domenica 27 settembre 2015

L'ultima radio analogica (o quasi)

Come stiamo documentando in alcuni post e iniziata la lenta transizione dalla FM analogica alla Digital radio. Non c'è un calendario definito né una data per lo switch off e neanche una adesione massiccia da parte delle radio private (locali soprattutto) ma il movimento è iniziato ed è guidato delle reti nazionali maggiori.
Per gli appassionati di musica non è una buona notizia, non nel senso che perderanno qualcosa, ma che non avranno alcun vantaggio con la nuova tecnologia. Infatti, a parte che si tratta sempre di suono compresso, tra gli obiettivi della iniziativa non c'è la qualità dell'ascolto musicale, quando parlano di "suono perfetto" vogliono dire "senza disturbi", cioè senza gli effetti del pluri-decennale caos delle frequenza nelle aree più popolate d'Italia.

Musica compressa due volte
Non si perde nulla perché, anche se il canale trasmissivo continua ad essere analogico, la musica in FM in Italia (e anche all'estero) è archiviata e gestita in formato compresso da anni. Non per per ridurre i costi di trasmissione, con la FM analogica non c'è differenza, ma per ridurre i costi di gestione. La musica è archiviata su applicazioni professionali come il noto Selector, in formato compresso per praticità (minori dimensioni, tempi di processing più veloci), solitamente in formato MPEG2 o MP2 (vedi nel seguito qualche informazione in merito), già pronta anche per la web radio associata. Tanto per la musica in heavy rotation trasmessa dalle radio commerciali nessuno sentirà la differenza. Questo non sarebbe neanche il problema maggiore, a meno che il tasso di compressione sia elevato (96Kbps ad esempio, come peraltro supponiamo che spesso sia). Oltre a questa compressione che interessa la quantità di dati da archiviare e la potenza di calcolo in invio alla trasmissione (streaming), praticamente tutte le radio commerciali applicano una ulteriore compressione dinamica di tipo loudness (vedi il post sulla loudness war) per suonare apparentemente più forte ed essere meglio udibili in auto e in ambienti  rumorosi, e anche per non soccombere con le radio vicine nell'affollato e anarchico etere italiano.

Alla fine ne rimase solo una
Fino a qualche anno fa resistevano in Italia almeno due radio, che trasmettono in prevalenza classica, che non adottavano il Selector o altri sistemi computerizzati e trasmettevano senza compressione dinamica: le reti Rai Radio 3 e FD5. Radio 3 è passata però anch'essa al Selector alcuni anni fa per la maggioranza della musica trasmessa, e adotta in parte la compressione dinamica per non non essere sommersa dalle radio commerciali, mentre trasmette ancora in analogico gli eventi live. FD5 invece trasmette la musica dal suo sistema di archiviazione digitale in compressione MP2, ma non applica la compressione dinamica (e quindi pare che trasmetta pianissimo, ma sarebbe il livello giusto se tutti l'adottassero). Quindi l'ultimo baluardo dell'analogico è Rai Radio 3, ma solo per alcune dirette serali, mentre l'ultima radio "analogica", non in senso stretto, ma come attenzione alla qualità del suono per tutta la musica trasmessa, è FD5. 

Rai FD5
Una emittente che viene da molto lontano, precisamente dai tempi della filodiffusione, la radio trasmessa tramite la rete telefonica della SIP, una tecnologia superiore come qualità alla radio in AM quando è stata adottata in Italia (1959) e anche alla FM almeno fino alla metà degli anni '70, cioè quando la Rai non trasmetteva ancora in stereo.
Incredibilmente la filodiffusione è arrivata fino a noi, è ancora disponibile e pare abbia ancora utenti consapevoli, pur trasmettendo solo i tre canali Rai, più il canale FD4 (Filo Diffusione 4) specializzato in musica leggera e FD5 specializzata in classica (ci siamo arrivati).

Perché ci interessa
Perché essendo considerata per legge servizio di pubblica utilità (servizio universale) per i contratti di servizio della Rai, la produzione di contenuti e proseguita sino ad ora, non prevede inserzioni pubblicitarie e deve coprire le 24 ore. E, avendo questi contenuti pronti e ormai pochi utenti sulla filodiffusione, da molti anni la Rai li diffonde anche su altri canali: satellite, digitale terrestre, web, Digital radio, e anche FM (ma solo per FD5).

Cosa trasmette
Solo musica classica nella accezione tradizionale del termine, cioè il genere di musica, chiamato a volte anche musica colta, che viene proposto in Auditorium e sale da concerto. Inclusa ovviamente la musica sacra e corale e la lirica, a cui è dedicata buona parte del palinsesto. Ma sono presenti anche la musica barocca e medievale, le colonne sonore (eseguite con orchestra classica ) e pure la contemporanea, quella ormai storica, ma in alcuni casi anche quella recente o recentissima.
Un ascolto quindi per persone interessate e consapevoli, non sempre (ma a volte sì) adatto a sottofondo.



I programmi
All'inizio erano pizzoni con replica nello stesso giorno ma da alcuni anni c'è un vero e proprio palinsesto (vedere il sito della radio). Lo stile è quello della Rai di un tempo, con programmi tipo "Almanacco" che propongono brani di compositori nati o morti nel giorno, selezioni di romanze e cantanti lirici da indovinare (questa e la parte più innovativa) o dedicati a particolari strumenti o forme musicali con nomi come "Concerto del mattino", "Pagine corali" e simili. Ogni brano è annunciato all'inizio e alla fine da annunciatori plurilingue estremamente professionali che pronunciano con perfetta dizione tedesca, inglese o francese i tempi dei movimenti. Un ottimo sistema per sapere come si pronunciamo correttamente i nomi dei compositori tedeschi. E poi ogni opera viene trasmessa per intero e senza interruzioni, fosse anche la quinta sinfonia di Mahler. 

Il palinsesto segue i gusti presunti degli ascoltatori (presunti perché non so se vengano fatti rilevamenti per questa radio). Così la sera, che pare sia la fascia di maggiore ascolto, viene trasmessa prevalentemente musica lirica, che per tradizione in Italia sembra preferita alla orchestrale, anche se da un pubblico ormai avanti con gli anni. Non mancano impegnativi ascolti di musica contemporanea, ma anche meno impegnativi ascolti di musica barocca. Inoltre sono frequenti le registrazioni dei concerti negli Auditorium Rai e anche quelle, spesso interessanti perché a volte riguardano generi più originali, come musica medievale o etnica, dei concerti che si tengono la domenica mattina nella Cappella Paolina del Quirinale per impulso dei vari presidenti (Ciampi e Napolitano in particolare). Che tra l'altro sono registrati particolarmente bene.

La ricezione di FD5 in FM
E' possibile ascoltare, come anticipato, le trasmissioni anche su web, satellite, digitale terrestre e DAB+ ovvero digital radio, ma la nostra attenzione va all'ascolto in FM che dovrebbe essere alla massima qualità. Su questi altri canali la compressione è superiore, probabilmente anche 96kbps su web. Il dato comunque non è dichiarato.

Per prima cosa però è necessario vivere nelle principali città italiane (più Ancona) le uniche coperte dal servizio (le frequenze sono sul sito); secondo requisito indispensabile è dotare il sintonizzatore di un'antenna. Basta di solito una normale antenna casalinga a T di ragionevole estensione (un paio di metri) ma è meglio dotarsi di un'antenna esterna se la situazione della vostra casa lo consente (villetta mono o bifamiliare, piano alto, cavedio dsponibile). Il motivo è che FD5 trasmette senza compressione dinamica, come riportato prima, e quindi il pianissimo è proprio pianissimo e rischia di confondersi con i disturbi di fondo se la ricezione non è ottimale. Poi c'è la necessità di ridurre le sovramodulazioni e gli sconfinamenti delle radio vicine, che ovviamente trasmettono senza rispettare le regole cercando di sopravanzarsi una sull'altra, come è la norma nel far west dell'etere che si protrae in Italia da 40 anni nell'indifferenza generale.
In questa gara FD5 soccombe perché rispettando le regole suona più piano delle radio circostanti, anche nei fortissimi orchestrali.

