Avrei potuto scrivere il titolo del post in inglese e forse si capiva meglio: "Side woofers and narrow baffle speakers". Il tema è comunque l'adozione o meno di queste scelte di configurazione nel progetto delle casse acustiche e la loro efficacia nel consentire di raggiungere i tre sostanziali vantaggi (incolmabili) delle casse acustiche rispetto ai sempre più diffusi speaker wireless compatti: la ricostruzione spaziale dell'evento musicale, l'estensione verso i bassi e una dinamica comparabile ad un evento dal vivo.
I vantaggi di un baffle stretto
Il termine anglosassone per indicare il pannello frontale di un diffusore, quello dove sono montati gli altoparlanti, è baffle, mutuato probabilmente da altri settori (nel dizionario è "paratia" o "griglia"). Se è stretto, il diffusore approssima meglio una sorgente puntiforme e quindi la sorgente della musica registrata, dove la posizione degli strumenti viene ricostruita grazie alle differenze di fase e intensità (facendola semplice). Il piccolo mondo dell'Hi-Fi ha raggiunto la consapevolezza di questo importante requisito negli anni d'oro delle mini-casse, ma in realtà anche modelli che avevano conquistato molti appassionati adottavano una sezione frontale ridotta al minimo montando gli altoparlanti in "casse" e "cassettine" di diverse dimensioni, come ad esempio nelle Dahlquist DQ10 e nelle prime B&W 801. Era anche questo il segreto del loro successo.
Sonus Faber Minima Amator |
Gli svantaggi di un baffle stretto
Escludendo i diffusori "sezionati" citati prima per loro natura più costosi, un baffle stretto (idealmente alle dimensioni del midrange) pone problemi per scendere sulle basse frequenze, e infatti nelle Minima Amator o nelle LS3/5A, per citare le due mini-casse più famose e grandi responsabili del successo di questa categoria di diffusori, la questione era risolta facendo fare al mid anche il woofer, ma garantendo, con una progettazione evoluta della configurazione bass reflex e un'accorta scelta dell'altoparlante e del circuito di cross-over, una risposta sui bassi non estesa ma comunque adeguata a un ascolto Hi-Fi.
Rogers LS3/5A |
L'evoluzione della tecnologia degli altoparlanti (spinta anche dal settore car-audio) ha reso disponibile col tempo woofer in grado di scendere in frequenza e garantire una pressione adeguata anche con diametri inferiori a quelli dei wooer classici. Negli anni '60 una cassa seria doveva avere al minimo un 30 cm, poi lo standard è diventato un 25 cm o anche un 20 con il passaggio al bass-reflex e ora si scende ancora, fino ai 16-15-13 cm. Il trucco ormai assai diffuso è utilizzare più altoparlanti in serie, di solito 2 ma anche 3 o più. In questo modo la quantità di aria che si sposta, e quindi la pressione sonora, eguaglia più o meno quella dei grandi woofer di un tempo, ma con una estensione verso l'alto e una risposta ai transienti molto migliori. Rimane il vincolo fisico della discesa verso i 20-25Hz ma ci sono i subwoofer per chi non ne può fare a meno, oppure diffusori composti da più sezioni separate come i modelli costruiti con più sezioni come i B&W e Dahlquist citati prima.
B&W 801 1a Serie |
Dahlquist DQ10, nell'immagine sotto l'interno con la struttura in pannelli separati |
Il woofer laterale
Esiste però una soluzione molto più semplice ed elegante. I diffusori stretti, per garantire ai woofer un volume d'aria comunque sufficiente per un efficace recupero della emissione posteriore, hanno una forma stretta di fronte ma profonda sul lato lungo. Dove si può inserire facilmente un woofer anche di grandi dimensioni. Si potrebbe pensare che due altoparlanti non rivolti all'ascoltatore ma ognuno di fronte all'altro abbiano un effetto negativo sulla localizzazione degli strumenti e sulle riflessioni in ambiente.
