto qualche tempo fa un post su questo affascinante sistema che qualcuno ha anche ripristinato: i Music Rolls.

Poi è arrivato il primo 78 giri dove l'altoparlante era incluso nel grammofono che estraeva le informazioni dal disco: una semplice tromba che amplificava il debole suono in uscita dalla testina. Da quei primi anni del secolo la libreria musicale di dischi si affiancava a quella tradizionale di libri, ma ben pochi privati avevano problemi di archiviazione per via del costo dei dischi. Ma non voglio fare tutta la storia della registrazione e riproduzione della musica e arriviamo all'era del CD, nella quale i 4 elementi sono:

  • "supporto": CD
  • "libreria": raccolta fisica dei CD (non fa parte dell'impianto)
  • "sistema di conversione": lettore CD + amplificatore stereo
  • "speaker": diffusori o "casse passive".

In questo decennio il passaggio completo al digitale sta comportando qualcosa di completamente nuovo. In un certo senso, un ritorno alla semplicità delle origini.

La rivoluzione in corso
Nonostante l'inevitabile sentimento di nostalgia, ormai i supporti fisici che abbiamo usato fino a ieri non hanno più un motivo di esistere per la vendita della nuova musica. Certo, chi già li ha  può scegliere di continuare ad usarli, o anche chi non ne ha mai comprato uno può essere interessato ad una esperienza di ascolto vintage, in particolar modo per i vinili. E' come andare in giro con una Jaguar XJ con overdrive, per il piacere di saperla guidare, per ascoltare il rombo del 6 cilindri bialbero in linea, per distinguersi. Ma non è certo un mezzo di trasporto pratico e confortevole, ogni auto moderna anche di classe media ha prestazioni e confort superiori.

Quindi, dimenticando per un momento il vinile e i suoi giradischi e preamplificatori phono, che sono sempre nel nostro cuore e che comunque non devono essere necessariamente abbandonati, vediamo quali sono i 2+2 componenti essenziali:
  • "supporto": i file audio 
  • "libreria": archivio digitale dei file audio locale o in cloud
  • "sistema di conversione": app per smartphone / tablet
  • "speaker": diffusori attivi wireless
I primi e gli ultimi li dobbiamo acquistare, i due intermedi sono messi a disposizione gratuitamente dal produttore dello speaker o dal fornitore del servizio streaming.

Il supporto
Come sappiamo ormai da anni il "supporto" non è altro che un file audio, un componente immateriale che può essere memorizzato su un sistema di archiviazione "fisico" (un disco magnetico) oppure (sempre più spesso) su un sistema di archiviazione a stato solido, che in un certo senso, può essere ancora considerato "fisico" perché deve garantire una memoria permanente.

La libreria musicale in locale
Chi decide di conservare una propria libreria musicale deve avere a disposizione strumenti per archiviarla in modo sicuro, organizzarla per una ricerca efficace e per selezionare gli album o i brani da ascoltare. Ciò che serve è molto comune e spesso in casa c'è già: un NAS con supporto DLNA e un PC (che sicuramente già abbiamo) per organizzare e riempire la libreria sul NAS.

La libreria musicale in cloud (streaming)
C'è un'alternativa, ascoltare la musica come leggere i libri prendendoli in prestito in biblioteca. Con la differenza che con lo streaming non dobbiamo restituire nulla. Come per la  biblioteca non rimane nulla di nostra proprietà, solo il ricordo delle sensazioni che ci ha dato la musica, ma in compenso abbiamo accesso libero a 40 o 50 milioni di brani. A noi la scelta. La libreria quindi esiste ancora, ma è in cloud, è quella del gestore del servizio streaming; se è quella di Amazon Music contiene 50 milioni di brani, quindi circa 3 milioni e mezzo di album. Certamente di più di qualsiasi libreria musicale privata, anche se nella libreria privata possono esserci brani o album che in quella del gestore non ci sono.

Il sistema di conversione
Qui abbiamo già tutto: la app per scegliere la musica da ascoltare sul NAS e trasferirla via wi-fi alle casse attive è fornita assieme alle casse attive dal produttore e il dispositivo dove installare la app è  lo smartphone o il tablet che già abbiamo. Abbiamo anche già un PC fisso o un notebook con il quale gestire il NAS e, in particolare, organizzare la sua memoria di archiviazione una sua struttura di directory che consenta facilmente di individuare gli album e i brani che vogliamo ascoltare, e di trasferire i brani dal PC dove li abbiamo scaricati dai siti (legali) di download, al NAS.