Da considerare anche che la trasmissione FM è soggetta a riflessioni in città per effetto delle costruzioni circostanti la vostra casa, che hanno effetto ovviamente sulla ricezione, e quindi un'antenna esterna in posizione elevata può essere necessaria anche per catturare la frequenza senza riflessioni. Con questi accorgimenti e un buon sintonizzatore stereo la qualità dell'ascolto è eccellente, non si notano effetti negativi legati alla dichiarata compressione dati, la ricostruzione spaziale in particolare è particolarmente realistica se le registrazioni originali, come spesso avviene, sono di alta qualità.
Molto evidente anche l'assenza di compressione dinamica e il positivo effetto sulla qualità dell'ascolto.

Da aggiungere che in città con etere affollato le trasmissioni fuori standard delle emittenti adiacenti possono rendere l'ascolto difficile o impossibile. Questo si verifica ad esempio a Roma ed è giusto, anche se dubito che mai leggeranno questo articolo, che si sappiano i nomi delle radio che, almeno a me, impediscono l'ascolto di FD5 in alcune zone della mia casa (centro città): R 101 (100.0 MHz) e Power Station (100.5 MHz).

Infine l'ascolto in mobilità: almeno a Roma, in auto, è quasi impossibile. Sia per l'effetto di altre radio che invadono la frequenza sia per le frequenti zone di scarsa ricezione la banda non è sufficiente per un ascolto adeguato causa presenza non rara di rumore di fondo o disturbi vari. Risulta possibile solo se ci si trova per caso in una zona di buona ricezione e il traffico è bloccato o lentissimo. Situazione comunque piuttosto frequente a Roma e quindi qualche speranza di ascolto in auto rimane.

La qualità audio delle trasmissioni in FM 
La produzione musicaledi FD5 utilizza dal 2001 una piattaforma digitale. Il sistema software che ha scelto ed utilizza FD5 è il Netia, poi dal 2004 esteso come Netia Octopus, includendo anche la gestione automatizzata del palinsesto. Il software Netia attinge ad un archivio musicale digitalizzato, a quanto si capisce, accedendo anche a quello centralizzato della Rai. I file musicali nell'archivio sono in formato compresso MPEG-2 (o MP2), che è una specie di standard per le radio di qualità attuali. Queste informazioni con tutta la storia della tecnologia trasmissiva e di gestione della musica si possono leggere qui. I sorgenti musicali derivano da CD o da registrazioni originali Rai (negli auditorium di Roma e Torino o alla Cappella Paolina o agli eventi registrati da Radio 3) tutti, a quanto si capisce, trasferiti in MPEG-2. Fino a qualche anno fa erano trasmesse le dirette anche su FD5, ma ascoltando la radio o guardando i palinsesti pare proprio che non siano più previsti. Peccato perché sarebbero gli unici casi di trasmissione tutta analogica.

Il formato MPEG-2
Sarebbe MPEG-1 Layer II, e definisce il formato di compressione audio utilizzato per le trasmissioni broadcast audio-video. Chiamato anche (o più correttamente) MP2, è un formato di compressione audio con perdita (lossy) basato su criteri di psicoacustica, come tutti i sistemi di questo tipo. E' parente stretto del più noto MP3 (MPEG-1 layer III). La differenza risiede nel fatto che l'MP3 è specializzato per la compressione dati su PC mentre l'MP2 per la compressione in streaming. Quindi l'MP3 ha l'obiettivo di raggiungere una compressione dati più spinta (file più piccoli), mentre per l'MP2 l'obiettivo principale è la costanza e stabilità nel tempo. Gli algoritmi di psicoacustica di base sono gli stessi, quello che fa la differenza è quindi il metodo con cui è realizzata la compressione. Ad elevati bitrate (256 o 384Kbps) sono equivalenti all'ascolto, nei rispettivi campi di applicazione, e, come noto, raggiungono un buon grado di approssimazione con il formato non compresso.
Questi standard sono stati sviluppati all'inizio degli anni '90. Alla fine del decennio (1997) sono stati avviati altri studi orientati al miglioramento degli algoritmi di base, che hanno portato allo standard AAC (Advanced Audio Coding) poi standardizzato come MP4 o MPEG-4 (includendo la parte video). E' l'algoritmo di base più recente ed efficiente usato da Apple per iTunes e da Google per iTunes, e non è compatibile all'indietro con MP2 (nel senso che i DAC MP2 precedenti non possono convertire file audio MP4).


A che livello di compressione trasmette FD5?
Perché tutta questa tirata sulla compressione digitale (per gli appassionati, tutti gli approfondimenti sono su Wikipedia in inglese) in un post dedicato ad una radio che dovrebbe essere analogica? Perché analogica del tutto non è più, e vorremmo che almeno il bitrate fosse il più alto possibile. Purtroppo questo dato non è fornito sul sito dell'emittente e, nonostante due richieste via email che ho inviato a partire da un mese e mezzo fa, non ho ricevuto risposta alcuna.

In generale le radio musicali serie trasmettono a 256Kbps e in molti casi di radio pubbliche anche a 384Kbps, quindi penso che al minimo la trasmissione sia a 256Kbps. Inoltre, poiché lo standard AAC risale a oltre 15 anni fa, ritengo anche che tutto il materiale più recente sia stato digitalizzato con questo formato. Il software di gestione è sicuramente in grado di gestirli entrambi. Una qualità non a livello CD quindi, ma abbastanza elevata (superiore all'MP3 sia per la tecnica di compressione sia per gli algoritmi di base) da consentire un ascolto molto appagante anche con la impegnativa musica classica, grazie all'assenza di compressione dinamica e al "suono FM" (campo minato: il suono più "caldo" e "senza asprezze" che ci si aspetta dai vinili derivati da registrazioni digitali).

In sintesi
Preferiremmo che FD5 utilizzasse ancora come sorgente il sistema precedente basato su lettori di nastri magnetici Tandberg, tutto analogico e pieno sfruttamento della grandi potenzialità della trasmissione FM. Ma ci rendiamo conto che un sistema di gestione computerizzata delle trasmissioni e del palinsesto consente costi di gestione (del personale) più facilmente sopportabili, quindi ci sta bene così. Magari è solo grazie a questa innovazione che possiamo ancora ascoltare una radio (quasi) analogica.

(Le illustrazioni si riferiscono al palinsesto di FD5 del 26.9.2015: Jordi Savall e le soprano Montserrat Figueras e Maria Cristina Kiehr impegnati/e nella colonna sonora di Tous les matins du monde, il maestro Nicola Piovani di cui sono state trasmesse alcune composizioni, la mezzo soprano russa Elena Obraztsova interprete nell'Alexander Nevsky di Prokofiev diretto da Claudio Abbado nel 1991).

venerdì 18 settembre 2015

Il download in alta definizione - Aggiornamento 2015 (Musica moderna)

In estrema sintesi la situazione dell'HD nel 2014, precedente aggiornamento, si poteva riassumere in tre NO: no majors, no streaming, no Italia. Questa era la situazione per la musica moderna, mentre per la classica l'offerta in HD era più ampia. Dopo un anno si registra qualche piccolo progresso, non sappiamo quanto stabile. Vediamo separatamente la situazione per la musica moderna (in questo post) e per la classica (nel prossimo).

Musica moderna (rock, pop, folk, r&b, rap, ecc.)
Non sono necessarie approfondite ricerche, accedendo al portale FindHDmusic che abbiamo presentato l'anno scorso si può verificare rapidamente la situazione. Cerchiamo ad esempio un noto e ambizioso album di Joni Mitchell:



Scopriamo subito che questo album a catalogo è ora disponibile anche in HD. Il formato è solo PCM (24/96 e 24/192) ed è presente in 7 siti (che poi vedremo essere gli unici siti che vendono musica moderna). Inoltre vediamo già evidenziate le famigerate restrizioni per Paese. Quelli dove si può facilmente comprare musica in HD sono solo 4: USA, UK, Germania e Francia.

Rimane solo un'ambiguità su 2 siti: Acoustic Sounds e HighresAudio. Per il primo il dubbio si scioglie subito: il download è disponibile solo per USA e Canada. HighresAudio invece è un sito tedesco (che conoscevamo già) che vende in tutta Europa ma con restrizioni album per album. La disponibilità sembra aumentata, perché in un precedente test Blue della Mitchell non era disponibile da noi, ma ora lo è.


