domenica 7 ottobre 2012

L'agenda digitale e la musica

Giovedì 4 ottobre, dopo una lunga attesa e parecchi rinvii (doveva essere pubblicata il 30 giugno scorso) il governo ha approvato l'agenda digitale per l'Italia. Si spera che questa volta arrivino a breve anche le cosiddette "regole tecniche" e i decreti attuativi che consentono effettivamente di mettere in pratica le innovazioni, quelle che spesso arrivavano in ritardo (o mai) nelle iniziative precedenti come il CAD (codice dell'amministrazione digitale).

Potrebbe essere uno stimolo importante per l'economia, o almeno consentire a cittadini e imprese di dedicare più tempo ai loro affari e meno alle pratiche con l'amministrazione pubblica, ma cosa c'entra con la musica? C'entra perché uno degli obiettivi principali dell'agenda digitale è dematerializzare i documenti. E per raggiungere questo obiettivo è essenziale la diffusione della banda larga e larghissima, e infatti l'agenda digitale dei vari paesi europei di solito definisce un calendario, un'agenda appunto, per la diffusione di accessi a velocità sempre superiori per una percentuale della popolazione o del territorio.

Obiettivo della musica liquida è dematerializzare la musica, mantenendo la stessa qualità, e anche per questo scopo la banda larga è essenziale. Ma non per consentire download più veloci (non rappresentano un problema neanche ora) ma per passare ad un sistema di diffusione e di fruizione della musica più avanzato, verso il quale fatalmente ci si dirige, come già avviene per altre forme di intrattenimento come il cinema o i libri: lo streaming o music on demand.

Digital divide, last mile e NGN
Il piano nazionale per la banda larga, che si può consultare sul sito del ministero dello Sviluppo Economico oppure qui se dovessero cambiare il link, punta a tre obiettivi principali: connettere alla infrastruttura di rete nazionale le "aree bianche", quelle dove non è presente, per semplificare, neanche l'ADSL, rendere più facile e diffusa la connessione alla infrastruttura di rete nelle "aree grigie", quelle dove non tutte le abitazioni sono collegabili (interventi sull'"ultimo miglio" o "last mile") e infine porre le basi, con la diffusione sul territorio di componenti intermedi "backhaul", per il passaggio in tempi brevi alle reti di nuova generazione, o Next Generation Network, quelle che consentono di arrivare a velocità di connessione superiori ai 100Mbs. Le aree bianche e quelle grige sono quelle dove è presente un divario digitale ("digital divide") relativamente all'accesso alle nuove tecnologie.
Il piano in realtà è già in ritardo perché doveva arrivare a coprire tutto il territorio italiano con connessioni da 2 a 20 Mb entro la fine del 2012, secondo gli obiettivi stabiliti nel 2009, ed è slittato per le note vicende macro-economiche. Ma ora appunto viene rilanciato con la già citata Agenda Digitale.

LTE e 4GIn parallelo al programma che punta ad una connessione completa, comune a tutte le nazioni della Comunità Europea (è un obiettivo europeo) i gestori privati nel settore della telefonia mobile stanno passando alle reti di quarta generazione (fourth generation networks o 4G) con una tecnologia che viene chiamata comunemente LTE (Long Term Evolution) e che consiste in una evoluzione tecnologica dello standard UMTS già utilizzato nelle reti 3G che ben conosciamo, perché sono quelle utilizzate negli smartphone che utilizziamo, e la cui sigla compare sul display quando si riesce ad agganciare la cella con queste prestazioni.

Il nuovo standard 4G è già supportato dagli smartphone di ultima generazione come l'iPhone 5 recentemente presentato dalla Apple, e secondo le anticipazioni dei gestori, per esempio di TIM, consentirà già al momento del lancio (inizio 2013, probabilmente) connessioni con velocità di 100Mb in download e 25Mb in download. Velocità di trasferimento che, come sempre, non sono garantite ma di picco, ma comunque di molto superiori a quelle attuali.
Le cosiddette "killer application" per spingere il passaggio dei numerosi appassionati possessori di smartphone (a metà 2012 in Italia hanno sorpassato in numero i telefonini tradizionali) a questa nuovo livello di prestazioni saranno ancora incentrate sul video: film, fiction TV, dirette sport o altro, anche in alta definizione, sia per visione diretta su tablet o sui nuovi smartphone "bridge" (più grandi di uno smartphone ma più piccoli e portatili di un tablet) sia collegati in wi-fi ai moderni apparecchi TV con connessione wi-fi.