Lo speaker
La ricostruzione stereo richiede due diffusori separati ma, accettando una ricostruzione in scala dell'immagine stereo (come l'ascolteremmo nei posti dietro nell'audiotrium invece che dalla prima fila) anche uno speaker unico stereo può mantenere la qualifica di Hi-Fi, con innegabili vantaggi di praticità e inseriemnto in ambiente.
L'amplificatore non è più separato ma incluso per il semplice motivo che di un amplificatore separato non c'è più bisogno. Era una necessità ai tempi delle valvole o anche dei transistor per le dimensioni che sarebbero state compatibili solo per diffusori di grandi dimensioni, non "bookshelf" (da scaffale). La classe D di amplificazione o anche la classe AB di ultima generazione consentono invece di avere potenze elevate anche con casse molto compatte. E' come il motore 6 cilindri della Jaguar XJ citata prima, che aveva 140 CV mentre ora un'auto media può avere un 1,4 da 150 CV che consuma la metà. E anche perchè nell'impianto di un tempo c'erano più sorgenti, ora è una sola.

Due esempi tra tutti scelti tra i sistemi premiati dagli Eisa Awards degli ultimi due anni, e anche dalle vendite. Il secondo, il Naim Mu-So,è stato anche provato su questo blog. Entrambi consentono un ascolto in alta fedeltà e ovviamente il trasporto della musica può avvenire senza cavi, in wi-fi.

KEF LS50W. Il produttore inglese propone anche il modello LSX più compatto e a costo inferiore
Il wireless speaker Mu-SO 2, seconda generazione, di NAIM

In sintesi, una soluzione molto semplice

Nella configurazione più semplice la libreria musicale è in cloud, è la libreria del gestore, e il sistema di cobìnversione è la app messa a disposizione dal gestore. Dobbiamo comprare solo lo speaker wireless (quelli portati come esempio o le molte alternative in commercio) e l'abbonamento al servizio streaming in qualità CD (Tidal, Qobuz, Deezer e prossimamente Amazon Music HD).

Se vogliamo aggiungere anche una libreria privata contenente album particolari che in streaming non ci sono (vale soprattutto per la classica, per il folk e per musica etnica) o che vogliamo avere in proprietà illimitata nel tempo la configurazione diventa appena più complessa, perché bisogna aggiungere un NAS (soluzione altamente consigliata, vedi il post precedente sull'argomento) se già non è presente in casa per le foto e i video, con supporto del protocollo DLNA (indicato anche spesso come UPnP) che è una funzione sempre presente sui moderni NAS. Il sistema di conversione sarà la app fornita insieme allo speaker wireless dal suo produttore. Nel caso in cui in casa un NAS ci sia già e abbia capacità di memoria suficiente, l'unico elemento aggiuntivo da acquistare sono le casse attive.

Ma se vogliamo ascoltare CD o i vinili?
Niente paura, non si devono tagliare i ponti col passato. Tutti gli speaker wireless hanno anche ingressi analogici e digitali e quindi è sufficiente un lettore con uscita digitale o analogica. Nel caso dei CD può essere anche il PC o il notebook che certamente abbiamo già in casa, e il collegamento può anche essere in digitale sulla porta USB, senza perdità di qualità. Per il vinile non c'è invece alternativa, serve proprio un  giradischi e anche un pre-phono (se non già integrato nel giradischi) e poi un cavo di connessione all'ingresso analogico dello speaker.
Una limitazione però esiste: il collegamento con non sarà wireless, devono essere collegati con un cavo alle casse.

Le connessioni di input delle KEF LS50W

Limitazioni in estensioni

Una limitazione in questa soluzione minimal esiste, ed è, al momento, che l'ascolto è garantito solo in qualità CD, non in HD. Per l'ascolto in HD con connessione in wireless le cose si complicano e dipendono dai componenti scelti, è una situazione in evoluzione. La qualità CD per chi arriva dall'ascolto in cuffia di musica in formato compresso è già un notevole passo avanti.
Con opportuni upgrade si possono aggiungere all'impianto estensioni dell'ascolto wireless per l'ascolto di CD, è possibile incrementare la qualità con player specializzati al posto di quelli gratuiti inclusi nei prodotti e servizi, rendere più efficace la gestione e fruizione della libreria con un media server. Ma ne tratteremo un'altra volta, questo post vuole focalizzarsi sulla semplicità della soluzione "tutta digitale". Ci si può arrivare dopo.  Dopo aver ascoltato tanta musica in qualità CD e in "real stereo".

lunedì 23 settembre 2019

Lo streaming in alta definizione di Amazon

Apple e Google non hanno un grande interesse per l'alta definizione in musica (o HD, high definition) Anche nei prodotti più recenti, smartphone e tablet per Apple, servizi o dispositivi home per Google, si arriva quando va bene alla qualità CD (o SD, standard definition). La terza grande corporation americana dell'informatica e del web invece per fortuna ci crede e, a sorpresa, ha lanciato in questi giorni la evoluzione del già noto servizio Amazon Music (che era sinora solo lossy MP3, una delle molte alternative a Spotify) sia verso la SD che verso la HD. Il nuovo servizio si chiama ovviamente Amazon Music HD.


