venerdì 28 giugno 2013

Un impianto per la musica liquida in pratica - III - Spotify in hi-fi

Uno dei vantaggi della soluzione basata su un PC come server per le funzioni di media player, illustrata nei post precedenti (1-2), è la possibilità di collegare all'impianto hi-fi anche altri servizi normalmente disponibili in questo ambiente. Il più interessante al momento è sicuramente il servizio di streaming in abbonamento Spotify, già trattato sul blog in due post (1-2).

E' un plus interessante rispetto alle soluzioni basate su un network audio player specializzato. Alcuni modelli (esempio i music system della Linn come il Majik DS) possono collegarsi con un iPhone o un iPad dove gira Spotify e trasmettere l'audio all'impianto. Con un PC, come il Mac Mini usato in questo esempio pratico d'uso, l'architettura è invece invertita: il software Spotify si attiva sul Mac Mini e si collega via cavo anziché via wi-fi ad Internet, e l'iPhone si usa solo come telecomando per selezionare album, brani o playlist da ascoltare. Vediamo in breve come funziona.

Spotify sul Mac Mini
Premessa indispensabile è ovviamente installare l'applicazione sul Mac e poi attivarla con le credenziali che avremo richiesto e ricevuto. La sottoscrizione potrebbe anche essere quella gratuita in questo caso (a differenza che con i music server Linn menzionati prima) anche se per questo uso, in cui si punta all'ascolto con un impianto hi-fi la qualità è importante, e la massima qualità (320Kbps con formato Ogg Vorbis, ricordiamo) è disponibile solo nella versione premium. Che potrebbe anche essere quella ridotta (4,99 € / mese) per solo accesso da PC, ma alla comodità di un ascolto libero dal nostro smartphone o tablet difficilmente rinunceremo. L'unica altra operazione che dovremo fare è attivare l'avvio automatico di Spotify all'accensione del PC, come abbiamo fatto per iTunes. A questo punto il servizio è utilizzabile pienamente.

La gestione da remoto
Come abbiamo già visto però non vogliamo utilizzare il PC come un vero PC, con la tastiera e lo schermo (che poi sarebbe il TV) se non per l'accensione e per le operazioni di manutenzione, deve sparire completamente e lasciarci solo con la nostra musica, e quindi ci serve una app per comandare Spotify da remoto, un "telecomando". Il produttore di Spotify, cioè la corporation svedese Spotify AB, non ha realizzato una propria app per comando da remoto, la più diffusa e (quasi) gratuita, disponibile solo per iPhone e Mac, si chiama Spot Remote della Appreviation AB e funziona abbastanza bene. E' composta da due parti, una da installare sull'iPhone (gratis) e una sul Mac (a pagamento, 0,89€). Quella su Mac deve anch'essa rimanere sempre attiva e fa da "ponte" tra i comandi provenienti dallo smartphone e il flusso musicale verso l'impianto.

L'installazione su iPad o iPhone
Dopo aver installato l'app sul Mac si passa all'app sullo smartphone e/o sul tablet. Che ovviamente deve essere collegato via wi-fi alla stessa rete dove è connesso il Mac Mini. Come prima cosa viene mostrato un tutorial in tre passi su cosa fare. Il primo pannello propone il server da collegare (avevo lasciato il nome standard) e selezionandolo, ce ne sarà ovviamente solo uno, si passa al secondo pannello nel quale dovremo inserire le nostre credenziali per il servizio Spotify. Le videate seguenti sono relative alla app per iPad.




Dopo queste operazioni iniziali Spot Remote è pronto all'uso. Il pannello di impostazioni dell'app si presenta così (ora passiamo a un iPhone, la grafica è quasi uguale) dopo l'operazione di connessione. Come si vede nella parte bassa, sono disponibili, oltre alle impostazioni, la funzione di ricerca, di esecuzione delle playlist (create con l'applicazione Spotify completa) e la "toplist" con le novità proposte dal servizio.



Vediamo subito la funzione di ricerca. Cerchiamo l'ultimo album dei Mumford & Sons, grande e inaspettato successo nel 2012 (è raro, ma a volte il talento paga).


Selezionato album e brano desiderati non resta che mandare in esecuzione quest'ultimo e dal PC via DAC il file audio arriverà all'impianto che riprodurrà (molto bene, la compressione Ogg Vorbis a 320kbps è molto efficace, almeno per questo genere musicale) quello che volevamo ascoltare.


Altro test con l'ultimo album tutto acustico, Invisible Empire, della cantautrice scozzese KT Tunstall, dobbiamo provare gli altri comandi associati alla funzione di player.



Il comando di volume e gli altri comandi non sono visibili nel pannello standard, bisogna attivarli toccando l'immagine e appaiono (a proposito: nessun problema con cover e immagini qui, a differenza che con iTunes e altri player che lavorano sulla nostra libreria, qui appaiono sempre automaticamente).


Come si vede sono disponibili le funzioni che consentono di aggiungere il brano a una nostra playlist, di inserirlo tra i preferiti, di condividere con altri l'ascolto, di avviare un ascolto passivo tipo radio partendo da questo stile di canzone, oltre alle classiche funzioni di avanti e indietro, ripetizione e shuffle (che eviterei). Più il volume.
Che però all'inizio sembrava non funzionare bene, con solo due posizioni, tutto o niente. Dopo un po' capisco il motivo, nel settaggio mostrato prima il flag "Control system volume" deve essere disattivato. Con il flag on sono abilitati i tasti di controllo volume dell'iPhone. E' appunto una scelta lasciata all'utente, non comune agli altri "telecomandi" (come Remote della Apple) che forniscono la funzione nel modo più diretto e intuitivo.
Selezionando l'opzione giusta tutto funziona correttamente e si può regolare o azzerare il volume dal terminale mobile.

L'ascolto procede piacevolmente e avendo tutta la musica del mondo a disposizione o quasi, non c'è che l'imbarazzo della scelta. Per un momento di relax in compagnia ad esempio cosa c'è di meglio dei Nouvelle Vague?


Su iPad
Sul tablet della Apple tutto funziona nello stesso modo e anche la grafica è sostanzialmente simile alla versione per iPhone, non sfrutta quindi lo schermo più grande per fornire funzionalità più estese.
Completiamo con alcune videate nel corso dell'uso su iPad. Aggiungo che le scelte musicali, incluse quelle precedenti, non sono esempi fine a sé stessi, ma altrettanti suggerimenti per percorsi musicali fuori dalle strade più conosciute.



 
 
Gli altri articoli che descrivono questa configurazione completa per la musica liquida:

Prima parte: Lo storage server e la rete
Seconda parte: Il media player
Terza parte: L'ascolto in streaming con Spotify
Quarta parte: Il player Hi-Fi Fidelia in prova
Quinta parte: L'esperienza di utilizzo in pratica


mercoledì 12 giugno 2013

Google Play Music in Italia

Da maggio 2013 il servizio Google Play Music è finalmente disponibile anche in Italia. Si aggiunge a Music Unlimited  apripista a febbraio 2011 nel paese considerato dai discografici tra i più a rischio pirateria in Europa, e ai successivi iTunes Match (maggio 2012) e Spotify (febbraio 2013), tutti trattati qui sul blog. A questo punto mancano all'appello solo Google Play Music All Access, risposta a Spotify, e Rhapsody, che però difficilmente arriverà. Oltre a Netflix, che però tratta solo video e film.