Altra notazione da fare è che su HighresAudio (almeno dai test che ho fatto, forse qualche visitatore può smentirmi) l'acquisto è solo in formato album. Il comodo acquisto per brani non sembra mai disponibile. Una scelta poco orientata alle giovani generazioni.

I siti non accessibili
Non accessibili dall'Italia invece tutti gli altri. HDtracks controlla ora rigidamente il paese di origine, e se l'etichetta che rappresentano non accetta acquisti dall'Italia, blocca l'acquisto. Sono invece acquistabili i titoli dell'etichetta di famiglia, la Chesky specializzata in produzioni audiofile, e quelli di altre piccole etichette indipendenti. Il sito è arrivato ora anche in Europa, ma solo in UK e Germania. L'altra etichetta USA Acoustic Sounds vende anche supporti fisici, questi sono consegnabili anche in Italia, ma il download no, solo USA e Canada come anticipato. Poi c'è Qobuz, che ora è disponibile oltre che in Francia, paese natale, anche in Germania e UK, come HDtracks (e ha anche qualche  novità che vediamo dopo). Infine c'é Pono Music che è un discorso a parte, perché si tratta di un "ecosistema" che ruota attorno al lettore HD Pono. Una strana iniziativa di un grande musicista (Neil Young) dall'incerto futuro, che lega la musica, che ormai dovrebbe essere liquida, non più al supporto ma al player. Comunque disponibile solo in USA.

Sul sito FindHDmusic è presente anche un quadro riassuntivo aggiornato dei siti di download musicale sui quali effettua le ricerche, che sono i principali e maggiormente attivi più alcuni siti specializzati per la classica. Il quadro riassuntivo, che contiene anche il dettaglio sulla accessibilità dal nostro paese e la disponibilità come numero di album alla data, si può consultare oltre che nel sito anche a questo link.

HD e Italia
A quanto pare per ora rimangono due cose disgiunte o quasi. Forse perché siamo una provincia dell'impero, forse perché c'è ancora troppa pirateria, sembra che le case discografiche non concedano ai siti di download in HD i diritti anche per il nostro paese. Oppure invece sono i siti di download in HD che non li chiedono, per concentrare le loro scarse risorse finanziarie sui paesi più promettenti, dove un mercato seppur ancora di nicchia c'è. Forse hanno letto i forum e siti specializzati (tra i quali purtroppo devo citare anche TNT-Audio) e gli articoli di giornali non specializzati (e sottolineo non) tutti scettici sulla musica in HD. E hanno concluso che se neanche gli appassionati di musica e buoni ascolti sono interessati, figuriamoci gli altri.

Il risultato è quindi che per ora l'unica fonte di musica HD moderna (per la classica è diverso) è il sito tedesco già citato, che peraltro è ben organizzato, per esempio fornisce informazioni sugli album che non sono le solite recensioni riprese da Allmusic o altri siti simili, ma sono equivalenti alle buone vecchie note di copertina (esecutori ecc.), quello che ci serve.


La scheda di HigResAudio per l'album Mingus di Joni Mitchell

Al momento da questi brevi test sembra che buona parte del loro catalogo sia disponibile per l'acquisto anche da noi e quindi almeno un "negozio" c'è. Speriamo che non chiuda di nuovo.

La disponibilità di titoli
La novità principale che si sta delineando è una crescita piuttosto consistente dei titoli disponibili, sia a catalogo sia novità. Molti titoli di musicisti attuali minori, in maggioranza sotto contratto da indies, ma non mancano titoli di majors, come i due album di Lana Del Rey, su etichetta Universal (Polydor). Trattandosi di una major come al solito ci sono limitazioni, no Italia, e frequenza tagliata a 44.1KHz. Sarebbe interessante scaricarlo per verificare se anche nella versione HD c'è la forte compressione dinamica "loudness" verificata a suo tempo. Per un'altra musicista pop come Katy Perry (sempre Universal, ma etichetta EMI) invece la disponibilità per l'Italia c'è (ma rimane il taglio a 44.1) anche per il suo album più recente, Prism. Qualche altro test (p.es. Sting). conferma che la Universal ha proprio deciso che per loro HD vuol dire 24/44.1. Procedono, ma col freno a mano tirato, insomma.

Molti altri titoli escono comunque con una discreta frequenza. FindHDmusic invia a richiesta una newsletter con le ultime uscite (filtrabile) e per dare un'idea dell'offerta in crescita a questo link si può consultare un estratto delle uscite da inizio del mese (sono 94 ad oggi) per genere pop/rock a questo link. Come si vede c'è una grande varietà di generi, e di musicisti, molti dei quali (almeno a me) poco noti o anche ignoti del tutto. Una indicazione di interesse che si amplia per l'HD almeno da parte di chi produce musica. E la speranza che l'HD non serva solo a ricomprare per l'ennesima volta gli stessi album.
Anche per questi album proposti in maggioranza da indies la risoluzione è quasi sempre 24/44.1, solo di rado, almeno nelle ricerche che ho fatto, arriva a 48KHz o a 96KHz.

Primi accenni di streaming in HD
Un file audio HD compresso in FLAC, soprattutto se a risoluzione 24/44,1 come quelli citati prima, non richiede elevate velocità di trasferimento. Sicuramente inferiori a quanto richiesto dal cinema in streaming a risoluzione HD e dello stesso ordine di grandezza del diffuso streaming in SD. Non solo il normale ADSL casalingo, ma anche una connessione su rete mobile in 4G (o LTE) sarebbe sufficiente nella maggior parte dei casi. Ma, visto che già sono rari e poco conosciuti i servizi di streaming lossless, nessuno lo propone, per ora.

Qobuz però sta tentando di offrire qualcosa di intermedio con il nuovo servizio Qobuz Sublime. E' sempre un abbonamento in streaming in qualità SD, non compresso, ma include anche la possibilità di scaricare liberamente i file audio in formato HD con forte sconto, al prezzo dell'MP3 (dal 30 al 60% in meno). La contropartita è che il pagamento è annuale.
Quindi l'abbonato a Qobuz Sublime cerca e ascolta la musica come nel servizio standard ma, se si imbatte in un album per cui vale la pena di puntare ad una esperienza di ascolto ancora più appagante (magari non quello di Katy Perry citato prima, dove non vedo proprio cosa ci sia da migliorare) può decidere di acquistarlo a prezzo ribassato, scaricarlo e poi ascoltarlo, anche in mobilità. Una specie di streaming in differita con qualche punto di contatto con il video on demand (ma l'album poi rimane).

Per sollecitare e incuriosire i suoi clienti, Qobuz da qualche tempo mostra per tutti i titoli, durante la ricerca, la presenza della opzione Hires e quindi la possibilità di selezionare file in HD al momento della "importazione". Ovviamente prima bisogna avere questo servizio extra.


Un'altra interessante novità di Qobuz è l'accordo con la BNF, Bibliothèque Nationale de France, che ha digitalizzato (in HD 24/96!) 17000 titoli che tramite Qobuz possono essere acquistati o ascoltati (dagli abbonati). Una idea che ci piacerebbe altri copiassero.


In sintesi
A piccoli passi, e neanche definitivamente acquisiti, anche per la musica moderna l'ascolto in HD inizia ad essere una opzione effettivamente disponibile, persino in Italia. Anche le major si stanno timidamente affacciando al nuovo mercato, anche se con comunicazione quasi nulla al momento.
Alla situazione nella musica classica sarà dedicato il prossimo post.







martedì 1 settembre 2015

Streaming, On-Demand, Abbonamento, Possesso

Come ascoltare la musica in un mondo in rapida evoluzione tecnologica? Come sfruttare le nuove opportunità al meglio?
Che poi non sono tanto nuove. Per il primo prodotto culturale di massa, il libro, è da molto tempo possibile, oltre all'acquisto, l'abbonamento ad una biblioteca e il prestito temporaneo del libro, con obbligo della restituzione. L'abbonamento ha un costo, ma di solito il prestito singolo no, e il numero di libri che si possono prendere in prestito non ha una soglia, mentre può averlo la durata del prestito, anche per non sottrarre la disponibilità del libro ad altri abbonati. Dal punto di vista dei diritti d'autore l'acquisto consente il possesso a tempo indefinito pagando il prezzo di copertina; in caso di regalo, prestito o di vendita come usato lo stesso diritto acquisito si trasferisce temporaneamente o definitivamente a chi riceve il libro. La garanzia di non violare i diritti deriva dal supporto fisico, che impone la fruizione da parte di un solo utilizzatore per volta e che è difficile e costoso da copiare per intero, anche con le più moderne e versatili fotocopiatrici.