Secondo loro per il pubblico di massa lo standard definition è l'MP3, e quindi hanno scelto di indicare i contenuti rispettivamente come HD (qualità CD) e Ultra HD (HD fino a 24/192, codifica FLAC). Il catalogo grazie alla potenza di una delle corporation più grandi del mondo attuale è molto ampio, dichiarano 50 milioni di brani per qualità CD e 1 milione per l'alta definizione.

I prezzi del nuovo servizio
Alla potenza della compagnia si accompagna una politica di prezzi molto aggressiva, che impensierirà non poco gli attuali player del settor (Tidal e Qobuz, ma anche Spotify) e che sfrutta anche il fatto che gli utenti Prime (32 milioni nel mondo) hanno già ora incluso gratuitamenteil servizio Amazon Music in MP3 su un catalogo ridotto di titoli. Per il nuovo servizio è richiesto un abbonamento mensile che ha un costo di 14,99 $ per tutti e di 12,99 $ per gli utenti Prime (che pagano già 36 € per le consegne gratuite e Amazon Prime audio e video gratis, ma all'anno, quindi 3 € al mese).
In più, come si vede dall'annuncio, il lancio è accompagnato da un periodo di prova gratuito di ben 3 mesi.

Confronto dei costi rispetto agli altri servizi streaming
Nella tabella che segue sono confrontati i prezzi dei servizi offerti, in base alla qualità audio messa a disposizione.


Servizio

Qualità

Costo/Mese

Amazon Music Unlimited

Lossy MP3 320Kbps

9,99 €

Spotify Premium

Lossy OGG 320Kbps

9,99 €

Qobuz HI-FI

SD

19,99 €

Qobuz STUDIO

HD 24/192 (FLAC)

24,99 €

Tidal

SD e HD (MQA)

19,99 €

Amazon Music HD Prime

SD e HD 24/192 (FLAC)

12,99 $

Amazon Music HD

SD e HD 24/192 (FLAC)

14,99 $

Come si vede i prezzi di Amazon Music HD sono molto inferiori a quelli (già bassi) richiesti dai concorrenti. Rispetto a Qobuz per l'HD andiamo dal 48% al 40% in meno. Rispetto a Tidal andiamo dal 35% al 25% in meno. I servizi attuali possono però contare su alcuni plus rispetto ad Amazon Music:
  • Tidal: codifica MQA per l'alta definizione, più efficiente e, secondo molti, con più elevata qualità audio (ma meno titoli)
  • Qobuz: la possibilità di avere anche il servizio di download digitale
Sarà da vedere quanto questi plus possano trattenere clienti o consentire che altri se ne aggiungano. Certamente per Tidal e soprattutto per Qobuz si apriranno problemi non indifferenti, e la probabile esigenza di ridurre i prezzi.

Per completezza è inserito in tabella anche il servizio Amazon Music Unlimited, alternativo a Spotify, già presente da tempo, che dichiara un catalogo di oltre 50 milioni di brani. Per gli utenti Prime il  servizio è gratuito e senza pubblicità ma limitato però a soli 2 milioni di brani, a cui si aggiungono i CD acquistati se presenti sul catalogo Music Unlimited. Inoltre, sempre per gli iscritti a Prime, Music Unlimited si può avere a prezzo scontato (2 mesi gratis all'anno) ma pagando in unica soluzione. ovvero con abbonamento annuale. Rispetto a Spotify Premium l'analogo servizio di Amazon si pone quindi in una situazione di sostanziale parità rispetto ai costi e ai servizi forniti. La possibilità di arrivare però a qualità CD con un piccolo incremento dell'abbonamento (da 3 a 5 € al mese) potrà impensierire anche Spotify. 