Per la diffusione sul territorio del nuovo standard dovranno essere messe a disposizione frequenze liberate da altri usi, gli accordi prevedono un impegno dei gestori a fornire in cambio una copertura sul territorio che comprenda anche le aree meno profittevoli, ovvero meno popolate, e quindi una copertura nazionale adeguata (fonte: sito key4biz). D'altra parte un'area poco popolata in inverno può essere molto popolata d'estate (o viceversa) e, come si è già visto nella telefonia mobile, è interesse economico dei gestori principali estendere il più possibile la copertura di rete.

Scenari futuri per la infrastruttura di rete
Sia che sarà ottenuto mediante il dispiegamento nei tempi previsti del piano per la banda nazionale larga e ultralarga, oppure attraverso l'ulteriore sviluppo della rete di telefonia mobile, primato nazionale che non richiede propulsione governativa od europea, è prevedibile che nel corso del 2013 o al massimo dell'anno successivo le possibilità di connessione in rete ad alta velocità, per usufruire di servizi sempre più avanzati, aumenteranno di molto.
Io penso che il piano europeo nasca già vecchio per le applicazioni home (e anche per quelle business meno impegnative) perché le prestazioni del 4G sono sufficienti nella maggior parte dei casi, e che una diffusione basata sul wireless ha, inoltre, costi di infrastruttura ridotti per il last mile. Ma vedremo come andrà.

A parte questa considerazione, l'altro punto delicato sarà la copertura effettiva in 4G. Già ora il 3G, con la moltiplicazione degli smartphone e l'abbassamento dei costi di connessione (Wind alla data di questo post offre 1GB al mese, sufficienti per un uso medio, a 4,5 € / mese con la formula ricaricabile, senza abbonamento, Vodafone e TIM 3GB a 9 €/mese alle stesse condizioni) la capacità delle celle si esaurisce presto e di frequente questo livello di prestazioni non è accessibile in aree affollate. Sarà con ogni probabilità una transizione progressiva, ma facilitata dal fatto che gli apparati 4G nei primi mesi non saranno molti.

E la musica in tutto ciò?
Tornando alla musica dopo queste premesse tecnologiche (forzatamente sintetiche, rimando alle molte voci in Wikipedia o ai dossier sul sito del Ministero Sviluppo Economico per gli approfondimenti), la disponibilità di connessioni di rete a velocità sempre più elevata e costi sempre più bassi rende possibile il passaggio ad una diversa modalità di accesso ai contenuti, timidamente iniziata in questi anni e ormai concretamente possibile. Una transizione facilitata anche dal fatto che il target principale, il video, ha esigenze di banda molto più elevate, e per la musica, anche in HD, di conseguenza è tutto più facile.

Da quando è iniziata l'era della registrazione e distribuzione della musica riprodotta (inizio '900) il meccanismo è sempre stato lo stesso: il cliente finale compra una copia memorizzata su un supporto per il trasferimento e la riproduce a casa sua o (da qualche anno) su un dispositivo mobile. Anche la musica liquida segue questo sistema, il download da un sito specializzato come HDtracks sostituisce il negozio, l'hard disk di rete o del computer sostituisce i supporti fisici, ma lo schema rimane lo stesso, una discoteca, o libreria musicale come la chiamano nei paesi anglosassoni, selezionata da noi nel corso del tempo e di nostra proprietà, anzi proprietà della nostra famiglia e da condividere e poi passare in eredità ai nostri figli e nipoti, sul modello delle librerie fatte di libri. Con la differenza che il "lettore" in questo caso non siamo noi, ma un oggetto in grado di leggere il supporto con la codifica della musica, oggetto che col tempo può diventare anche fuori produzione e di non facile reperibilità (vedi dischi a 78 giri, musicassette, DAT ...).