Anche per gli spartiti, cioè la musica in forma di libro, la vendita e la distribuzione hanno seguito nei secoli le stesse regole. L'era delle fotocopiatrici ha creato però ben prima dell'era di Internet problemi nella gestione dei diritti, dato che per una canzone possono servire al massimo 4-5 fogli di musica.

 
La musica in prestito
Per la musica il prestito è stato usato raramente, prima dell'era di Internet, ma non per problemi di gestione dei diritti d'autore, più banalmente per la deteriorabilità dei supporti. Nel caso dei vinili anche un solo passaggio su un giradischi di bassa qualità o non ben tarato poteva (e può) deteriorarli definitivamente, e quindi nessuno credo abbia mai pensato di metterli in dotazione in una biblioteca. Al massimo poteva essere possibile l'ascolto con un impianto della biblioteca stessa. Un supporto meno deteriorabile come il nastro pre-registrato è invece stato usato esattamente come un libro nei paesi (USA soprattutto) dove era relativamente diffuso e in non poche case c'erano registratori/lettori a nastro. Sulle confezioni di nastri che ho acquistato in USA erano riportati ad esempio, i timbri con i successivi prestiti. Da noi non mi risulta sia mai stato in uso.
 
Nel caso delle cassette e poi dei CD il prestito sarebbe stato teoricamente possibile, i supporti erano molto meno deteriorabili, ma in questo caso non è stato adottato da nessuno per problemi di protezione dei diritti d'autore. Nel frattempo infatti erano diventati disponibili a livello di massa sistemi di duplicazione (il registratore a cassette stesso, il masterizzatore) che avrebbero consentito una copia del contenuto a costi quasi nulli, e quindi una facile evasione dei diritti d'autore. Questo protezionismo non ha in realtà protetto i diritti, perché la copia non autorizzata si è diffusa ugualmente (già con le cassette, partendo dai vinili) e poi, come si sa, la compressione MP3 e Napster hanno fatto il resto.

Nel cinema
Le cose sono andate in modo abbastanza diverso. Qui la differenza l'hanno fatta in parte i supporti, ma soprattutto la modalità diversa di visione. Un film infatti si vede di solito per intero, e una volta sola, raramente più d'una. Il sistema ideale quindi è una replica di quello in uso fin dagli albori nelle sale: un "biglietto" per una singola visione. Il termine in uso è per l'home cinema è video on demand (VOD) e consente di avere l'accesso alla visione, ma per un tempo limitato. Un costo per singola visione che si aggiunge però al costo mensile dell'abbonamento, che in alcuni caso (Sky On Demand ad esempio) consente anche la visione di alcuni titoli gratis.

 
L'arrivo del primo supporto universale e casalingo, la videocassetta VHS, emersa come standard dopo una breve ma cruenta lotta con Philips e Sony (che in questo caso sono state sconfitte) apriva l'era del cinema in casa, era ora possibile sia l'acquisto sia il prestito del supporto.
Per il prestito si affermava il modello Blockbuster, distribuzione tramite negozi diffusi capillarmente e pagamento per singolo film. Ma era anche possibile creare cassette pirata con costi bassi e persino la duplicazione casalinga (mai diventata di massa però con il VHS). Con il successivo supporto digitale ottico, il DVD (dal 1998) meno deteriorabile e meno voluminoso, si rendevano possibili nuovi modelli di business, ed uno in particolare è stato quello inventato da Netflix e che ha fatto la sua fortuna iniziale: il prestito con abbonamento e non per singolo film, con tempi più dilatati per la restituzione (i supporti costavano sempre meno).
In più, altro vantaggio competitivo rispetto a Blockbuster, distribuzione non tramite negozi, con i loro costi fissi, ma tramite posta (in USA era una soluzione concepibile) con costi quindi direttamente proporzionali al volume dei prestiti.

I fatturati (e il servizio) dipendevano anche da un altro elemento, questa volta in mano alle major dei film: il tempo di esclusiva. Quanto tempo tra l'uscita nelle sale e la disponibilità nel circuito del noleggio, quanto tra questo e la disponibilità in vendita, quanto per la diffusione sulle reti TV  in chiaro e così via. Un gioco in cui il coltello dalla parte del manico lo avevano le majors. Tutto fino alla compressione DivX e al cinema in download (solo illegale, per un bel po') a livello di massa grazie ai masterizzatori DVD, ormai diffusa. Colpo di grazia per Blockbuster ma non per Netflix, che ha saputo prontamente adattarsi al nuovo scenario, che riduceva anche i costi per transazione e rendeva universalizzabile il proprio modello di business.

Le videocassette omaggio
Da segnalare anche un sistema di distribuzione particolare e  specifico: la distribuzione a prezzo ribassato come omaggio allegato ai giornali. Non so sia stata una invenzione di Veltroni quando era direttore del quotidiano L'Unità o se prendeva spunto da idee straniere, ma era una specie di anticipazione della economia dei grandi numeri, poi diventata comune su Internet: guadagnare anche pochissimo su ogni singola copia (faccio riferimento ai diritti d'autore) ma arrivare comunque ad un ricavo (in questo caso per i detentori dei diritti) grazie ai grandi numeri. 
Da aggiungere che i diritti d'autore per il video on demand sono gestiti con accordi specifici tra gli erogatori del servizio e le case discografiche, anche con aste, in modo in parte simile a quanto in uso nella televisione commerciale.


Nella musica è andata in modo diverso
Il P2P prima e poi YouTube hanno progressivamente allontanato i consumatori di musica (uso volutamente questa formula) dall'ascolto in formato album. Che è rimasto come desiderio di possesso per alcuni, ma non come modalità di ascolto se non per minoranze sempre più ridotte. Le scomodità e i rischi della pirateria e il buon adattamento alle nuove modalità di ascolto hanno consentito alla Apple, entrata con geniale abilità e tempestività nel settore con l'accoppiata iPod - iTunes, di affermare il modello di download, essenzialmente per singolo brano. Poi andato progressivamente a ridursi con lo sviluppo sempre più ampio di YouTube. Per la Apple non è stato un problema perché ha capitalizzato quel successo inventando un nuovo mercato (le mobile devices) e neanche il suo concorrente Google ha mai avuto problemi con i fatturati non brillanti di YouTube, grazie agli enormi ricavi ottenuti grazie al quasi monopolio tra i motori di ricerca (e anche all'ingresso tempestivo nel nuovo mercato delle mobile devices con Android).



Per la distribuzione a pagamento della musica questo ha significato però un restringersi continuo delle prospettive di mercato, quindi pochi elementi differenziati e loro basso valore sul mercato. 
Elementi differenzianti rappresentati da una qualità più alta e dalle funzioni social.
Di conseguenza il primo servizio streaming globale (Spotify) ha dovuto offrire condizioni molto più vantaggiose per gli utenti rispetto al VOD: nessun costo per singolo ascolto, ascolti illimitati, basso costo dell'abbonamento premium, opzione di un abbonamento free con restrizioni (pubblicità e, attualmente, solo ascolto in shuffle), lungo periodo di prova free, catalogo grandissimo. Condizioni mutuate dal suo principale (al momento) competitore globale (Deezer) ma non completamente dalle corporation dominanti (Google e Apple) per i loro servizi streaming (non offrono l'opzione free).

 

Anche il pagamento dei diritti ha modalità peculiari, avviene per singolo ascolto, per diffusione, in modo simile a quanto previsto per le radio, solo che qui ogni utente è una radio. Vengono però calcolati e versati alla casa discografica con cui Spotify o gli altri hanno fatto accordi, e dalla casa arrivano all'artista in base al contratto sottoscritto dall'artista. Se ad esempio non prevedeva il pagamento dei diritti in caso di diffusione via etere potrebbe anche non ricevere nulla.  