La nuova frontiera: i servizi in streaming

Prima di presentare con una prova pratica le funzionalità di questo nuovo servizio, che ha l'interessante caratteristica di essere per ora gratuito, senza scadenza di tempo, facciamo chiarezza su cosa offrono e in cosa si differenziano i 4 servizi streaming disponibili attualmente in Italia:
  • Music Unlimited (Sony): streaming in abbonamento (9,90 €/mese), consente agli abbonati l'ascolto con PC o terminali mobili (smartphone o tablet) di tutto il vasto catalogo reso disponibile da Sony senza limitazioni di tempo e quantità; qualità audio (da gennaio 2013): formato compresso AAC 320 Kbps;
  • Spotify: streaming in abbonamento (9,90 €/mese), consente agli abbonati l'ascolto con PC o terminali mobili  senza limitazioni di tutto il vastissimo catalogo disponibile (20 milioni di brani dichiarati a inizio 2013); qualità audio: formato compresso Ogg Vorbis 320 Kbps; rispetto a Sony Unlimited offre molti servizi social e di tipo radio tematica; disponibile anche in versione gratuita con limitazioni (solo PC, no alta qualità, pubblicità video);
  • iTunes Match (Apple): streaming da cloud in abbonamento (24,90 €/anno), consente agli abbonati di caricare su cloud la musica di cui sono proprietari e di ascoltarla senza limitazioni di tempo e quantità da PC o terminali mobili Apple;
  • Google Play Music (Google): streaming da cloud in abbonamento gratuito, consente agli abbonati di caricare su cloud la musica di cui sono proprietari e di ascoltarla senza limitazioni di tempo e quantità da PC o terminali mobili Android (o Apple, vedi nel seguito); qualità audio: formato compresso MP3 320Kbps.
Il posizionamento di Google Play Music
Il riferimento, come si vede nello schema precedente, è iTunes Match. È possibile ascoltare, ovunque ci sia una connessione di rete, il materiale musicale che abbiamo caricato nello spazio su web messo a disposizione da Google sui suoi server. Una soluzione che ora viene chiamata cloud. In altre parole è una estensione ai contenuti musicali di quanto Google mette a disposizione da tempo, in forma gratuita o con costi molto bassi, per gli altri tipi di documenti digitali con l'account Gmail. Il sistema di autenticazione all'accesso della propria area sul cloud è quindi sempre l'account Gmail.

Da aggiungere che la sottoscrizione al servizio e l'utilizzo dello spazio web sono gratuiti, ma Google Play Music è anche un servizio di download a pagamento, come iTunes, e per avviare il tutto serve come sempre una carta di credito.

Google Play Music non consente quindi di ascoltare tutta la musica del mondo o quasi come con Spotify, ma solo la nostra. Quella che in teoria abbiamo acquistato. Scrivo in teoria perché questa è la premessa legale che entrambi i servizi di Google e di Apple dichiarano, ma poi nella pratica non risulta che vengano fatti controlli, e d'altra parte alle case discografiche questa progressiva regolarizzazione del download va più che bene. Una specie di sanatoria implicita, che rende interessanti questi servizi perché qualunque utente medio di Internet in questi anni ha accumulato parecchio materiale e lo spazio su cloud può essere riempito di musica a sufficienza.

Google Play Music alla prova
Si fa tutto con il browser, non è necessario caricare nessun software aggiuntivo tranne il componente Music Manager per l'upload del materiale audio. Che però Google ha realizzato in modo estremamente light, un semplice eseguibile che può essere installato su Windows senza privilegi di amministratore. Google Play Music quindi può essere utilizzato anche da PC condivisi o PC aziendali.

Nelle videate successive vediamo passo passo la sottoscrizione al servizio, la installazione e la creazione della libreria musicale, in ambiente Windows 7. Usiamo ovviamente il browser Chrome che dovrebbe essere il più indicato per un servizio della stessa Google.

La prima operazione da fare è aggiungere al nostro account Gmail un "portafoglio" per essere pronti ad eventuali acquisti. Ovviamente è richiesta una carta di credito, anche se non verrà caricato nulla per l'attivazione.


Poi bisogna caricare la musica, e per questa operazione serve un componente sul nostro PC, il Music Manager:


 L'installazione è possibile anche da account non privilegiato.



Dopodiché si può iniziare a caricare la musica. Ovviamente anche Play Music punta subito alla cartella iTunes, se la trova.



L'operazione può essere lunga se la raccolta è ampia (come sempre sarà) e le operazioni possono procedere in backround.



Non tutti i formati di file sono supportati. Per fare un test ho copiato successivamente in una cartella diversi formati di diversa provenienza. Il Music Manager si mostra perplesso: così pochi file? 


Ma procedendo ecco il risultato del caricamento. Supportati: compressi MP3 e AAC; lossless (oltre a Wav) FLAC anche in HD (che però non rimane tale, tutto viene convertito al momento del caricamento in MP3 320Kbps o punta a contenuti già esistenti in questo formato). Non supportati lossless: ALAC (dichiarato, vedi "status"), Wavpack e APE (del tutto ignorati). Riguardo alla presenza del DRM sul file, se provengono dalla libreria di iTunes vengono caricati tranquillamente. Se invece provengono da una estrazione da una libreria (usando ad esempio il comando "masterizza playlist" come ho fatto per il brano di Chava Alberstein che è stato bloccato, ma che avevo acquistato regolarmente su iTunes). Si riconoscono facilmente perché hanno estensione .m4p, che sta per "AAC protetto". Lo stesso può accadere, ovviamente, per materiale reperito in rete. 



Finito il caricamento si torna sul browser che presenta la libreria (o raccolta) musicale così:


L'applicazione ricerca automaticamente le immagini a corredo di ogni artista e di ogni brano caricato, come iTunes, con maggiore libertà (non solo copertine) ma con qualche approssimazione, come si vede. E' possibile comunque associare le immagini ad ogni brano, come vedremo dopo, ma non sembra che in questo modo siano aggiornate anche le immagini nella ricerca per artisti.

Finito il caricamento, con la raccolta a disposizione, si può decidere se continuare a impazzirsi per trovare le immagini e avere una libreria perfettamente ordinata oppure cominciare direttamente ad ascoltare la musica. Se scegliamo questa seconda ragionevole opzione il player è sempre dentro al browser Chrome, e scegliendo il brano parte la musica, sugli speaker del notebook o (meglio) in cuffia, magari con uno dei validi mini DAC per cuffia che si stanno diffondendo (tipo Audioquest Dragonfly o Hiface DAC). Poi si può giocare con le playlist, condividere con gli amici di FB, Google+ o altri social tutto quello che ascoltiamo (e restare probabilmente senza amici, se esageriamo) e così via come per Spotify.



L'ascolto mobile
Naturalmente anche per Google Play Music è possibile l'ascolto in mobilità con smartphone o tablet. Si tratta anzi dell'uso più probabile. Si scopre però che sono due mondi distinti. Su Windows si può scegliere l'uno o l'altro, ma su unità mobili la scelta dei due concorrenti (e numeri 1 mondiali) è per ora quella di rivolgersi ognuno alla sua base installata.
Quindi Google ha realizzato app Google Play Music solo per smartphone e tablet con sistema operativo Android, così come ha fatto Apple per iTunes Match, dove le app ufficiali sono solo per iPhone e iPad. 

Esistono anche app realizzate da altri produttori. Ad esempio App4 G.Music per iPhone e iPad. Ma non le ho provate. Il fatto è che abbiamo già dubbi su cosa faccia Google dei nostri dati e della profilazione di tutto quello che facciamo. Ma almeno sappiamo chi sono. Consegnare invece ad una compagnia sconosciuta la password del nostro account Gmail, nel quale peraltro ora è presente anche un wallet associato con una nostra carta di credito, è una azione che non saprei consigliare e che comunque ho evitato.
Perché questo viene richiesto da App4 G.Music e per sovrappiù un concorrente afferma di essere l'unico a realizzare correttamente l'autenticazione su Gmail. 

Su Android le app sono invece di produzione Google ma richiedono preliminarmente di collegare all'account tutto il sistema, più o meno come fa Apple per l'account iTunes. Personalmente uso tablet e smartphone di Apple, in casa ci sono anche smartphone Android di mia moglie e mia figlia, ma la prova avrebbe comportato lo "scompaginamento" del loro ambiente e quindi ho soprasseduto. Non dubito che tutto funzioni correttamente con le solite funzionalità simili per tutti i player. 