JBL L7, un modello anomalo per la casa americana |
Ma non è così, anzitutto se il woofer è limitato alle basse frequenze non direttive, ovvero se è tagliato in basso. In questo caso le due emissioni sono molto simili e, unendosi al centro tra di esse producono un rinforzo dell'emissione, teoricamente di 3dB quindi del doppio. Ricordiamoci sempre che in un impianto stereo individuiamo la posizione del contrabbasso o della batteria solo grazie alle corde pizzicate o alle percussioni e ai charleston. Anche se però il woofer è tagliato per l'emissione più in alto è da considerare il diagramma di emissione, che è quasi omnidirezionale per questo altoparlante e si estende quindi a 90° raggiungendo anche il punto di ascolto.
Uno svantaggio c'è, ma esiste il rimedio
La soluzione del side woofer sembra ideale, ma è adottata da pochi produttori pur essendo più economica. Presenta infatti un particolare problema realizzativo: il woofer ha movimenti avanti-indietro che provocano vibrazioni alla cassa (per il principio di azione-reazione) che non sono contrastate dalla lunghezza della base (come succederebbe se fosse sul baffle) e potrebbero essere non tanto "micro" e influire sul suono. La soluzione c'è: un secondo woofer speculare che muove il diaframma in senso inverso.
Il sistema Dual Core di Kef per muovere i woofer in senso opposto con un solo driver |
Questa configurazione si chiama "dual force canceling speaker" (o simili denominazioni) e consiste nel contrapporre un secondo woofer sul lato opposto, che si muove in fase acustica (spinge fuori l'aria in sincronia con il gemello) ma ovviamente in senso opposto essendo sul lato opposto. Il risultato è un eccellente annullamento delle vibrazioni. migliore anche di quello ottenibile con rinforzi o aumento del peso della cassa acustica. L'emissione aggiuntiva sulle pareti opposte può provocare al limite un eccesso di bassi da controllare con il posizionamento. Questo sistema ha anche altre applicazioni, ovviamente per i subwoofer ma anche per diffusori particolari come gli ibridi elettrostatici-dinamici Martin Logan. Nei modelli più grandi è usata per annullare le vibrazioni del woofer, in una cassa elettrostatica potrebbero estendersi anche al pannello con effetti negativi sul suono.
Martin Logan Renaissance ESL 15A |
La configurazione D'Appolito o MTM
Sul baffle stretto gli altoparlanti, quindi solo tweeter e midrange, sono posizionati normalmente sovrapposti e centrati, con il tweeter sopra per arrivare più facilmente alla famosa "altezza degli orecchi" dell'ascoltatore seduto non per terra. Il noto progettista di componenti elettronici Joseph D'Appolito ha notato però diversi anni fa che con questa intuitiva configurazione la dispersione verticale non è uniforme, poiché si formano due "lobi" non allineati in fase e con interferenza tra loro (vedi le immagini, tratte da Biro Technology (Vertically Symmetric Two-Way Loudspeaker Arrays)
Velodyne DF661, un riuscito esempio di applicazione della configurazione D'Appolito |
Con una configurazione MTM (Midrange-Tweeter-Midrange) allineate in verticale a distanza prestabilita e usando un filtro crossover opportuno (Butterworth 3° ordine) la risposta torna coerente sul piano verticale e simile a quella di un coassiale Tweeter-Midrange, senza le complessità di realizzazione di un coassiale.
L'effetto all'ascolto è una maggiore precisione nella riproduzione avvertibile come una più efficace localizzazione delle origini del suono (quindi spazialità) grazie alla origine del suono che approssima meglio una sorgente puntiforme, con un effetto di realismo soprattutto sul piano verticale. Un miglioramento non così radicale però, perché altrimenti tutti i diffusori di una certa pretesa sarebbero MTM, e invece non è così.
Applicazioni pratiche
Al termine di questa rapida rassegna tecnica abbiamo visto che un sistema ideale deve avere un frontale stretto, tweeter e midrange allineati e, per una buona estensione sui bassi, può utilizzare una configurazione con woofer laterali, che possono anche essere duplicati per raggiungere così anche l'obiettivo di eliminare le dannose vibrazioni della cassa (o cabinet).