La disponibilità
Per gli interessati all'alta definizione in streaming che risiedono in Italia (noi) però c'è ancora da aspettare. Anche per Amazon siamo ancora nella black list, evidentemente, perché il servizio per ora è disponibile solo in USA, in UK, in Germania e in Giappone. Non ci sono informazioni su quando potrà estendersi al resto dell'Europa. Per ora dovremo continuare a pagare un po' di più. E non posso neanche provarlo ma, non avendo alcuna differenza rispetto a Qobuz, il test sarebbe ridotto solo ad una verifica (non semplice) della effettiva maggior consistenza del catalogo. 

venerdì 13 settembre 2019

Il CD: l'affare del secolo per le case discografiche

Sul sito della RIAA si possono consultare eccellenti infografiche personalizzabili che consentono di valutare a colpo d'occhio l'andamento del consumo di musica in USA in un esteso arco di tempo, che va dagli anni '70 ai giorni nostri. Selezionando le opzioni di visualizzazione si può vedere per prima cosa che con l'avvento e il successo del CD le case discografiche hanno raggiunto il fatturato più elevato di sempre, ben 21,5 miliardi di dollari nel 1999.


La curva è meno spettacolare se viene applicato l'allineamento all'inflazione, equiparando il valore del dollaro al 2018. Come si vede anche nel 1978 le cose non andavano male, il fatturato attualizzato era 15,5 miliardi di $ e gli LP incidevano per 9,3 M$, ma contribuivano non poco anche le cassette di vario tipo (anche 8-track tipiche USA per le auto), per altri 6,2 M$. Poi però è iniziata una veloce curva discendente. Ma dal 1985 è arrivato in soccorso il CD. Che nel 1999 ha consentito da solo un fatturato di 18,9 M$, il doppio del LP nel suo anno migliore.
Il che apre qualche raggio di luce sulla premura con cui Sony e Philips hanno messo a punto e lanciato il nuovo standard.


Poi è arrivata Internet con l'ADSL, Leonardo Chiariglione e Shawn Fenning alias Napster senza volerlo hanno colpito duro e il mercato è crollato fino ai 7,1 M$ del 2014, con il CD in caduta libera. Unica luce in fondo al tunnel, insperata ciambella di salvataggio (senza alcun contributo delle case discografiche) iTunes e iPod di Steve Jobs e il download digitale legale, dal 2005.

Vediamo però anche i volumi, che sono abbastanza impressionanti, a  confronto tra CD e LP. Nel 1978 in USA sono stati acquistati 341 milioni di LP, ma nel 1999 gli album su CD acquistati sono stati 942 milioni. Gli abitanti degli Stati Uniti sono circa 300 milioni , inclusi bambini e anziani con problemi di udito, e in media hanno acquistato 3 CD all'anno. Mentre gli LP erano scesi a 5 milioni. Bei tempi per le case discografiche: l'anno scorso erano 52 milioni, ogni 6 persone c'era uno che ha comprato un CD in un anno.
In compenso il vinile che doveva essere abbandnato è risalito a oltre 16 milioni, dopo essersi inabissato per 4 anni (tra il 2005 e il 2008) sotto al milione di copie. Nel grafico che segue si vede ben evidenziato il doppio passaggio di consegne tra LP e CD e viceversa.


Interessante anche quest'altro grafico derivato dalle statistiche, sulla importanza delle cassette (preregistrate) negli anni '70. Che si sono continuate a vendere, anche a ritimi sostenuti, mentre il vinile stava crollando, dal 1984 fino al 1997-98. Parliamo di oltre 400 milioni di unità dal 1987 in poi e oltre i 100 milioni fino al 1999. Era questo l'unico supporto analogico superstite degli anni '80 e '90, e certo non faceva concorrenza al CD come qualità del suono.


Infine un'ultimo grafico che illustra il successo della presunta speculazione delle case discografiche sull'alta definizione. Indipendentemente dalle reali intenzioni, un flop totale.


Il DVD-Audio, commercializzato in USA (da noi neanche arrivato) non è andato mai oltre le 500 mila copie acquistate e nel 2013 è pure andato in rosso per 100 mila unità (i resi hanno superato il venduto). Il Super Audio CD tanto promozionato ha raggiunto al massimo i livelli del LP prima della momentanea caduta (1,3 milioni nel 2003) e almeno in USA le vendite sono così ridotte che è sparito dalle statistiche dal 2013. Invece il DVD-Audio in USA è ancora acquistato e quindi ancora prodotto, per il multicanale, essenzialmente.

Tutti i dati statistici, personalizzabili, sono sul sito RIAA in questa sezione . I dati globali almeno per i grandi numeri sono sempre stati simili in proporzione all'incirca USA = resto del mondo.

Nei grafici sono ovviamemte presenti anche i dati relativi alla musica digitale in download e in streaming, che ha consentito all'industria della musica di risalire la china a partire dal 2016, e arrivare al fatturato globale pre-boom del CD, ovvero al 1985, poco meno di 10 miliardi di $ (allineati all'inflazione). Il che è una cosa buona, perché è giusto che chi crea e produce la musica abbia una corretta renumerazione, qualunque sia il suo ruolo.