domenica 30 dicembre 2012

La Loudness War

Pare sia in corso una guerra in campo musicale: la loudness war. Ne parla anche Wikipedia e sugli ultimi numeri di TNT-Audio editoriali del direttore e lettere dei visitatori evidenziano questa gara al peggio ingaggiata, a quanto pare, da fonici, produttori e, ovviamente, case discografiche, tra di loro, ma con destinatari ultimi noi poveri appassionati dei buoni ascolti.

Come si ascolta la musica, oggi?
Come ascoltano la musica, oggi, i consumatori ai cui puntano i suddetti produttori, editori  e case discografiche? Questa è la prima domanda da porsi per cercare di capire questo fenomeno.

  1. Con l'iPod e gli auricolari in dotazione
  2. Con l'iPod (o altro lettore, o smartphone) e una cuffia di caratteristiche hi-fi
  3. Con un notebook o un tablet e il sistema audio incluso
  4. Con un sistema 2+1 collegato al PC o al notebook
  5. Con un iPhone collegato a un dock amplificato
  6. Con un sistema multi-room con diffusori a parete o dissimulati
  7. Con un sistema portatile da esterni lettore + radio 
  8. In auto con l'impianto di serie
  9. In auto con un impianto car-audio
  10. A casa con un mini coordinato hi-fi
  11. A casa con lo stesso impianto Home-Theatre del televisore (2+1, 5+1 o soundbar)
  12. A casa con un impianto hi-fi 
A parte la configurazione numero 12 e, in parte, quella numero 8, appare chiaro a chiunque che in tutti gli altri casi non si può parlare di riproduzione con caratteristiche hi-fi. Anche quando (non sempre) la correttezza timbrica e la distorsione sono ancora accettabili mancano, per pura limitazione fisica dell'impianto, ed in misura più o meno marcata, la possibilità di riprodurre la gamma dinamica e la distribuzione spaziale dei suoni di un evento musicale. Che sono invece i parametri che caratterizzano un sistema hi-fi.

In particolare, la "potenza" dell'impianto non è in grado in nessun caso di ricreare una pressione sonora che si avvicina a quella di un evento reale (tranne forse nel caso 8) e, in più, la presenza di un rumore di fondo più o meno invasivo, tipico dell'ascolto in mobilità, rende la dinamica effettivamente udibile molto inferiore a quella che sarebbe richiesta. Inoltre, la ricostruzione spaziale richiede una precisa disposizione dei diffusori, impossibile con questi sistemi di ascolto.

Chi ascolta la musica e come?
All'elenco manca un elemento importante, la percentuale per ciascun tipo di ascolto, magari con il dettaglio per genere e per paese. Non so se le case discografiche abbiano questo dato, ne dubito. Ma sono certe, credo a ragione, che l'ascolto di tipo 11 (quello che interessa a noi e al quale è dedicato questo blog) è largamente minoritario e limitato a consumatori di musica interessati alla classica, al jazz, al new folk, al genere "adult contemporary" e, in misura minore, all'alternativa.

Tutti gli altri generi, quelli scaricati in grandi volumi, a volte persino a pagamento, quelli che producono fenomeni di divismo e di interesse che riempiono stadi per i concerti, o che producono passaggi radio o inserimenti in pubblicità e conseguenti ricchi copyrights, quelli, in definitiva, che producono la maggior percentuale dei magri ricavi che rimangono alle case major superstiti in questi anni di crisi inarrestabile del CD, sono ascoltati in prevalenza con gli impianti non hi-fi che sono elencati sopra. E a questa destinazione è rivolto il pensiero di produttori, fonici e, penso, anche dei musicisti.


Il loudness
Il loudness è la soluzione. Non è altro che una curva di equalizzazione che esalta i bassi e gli alti contemporaneamente. Era un controllo nato per consentire di ascoltare correttamente la musica anche a basso volume. Una condizione nella quale il nostro sistema uditivo privilegia le frequenze medie; esaltando gli estremi si ottiene un riequilibrio che consente di apprezzare, per esempio, i violoncelli o i contrabbassi in un concerto per pianoforte o in una sinfonia. Negli amplificatori anni '70 era sempre presente un pulsante o anche un potenziometro apposito. Poi caduto in disuso assieme ai controlli di tono.
Ma di nuovo utile per rendere più emozionante l'impressione d'ascolto quando si utilizza un altro sistema che si rende obbligatorio con sistemi di riproduzione carenti di dinamica: la compressione della dinamica. Così, ironia della sorte, il CD è stato introdotto negli anni '80 perché si diceva che la dinamica dell'LP era insufficiente, e ora proprio l'elevata dinamica è diventata un ingombro inutile.