La discoteca personale e la discoteca universale
La rete mondiale alla quale ormai accedono tutti i produttori di musica e la facilità e rapidità con la quale si possono acquisire i contenuti musicali che ci interessa ascoltare consente ora un approccio totalmente diverso. Lo possiamo chiamare streaming o music on demand ma in sostanza quello che ora abbiamo a disposizione è una discoteca universale. Possiamo saltare la fase della selezione e creazione di una nostra personale discoteca, e passare direttamente alla fase dell'ascolto di quello che in un dato momento ci interessa sentire.
Un modello in divenire, perché la musica liquida che si può acquistare o acquisire nel nostro paese passa ancora, almeno per ora, per il meccanismo del download e del consolidamento di quanto abbiamo selezionato in una media library. Fuori dall'Italia o dall'Europa però questo diverso sistema si sta diffondendo, per ora ancora in qualità limitata (musica compressa) ma prima o poi, speriamo presto, le paranoie delle case discografiche e dei detentori dei diritti saranno travolte dalla possibilità di accedere ad un mercato potenziale molto più vasto (solo in Italia, come abbiamo visto, ci sono già più di 20 milioni di smartphone).

Un modello che è stato anche teorizzato alcuni anni fa, addirittura dal MIT, che lo ha chiamato Open Music Model, pensato anche per superare il modello economico basato sui diritti d'autore collegati alla vendita del singolo contenuto musicale, che come si sa è parecchio in crisi. Un nuovo modello che consiste molto semplicemente in un abbonamento che consente di collegarsi ad una libreria musicale contenente una scelta molto vasta della musica prodotta (teoricamente potrebbe anche essere tutta quella pubblicata) e di ascoltarla quando lo si desidera, ma senza scaricarla sul proprio PC o scaricandola solo per poterla risentire più agevolmente, per un numero limitato di giorni.

Cosa è disponibile oggi
Ad oggi, ottobre 2012, il modello è applicato solo da un numero ridotto di società del settore, e solo due (o uno e mezzo) dei servizi di questo tipo è disponibile in Italia. Riproponendomi di tornarci sopra  in seguito, con un approfondimento su quanto offrono, i servizi di abbonamento per la musica in streaming on demand principali, quindi in grado di offrire una libreria musicale abbastanza vasta da poter essere esaustiva, sono Rhapsody, Spotify, Qriocity (Music Unlimited) e iTunes Match.
Rhapsody è disponibile solo in USA mentre Spotify (svedese) è disponibile anche in alcuni paesi europei, ma non in Italia. Music Unlimited di Sony e iTunes Match di Apple sono stati recensiti in precedenza (segui i link) e non ci sono state variazioni rispetto alle descrizioni già inserite in questo blog. Nessuno di questi servizi fornisce musica in formato non compresso.

Il movimento verso questo modell,o che a mio parere diventerà prevalente rispetto a quello tradizionale nel giro di pochi anni, sia per la musica sia per cinema e video, è quindi ancora lento ma avrà con ogni probabilità una accelerazione con le reti a banda larga e ultra larga, che proprio di questo hanno bisogno di affermarsi, servizi "consuma banda".

Solo un chiarimento su iTunes Match, che è basato su un modello di download, quindi acquisto tradizionale dei brani, ma che consente anche di creare librerie musicali di famiglia o per gruppi di amici in modalità cloud, consentendo sino a 10 accessi alla stessa libreria condivisa. Quindi 10 amici con, ipotesi, 500 album ciascuno, caricando ciascuno la propria libreria fisica potrebbero avere a disposizione in piena legalità una libreria di migliaia di brani (a meno che abbiano i medesimi  gusti musicali).

(Le immagini mostrano alcuni degli smartphone 4G già in distribuzione o prossimi all'arrivo in Italia. Dall'alto il ben noto iPhone 5, il Samsung Droid Charge, HTC EVO 4G, LG Revolution VS910 4G)

0 commenti:

Posta un commento

Sono stati segnalati occasionali problemi nell'inserimento dei commento con account Google con alcuni browser e impostazioni di protezione. In questo caso inserire il commento come "anonimo". Grazie