L'ascolto su iPad (e iPad Mini)
Sul tablet di Apple però il problema è relativo, anzi non c'è. Google Play Music si può infatti utilizzare semplicemente dal browser Safari (o anche Chrome). La dimensione dello schermo consente di utilizzare senza problemi il player da browser, senza bisogno di app specifiche e utilizzando la nostra password solo sul browser. Come si vede nelle videate di esempio successive (nella terza una playlist proposta automaticamente da Google Play Music).





Confronto finale
Da quello che abbiamo visto Google Play Music ha qualche vantaggio rispetto al diretto concorrente iTunes Match:
  • costo: gratuito (contro 24,9 €/anno per iTunes Match)
  • gestione semplificata da browser (funziona su qualsiasi PC)
  • funzioni social più evolute
I vantaggi di iTunes Match:
  • fa parte di un sistema completo e pienamente integrato con gli altri prodotti di Apple che gestiscono contenuti multimediali
  • libreria virtualmente illimitata se i contenuti caricati sono già presenti su iTunes (per Google Play Music c'è invece un limite a "soli" 20.000 brani)
Sugli altri aspetti (qualità audio, costo della musica da acquistare) c'è una sostanziale equivalenza. Da aggiungere che il costo non è un fattore così decisivo, il costo di iTunes Match è quasi trascurabile (meno di un pacchetto da 10 di Camel al mese) e inoltre è richiesta comunque una carta di credito.

In sintesi
E' una soluzione sicuramente interessante:
  • per chi ha scelto smartphone e/o tablet Android e cercava funzionalità analoghe a quelle offerte da iTunes Match
  • per chi parte ora e non ha già una libreria musicale iTunes (o alternative) su PC

Invece, chi ha già iTunes e/o utilizza terminali mobili Apple non ha alcuna convenienza a passare a Google Play Music, a parte il minimo risparmio di cui si è detto.

Il confronto con i servizi in streaming
E' interessante dopo questo riepilogo anche confrontare i vantaggi e svantaggi di queste soluzioni "da cloud" con quelle in streaming:
  • streaming da cloud: costo molto basso o nullo, libreria musicale limitata a ciò che è di nostra proprietà, necessità di caricarla, soluzioni chiuse per i terminali mobili (o Apple o Android);
  • streaming in abbonamento: costo più elevato (ca. 120 €/anno) ma libreria illimitata e accesso da qualsiasi terminale mobile Apple o Android. 
Restiamo a questo punto in attesa di Google Play Music All Access, il servizio in streaming di Google.



sabato 1 giugno 2013

Un impianto per la musica liquida in pratica - Il Media Player


Siamo al secondo post dedicato alla descrizione di un impianto reale (ed economicamente accessibile) per la musica liquida. Lo schema è riportato nel precedente post e non lo ripeto qui.
Nel post precedente era descritto il primo dei tre componenti, lo storage server, assieme alla rete domestica che deve connettere il tutto.
Ora vediamo il componente centrale: il media player ( DMP o Digital Media Player, continuando ad usare la terminologia DLNA). Il componente che consente di selezionare, prendere in carico e convertire da digitale ad analogico i file audio, fornendo anche i comandi necessari all'ascolto, in primo luogo il controllo di volume.
Nella realtà non è un componente solo, ma ne sono necessari più d'uno, sia hardware sia software, e le scelte possibili sono diverse. Partiamo quindi da queste scelte, che sono state:
  1. una applicazione per la gestione della libreria musicale (iTunes)
  2. una applicazione per la esecuzione e il controllo dei file musicali (ancora iTunes)
  3. un componente esterno (appliance) per la conversione da digitale ad analogico, ovvero un DAC USB (HRT Music Streamer II)
  4. un PC che ospita e connette applicazioni e appliance (Mac Mini)
Le alternative per la libreria musicale e il music player
Per i primi due elementi sono disponibili più alternative funzionali, nel senso che le funzioni possono essere realizzate anche con applicazioni aventi caratteristiche diverse da quelle scelte.
In primo luogo, la gestione della libreria musicale (1), quindi la organizzazione della nostra musica per autore, album, genere o simili (già in parte trattata nel precedente post) può essere realizzata, utilizzando un PC anziché un componente specializzato (un network player ad esempio) anche con il gestore file presente nel sistema operativo, Finder nel caso del sistema operativo Mac OS X, insieme ad un music player che svolge solo queste funzioni, come ad esempio Audinirvana (gratuito per questa funnzionalità di base).
Si perdono molte funzionalità apprezzate di iTunes come la creazione anche automatica di playlist e simili, o la ricerca delle copertine degli album, ma le funzioni di base di ascolto sono ottenibili anche in questo modo, e peraltro iTunes impone anche alcune rigidità.

Questa soluzione "minimal" può anche essere perseguita, quindi. Ma la comodità e velocità di operazioni si traduce però alla fine in tutto tempo in più da dedicare allo scopo finale dei nostri sforzi: l'ascolto della musica. In coerenza con questa riflessione la mia decisione e il mio consiglio, anche perché è un componente gratuito, è di usare iTunes.
Per la esecuzione (punto 2) iTunes non è la soluzione ideale, perché non garantisce una esecuzione cosoddetta "bit perfect" (ma niente è perfetto a questo mondo comunque). Gli esperti del settore, incluso Oliver Masciarotte a cui faccio riferimento per questo impianto, consigliano applicazioni dedicate, con caratteristiche hi-fi, potremmo dire. Un tema a cui dedicherò un prossimo post, l'applicazione scelta, come anticipato, è l'economica e apprezzata Fidelia.

Per iniziare però anche iTunes va benissimo, basta configurarlo nel modo più "rispettoso" possibile dei preziosi (almeno per noi) file audio e veramente le differenze non saranno eclatanti. Così ci sarà una cosa in meno da fare per l'avvio, dato che ce ne sono già tante da fare.

La configurazione della libreria di iTunes
Il media player della Apple può collocare la sua libreria su un disco interno del PC o su un disco esterno, ma i suoi file di lavoro (data base) devono essere o sull'uno o sull'altro. E' necessaria quindi una scelta preliminare, se si vuole usare (come è quasi obbligatorio per la musica liquida) uno storage esterno, le alternative sono:
  1. libreria (cartella iTunes Media) sul disco interno e link (Aggiungi libreria) alla cartella Music dello storage server (LACIE CloudBox nel nostro caso)
  2. libreria sullo storage server, incluso DB di iTunes (cartella iTunes media e altri file), con gestione automatizzata della organizzazione della libreria
(1) Libreria esterna
La organizzazione delle cartelle nello storage server rimarrà intatta e non modificata da iTunes, però sarà necessario lanciare il comando File > Aggiungi libreria ad ogni avvio del computer, se nel frattempo abbiamo aggiunto musica, e la operazione, pur abbastanza veloce, richiede qualche minuto per una libreria consistente (4-5' per 180 album, nelle prove fatte). Importante: se si sceglie questa opzione bisogna deselezionare la opzione "Copia file nella cartella iTunes Media quando vengono aggiunti alla libreria" nel pannello di controllo a cui si accede da File > Preferenze > Avanzate, altrimenti iTunes cercherà di copiare tutto il contenuto dello storage server sul disco del Mac Mini.

(2) Tutta la cartella iTunes Media sullo storage server
Vedremo in questo caso comparire sullo storage server i file di iTunes, da non toccare o spostare, ovviamente, ma tutta la libreria sarà sempre in linea all'avvio dello stesso iTunes, e aggiornata ogni volta, al netto delle solite illustrazioni album che dovremo sempre far cercare e aggiungere (qualsiasi sia la scelta), con il comando File > Libreria > Ottieni illustrazioni album (e poi completare per quelle non reperite, come descritto nel precedente post). Importante: la nuova posizione della cartella iTunes Media deve essere il folder Music creato dallo storage server DLNA, non il folder principale Family.