Ma funziona?
Certamente. Per sincerarsene basta provare ad ascoltare un brano di musica classica in auto. Per esempio il primo movimento della IV di Beethoven, o una sonata per pianoforte del periodo romantico. Ci accorgeremo subito che la musica nei momenti di piano orchestrale sembra sparire sotto l'inevitabile rumore di fondo (dell'ordine dei 45 dB in un'auto moderna media e anche più ad alta velocità, quindi 10 dB in più, ed è una scala logaritmica, rispetto ad una stanza di casa) mentre, se aumentiamo il volume per sentire qualcosa, nei pieni orchestrali l'impianto o non ce la fa e distorce, oppure si supera il livello sopportabile per noi. Un ascolto molto irritante che conduce molto presto a cambiare musica o a spegnere.
E le case discografiche dovrebbero distribuire la musica che è il loro pane, il pop, il rock più recente nei suoi vari sotto-generi, l'electronica, con registrazioni quasi inascoltabili sugli "impianti" che i loro clienti più numerosi e importanti (i giovani) utilizzano? Ovviamente no, e così ad ogni nuovo album che esce la compressione aumenta e il volume apparente anche. La "loudness war" o "loudness race", appunto.

Qualcuno non se n'è neanche accorto
Come in tutte le guerre esistono anche delle zone neutrali. Sono appunto le produzioni dei generi "per adulti" che ho citato prima, con in grande evidenza la classica. Dove anzi c'è una piccola rincorsa a produzioni di qualità sempre più elevata, con elevata dinamica, più canali, utilizzo di nuovi supporti come il blu ray. Senza preoccuparsi della necessità di upgrade dell'impianto che possono indurre. E' un settore di nicchia, per quanto vasto a livello mondiale, e per chi segue questi generi la produzione continua ad essere accurata e priva di qualsiasi artificio peggiorativo. Certo, un contagio sui generi di confine può esistere. Casualmente, me ne sono reso conto scrivendo questo post, la grande maggioranza della musica che acquisto e ascolto io è di questo tipo, e quindi effettivamente della loudness war me ne sono accorto solo perché ne ho letto su vari media.

E c'è anche musica dove non ha effetto
Ci sono anche generi musicali naturalmente a limitata dinamica. In primis il folk, voce umana non impostata, chitarra acustica, contrabbasso o piccole percussioni non hanno escursioni dinamiche molto elevate, e si possono ascoltare piacevolmente a volume adeguato anche in situazioni dove la gamma dinamica a disposizione è naturalmente ridotta. Lo stesso discorso vale, all'opposto (verso gli alti livelli di pressione sonora) per la musica techno o house. Non è quindi un problema universale.

Una possibile soluzione
Uno dei cortesi visitatori che ha scritto a TNT-Audio proponeva come soluzione equalizzazioni personalizzate in base all'uso. A dinamica piena per impianti hi-fi o supporto vinile, a dinamica compressa per gli altri. Sarebbe logico, e anche molto bello, ma nell'attuale situazione del mercato discografico è pura teoria. Perché mai case discografiche in difficoltà e in continua riduzione dei margini dovrebbero investire risorse, non cospicue ma non nulle, per mercati assolutamente marginali e in contrazione come quello dell'hi-fi di livello? Senza alcuna garanzia di un ritorno dell'investimento. 

La vera soluzione
Sarebbe la valorizzazione della qualità. Ma i molti scettici del settore hi-fi, tra cui è inclusa anche la altrimenti encomiabile TNT-Audio (non in solitudine, assieme alla maggioranza degli audiofili) si sono sempre schierati contro i timidissimi tentativi dell'industria della musica di introdurre sistemi di maggiore qualità, prima il SACD e il DVD-Audio, e ora l'alta definizione in digital download. Se anche il target di mercato a cui erano diretti rifiutava i nuovi formati, come proporli al grande pubblico? E hanno rinunciato quasi subito. 
Il risultato è che la qualità non è un valore vendibile in musica e che è un concetto ignoto al grande pubblico, a cui va benissimo l'MP3 (e se va bene a loro va ancora più bene alle case discografiche). A questo punto è inutile lamentarsi, per giustificare le funzionalità dei nuovi supporti la qualità e la dinamica non avrebbero potuto essere limitate ma casomai esaltate, o addirittura sarebbero nate registrazioni di serie A e di serie B, con inevitabile movimento verso la seria A.

Segnali di luce in fondo al tunnel?
Per fortuna almeno la Apple un minimo di attenzione la mantiene e ha introdotto autonomamente l'AAC a 256kbps che con musica semplice da' risultati più che accettabili, quasi indistinguibili dal CD. Grazie anche a validi DAC sugli iPhone. E alcuni ragazzi se ne sono accorti e vanno in giro con cuffie semi chiuse di buon livello (e buoni ascolti: provare per credere). Ma da questo a pensare che si stia diffondendo uno spontaneo movimento verso la qualità, come ho letto in qualche ottimistico editoriale recente, penso proprio che ce ne corra. Manca come minimo anche la sola consapevolezza di come si può sentire con un impianto hi-fi pur semplice ed economico, e anche un approccio diverso all'ascolto.