Cosa cambia con la dematerializzazione: Il libro
Il primo supporto culturale sta subendo un processo di dematerializzazione per impulso iniziale di Amazon, processo su cui si sono inseriti diversi altri competitor. Dal punto di vista della modalità di vendita e di riconoscimento dei diritti non c'è stata nessuna innovazione e differenza rispetto alla distribuzione di libri di carta. L'unica differenza rispetto al download musicale consiste nelle maggiori restrizioni sulla possibilità di prestito e sul fatto che il DRM è sempre applicato. Condizioni rigide imposte dagli editori di carta, molto più potenti e appoggiati di quelli di musica e resi diffidenti da quanto accaduto a questi ultimi. La novità recente è la introduzione da parte di Amazon di un sistema simile alla biblioteca: abbonamento e accesso al catalogo (possibili restrizioni per titoli novità) con prestito temporaneo. Più rigidamente gestita la durata del prestito che qui può essere chiuso dalla "biblioteca" senza aspettare la restituzione del libro di carta.

Perché pagare per avere qualcosa che si può ottenere gratis?
Nell'era dei supporti fisici la parola gratis non era prevista, al massimo il disco o il film poteva essere un omaggio con modesto sovrapprezzo a una rivista (come per la rivista NET o Il Musichiere) negli anni '60 o in tempi più recenti con le videocassette de L'Unita già citate, poi imitate da molte altre testate. Quando il supporto è immateriale (e lo è anche per un film trasmesso alla TV, non solo sul web) il modello di business può essere diverso. La fruizione è gratuita ma per accedervi bisogna guardare un po' di pubblicità.



È il sistema delle TV in chiaro, contrapposto alle TV premium. Migrato poi progressivamente anche sul web, con YouTube per musica e video e con i siti dei quotidiani per le news. Niente di nuovo, ne parlo qui perché il modello proprio in questa fase sta mostrando segnali di crisi. Crisi che nasce da diversi fattori: l'avversione dei navigatori per la pubblicità invasiva e pesante, il fatto provato che la pubblicità non invasiva è molto meno redditizia, l'avversione dei navigatori per gli abbonamenti (il web continua ad essere percepito come uno spazio gratuito, la frammentazione e diversificazione tra i produttori di contenuti. Una situazione critica soprattutto per le news e quindi per gli editori di quotidiani e pubblicazioni, anche via etere o web.

Le funzioni social personalizzate di Apple Music

Andando con la memoria agli inizi stentati delle TV a pagamento in Italia (Tele+) e alla successiva affermazione con Sky si può notare che l'accettazione è arrivata con effettivi contenuti premium (sport in diretta e in esclusiva) e con una situazione di sostanziale monopolio. Da parte di un gestore peraltro in grado di coprire una gamma completa di contenuti. Nel web non si vede al momento l'affermazione di una situazione analoga, sia nelle news sia nella musica. Forse solo nel cinema e video in genere, con Netflix (comunque in sovrapposizione parziale con Sky: in altre parole, bisognerà abbonarsi a tutti e due).

Il possesso ha ancora un senso?
Ai tempi dei supporti fisici poteva essere un arricchimento oppure un problema. Vaste librerie di libri, vinili o anche CD arricchivano la casa e, nel caso delle librerie, erano e sono considerate anche un indispensabile complemento di arredo (indipendentemente dal fatto che i libri siano letti oppure no). Un arricchimento che rimaneva poi una eredità della famiglia. Ma che sopra certi volumi poteva essere un problema per mancanza di spazi e necessità di pulizia. Se il possesso si riduce però ad un file audio scaricato su un hard disk cambia tutto: non ci sono più problemi di spazio (magari solo problemi di backup: vedi altro post sull'argomento) ma neanche un percepibile arricchimento e un capitale da tramandare ai posteri. Perché insistere quindi, se i costi rispetto allo streaming in abbonamento sono anche superiori e di molti ordini di grandezza? Al momento solo per restrizioni di mercato: il download è una necessità per chi vuole ascoltare in alta definizione. Ma non esiste un vincolo tecnico per un ipotetico servizio di streaming in HD (i volumi sono dello stesso ordine di grandezza dei diffusissimi servizi streaming video) che però nessuno propone.

Le carte prepagate di Deezer (per il download)

In sintesi
Nel campo della musica questi due fattori abilitanti per una affermazione di massa del modello in abbonamento (streaming ) al momento non sono evidenti anche se possono affermarsi. Sul lato dei fattori premium la qualità superiore (rispetto a YouTube) non è percepita come un plus dalla maggioranza dei potenziali utilizzatori / clienti, ma la diffusione di cuffie, decoder e speaker wireless  di qualità sempre maggiore rende sempre più evidenti i limiti di gran parte del materiale caricato su YouTube, rendendo percepibile il vantaggio dei servizi streaming anche se in formato compresso (ma a 256kbps) che notoriamente penalizza poco o nulla l'ascolto, almeno per la musica moderna.

Sul lato dei servizi le possibilità di socializzazione e condivisione sono senza dubbio importanti per molti utenti, ma qui l'aspetto monopolistico ha la sua importanza. Nel senso che per avere successo richiede che il servizio streaming sia comune ad una vasta platea di utenti, come è avvenuto per FaceBook.

Radio tematiche e quindi la possibilità di un ascolto passivo possono essere un altro plus, ma occorre notare che sono funzioni presenti anche su YouTube, pur se semplificate, da tempo. Infine l'aspetto monopolio. Che ci sia un soggetto prevalente non va bene per la concorrenza in genere (ma qui c'è in sostanza un tetto imposto di prezzo) ma la esperienza ha mostrato che si tratta del principale fattore abilitante, come si è visto con il download che, prima di iTunes, era frammentato e irrilevante. Con 5 attori in campo, tutti piuttosto grandi e potenti e due potentissimi (Apple e Google) sembrerebbe una situazione di oligopolio, ma non è così, perché i vari servizi si sovrappongono e sono fatalmente in competizione.

È facile prevedere l'affermazione di un nuovo monopolio da parte di Apple, ma i primi passi di Apple Music non sembrano così trionfali. A meno che si affermi un modello del tutto nuovo, in grado di coniugare praticità e costi con la esigenza di accedere a più fornitori in base alle esigenze e ai desideri del momento, che siano nella musica, nel cinema e nel video, nelle news o altro. 

domenica 5 luglio 2015

Apple Music alla prova

Dato che la Apple, esprimendo anche così tutta la sua potenza, offre il servizio in prova gratuita per tre mesi, ecco una prima prova del probabile (ma non certo) prossimo numero 1 nel settore. Premetto però subito che non darò qui risposte su due aspetti del servizio che vedo già ampiamente dibattuti: le funzionalità di ascolto "creativo" e il confronto di qualità con i concorrenti.

L'ascolto passivo
Per il primo punto, perché l'ascolto creativo è ascolto passivo: poche indicazioni (il genere, una canzone come esempio) e al resto pensa il servizio streaming, offrendo playlist condivise da altri, o create ad hoc, o radio virtuali con scalette scelte da algoritmi di computer invece che da DJ umani (e non è detto che sia peggio). Probabilmente è la maniera preferita di ascoltare la musica della maggior parte delle persone, in particolare se sono sotto i 25 anni, l'ascolto non è più per album ma per singoli brani, è confinato in un genere ma consente di scoprire cose nuove e inaspettate (ma magari invece la musica passa e va senza far caso a chi l'abbia prodotta), è vario e spesso più gradevole, come in una playlist fatta bene da noi, con il vantaggio che non abbiamo dovuto impiegare parecchio del nostro prezioso tempo per comporla. Probabilmente sarà il futuro anche questo, ma personalmente riesco ancora a leggere le recensioni, interessarmi a più generi e cercare di ritenere quello che scopro per arricchire la mia cultura. Ma ognuno fa quello che vuole e non pretendo che questo sia il giusto. Solo che non praticando l'ascolto passivo non ho elementi di raffronto. 