Se si chiederà a iTunes anche di organizzare in modo ordinato la libreria, lui creerà automaticamente un albero di directory Artista > Album > Brani ed effettuerà spostamenti di file tra le cartelle. Che però potranno modificare o sovrapporsi alla organizzazione che abbiamo pensato noi. Se avremo però seguito l'accorgimento di indirizzare il solo folder Music, gli altri contenuti multimediali diretti ad altri "lettori" (es. smart TV per video e foto) non dovrebbero essere toccati. Si potrebbe anche scegliere di non far organizzare automaticamente la libreria ad ogni aggiunta di contenuti musicali, ma chiaramente si perde in questo modo una funzionalità molto comoda di iTunes.

Librerie precedenti o partenza da zero
Se abbiamo già utilizzato iTunes sul Mac e abbiamo quindi dei contenuti multimediali precedenti, scegliendo la seconda opzione dovranno essere spostati nella nuova posizione della libreria iTunes. Per effettuare questa operazione senza perdere nulla è necessario seguire una serie di passi ben precisi. Sono documentati sul supporto Apple e non è necessario ripeterli qui. Si trovano cercando "iTunes for Mac: Moving your iTunes Media folder" sul sito support.apple.com.
Da aggiungere che la operazione di spostamento può essere anche più complessa in base alle configurazioni precedenti di iTunes e potrebbe anche esserci la necessità di ripartire da zero, disinstallando e installando di nuovo iTunes. Anche per questa operazione sul supporto Apple si trova una guida passo a passo.

La scelta
Le prove fatte con le due alternative hanno evidenziato che la prima è la più semplice e consente di raggiungere il risultato in meno tempo, al prezzo però di dover effettuare di frequente qualche operazione in più sul PC in avvio, ed è preferibile se si prevede di utilizzare lo storage server anche per altri scopi.
La seconda è più coerente con il ruolo di componente dell'impianto senza altri usi che vogliamo dare al Mac. Richiede più lavoro iniziale soprattutto se esiste una libreria precedente ed è la soluzione preferibile e anzi obbligata se si parte da zero.

Nel mio caso avevo una libreria precedente ed ho utilizzato la soluzione (1) rimandando la eventuale reinstallazione alle altre operazioni di ottimizzazione del Mac (vedi nel seguito) che ho deciso di effettuare in un secondo momento.

Un consiglio per queste operazioni sulla libreria: è possibile che a seguito di alcune operazioni non "lineari" si creino duplicati o che una volta scelta una strada si preferisca invece una soluzione diversa. Conviene iniziare per gradi con una sperimentazione su un numero significativo ma non grande di album (qualche decina) per poter eventualmente ricominciare da capo senza perdere troppo tempo.

La configurazione del player di iTunes
Poiché useremo anche file ad alta definizione il player deve essere configurato per gestire anche audio in questo formato senza ridurlo allo standard 16/44.1, come fa invece di default. Questo settaggio era stato già spiegato nel post su iTunes per l'alta definizione ma lo ripeto brevemente qui. Bisogna accedere al componente Midi e selezionare, come si vede in figura, la risoluzione 24bit e il campionamento a 96KHz, massimo ammesso dal player su Mac (che poi sarebbe QuickTime). In questo modo in realtà l'audio in uscita viene sempre sovracampionato a 24/96, a quanto si capisce dalla (scarsa) documentazione che Apple rende disponibile. La qualità non aumenta assolutamente perché è come se si aggiungessero zeri dopo la virgola, ma non dovrebbe neanche diminuire.
Se il componente di gestione Midi non lo riuscite a individuare, si trova selezionando Launchpad (il simbolo del missile) e poi la icona delle utility.



Il DAC esterno
Il Mac Mini come tutti i PC include un DAC interno per pilotare la uscita cuffia, al quale potrebbe essere collegato anche l'impianto hi-fi. Non è neanche il peggiore nel suo genere, ma per prestazioni di livello hi-fi è proprio necessario un DAC esterno. Quello che ho scelto è di una casa americana specializzata e ben nota per i suoi DAC USB compatti, High Resolution Technologies o HRT. E' il modello più semplice, evoluzione di un precedente modello di buon successo e ottime recensioni, e attualmente ha un rapporto qualità / prezzo molto elevato, da provare assolutamente. Con la uscita di una versione "reference" dotata di uno stadio analogico più sofisticato (Music Streamer+) il modello II sta intorno ai 120 € (un terzo di quanto costava l'quivalente un paio di anni fa), quindi poco più dei DAC "no brand" cinesi o made in Hong Kong reperibili su eBay. Questo invece si trova nei negozi di eCommerce italiani, nel mio caso l'ho acquistato per 133 € inclusa spedizione ed è arrivato in due giorni (da ePlaza, perché non citare un buon servizio ricevuto?).
A differenza del Musiland Monitor 01 US che usavo sinora non ha necessità di un proprio driver e funziona indifferentemente su Windows o Mac (il Musiland solo su Windows). Non bisogna quindi fare nulla di più che collegarlo con un cavo USB correttamente realizzato e possibilmente più corto possibile e sul Mac si presenterà come una device audio in più. Basta selezionarla e l'installazione è completata.


Un componente molto interessante a prescindere e confermo le ottime impressioni di ascolto riportate in rete, mi riprometto una prova a confronto più approfondita in seguito. Da aggiungere solo che ha soltanto le uscite RCA, non ha un'uscita cuffia e quindi può essere usato solo per connettersi con un amplificatore (o per una cuffia elettrostatica).

Il Mac Mini
L'elemento centrale attorno a cui ruota questa scelta di configurazione e serve qualche elemento informativo in più. Prima di tutto: è un PC dedicato. Non il PC che usiamo per altri scopi e con il quale all'occorrenza ascoltiamo (in qualche modo) anche la musica dalla nostra scrivania nello studio. Configurato e attrezzato allo scopo, fa le stesse funzioni (anche di più) di un network audio player specializzato sparendo alla vista dopo l'accensione, quando iniziamo ad ascoltare la musica.
Per questo uso il Mac Mini ha già di base due caratteristiche essenziali: è molto piccolo e molto silenzioso. Due caratteristiche che non troviamo facilmente su sistemi Windows. In più, è anche relativamente economico, e sicuramente economico se confrontato con un network audio player. I modelli più quotati seppur di fascia bassa (Marantz, Cambridge Audio, Yamaha), anche aggiungendo al Mac Mini il DAC esterno costano di più.

Un PC che non sia un notebook per funzionare ha bisogno di tre periferiche essenziali, la prima è il monitor. Se deve sparire alla vista durante l'ascolto, come premesso, non può essere un normale monitor da PC. Può essere però un monitor di un apparecchio TV. L'impianto hi-fi è posizionato di solito nella sala di una casa, il locale più grande e più adatto allo scopo, anche se l'ascolto della musica sarà inevitabilmente in concorrenza con altri usi del medesimo ambiente. Oppure sarà nello studio dove l'appassionato si isolerà dal resto della famiglia riunito davanti al decoder Sky. In entrambi i casi un apparecchio TV sarà presente nel locale nel 99% delle case italiane, con tendenza al 100% per la sala. Quindi si potrà collegare il Mac Mini ad uno degli ingressi HDMI dell'apparecchio TV (non sarà tanto frequente che sia ancora un apparecchio a tubo catodico con ingressi SCART). I Mac Mini di recente produzione hanno già una uscita HDMI. Per quelli di 2-3 anni fa, ancora più adatti ad un uso dedicato, possono essere anch'essi collegati per mezzo di un adattatore VGA-HDMI disponibile nei negozi Apple.

Risolto il problema monitor, per le altre due periferiche, che sono ovviamente il mouse e la tastiera, la soluzione è ancora più semplice. Sono disponibili infatti da diversi produttori tastiere wireless con un touchpad integrato, sul tipo di quelli dei notebook, come quella della Logitech nell'immagine, che ho trovato io. Un unico strumento che consente di avere a disposizione tutte le possibilità di controllo del PC con un sufficiente livello di comodità, anche se seduti in poltrona o in piedi davanti alla TV. Per la modica cifra di circa 50 €, molto meno dei carissimi omologhi accessori della casa di Cupertino. Unica accortezza, essendo una tastiera non Apple, che il tasto "command" (cmd) è il tasto con il simbolo di Microsoft.