In sintesi
Contrastare le leggi di mercato è una impresa piuttosto difficile. Encomiabili gli sforzi di chi ci prova, come appunto TNT-Audio o l'associazione Pleasurize Music Foundation, ma fino a che non arriverà un nuovo Rinascimento audiofilo bisognerà scegliere la musica tra i generi rimasti nei territori neutrali o, se proprio si vogliono praticare i generi più popolari si dovranno ascoltare per come sono prodotti ora e per come la maggior parte degli ascoltatori (e dei musicisti) li concepiscono, magari anche sui sistemi per cui è pensato il loro mastering. 

(Nelle immagini due dock per iPhone ultima generazione, il Viso 1 della NAD e lo Zeppelin Air della B&W. Prodotti sicuramente validi ma con quello che costano si possono comprare un amplificatore in classe D e due casse compatte e ascoltare in alta fedeltà vera, seppur ai limiti inferiori. Ma sono sicuramente due sistemi più attraenti e giusti come look, oltre che più comodi da posizionare e installare. Chi vincerà?)

5 commenti:

  1. Ci sono solo 2 Registrazioni che a MIO parere suonano particolarmente bene nella mia personalissima collezione:

    "Lo que te conté mientras te hacías la dormida"
    -La Oreja de Van Gogh- 2003

    "EME" -Eme Alfonso- 2012

    Non so se è colpa mia o della "Loudness War" ma rappresentano l'1% del mio campione.
    Magari vale la pena di aprire una sezione apposita e tentare di fare un elenco delle registrazioni ben fatte?
    Questo perché se la registrazione non è buona non ci sarà formato, risoluzione, impianto... che potrà dare soddisfazione all'ascolto.
    Grazie,
    Pablo

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  2. La "loudness war" è una delle cose più sopravvalutate di sempre.
    In sintesi, la loudness war fa in automatico quello che di solito si fa manualmente, con la manopola del volume: alzare il volume quando il livello è troppo basso e abbassarlo quando il livello è troppo alto.
    Questo per il 99% delle persone che ascoltano musica in condizioni normali.
    Chi invece ha sale di ascolto insonorizzate o abita in manieri ottocenterschi, non ha il problema dei vicini che chiamano il 113 e ascolta regolarmente con una pressione sonora di 110 db...

    Più seriamente, la "compressione" della dinamica non è nè una cosa in sè negativa nè indice di poca qualità.
    Ma so già che non sarai d'accordo :)

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    1. Invece sono in parte d'accordo, era un po' l'assunto dell'articolo mettere in evidenza l'eccessiva attenzione a questo aspetto della riproduzione sonora e contestualizzarlo alla situazione attuale. Anche a me quando ascolto in auto un concerto di musica classica non mi dispiacerebbe che fosse un po' compresso, ma certamente quando poi l'ascolto a casa vorrei sentire tutta la dinamica che il mezzo e l'ambiente consentono. E ti assicuro però che non sento il bisogno di alzare o abbassare il volume, pur vivendo in un normale condominio di città e non in una villa isolata.

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  3. Io non mi focalizzerei sul termine "loudness war". Il problema è che se mi piace il prosciutto crudo e ho voglia e possibilità di spendere posso comprare il miglior prosciutto di langhirano ed essere felice. Mentre se mi piacciono gli U2 mi devo sorbire quella porcheria di registrazione compressa e ottimizzata per le cuffie scadenti dell'ipod. E se mi procuro a caro prezzo il file ad alta risoluzione non risolvo nulla perché faccio lo zoom di una foto illuminata male.

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    1. Pablox: rispondo qui a entrambi i commenti.
      TNT-Audio, Pleasurize e gli altri che combattono contro la loudness war hanno cercato di misurare la gamma dinamica, introducendo il concetto di dynamic range (DR). Poi una registrazione può avere una elevata dinamica ed essere pessima per altri aspetti, sono d'accordo. I giudizi sulla qualità della registrazione li dava Audio Review fino a che è uscita. Ora che ha ripreso le pubblicazioni li ha eliminati perché inducevano continue polemiche. Temo ci sia parecchia soggettività.
      Comunque dacci il tuo contributo: hai citato quelle buone, ma quali sono i principali esempi di registrazioni a tuo parere deludenti? E inoltre: hai ascoltato anche le registrazioni in cui produttore e casa discografica puntavano proprio alla massima qualità e naturalezza, come quelle della Chesky Records, immagino. Anche in questo caso hai notato carenze macroscopiche?

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