Prima di cominciare
Chiusa la digressione, che volendo si può anche saltare, cominciamo a prendere confidenza con la nuova applicazione che potremmo anche chiamare "ecosistema" come si usa ora.
Si scopre infatti che Apple Music è proprio un componente del sistema operativo IOS. Difatti bisogna obbligatoriamente scaricare e installare la nuova versione 8.4 che, come principale modifica, introduce proprio il supporto del nuovo servizio streaming + libreria. Questo già fa capire parecchio delle intenzioni e aspettative di Apple.
Dopo aver accettato la iscrizione con il nostro account iTunes (ricordarsi di disdire tra tre mesi se la prova non sarà convincente) la seconda cosa da fare e' passare in cloud. Non è obbligatorio ma se si passa allo streaming è logico abbandonare anche le librerie locali. In questo modo tra l'altro non sarà necessaria la rincorsa a tablet o smartphone con memoria sempre più estesa. 16 GB sono sufficienti. Questa operazione si fa dalle impostazioni IOS (il test è su un iPad 2). La libreria si trasferisce quindi in cloud, si unisce con le altre se abbiamo un contratto family, e viene rimpiazzata con quella già sul cloud se abbiamo iTunes Match (che ormai non servirà più).

La terza cosa da fare è accedere ad Apple Music dallo store e godersi i filmati promozionali, che sono veramente belli e ben fatti, in particolare quello sulla storia della musica di cui pubblico alcune immagini. 



Tutto girato apposta, non sono immagini tratte da film o documentari. Non servono a niente ma sono belli da vedere, e ci danno in più una conferma della potenza attuale di Apple. I tre fotogrammi tratti dal filmato illustrano con nostalgia tre ere nella storia della musica: l'era del 45 giri, l'era del juke-box, l'era dell'autoradio).



I nostri gusti musicali
Apple Music ci vuole conoscere più di quanto lo richiedono gli altri servizi (io faccio riferimento essenzialmente a Spotify, il più diffuso). Li venivano dedotti da quello che sceglievamo di ascoltare, qui li dichiariamo noi in base ad una specie di sondaggio realizzato con la grafica a palle rosse che probabilmente abbiamo visto nelle varie presentazioni sui media. Scelti i generi musicali, vengono proposti gli artisti più significativi in affinamenti successivi (4 o 5 passi). In questo modo si completano anche gli artisti da seguire e con cui eventualmente interagire nella sezione  @connect. Oltre a questi elementi il nostro profilo è completato con il contenuto della libreria e con le ricerche e gli ascolti. Si comincia da qui.



Come si vede i generi musicali non ci sono tutti, Ad esempio non c'è il folk, che avrei messo. Ho scelto quindi jazz e R&B per indirizzare i suggerimenti musicali. Alla fine dopo cinque passi Apple Music si dichiara soddisfatto, mi ha inquadrato, e mi fornirà suggerimenti in base a questi artisti "tipo". Non c'è Miles Davis perché non mi sembra mi sia stato mai proposto, anche i musicisti non ci sono tutti, penso che usino raffinate tecniche associative, o forse si affidano invece al caso.



Le funzioni base
Finita la visione delle belle cose che attendono chi crede in Apple Music e completata la profilazione, arriviamo alle funzioni base di un servizio in streaming a pagamento: ascoltare liberamente e in buona qualità tutta la musica che ci interessa, ovunque e da qualsiasi dispositivo. 

A differenza di Spotify o Qobuz questo è un servizio misto libreria + streaming (per continuità con iTunes, si vuole dare il messaggio che quello che si è comprato li, magari parecchia roba, non è inutile. In realtà lo è, fatta eccezione per il materiale non presente nello store che abbiamo caricato noi, ma la intenzione di salvare il pregresso è comprensibile. Quindi in ricerca e in altre operazioni vengono mostrate in alto le due opzioni: Apple Music o la libreria personale. 
L'interfaccia grafica seguendo il trend già noto dalle ultime versioni di iTunes è veramente minimal, e anche con scelte inconsuete come una certa abbondanza di scritte e grafica in colore rosso. Niente cover flow, abbandonata da tempo (non si sa perché, piaceva a tutti) direi che dopo la ricchezza grafica dei video promo è un bello stacco, quasi una caduta. Ma se hanno scelto così sarà stato a ragion veduta, probabilmente hanno pensato all'uso continuativo. Ecco come si presenta la libreria.


La ricerca e l'ascolto
La funzione di ricerca come da premesse è separata tra ricerca globale su Apple Music e ricerca locale sulla propria libreria (dove potrebbe esserci anche musica che in streaming non c'è e che abbiamo caricato noi). Una ricerca ad esempio di Pat Metheny da' questo risultato.


La grafica è minimal come si diceva e quindi per gli album la presenza di una parentesi acuta (>) indica che ce ne sono altri per questo artista e che cliccando si possono visualizzare in una seconda pagina, mentre se non c'è, gli album sono solo quelli mostrati.

Selezionando l'album può iniziare l'ascolto. Anche qui attenzione ai simboli minimalisti, Se, come me, non avete mai capito perché uno dovrebbe ascoltare in ordine casuale, se l'artista con il suo staff, dopo lunghi pensamenti, ha definito invece una ben precisa sequenza, e se, per qualche ignoto motivo (forse per automatismi, forse per dita che hanno toccato dove non dovevano, non ho capito) vi trovate invece con ascolto shuffle, dovete far caso ai due simboletti in basso a sinistra, e scegliere quello per l'ascolto seriale, con le freccette separate.



Quella che segue è la videata per ascolto con tutte le tracce, la canzone in ascolto è indicata con un minuscolo spettrogramma attivo. L'album in ascolto è ovviamente di Diana Krall che, come sanno i lettori di questo blog, non manca mai in queste recensioni.


Qui c'è da notare l'assenza di una funzione molto comoda e presente sugli altri servizi come Spotify o Qobuz: la creazione automatica di una playlist da un album. Comoda per un ascolto in tempi successivi di qualcosa che abbiamo trovato e che troviamo interessante, soprattutto se si tratta di un pianista jazz polacco da nome impronunciabile e non memorizzabile ma di cui abbiamo letto una favorevole recensione su Audio Review. Su Apple Music niente da fare, bisogna creare la playlist a parte, dargli un nome, e poi tornare e inserire i brani nella playlist. Oppure scaricare l'album per ascolto offline (e poi esaurire la memoria e dover occuparsi di liberarla).
Per quelli di Apple evidentemente le playlist devono essere proprio sequenze personalizzate di brani singoli dia autori diversi scelti da noi.

Altra funziona simile a quella di altri servizi, selezionando un album durante l'ascolto vengono proposti altri album dello stesso artista (qui Cat Power).



Le funzioni social
Vediamo qualcosa della parte più innovativa e più evidenziata come pus di Apple Music, Per prima cosa le schede sugli artisti. Ci sono anche su altri servizi (Tidal in particolare ci puntava proprio) ma come abbiamo visto c'è ancora molto poco. Anche su Apple non c'è per tutti ma per molti si. Ovviamente le stesse informazioni, anzi molto di più, si trovano sul web, ma il vantaggio annunciato è che qui è tutto integrato, immediatamente accessibile, già predisposto per la visione su dispositivi mobili e, soprattutto, è ascoltabile immediatamente e senza alcun costo e altre faticose ricerche tutta la produzione musicale dell'artista. Vediamo una schede esempio, in italiano quella di Keith Jarrett,


Ma non tutte, anzi poche, sono nella nostra lingua; come esempio ne pubblico una di Melody Gardot. In generale, per fruire delle funzioni sociali, come vedremo subito dopo con la sezione @connect, la conoscenza a discreto livello dell'inglese è indispensabile.



La sezione @connect è la più interessante come possibilità di sviluppo e consente una interazione con gli artisti che seguiamo in modalità forum ma anche, in prospettiva, chat online, o altre forme di comunicazione ancora più coinvolgenti (la tecnologia attuale non ha limiti sotto questo punto di vista). Dipenderà ovviamente anche dal grado di disponibilità degli artisti, e dal tempo che rimarrà loro dopo aver seguito le altre reti social. Questa di Apple Music però probabilmente gli interesserà di più, perché oltre ai "mi piace" potranno anche ottenere vendite o ascolti, con royaltes magari basse, ma pagate.

Ecco un esempio per Moby, che si sofferma sul fascino dei componenti analogici da studio.


Condividendo la sua fascinazione con le persone che sono interessate alla sua produzione musicale e al suo percorso artistico, e che commentano positivamente.