Infine, ovviamente, il Mac Mini dovrà essere connesso alla rete domestica con un adattatore powerline, se in una stanza diversa da quella dove è posizionato il router connesso alla rete ADSL, altrimenti, se abbastanza vicino ad esso, può essere sufficiente un normale cavo Ethernet. In ogni caso, come spiegato nel precedente post, è assolutamente sconsigliato l'uso di una connessione wi-fi per questo uso.

Uso pratico
La libreria è piena di musica, le copertine sono pazientemente caricate, il DAC è connesso, non resta che scegliere l'album o la sequenza da ascoltare e partire con l'ascolto. Ma abbiamo detto che il PC doveva sparire, non dovremo mica stare davanti al monitor TV con una tastiera in mano, come se fosse un PC, solo più grande e più scomodo, vero?

E infatti non è necessario, qui arriva una delle maggiori comodità di iTunes. Con la app Remote, disponibile su iPad e iPhone, la ricerca, la selezione, l'ascolto, il volume, il passaggio da un brano all'altro, la creazione di playlist, tutto si potrà fare con lo smartphone o il tablet usati come raffinato e potente telecomando, come descritto più in dettaglio in un post diverso tempo fa. Lo schermo TV potrà anche essere spento, rimarrà solo in background il piccolo Mac Mini a fare silenziosamente il suo lavoro.

Unico requisito per questo ulteriore passo verso la digitalizzazione totale della musica sarà unicamente la connessione dell'iPad (più comodo, ovviamente, ideale l'iPad Mini) o dell'iPhone alla rete domestica. Che in questo caso può avvenire in un solo modo, via wi-fi, ma non dovrà trasferire musica bensì solo comandi e le famose immagini delle copertine. Per realizzare questo collegamento le reti powerline prevedono degli adattatori wireless extender che si connettono anche loro ad una presa della corrente e consentono un accesso alla rete stessa da componenti wi-fi. A meno di avere già un router che sia anche un hotspot wi-fi. In tutti i casi bisognerà fare attenzione ad impostare una password sicura, come sempre, ma al resto penserà la app Remote, che individuerà la libreria iTunes presente sulla rete domestica e potrà connettersi ad essa con la modalità a suo tempo descritte nel post su iPhone usato come telecomando.

Consigli semplici e consigli impegnativi (per dopo)
Qualche altro consiglio riguarda i settaggi del Mac. Per ridurre al minimo il tempo all'inizio conviene attivare l'opzione di avvio automatico su iTunes. Per farlo è sufficiente selezionare l'icona sul media player e con il tasto destro selezionare questa preferenza (e deselezionarne altre, se presenti). Seconda cosa da fare è disabilitare le funzioni di risparmio energetico. Nell'uso che faremo non interagiremo con il PC anche per lunghi periodi ma lui non deve credere di essere inattivo per questo, e non deve prendere l'iniziativa di fermare i dischi o mettersi in stand-by (interrompendo così l'ascolto). Quindi nell'apposito pannello sulle preferenze dovremo selezionare un periodo molto lungo (2-3 ore) prima dello sleep e deselezionare tutto il resto.

Altra cosa da disattivare è Genius su iTunes Store. E' il generatore automatico di playlist. Anche simpatico come funzione ma se parte in automatico su una libreria grande impiega diversi minuti.

Per rendere il Mac una completa macchina da musica che interferisce ai minimo indispensabile con il prezioso flusso musicale si possono mettere in atto poi diversi altri accorgimenti, in generale a livello di sistema o di driver, che sono documentati in modo dettagliato sul testo di Masciarotte già citato. Non sono però un prerequisito per iniziare a godere della musica in questo nuovo modo, ma miglioramenti successivi a cui dedicherò altri post più avanti. Non voglio che passi l'idea che per realizzare una discoteca liquida sia necessario chissà quale lavoro di grande complessità tecnica e approfondita competenza informatica. Un Mac è già un computer molto adatto a questo scopo e posso confermare in base agli ascolti fatti che anche in configurazione standard può consentire di raggiungere una qualità di ascolto molto soddisfacente.

Alla fine di tutto questo lavoro iniziale la libreria sull'iPad si presenta così.
La nuova interfaccia che sostituisce il cover flow espande ogni album scegliendo un colore dalla cover. E la esecuzione si regola dall'iPad usato come telecomando.

Conclusioni e qualche considerazione
In questi due articoli è documentato quello che è necessario fare per aggiungere al nostro impianto hi-fi una nuova sorgente rappresentata da un sistema di archiviazione e ascolto della musica che non utilizza i supporti fisici, quindi con funzionalità molto più flessibili e con un sicuro incremento della qualità (a parità di DAC, ovviamente) grazie alla eliminazione di un passaggio di discreta complessità tecnica (la lettura del CD o DVD). Rimangono da fare le considerazioni sui vantaggi e svantaggi di questa soluzione rispetto all'alternativa di un componente specializzato (network audio player o music server) a cui dedicherò un prossimo post.

Avere una buona porzione se non l'intera libreria musicale in nostro possesso a portata di dita sul tablet induce anche una diversa fruizione. Potremo continuare ad ascoltare album per album come siamo abituati a fare dai tempi dell'LP e del CD. Ma più probabilmente cadremo nella tentazione di esplorare la libreria musicale procedendo per associazioni o contrasti, ascoltando brano per brano. Un ascolto più dispersivo o più stimolante?
Anche questo aspetto è da sperimentare ed approfondire.

(Informazioni di sistema: Mac OS X Lion 10.7.5, Mac Mini 2010 Intel Core 2 Duo 2GHz, revisionato 2012, 4 GB RAM, iTunes versione 11.0.3 - Nelle immagini seguenti gli unici due componenti da acquistare per questa configurazione, a parte lo storage server e, ovviamente, il Mac Mini, in funzionamento reale)


HRT Music Streamer II lato porta USB. La scritta ribadisce che la connessione è asincrona. Una serie di spie indicano la frequenza di campionamento del file audio in ingresso
La tastiera Logitech K400 wireless bluetooth. Usabile ovunque anche se con qualche acrobazia per i pulsanti sinistro e destro del mouse. Consigliabile appoggiarla da qualche parte.


Gli altri articoli che descrivono questa configurazione completa per la musica liquida:

Prima parte: Lo storage server e la rete
Seconda parte: Il media player
Terza parte: L'ascolto in streaming con Spotify
Quarta parte: Il player Hi-Fi Fidelia in prova
Quinta parte: L'esperienza di utilizzo in pratica

giovedì 23 maggio 2013

Un impianto per la musica liquida in pratica - Storage e rete

Abbiamo visto in post precedenti come si può comporre un impianto per la musica liquida, ora vediamo  come si può realizzarlo in pratica, partendo dalla soluzione che prevede l'utilizzo di un PC dedicato, in particolare un PC particolarmente adatto a questo scopo, un Mac Mini. Come negli altri articoli di questo tipo quello che viene descritto è un impianto reale composto e realizzato dal sottoscritto, seguendo in parte le indicazioni del noto testo specializzato To Serve & Groove di Oliver Masciarotte, che propone questa configurazione come la più efficiente per la musica liquida (si ritornerà dopo sulla motivazione di queste e delle altre scelte).

Lo schema dell'impianto
La configurazione utilizza i componenti indicati nel seguìto; utilizzando il modello la classificazione DLNA possono essere definiti:
  • Digital Media Server (DMS)
  • Digital Media Player (DMP)
  • Remote Digital Media Player


I componenti scelti e che descriverò in questo post e nei successivi come esempio pratico di un impianto completo per la musica liquida, sono:
  • DMS: Lacie Cloudbox
  • DMP: Mac Mini + DAC HRT Music Streamer II + Media player iTunes (in alternativa: Fidelia)
  • Remote DMP: iPad con app Apple Remote o Fidelia Remote (in alternativa iPhone)
  • Rete: wired (tecnologia powerline) con access point wi-fi


In questo primo articolo parliamo dei componenti di base: lo storage server e la rete locale.