Come, ad esempio, questo diffusore dalla forma insolita, recensito ovunque in modo molto positivo, e che mi piacerebbe avere a casa mia, se non costasse quello che costa e se mia moglie accettasse di farlo entrare nella nostra sala. Il frontale è stretto e in più curvilineo, midrange e tweeter sono allineati nell'ormai classico UNI-Q, ormai molto perfezionato dopo 30 anni di miglioramenti e 12 versioni, i bassi sono gestiti da 4 unità da 25 cm contrapposte per annullare le vibrazioni. E' il modello top della KEF, dal nome immaginifico Blade One. C'è anche un Blade Two un po' più economico, con woofer da 16 cm.
Le Blade One in un scenografica ambientazione proposta dalla Kef |
Qualcuno potrebbe avere perplessità sulla riproduzione corretta delle frequenze medio basse, ed in effetti l'unità UNI-Q è tagliata a 320 Hz e le frequenze basse diventano non direttive circa a 200 Hz. Ma i woofer ome anticipato non sono direttivi e irradiano ben oltre i 180°, anche se con pressione sonora decrescente. In particolare a 90° hanno tipicamente un calo di 3db (quindi la metà) ma essendo contrapposti recuperano quasi completamente la pressione e anche i medio bassi in ambiente sono preservati (spiegazione ovviamente molto semplificata, mi perdonino gli esperti). Così è in effetti per le Blade secondo le recensioni unanimi, mi pongo l'obiettivo di ascoltarle prima o poi.
Per chi preferisse una configurazione più tradizionali la Kef propone una configurazione "super" D'Appolito, che include i woofer, come nelle Reference 3.
KEF The Reference 3 |
Anche in questo caso i woofer sono tagliati abbastanza in alto essendo il midrange UNI-Q versione 12 di diametro di 5"( ovvero 12,5 cm), quindi riproducono anche le medio basse, e beneficiano della ottimizzazione dei lobi di dispersione consentiti dalla configurazione D'Appolito. Inoltre essendo doppi hanno una pressione sonora analoga a quelle di un woofer equivalente alla loro superfice totale collocati di lato.
Kef R5 |
La Reference 3 prodotta in UK costa ancora un po' e chi rinuncia a qualche raffinatezza e soprattutto ha un ambiente che non può valorizzarle in pieno può scegliere le R5 non fabbricate in UK (indovinate dove) che ottengono risultati analoghi con woofer da 13 cm. grazie anche in questo caso alla configurazione e al raddoppio delle unità. Le R5 sono, per inciso, le mie casse acustiche attuali. Per chi ha più spazio esiste però anche una R7 con doppi woofer da 6,5" (16,5 cm).
KEF R7 |
Per completare la rassegna di come possono essere applicate queste tecniche di progettazione da un'azienda che punta alla tecnologia per raggiungere i risultati che si propone, sono da segnalare in evidenza anche le recenti LS60, casse attive che sono un upgrade con risposta estesa verso i bassi delle formidabili LS50 (vedi prova d'ascolto) e che adotta proprio i woofer laterali con una configurazione force cancelling. Obbligata in questo caso vista la forma particolarmente stretta e alta del frontale (penso che con musica con molti bassi potrebbero crollare su un lato). Non è la stessa usata nelle blade e in modelli di altri produttori ma una soluzione Kef interessante, perché più compatta ed economica, che hanno chiamato Uni-Core Force Cancelling Driver. Il driver è unico per le due unità ma con un equilibrismo tecnologico le spinge in direzioni opposte.
KEF LS60 in tre colori |
In sintesi
Una rassegna di alcune promettenti tecnologie usate da alcuni produttori per i diffusori, con esempi tratti soprattutto dall'attuale produzione Kef, non per pubblicità, ma per il semplice motivo che ho scelto i diffusori Kef da anni e quindi li conosco abbastanza bene. Potrei fare una rassegna analoga per il principale concorrente, B&W, che segue strade in parte diverse e comunque altrettanto apprezzate, ma avendole ascoltate poco e in condizioni non ideali sarebbe solo una rassegna di quello che si trova sul web.
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