Il catalogo
Arriviamo quindi a quello che dovrebbe essere il punto di forza per il servizio fornito dalla compagnia numero uno al mondo, con i suoi famosi 30 milioni di brani, e cerchiamo di capire se è vero che c'è proprio tutto. Andiamo per confronto con Qobuz, vedendo se quello che sul servizio francese è disponibile solo come estratto qui c'è . Ad esempio i primi album di Pat Metheny o gli ultimi di Paolo Fresu. E ci sono.


Vediamo poi se ci sono anche quegli album di artisti veramente poco noti, segnalati da recensioni su Audio Review o da amici, come ad esempio questa cantante jazz norvegese Randi Tytingvag (non male). Forse essendo prodotti di nicchia ci sono solo su Qobuz, che è un servizio rivolto ad appassionati, e non invece su un servizio di massa come Apple Music / iTunes. Ma invece ci sono.



Passiamo poi alla classica, dove le major seguono ancora una politica che da' priorità al supporto fisico per le ultime uscite, e non le rende disponibili in download neanche dai propri siti, oppure le limita per nazione. Per la musica in formato compresso non hanno mai fatto limitazioni particolari e la scelta è confermata: le ultime uscite di Deutsche Grammophon o Sony Classical ci sono.





Quello che manca
Qualcosa che manca però c'è. Sono le etichette che decidono di non esserci, quelle che seguono la strategia di proteggere il proprio patrimonio veicolandolo solo attraverso il canale tradizionale dei supporti fisici, come la nota ECM di Manfred Eicher, distillando le uscite in digitale, o quelle come la BIS svedese (classica) che puntano sull'alta definizione, in supporto fisico o download. Il loro target è interessato soprattutto alla qualità e agli artisti sotto contratto e non al prezzo o all'ascolto con playlist. Questo comporta che per Keith Jarrett, principale nome della ECM, e per gli altri nomi celebri della etichetta tedesca, su Apple Music c'è veramente poco: la produzione per altre etichette (di molti anni fa) o pochi album concordati.

Non è però una scelta standard per tutte le etichette che puntano alla qualità. Ad esempio la nota etichetta norvegese 2L The Nordic Sound, forse la numero uno nell'alta e altissima definizione, c'è (non in HD, ovviamente). Qui come esempio un album per piano solo del pianista Jan Gunnar Hoff.


I videoclip
Un altro plus di Apple Music sono i videoclip. Erano annunciati anche in Tidal ma come avevamo visto in realtà la disponibilità era molto limitata. Se ne parla su Spotify ma amcora non ci sono, su Apple Music invece ci sono come c'erano su iTunes, sono in ottima qualità e con l'abbonamento in streaming si selezionano e si vedono senza problemi, se non la necessità, come logico, di una buona banda. Non sono però tutti i video dei vari artisti, sono una specie di selezione secondo non so quali criteri. Su YouTube ce ne sono senz'altro di più, il vantaggio è che qui sono puliti, con buon audio, senza pubblicità e integrati con tutto il resto. Non so se ce ne siano anche di esclusivi (sarebbe una verifica lunga e complicata) devo dire che ho visto un video notevole e che non avevo mai visto di Amy Winehouse che cantava dal vivo Back To Black con solo accompagnamento di una chitarra acustica davanti a un piccolo e attento pubblico (che spreco della sua vita e del suo talento ha fatto).

Come esempio nelle immagini seguenti si può vedere la disponibilità dei video dei Belle and Sebastian e, a seguire, come vengono visualizzati su iPad.





In sintesi
Non c'è dubbio che sia un servizio ben progettato e ricco di funzionalità e potenzialità. Si ha effettivamente la sensazione di avere a portata di mano, selezionando semplicemente la app "Musica" su un iPad, tutto quello che serve per esplorare questo mondo e scegliere cosa ascoltare, in modo creativo o tradizionale. Il confronto con gli altri servizi streaming e le prospettive di mercato (per loro) le lascio a un successivo post, anticipo solo che certamente la differenza la fanno in questa fase la efficacia della presenza sul mondo Android, il plus dei videoclip e la mancanza di una versione free (che c'è invece su Spotify e Deezer), oltre che le mosse e le alleanze di Google e di Sony.
Per quanto mi riguarda ritengo il plus di qualità offerto dai servizi di streaming lossless di importanza prevalente su qualsiasi altro aspetto, e i 10 € di differenza perfettamente giustificati, quindi rimarrò con Qobuz, ma chi non pone come prioritario questo elemento può trovare in Apple Music su IOS una valida alternativa ai servizi di streaming già affermati.

Qualche altra immagine
Per finir alcune altre immagini che illustrano le caratteristiche del servizio e la promozione in corso a livello mondiale. Cominciamo con tre esempi dei suggerimenti "Per te" generati dal sistema per rispondere alla domanda "cosa mi andrebbe di ascoltare oggi?".




A seguire altre tre immagini dal video promozionale che fanno intendere chiaramente quale sia il target cui intende puntare Apple e la importanza che viene data ai testimonial, da Dr. Dre che è presente nel video indirettamente con la Beats, a Trent Reznor che compare direttamente per lanciare le nuove funzioni social e @connect.





domenica 21 giugno 2015

Streaming: arrivano i big (Apple e Netflix)

Non c'è dubbio che sia lo streaming il futuro dell'entertainment, lo dicono ormai tutti, e in questo blog se ne parla da tempo, fin dal primo streaming di Sony (Music Unlimited) disponibile in Italia nel 2009. Un futuro già abbondantemente cominciato, che manderà in pensione non solo i supporti fisici (a parte il vinile che è un caso a parte) ma anche il download digitale. I big del settore sono stati sino ad ora a guardare oppure, come nel caso di Sony, hanno addirittura abbandonato il campo preferendo dedicarsi alla produzione di contenuti o di strumenti per l'ascolto.

Lo streaming è rimasto quindi fino ad ora nelle mani di pochi nuovi player, pionieri del mercato, due ormai piuttosto grandi, Spotify (Svezia) e Deezer (Francia) più due coraggiosi outsider che propongono sì lo streaming, ma non compresso, o lossless, cioè quello che cerchiamo noi, e sono Tidal (Norvegia) e Qobuz (Francia). Ci sarebbe poi anche lo streaming di Google (Play Music Unlimited) ma sinceramente non ho ancora capito se Google lo spinge veramente e non ho informazioni sul livello di abbonamenti. Non sembra che Google ci creda molto. Sembra più una risposta dovuta, per avere comunque qualche cosa di proprio anche sui sistemi Android. E sembra anche che la vera strategia di Google nello streaming sia la versione premium di YouTube. Non competere quindi con gli altri sul loro terreno, ma scegliere il proprio.

Apple Music sull'Apple Store. La foto è scura volutamente. Vuol dare l'idea
di qualcosa ancora da scoprire, che pian piano si schiarirà.

Apple e la musica
Questo scenario sta cambiando e cambierà velocemente, come previsto e atteso ormai da anni, con l'annuncio nell'ultimo WWDC15 di Apple (8 giugno), nel quale è stato annunciato Apple Music. Come afferma la Apple col nuovo capo Tim Cook: "Music has been part of the Apple DNA from the beginning." aggiungendo "We’ve had a long relationship with music at apple and music has had a very rich history of change, some of which we’ve played a part in”.
Una relazione che secondo me poteva essere più affettuosa e rispettosa della suddetta musica, se la compagnia di informatica e tecnologia numero 1 al mondo avesse avuto o volesse avere in futuro un interesse anche per la qualità di ascolto. Come pare avesse Steve Jobs, ma ormai non c'è più e se la evoluzione verso la qualità CD o addirittura verso l'HD fosse mai stata in programma veramente, non lo sapremo mai. Sicuramente ora non lo è, quindi rimaniamo sulla musica compressa in formato AAC. Come per iTunes, che però non viene citato negli annunci. Quindi si volta pagina, iTunes diventa un marchio con un connotato ormai rivolto al passato e al digital download, in inevitabile calo, destinato ad una nicchia ancora grande ma in fatale riduzione di clienti "abitudinari", in via di abbandono anche l'esperimento iTunes Radio, mai arrivato in Italia. Idem per iTunes Match, lo streaming (in abbonamento, a un decimo del costo) ma limitato solo al materiale posseduto da noi.