La scelta dello Storage server
Lo storage server dovrà contenere tutta la musica liquida di nostra proprietà, quella precedente che abbiamo acquistato su supporto fisico digitale (CD o formati HD) e che pazientemente trasferiremo in digitale e quella già in formato digitale che abbiamo e/o che acquisteremo in seguito. La prima scelta  riguarda quindi il sistema di memorizzazione, che può essere ridondante in tecnologia NAS (con dischi duplicati, per dirla in modo semplice, la tecnologia si chiama RAID) oppure standard. Nel primo caso il costo sarà circa il doppio ma si avrà una maggiore sicurezza di non perdere i dati. Se però i file musicali sono già di per se' duplicati, provenendo da CD esistenti (che non intendiamo certo gettare via) e se anche i file musicali che compriamo da HDtracks o da Hyperion li duplichiamo su un altro disco, la esigenza di sicurezza non è così stringente.

Bisogna poi decidere se lo storage server sarà dedicato solo alla musica o se potrà essere anche un archivio multimediale utilizzabile per altri scopi, ad esempio le foto, i video e i film di tutta la famiglia. In questo caso dovrà essere conforme ad un protocollo di comunicazione che consenta di vedere i contenuti anche da altri "lettori", e questo protocollo si chiama DLNA (Airplay di Apple come dice il suo stesso nome è solo wireless e per la musica in alta definizione o anche in definizione a standard CD non è adeguato).

Da notare che il Mac Mini è un PC e può "vedere" i file musicali anche da uno storage per PC, ma se si decide di usare invece un Network Player (Marantz NA7004, Oppo BDP-95 o successivi) la conformità al protocollo DLNA è obbligatoria. Quindi questa funzionalità è necessaria anche per essere pronti a sviluppi futuri.

La scelta è caduta appunto su uno storage server DLNA per archiviare e utilizzare anche gli altri contenuti digitali della famiglia, e su uno storage server di tipo semplice, perché di tutti i contenuti in digitale avrò sempre un'altra copia. L'unica altra scelta che rimane da fare è sulla capienza e sul modello. La capienza al momento è standardizzata su 1TB (1000GB) o 2TB, con 1TB si possono archiviare 4000 album in qualità CD compressi lossless ma la versione da 2TB costa il 15-20% in più (poco meno di 200 € al momento nei vari modelli in commercio) e quindi la convenienza di avere più spazio è evidente.

I modelli integrati disponibili al momento (cambiano continuamente) con tutte queste caratteristiche distribuiti in Italia non sono moltissimi, l'alternativa era in sostanza alla data del post tra il Buffalo Linkstation e il Lacie Cloudbox, che hanno caratteristiche quasi equivalenti, e la mia scelta è caduta su quest'ultimo anche perché è stato più facile da trovare. A questo componente sono quindi dedicate le indicazioni e le prove successive.

Installazione e configurazione
Il Lacie Cloudbox si presenta molto bene, un parallelepipedo bianco, senza luci e comandi a interrompere la superficie lucida. Dichiara di essere un componente plug & play, dovrebbe essere sufficiente seguire i pochi passi indicati con chiarezza sulla confezione per avere lo storage server installato e visibile in rete. Effettivamente è così e in un tempo anche inferiore al dichiarato il nuovo componente è visibile da tutti i PC della rete, fissi o mobili che siano.
Di default viene creata una directory "Family" con tre sottodirectory "Music", "Photo" e "Video" dall'intuitivo scopo.
La directory Family è preconfigurata su protocollo DLNA e il Cloudbox si presenta quindi già alla installazione come un digital media server secondo questo protocollo, pronto quindi a "servire" altri componenti secondo la classificazione (digital media player, digital media controller, digital media renderer). Ed effettivamente il mio televisore, smart TV come lo chiamano ora (un Sony Bravia) ha visto subito e senza problemi la nuova unità. Sui formati supportati è un'altra storia ma ci tornerò in un altro post.
Non bisogna quindi fare nulla, creare altre cartelle o rinominarle. Anzi penso che sia meglio evitare qualsiasi modifica. Non resta che riempire il server con i contenuti multimediali.

Strategia di archiviazione
Lo storage server è visto da PC (Mac o Windows) come un disco e quindi le operazioni di creazione delle cartelle, spostamento dei file audio da altre unità di memoria, o trasferimento in digitale (ripping) possono essere eseguite come sul PC stesso. In particolare ho utilizzato per il ripping Foobar2000 con le modalità descritte in un post precedente dedicato a questa operazione.

Come organizzare le tre cartelle di default è una scelta che spetta a noi. E che dipende anche dall'uso condiviso che se ne potrebbe fare in famiglia. La ricerca sarà comunque possibile per cartelle e per metatag (es. artista, album, brano nel caso della musica) e quindi si tratta solo di individuare la modalità di archiviazione più comoda e naturale per noi.
Nel caso della musica la strategia di archiviazione più semplice e consigliabile è per generi, o meglio macro-generi (classica, jazz, pop-rock, italiana). La ricerca come vedremo è semplice e la decisione di inserire un artista in un sottogenere (tipo new folk o fusion) può variare nel tempo complicando le cose anziché aiutare nelle ricerche.

Trasferire la discoteca
Altra scelta riguarda cosa fare dei CD che già abbiamo. Se sono pochi conviene trasferirli tutti quanti, si avrà così un unico archivio dematerializzato con tutti i vantaggi noti. Se sono molti occorre considerare che con la modalità "accurate rip" (che è consigliabile, l'obiettivo è chiaramente di avere la massima qualità compatibilmente con i tempi necessari) occorre pianificare una media di 15' a CD. Non è necessario fare nulla durante questo tempo ma a volte può essere necessario analizzare la situazione e fare una seconda operazione se il ripping si conclude con problemi. Basta fare due conti e si vede che per una collezione media di un migliaio di CD occorrerebbero 250 ore di lavoro, quindi potrebbe servire anche un anno occupandoci di questa cosa quasi tutti i giorni.
A questo occorre poi aggiungere la ricerca delle copertine, elemento non strettamente indispensabile per l'ascolto ma al quale nessuno pare rinunciare, altra operazione che può essere notevolmente complessa. Pur essendo tecnicamente banale, se c'è in mezzo un protocollo come il DLNA le varie implicazioni non lo sono affatto e i risultati sono tutt'altro che certi e prevedibili. Ci tornerò sopra dopo.

Il direttore marketing di Audiogamma, Valletta, che ha gestito le "Lezioni d'ascolto" di cui ho parlato nei precedenti post, ci riferiva di un appassionato di musica, un notaio, che aveva incaricato una persona, pagandola, per fare questa operazione di "liquefazione" sulla sua ampia discoteca. Non tutti siamo agiati notai e temo che non sarà una soluzione applicabile per molti. Magari chi ha figli maschi molto pazienti e precisi (non io) invece del solito extra per lavare la macchina potrebbe provare a proporre questo servizio per arrotondare la paghetta.
Per tutti gli altri l'unica soluzione sarà procedere per priorità, alcuni generi o autori particolarmente e frequentemente ascoltati, oppure quando viene la voglia di ascoltare un album in particolare. Basterà pazientare 10-15', ma progressivamente si arricchirà l'archivio su file.