La possibilità di indirizzare la radio verso i nostri generi preferiti (di sempre o del momento)
tramite i favoriti. Nulla di nuovo a quanto previsto da Spotify o soci ma estetica Apple

L'abbonamento Apple Music
Il nuovo servizio si caratterizza per essere incentrato sullo streaming in abbonamento e si presenta così; "Apple Music is a revolutionary music service, a 24/7 global radio, and a new way to connect with artists". Quindi un servizio in abbonamento (per niente rivoluzionario, come gli altri con qualche variante non necessariamente positiva) più servizi gratuiti di radio on demand e guidata dai gusti e dalle lingue (ma anche tradizionale in voce) e una finestra aperta sugli artisti (connect), cioè una piattaforma di interazione (e social) che vuole mettere insieme quello che è frammentato tra migliaia di "siti ufficiali dell'artista". Detesto fortemente quelli che citano sé stessi come grandi anticipatori che hanno previsto queste evoluzioni da tempo, ma non posso non notare che questo obiettivo assomiglia molto al portale "XYZ music" di cui parlavo (come necessità) oltre 10 anni fa.
Apple Music però non si ferma qui, ma si pone anche un altro obiettivo che deve suonare piuttosto preoccupante ai player attuali (e in parte anche a noi): "Right now, the music experience is fragmented. Fans need to use a lot of different services to listen to and connect with their favorite artists."

Qualcosa che gli altri non hanno: una sempre più precisa interfaccia vocale.
Sarà utile, ad esempio, per l'ascolto in auto.
Le preoccupazioni dei concorrenti (e in parte anche nostre)
Faccio riferimento qui sia ad una intervista ad uno dei fondatori di Qobuz (Yves Riesel) al sito francese Challenges.fr, sia ad un articolo sul sito Audiostream. I problemi che pone Riesel ruotano essenzialmente intorno alla sostenibilità finanziaria di un servizio in streaming. Chi lo propone infatti si trova in mezzo tra due rigidità, tra l'incudine e il martello, come si dice. Da un lato i ricavi, direttamente proporzionali al prezzo dell'abbonamento e dal numero di abbonati, e dall'altro i costi, dove la voce principale è rappresentata dalla percentuale da girare ai detentori dei diritti, ovvero alla case discografiche. I costi di gestione (server, storage, rete ecc.) sono invece come noto in continua decrescita. Il prezzo dell'abbonamento è in pratica fissato dal mercato e dalle sue abitudini, sopra ai 10 € / mese per uno streaming lossy non si può andare, e i 20 € / mese per lo streaming lossless sembrano già troppi. Qui gioca l'abitudine ormai acquisita della massa degli ascoltatori all'ascolto gratis, non tanto e non più grazie alla pirateria (che comunque resiste) ma grazie a YouTube. Il "premium" sarebbe costituito dalla qualità ma, con mezzo mondo (inclusi ahimè molti "audiofili") che sostiene, sbagliando, che la differenza non si sente (con gli auricolari o con l'audio di uno smartphone in effetti è vero) non è facile per i pochi valorosi francesi e scandinavi sostenere il contrario e vendere questa differenza.

La disponibilità come sempre è per più device. Ma questa volta c'è una novità.
Non era presentata con foto all'evento e neanche sullo store, ma ora Apple Music
è disponibile anche su Android.


Abbonamenti free, scarso mercato pubblicitario, diritti costosi
Yves Riesel punta il dito in particolare sugli abbonamenti free, teoricamente sostenuti dalla pubblicità. Sostenendo (a ragione, secondo me) che sono in realtà dumping. E' dumping quello di Deezer, servizio aggiunto per i suoi clienti e sostenuto finanziariamente dal potente gestore di telefonia mobile Orange. Dumping camuffato anche quello di Spotify, sostenuto dai suoi finanziatori (pare che il break even point non sia ancora arrivato e ricavi veri e propri non ci siano ancora) che puntano semplicemente ad essere presenti, anzi i primi, nel mercato musicale del futuro. Al momento giusto (stile Whatsapp) potranno magari rientrare dagli investimenti e magari guadagnandoci anche molto, semplicemente vendendo tutto. D'altra parte lo stesso YouTube, pur se non in perdita, non è notoriamente una delle voci di ricavo principali per Google. Non c'è quindi un grande spazio per ricavi solo da pubblicità legati alla musica (e senza video).
Sull'altro lato c'è il martello delle case discografiche, che concedono volentieri i diritti di quello che si vende poco, ma se hanno per le mani qualcosa che il pubblico vuole anche in alta qualità (alta è anche il lossy pulito) cerca di guadagnarci di più, mediante l'esclusiva. Facendo leva quindi sulla competizione, mettendo all'asta i contenuti più pregiati.

Un portale, anzi un "ecosistema" come si dice ora, a 360 gradi, vuol dire anche
avere partner noti e prestigiosi, per le playlist, o per le radio (sotto)

Apple, l'esclusiva e il player unico
E qui si arriva all'ingresso a lungo atteso e temuto di Apple. Con un fatturato che è ormai a livello di una nazione neanche tanto piccola, nel mercato della musica, con le dimensioni che ha raggiunto dopo 15 anni di decrescita (vedi gli ultimi dati nell'aggiornamento annuale di Musica & Memoria) può fare quel che vuole. E quel che vuole lo afferma con una certa trasparenza: essere l'unico, come è stato in sostanza per anni iTunes nel download. Il sistema più semplice è ovviamente l'esclusiva, sia a livello di nazioni, sia soprattutto di artisti, ottenendo quella degli artisti più seguiti, quelli per cui i fan sono disposti a pagare. Negli USA, primo mercato mondiale, sono i rapper e i divi dell'hip-hop. e infatti da lì e ormai da tempo è iniziata la operazione Apple. Va bene per le case discografiche che vedranno aumentare gli abbonati e quindi indirettamente gli introiti, va bene anche per gli abbonati che con un unico abbonamento avranno tutto. Va molto bene per Spotify che non so come potrà resistere.

la principale novità è la sezione connect. Tutto quanto mette in contatto l'ascoltatore
e l'appassionato con i musicisti che segue.

Va bene anche per noi?
Forse sì, nel senso che non ci tocca. Apple Music continuerà a fornire solo musica compressa, e quindi non farà concorrenza ai servizi lossless che ci interessano. Anzi, forse Spotify e Deezer (che già lo offre in alcuni mercati come Deezer+) potrebbero migrare anche loro sul settore lossless, non potendo competere con Apple.
Forse no, se veramente Apple spingerà molto sulle esclusive, aumentando ancora di più il numero degli artisti o degli album non disponibili sui servizi streaming minori e di qualità. Va bene che si tratterà soprattutto di musica commerciale e "di passaggio" oltre al rap e hip-hop citato prima, ma ogni tanto magari ci interesserà qualcosa di valido ma comunque casualmente anche di successo commerciale, come Adele o i Mumford & Sons prima maniera, e non vorremmo dover fare un secondo abbonamento apposta per questo oltre a quello lossless (ma c'e sempre iTunes). Ammesso che i player in questo settore attualmente di nicchia resistano. Il che però è probabile, magari non Qobuz che ha avuto già i suoi problemi, ma Tidal sembra più solido. E, soprattutto, il mercato, pur se di nicchia c'è, e soprattutto è in crescita grazie al progressivo ritrovato interesse per la musica liquida ascoltata bene (o meglio) testimoniato dal rinato mercato delle cuffie di qualità (e dei DAC portatili).

Bello. Ma noi continuiamo a preferire lo streaming di qualità di Qobiz (o anche di Tidal)
Ho citato anche Netflix
Che è un servizio streaming in un settore molto diverso e con competitori molto diversi (i media TV in abbonamento come Sky), perché è una testimonianza della veloce affermazione dello streaming e della dematerializzazione. Aveva cominciato anni fa come servizio di noleggio per corrispondenza di DVD (le poste USA funzionano un po' meglio delle nostre) ed ora ha solo in USA 40 milioni di utenti per il vieo on demand in streaming, anche e soprattutto HD, nonché produttore di contenuti. Tenendo conto che una utenza = una famiglia si ha una idea di dove siamo già e dove andremo inevitabilmente.