La scelta del formato di compressione
Avendo scelto come piattaforma un computer Mac anche la scelta del formato audio di archiviazione viene di logica conseguenza. Il formato lossless previsto da Apple e dal suo media player standard iTunes è ALAC (Apple Lossless Audio Codec) e tutto diventa più semplice adottando questo standard. Sarebbe in teoria utilizzabile il formato Flac abbandonando iTunes e ricorrendo a un media player diverso, si tratta però di prodotti a pagamento (il più quotato è Amarra, non molto economico) e vantaggi nell'uso di Flac al posto di Alac dal lato dell'ascolto non ce ne sono. Quindi la mia scelta è caduta sulla strada più comoda.
L'unica esigenza sarà la conversione di eventuali file audio che già abbiamo in Flac, ma è una operazione che richiede meno di 2' ad album con Foobar 2000, e a meno di avere già moltissimo materiale audio di questo tipo non è una penalizzazione pesante.

La scelta del materiale audio da archiviare
Altra scelta importante è quale materiale audio archiviare sullo storage server. Tutto quello che abbiamo, indipendentemente dalla sua provenienza, sembrerebbe la risposta più ovvia. Ma con l'arrivo dei servizi in streaming la scelta può essere meno ovvia. Il servizio Spotify è disponibile da tempo anche in Italia, costa molto poco in versione "premium" (9,90 al mese) ma su PC è disponibile anche gratuitamente, con solo il disturbo di un po' di pubblicità, e consente di ascoltare una parte consistente della musica mondiale (20 milioni di brani dichiarati alla data), e in buona qualità (320Kbps con formato Ogg Vorbis nella versione premium). Inoltre, non rimarrà l'unico perchè Google, che finalmente ha reso disponibile anche in Italia il servizio concorrente di iTunes Match (Google Play Music) ha già lanciato negli USA l'alternativa a Spotify (Google Play Music All Access).
Possiamo quindi evitare di perdere tempo a trasferire sullo storage server i nostri eventuali MP3 e occuparci delle non brevi attività di post-produzione (a cui sono dedicate le sezioni successive), e utilizzare semplicemente questi servizi streaming. Con un consistente risparmio di tempo che impiegheremo utilmente ad ascoltare e godere della nostra musica.
La strategia che appare a mio parere più conveniente in questa fase quindi è:
  • archiviazione sullo storage server di tutto il materiale audio in alta definizione (HD) e in qualità standard CD (o standard definition: SD);
  • archiviazione sullo storage server del materiale audio in formato compresso solo se non disponibile su Spotify (essenzialmente musica classica, folk e world pubblicato in tempi lontani o solo in alcune aree geografiche, oltre alla intera produzione dei Beatles, almeno per ora, che però si spera che abbiamo in formato non compresso);
  • utilizzo dei servizi streaming per tutto il resto.
Post-produzione: la sistemazione della libreria
Con il trasferimento o il ripping, che pure si è visto tanto breve non è, non finisce l'opera. Per avere una libreria che sia poi efficacemente utilizzabile non solo dal media player principale che abbiamo scelto, ma anche da altri dispositivi compatibili DLNA (in primo luogo iPad o iPhone o equivalenti del mondo Android) occorre controllare e spesso sistemare i metadati associati ad ogni file.
Nei file audio acquisiti in download dalla rete dovrebbero essere già presenti, in quelli ottenuti da un nostro CD dovrebbero essere ricavati prima del ripping, se usiamo Foobar2000 o lo stesso iTunes, da uno dei DB mondiali che esistono a questo scopo (freedb o gracenote sono i principali).
Ma non sempre i dati sono esatti e non sempre sono adatti allo scopo. Senza impantanarci in inutili perfezionismi consiglio di limitarsi solo a due operazioni di controllo sul nome dell'artista (artist name) e sul nome dell'album. Potrebbero essere inesatti o dettagliati eccessivamente come spesso avviene per l'artist name (nel senso che potrebbero essere indicati oltre all'artista principale anche altri performers). In questo caso risulterebbero poi poco efficaci le ricerche che vengono più naturali, quelle appunto per artista e per album.

Nella figura seguente si vede con un esempio come si può controllare velocemente e a colpo d'occhio questo aspetto usando Foobar2000. Si fa semplicemente una ricerca per artista con "album list" e si vede subito che in un album del popolare crooner canadese Michael Bublé freedb inserisce come artista anche le orchestre impegnate, in alcuni casi. Nel ricercare in seguito l'album comparirà accreditato a più artisti e sarà meno facilmente identificabile. Conviene rinunciare a questo dettaglio e modificare il valore nel campo (tasto destro > tagging > properties) impostando sempre lo stesso nome per l'artista (Michael Bublé in questo caso). Stessa cosa è consigliata per la produzione di musica classica, dove si verifica più di frequente questa situazione.


Le immagini delle copertine (cover)
Altra operazione impegnativa, lunga, e noiosa è l'aggiunta di un ulteriore metadato che freedb e simili  non trattano: l'immagine della copertina. Non è assolutamente necessaria né per l'ascolto né per la ricerca (anche se in questo caso aiuta) ma ormai dai tempi dell'iPod in qua non se ne può fare a meno. Per inciso la Apple con incomprensibile decisione ha abbandonato la visualizzazione cover flow nelle ultime versioni di iTunes. Altri punti in meno per l'azienda della mela. Speriamo non si stiano "microsoftizzando".

A parte questa osservazione critica iTunes è l'unico media player o quasi che questa funzione la fa o cerca di farla automaticamente (per ricercarli tutti in un colpo solo: menu principale > libreria > ottieni illustrazioni album). 
È un utile ausilio ma non risolutivo perché alcune copertine non riesce a trovarle, soprattutto se di classica. In questo caso dobbiamo cercarle noi su Internet con "ricerca immagini" di Google e inserirle a mano. La ricerca richiede pochi secondi nel 99,9%  dei casi (in Internet ormai si trova tutto) e l'inserimento è molto semplice e intuitivo: tasto destro > informazioni > trascinamento dell'immagine sul campo "illustrazione" previsto per la cover.


Il tempo che occorre per queste operazioni, pur automatiche o semplificate, non è affatto breve. iTunes associa la stessa immagine della cover a tutte le canzoni dell'album e questa operazione di aggiornamento negli indici nel DB di iTunes non so come sia realizzata, ma di certo non è ottimizzata, e richiede più di un minuto per album (anche 2-3) pur su un PC superpotente, e quindi anche più di dieci minuti per l'operazione automatica, se riguarda 100-200 album. Inoltre, non è interrompibile. L'aggiornamento e quindi l'aggiunta delle cover si vedono solo quando ha elaborato con successo l'ultimo album. Armarsi di pazienza è necessario.

Dopo parecchio lavoro la libreria musicale dalla app Remote
su iPad si presenta finalmente così
Non finisce neanche qui, perché se vogliamo usare un media player diverso da iTunes, per accedere direttamente allo storage server ad esempio da un altro lettore (come uno smartphone o un tablet con cui ascoltare direttamente la musica) le immagini nella libreria di iTunes non si vedono e bisogna  aggiungerle una per una nella stessa directory che contiene i brani. Modificando anche il nome perché il sistema veramente basic, che è usato dalla maggior parte dei media player (come Foobar2000 o media:connect). si basa appunto sulla individuazione di un file con estensione JPG (non JPEG, non PNG) con un nome predefinito, come "folder" o "cover". E neanche li riconosce sempre, per motivi misteriosi e non documentati, soprattutto media:connect è molto schizzinoso. Su questa operazione sarà utile forse ritornare dopo ulteriori ricerche. Occorre armarsi di pazienza doppia.

La rete
Ho lasciato per ultima la scelta della rete per non deviare l'attenzione nella parte iniziale del post dal componente di archiviazione. Anche per la rete esistono però precisi vincoli. Il primo e principale è che la connessione non può essere di tipo wi-fi, la più diffusa, se si vuole utilizzare anche materiale in alta definizione. La necessità di sincronizzazione con i volumi di file richiesti in questo caso richiede una connessione senza potenziali interruzioni e quindi su cavo. Anche per materiale audio a standard CD è comunque preferibile.
In una abitazione non c'è tipicamente una cablatura di rete locale Ethernet come negli uffici e l'unica soluzione tecnologica disponibile è rappresentata dalla tecnologia powerline, che utilizza la rete elettrica di casa per trasmettere anche i dati. Disponibile da anni ed ormai molto affidabile, consente anche trasmissione ad alta velocità, fino a 300Mb o 500Mb, come le reti locali "da ufficio". Diversi fornitori offrono questi prodotti, che non sono altro che adattatori che si inseriscono nelle prese a muro e consentono la connessione di PC, router o altri componenti di rete con il cavo standard Ethernet. I produttori principali e più facilmente reperibili al momento sono Atlantis Land (che consiglio), TP-Link, DLink. È più facile descrivere la configurazione di rete tipica con uno schema che continuare con una descrizione a parole.


Lo storage server deve movimentare grandi quantità di dati e per questo motivo è preferibile che sia connesso direttamente al router. Se il PC non è nella stessa stanza, come potrebbe avvenire di frequente, si utilizzerà una connessione powerline come in figura. Un hotspot wi-fi, sempre connesso alla rete powerline, consentirà anche l'interazione con smartphone o tablet usati come telecomando remoto del media player o come cuffia (o speaker) senza fili connessi alla libreria musicale sullo storage server.

In sintesi
Scegliere, acquistare e riempire di musica lo storage sterver che conterrà progressivamente tutta la musica di nostra proprietà è un processo piuttosto semplice per chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il mondo dei PC e l'archiviazione dei file. Ottenere come risultato una libreria anche ben organizzata e pronta per sopportare gli sviluppi futuri richiede qualche attenzione in più, e nel post sono forniti alcuni suggerimenti in questo senso, e soprattutto richiede l'investimento di una quota non trascurabile del nostro tempo prezioso. Non è però un requisito indispensabile per iniziare ad ascoltare la musica, e la strategia migliore consiste probabilmente nel procedere per gradi e in parallelo.

(Nota: La configurazione adottata, utilizzando alcuni componenti Apple, non è completamente conforme al protocollo DLNA, in particolare non sono DLNA la connessione tra Remote DMP e DMP e tra DMP e DNS; faccio riferimento al modello soltanto per semplicità di esposizione e perché il componente di base, lo storage server, li supporta e potrebbe quindi essere inserito in configurazioni alternative solo DLNA, realizzate ad esempio con Foobar2000 e con un PC Windows o con un network audio player Marantz, Denon o altri)

Gli altri articoli che descrivono questa configurazione completa per la musica liquida:

Seconda parte: Il media player
Terza parte: L'ascolto in streaming con Spotify
Quarta parte: Il player Hi-Fi Fidelia in prova
Quinta parte: L'esperienza di utilizzo in pratica

lunedì 29 aprile 2013

Lezioni d'ascolto n.2

La seconda lezione d'ascolto condotta con il supporto dell'impianto top B&W + Classe' Audio installato nello Studio 3 dell'Auditorium di Roma era dedicato ad un confronto di grande attualità tra gli audiofili in questi ultimi anni, vinile contro digitale. All'inizio doveva essere tra incisioni in vinile e su CD tratte dallo stesso master analogico e digitale, usando un lettore CD di fascia altissima della Esoter, ma nell'incontro precedente avevo proposto al competente e simpatico Giancarlo Valletta, direttore marketing di Audiogamma e conduttore della serata, di incentrare invece il confronto sul digitale in alta definizione, per renderlo più equo. E l'invito era stato accolto, potendo ascoltare così a confronto proprio il master a 24/96 sia derivante da un trasferimento ed editing dell'originale analogico, sia nativo in digitale.


Il materiale musicale utilizzato era in buona parte lo stesso del precedente incontro, proveniente da master realizzati da Peter Gabriel, che collabora come noto con la B&W da diversi anni, e un altro realizzato proprio all'Auditorium utilizzando l'impianto da studio che stavamo ascoltando per mettere a punto la resa sonora, e dedicato a performance recenti di Gino Paoli accompagnato dal pianista jazz Danilo Rea e dalla sua sezione ritmica, un set rigorosamente acustico.

Protagonista della serata era anche il giradischi. Un nome che va un po' stretto ad una macchina da musica costruita con le tolleranze di un componente di una navetta spaziale (e costo proporzionale), prodotta da una società inglese specializzata in meccanica di precisione per il settore automotive (tra i clienti principali e' citata l'Aston Martin) ma il cui proprietario e' anche appassionato di musica e di analogico. La marca e' la ben nota Avid e il modello Acutus, il monumento al disco nero in vinile nella foto qui sopra, che non è neanche il top della gamma, ma è decisamente lontano dal concetto di entry level. Testina a bobina mobile Ortofon e pre phono sempre Classe Audio, se ricordo bene.

Di classe decisamente diversa il set digitale. Un convertitore della HRT, il modello Music Streamer HD con uscite bilanciate (ca. 500 €), buon componente ma certo non al top tra i DAC, e un MacBook Air con VLC come player. Meglio così, se si voleva verificare la potenzialità dell'alta definizione in quanto tale.

Il materiale musicale era ancora una volta proveniente dai master analogici e digitali di Peter Gabriel, che collabora da anni con la B&W, e da recenti registrazioni di Gino Paoli accompagnato dal pianista jazz Danilo Rea con la sua sezione ritmica, tutto rigorosamente acustico, messe a punto utilizzando proprio il notevole impianto dello Studio 3 che stavamo ascoltando. Anche questa volta ero con mio fratello, ascoltatore esperto che predilige musica operistica barocca, ma che non rifugge dal pop e dal rock. E con altri 50 appassionati, tra cui questa volta anche una discreta presenza femminile. La sala era del tutto piena. Potenza evocativa e presente del vinile.

Gli ascolti come la volta precedente erano in sequenza e dichiarati, quindi niente blind test e niente confronti immediati, difficili da organizzare con così tante persone e avendo poco tempo a disposizione per le sessioni di ascolto, più difficile sfuggire alla forza della suggestione, era necessaria grande concentrazione e astrazione.


Il primo ascolto era dedicato a Don't Give Up, il duetto di Gabriel con Kate Bush, master digitale da cui è stato tratto anche un vinile (da 180 grammi, prima qualità) ascolto prima del vinile e poi del master in HD. Diversi dei presenti hanno dichiarato di preferire il vinile. Ma si trattava a mio parere di una suggestione. Più lineare, musicale ed equilibrata la riproduzione in HD, si percepiva un alone di eco sulla voce di Kate Bush che prima non c'era, il basso era più netto e preciso. Anche se qualcuno aveva giudicato più naturale quello meno netto e lievemente gonfio del vinile. Sfumature ovviamente, ma la differenza a un orecchio appena attento non sfuggiva.

Il secondo ascolto a confronto partiva invece da un master analogico di parecchi anni prima, Shock The Monkeys, questa volta rimasterizzato in digitale. Qui era il vinile ad uscire meglio, più equilibrato, in linea con quello che ci si aspetta da un brano di forte impatto. Qualche asprezza e qualche forzatura avvertibile nel digitale, sempre a mio parere (ma condiviso) pur nei limiti di un brano pieno di suoni sintetici.

Conclusione: può essere che l'editing sia una operazione rischiosa e che sia meglio scegliere la tecnologia master originale? Mi guardo bene dal tirare questo tipo di conclusione con soli due ascolti.

Altri ascolti da un vinile di The Wall dei Pink Floyd da cui abbiamo ricavato che è una favoletta la storia delle B&W non adatte al rock (impressionante l'impatto nella grande sala, certo, avevano a disposizione 600W in multiamplificazione) e Gino Paoli a volume un po' troppo elevato per poter dare un giudizio sul realismo della riproduzione.

Quindi viva il vinile per chi ha tempo e risorse per dedicarsi a questa affascinante tecnologia vintage, ma avanti col digitale in alta definizione per chi mette al primo posto la conoscenza e l'ascolto della musica e un passo più indietro la scelta e la cura dell'impianto.